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Autore: MollyTheMole    01/12/2022    0 recensioni
Londra, 1934: il crimine di Londra ha un nuovo James Moriarty. Quest'uomo, però, ha una nemesi: il nuovo ispettore capo di Scotland Yard, per il quale ha in serbo una triste ed amara sorpresa.
Londra, 1936: il rinnovato castello sul lago Loch Awe, in Scozia, apre i battenti ai turisti. Il passato, però, è come la ruggine: incrosta ed imprigiona. Gli ospiti del castello si troveranno, loro malgrado, a fare i conti con esso, con l'oscuro futuro ormai alle porte e con lo spettro di un criminale che infesta i loro ricordi.
Genere: Mistero, Noir, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Erich Nicholson. Si chiamava Eric Nicholson.

 

Il soffitto candido le sembrava infinitamente interessante. Giaceva in quella posizione da diverso tempo, ore, forse anni, per quanto ne sapeva. Il tempo si era fermato dabbasso, in quella grande sala dove tutti, incuranti di lei e del suo dolore, si erano messi a discutere la sua storia. Solo il capitano aveva provato a soprassedere, ma non poteva fare a meno di pensare che anche la sua posizione non fosse dovuta al rispetto che nutriva per lei, ma solo al bisogno di svicolare, di non fare una brutta figura di fronte a tutti quanti e alla donna che stava corteggiando da quando era arrivato all’albergo. 

Le valigie erano ancora dentro l’armadio così come le aveva scaricate, non disfatte, se non per la veste da camera che aveva estratto per cambiarsi dopo la cena. 

L’indomani sarebbe ripartita. Andarsene da casa era stato un grosso errore. 

Era troppo presto, e lei non era pronta.

Aveva sperato di potersi lasciare il passato alle spalle, di poter ricominciare a vivere e chiudere la sua vita dentro una grossa scatola, come sua madre aveva fatto da bambina per i suoi giocattoli. 

Giacevano ancora là, chiusi in soffitta. 

Il tempo, però, il tempo è spietato. I ricordi non restano chiusi in una scatola. Sarebbe molto bello, se fosse così. Avrebbe potuto vivere senza fantasmi, senza rimorso, senza dispiacere. No, il tempo era inesorabile. Continuava a scorrere e ad usurare, deteriorare, senza riguardo dell’oggetto su cui agisce, anche se questo è una persona. Danneggia ed ossida, arrugginisce, e con il tempo rompe, spezza, uccide. 

Il tempo crudele, forse, l’avrebbe uccisa, piuttosto che aiutarla a tornare alla vita. 

Con la sua veste da camera di seta rosa indosso, presa alla rinfusa dal baule, senza rimettere a posto gli altri capi di abbigliamento che aveva estratto, si era gettata sul letto ed aveva pianto tutte le sue lacrime. Si era rotolata sul materasso, senza trovare una posizione confortevole in quello spiazzo troppo largo per una persona sola. Aveva aperto la finestra ed aveva guardato fuori, il bosco buio ed il lago nero, mentre il freddo le pervadeva le ossa. 

Alla fine aveva chiuso la finestra, poggiato la fronte contro il vetro freddo e pianto di nuovo, appannando la superficie con il vapore del suo respiro. 

Adesso, da tempo immemore, giaceva sul letto a contare i granelli del soffitto, il fazzoletto fradicio stretto in pugno, come se al mondo non ci fosse niente di più entusiasmante. Aveva freddo, si era coperta, ma la sensazione del lenzuolo le risultava molesta. 

Così, giaceva lì, scomposta e svuotata, quando un leggero bussare alla porta la distrasse dal suo incubo ad occhi aperti. 

Decise che il soffitto era molto più interessante.

Il leggero bussare ritmico non si interruppe.

Prima o poi si stancheranno.

Il capitano Collins, però, sembrava di diverso avviso. 

- Danielle, se non apre questa porta giuro che la sfondo.-

- Se ne vada.-

Il capitano sospirò, poggiando la fronte sulla porta.

Non è come pensa lei. Assolutamente no.

Non aveva alcuna intenzione di andarsene finché non avessero chiarito il malinteso.

- Danielle, per favore! Dormirò sul pavimento se non mi farà entrare!-

- Si accomodi pure.-

Ma la mente di Danielle era insaziabile. Per quanto volesse soltanto annegare dentro le lenzuola del letto e dimenticarsi del resto del mondo, il suo cervello vagava per conto proprio. 

Aveva un’occasione imperdibile. Il tempo, per quanto le impedisse di dimenticare il passato, le aveva offerto un’opportunità incredibile per farci i conti. Il capitano Collins era fuori dalla sua porta, con le risposte a buona parte - se non a tutte - le sue domande, e lei lo stava lasciando lì, ostinata a non volersi alzare dal letto e ad annegarvi dentro in un mare di lacrime. 

Forse il tempo era crudele, ma non era il carnefice che credeva. Insomma, quante probabilità c’erano che uno se ne andasse in vacanza e vi trovasse la personificata soluzione di tutti i propri problemi? 

Certo, il primo giorno ad O’Brennon Hall non l’aveva fatta rinascere, ma forse quello era il primo passo per mettere definitivamente una pietra sopra il suo passato, per chiudere la porta a chiave a doppia mandata. 

Il capitano, seduto contro la porta e fermamente convinto che Danielle non gli avrebbe mai aperto, capitombolò dentro la stanza e finì a pancia all’aria sopra i piedi della donna, che lo guardava, perplessa. 

Giusto in tempo per notare la sua lingerie.

Ennesima figura da ebete. 

Aveva cose più importanti a cui pensare in quel momento. 

- Danielle la prego, credo che ci siano molte cose di cui lei non è al corrente e molte altre di cui invece non sono al corrente io.- disse, mentre si alzava in piedi e cercava di chiudere la porta con un piede, cosa a cui Danielle stava opponendo una certa resistenza.- Non avrò pace fino a che non avrò capito che accidenti è successo il quindici marzo del Trentaquattro.-

- C’è poco da spiegare.- sbottò lei, l’espressone sfinita, ma allo stesso tempo illuminata da una luce furibonda. - Hai ucciso un membro della mia squadra e hai anche la faccia tosta di farmi la corte. Sai che sei un grandissimo…-

L’impropero che seguì, il cervello del capitano non lo registrò.

Io ho ucciso chi?

Quindi, era così che l’avevano raccontata?

- Ucciso chi? No, perdiana, nemmeno per sogno!-

Lo sguardo di Danielle, adesso, sembrava confuso e pensieroso. Aveva gli occhi leggermente arrossati, come anche la punta del naso. Il fazzoletto che stringeva in pugno era la conferma che aveva appena smesso di piangere. La stanza giaceva in un completo caos. L’armadio era aperto e il baule al suo interno traboccava di vestiti. L’abito da sera che aveva indossato giaceva scomposto sulla sedia dello scrittoio. Le tende della finestra erano spostate e stropicciate, una tendina era rimasta chiusa nell’anta dopo che lei l’aveva richiusa. Il letto era un ammasso di lenzuola appallottolate, con sprazzi di quella che sembrava seta rosa, forse ciò che si poteva scorgere di una vestaglia da notte.

Danielle era in piedi davanti a lui, in camicia da notte rosa e nient’altro che quella, scalza e scompigliata, indecisa se saltargli addosso e suonargliele di santa ragione nonostante le forze la stessero abbandonando, o starlo ad ascoltare. 

Si spostò dalla soglia, per farlo entrare, con un gesto automatico, come se non stesse nemmeno pensando più.

Il capitano osservò quel disastro. Sembrava che lì dentro fosse passato un uragano, e probabilmente era stato così. Nella sua furia e disperazione, Danielle doveva aver messo a soqquadro la stanza cercando il necessario per la notte, non curandosi di rimettere a posto. 

Aveva l’aria disperata e sconvolta.

Si sedette sul letto, sgonfiandosi come un pallone. Il momento di raccontare la sua versione dei fatti era arrivati fin troppo presto, e tutto per l’invadenza di quei signori al piano di sotto e per l’assurdo programma che Steven O’Brennon aveva previsto per loro. 

- Quando Jeremiah Cole si è presentato alla Marina, non aveva esattamente l’aria del bravo ragazzo, anzi. Avevo espresso delle riserve sulla sua persona fin dall’inizio. Quando poi ho scoperto che trafficava ogni genere di beni, dal cibo ad oggetti rubati e ricettati, ho sottoposto il caso al mio superiore. Concordavamo entrambi sul suo allontanamento, ma mentre io avrei preferito un processo in piena regola, i mie superiori si sono accordati per il semplice congedo con disonore, rimettendo la questione alla giurisdizione ordinaria e non a quella militare. Secondo loro, si trattava di reati minori che potevano risolversi con un’altra giurisdizione. Forse avevano anche ragione.- disse, guardando la donna di sottecchi.- In effetti, è finita sotto la sua giurisdizione, Danielle. Si sarebbe potuto evitare? Probabilmente sì, ma in quel momento la procedura sembrava invincibile, così hanno deciso di seguirla, ed io non ho potuto oppormi.-

Danielle fissava di nuovo il nero vuoto fuori dalla finestra, assorta. Il capitano cominciava sinceramente a preoccuparsi per il suo comportamento, e cercò di mettere insieme tutte le informazioni che aveva sia per darle l’esauriente spiegazione che cercava - e che meritava - sia per comprendere il motivo di quella disperazione troppo profonda.

- Quando l’ho visto nel fascicolo che mi aveva inviato, Danielle, l’ho riconosciuto subito, e da subito ho sostenuto la sua pista e la sua posizione. Eravamo così vicini a prenderlo, vero?- disse, cercando di percepire la sua reazione.- Eravamo ad un passo dal prendere Gordon Van Allen, ed è stato proprio quando mancava tanto così che tutto è andato a rotoli.-

La donna emise un sospiro, che lasciò una piccola nuvola di vapore sul vetro della finestra.

- Ho assecondato la sua richiesta di rinforzi. Ero ancorato in Spagna quando un gruppo di uomini si è presentato sulla banchina. Mi sono messo immediatamente in contatto con il questore Somerset, affinché altri uomini venissero mandati subito al suo servizio, ma temo che a quel punto fosse tardi. Non ho ricevuto risposta, se non un secco sissignore. Dopodiché, non ho più avuto alcune notizie. Non so che cosa sia successo. So soltanto che avete preso Cole e che quel poliziotto è morto.-

- Erich Nicholson. Si chiamava Eric Nicholson.-

- Eric Nicholson. Ho capito.-

 

Londra, tardo pomeriggio del 15 marzo 1934.

 

- Non ce la faremo mai in queste condizioni, signor questore. Senza uomini il nostro piano rischia di saltare, anzi, di essere addirittura pericoloso.-

- L’idea è stata sua, ispettore Peters.-

- La mia idea era di procedere con venticinque uomini, non con dieci. Quei quindici uomini fanno la differenza. E’ di Gordon Van Allen che stiamo parlando, i suoi scagnozzi girano armati fino ai denti, potrebbero addirittura avere delle guardie del corpo. Non ho intenzione di mandare i miei uomini al macello.-

Il questore Godwin Somerset le era sempre stato antipatico. Il buon Armitage, prima di lui, era un vecchietto arzillo, buono ed intelligente. Al momento di andare in pensione, l’aveva presa da parte e le aveva confidato che non tutti apprezzavano la sua presenza a Scotland Yard, che avrebbe dovuto guardarsi le spalle costantemente, dopo che lui se ne fosse andato. 

Non poteva esserne certa, ma il suo istinto le faceva supporre che forse era proprio da Godwin Somerset che aveva cercato di metterla in guardia. 

L’aveva sempre trattata con freddezza e poca confidenza. Con Armitage parlavano di tutto, e lui le forniva sempre un sacco di informazioni. Lo aveva considerato il suo mentore. Somerset, invece, era già tanto se le rivolgeva la parola. Quando la guardava con i suoi occhi serpentini aveva sempre un sopracciglio inarcato in modo scettico, ed aveva la sensazione di essere soppesata, come su una bilancia. 

In quel momento, sentiva la fortissima pulsione di prenderlo per il colletto della camicia e scuoterlo fino a che non gli fosse entrato in quella testa vuota che non c’era verso di prendere il Ragioniere e l’Avvocato assieme con numeri così risicati.

Somerset si alzò dalla scrivania e si diresse verso di lei, con l’aria di chi aveva capito tutto. 

- Mia cara Danielle, posso chiamarla Danielle?-

- Con tutti il rispetto, signor questore, preferirei ispettore. Ho faticato tanto per avere questo posto.-

- Non ne dubito.- e Danielle non seppe dire se era ironico o meno.- Vede, Danielle, io non dubito che lei abbia a cuore la vita dei suoi uomini, le fa onore, davvero. Tuttavia, Gordon Van Allen è una vera spina nel fianco, e non possiamo lasciarci sfuggire un’occasione di questo genere. Dobbiamo prenderli. Lei capisce, vero?-

Eccome se capiva, ma preferiva cento volte doversi spremere le meningi per mettere insieme un altro piano, piuttosto che veder morire qualcuno. 

- Dove sono i rinforzi? Mi aveva detto che aveva preso contatti, che sarebbero arrivati questa mattina, ma non sono ancora qua, e tra poco dobbiamo andare. Il capitano Collins…-

- Il capitano è al corrente della cosa, e sono certo che si è adoperato affinché i rinforzi stiano arrivando. Saranno qua a momenti, non si preoccupi. Lei vada pure e prepari i suoi uomini. Stasera arresteremo due pezzi dell’organizzazione di Van Allen. Non è contenta?-

Non solo non era contenta, non era nemmeno convinta, per nulla. Poteva addurre mille scuse, dal ritardo nei treni alle comunicazioni congestionate, ma ventiquattr’ore di ritardo non erano concepibili. 

Danielle, dentro di sé, sapeva perfettamente che i quindici uomini in più che aveva richiesto non sarebbero mai arrivati.  

Era per questo motivo che non era rimasta con le mani in mano.

- C’è un’altra possibilità.-

Somerset la squadrò come si squadra uno yeti sull’Everest. Evidentemente, non si era aspettato che Danielle avesse un secondo piano. Quel diavolo di donna aveva davvero intenzione di dargli del filo da torcere. 

Danielle si fece avanti, anche se una parte del suo cervello le diceva che avrebbe speso parole a vuoto, e che la decisione, Somerset l’aveva già presa.

- Ci sarebbe la possibilità di arrestare solo il Ragioniere, e non l’Avvocato, o viceversa. Ci appostiamo come stabilito e lasciamo che la transazione vada a buon fine. A quel punto, ne seguiamo uno e lo arrestiamo con i mezzi che abbiamo, senza bisogno di ulteriori uomini che non ci sono.-

Somerset sembrò soppesare le sue parole con malcelato disprezzo. 

Il piano, effettivamente, era ragionevole. 

- Signor questore, francamente non mi piace l’idea di dover lasciare andare uno dei due, ma è tutto quello che possiamo fare al momento. Mi permetta: secondo me sarebbe meglio arrestare Rodney Cook. Jeremiah Cole, per Gordon Van Allen, sarà assolutamente inutile. Ha già appreso da lui tutto quanto avrebbe potuto apprendere. In caso di arresto dovremo sottoporlo alla massima sorveglianza in carcere, o sono certa che farà la stessa fine del Giardiniere. L’Avvocato, invece, avrebbe tutto il tempo di fuggire e di cancellare le prove a suo carico. Non lo prenderemmo più, o ci metteremmo il triplo del tempo. Van Allen, ormai, sa come lavoriamo.-

- E’ esattamente per questo che non possiamo fallire. Dobbiamo prenderli tutti e due.-

Danielle sospirò.

- Mi creda, non mi fa piacere lasciare andare una talpa, ma so che, delle due cose, è il male minore. Jeremiah Cole, il Ragioniere, per Van Allen è sacrificabile, anche se lui questo non lo sa. Non è un pericolo per noi, almeno non nel breve termine. Avremo tempo di riorganizzarci con il capitano Collins, se è un problema…-

Ma Somerset non la fece nemmeno finire. Con un simpatico ghigno paternalista, si avvicinò lei e le si rivolse con un tono viscido che le fece accapponare la pelle. Purtroppo, però, era il suo superiore, e le toccava sopportarlo.

- Lei ha paura, ed io la capisco.-

Danielle sorvolò sull’implicazione di quella frase.

Povera donna, è normale che sia spaventata.

Inspirò ed espirò, cercando di mantenere la calma.

- Se è una questione di responsabilità, stia tranquilla, me l’assumo io. Può andare, adesso. Mi raccomando, informi bene i suoi sottoposti. Terrò d’occhio il procedere della missione. Intanto, io proverò a mettermi in contatto con la squadra di rinforzo che lei ha richiesto, vediamo di scoprire dove sono.-

Danielle era sempre stata diffidente, e una parte di lei sentiva che Somerset la stava prendendo in giro. Non aveva nessuna garanzia che, se qualcosa fosse andato storto, lui si sarebbe effettivamente preso la responsabilità. La cosa peggiore, però, era che non avrebbe mai nemmeno avuto alcun modo per ottenere tale garanzia da lui. Ogni atto scritto sarebbe stato nullo. 

La sua parola contro quella del questore, e non c’era possibilità alcuna che l’avrebbero ascoltata.

Doveva fidarsi di Somerset, anche se il suo stomaco la invitava ad alzarsi e fuggire lontano, magari trascorrere il resto dei suoi giorni in una bella isola del Pacifico pur di non incontrarlo mai più.

- Signore, vorrei che fosse ben chiaro che io non approvo…-

- E’ un ordine, ispettore. Fino a prova contraria, qua dentro comando ancora io. La responsabilità è mia. Adesso vada a prendere Cole e l’Avvocato. Subito.- e sibilò particolarmente quando le indicò la porta.

Danielle sospirò ed uscì.

Fuori dallo studio del questore, apparentemente intento nella lettura di un fascicolo, c’era il suo Eric. Gli aveva chiesto di andare con lei. I suoi incontri con il questore non erano mai stati piacevoli, e per una volta avere un sostegno morale non le era sembrato sconveniente. Eric l’aveva guardata e Danielle dedusse di avere una faccia da funerale, dal momento che lui aveva capito immediatamente che l’incontro era andato non male, anzi, malissimo. Le si accodò, senza parlare, e la seguì fuori dallo studio del questore dritto dritto dentro il suo ufficio.

Lì, Danielle si permise di afflosciarsi su una sedia, spossata e demoralizzata.

Eric l’aveva guardata come solo lui sapeva guardarla, fermo sulla soglia con la mano sulla maniglia della porta appena chiusa.

- Quell’uomo è veramente un imbecille.-

- O è molto stupido o molto furbo.- disse, passandosi una mano nei capelli rossi aggrovigliati per la tensione. Non riusciva a togliersi di dosso quel gran senso di trappola, di pericolo. 

- Non ha accettato nemmeno il piano b?-

- Niente piano b.-

Eric si lasciò cadere sulla sedia come un sacco di patate. Stese le lunghe gambe sotto la scrivania, accavallando i piedi e contraendo i muscoli della mascella mentre pensava. Danielle lo adorava quando faceva così, lo trovava affascinante ed estremamente forte, anche se non faceva nulla per sembrarlo. La sua presenza, in quel momento, la confortava.

Gli raccontò tutto l’incontro con Somerset e la discussione che avevano avuto. Eric era indignato, a dir poco, per il trattamento che lei aveva ricevuto. Purtroppo, capitava di frequente che il suo Eric si indignasse per le parole che le rivolgevano. Le aveva imposto, o almeno ci aveva provato, di non comprare più i giornali, per risparmiarle la sofferenza di leggere alcuni titoli scandalistici che lascivano davvero poco spazio all’immaginazione quando parlavano di lei. 

Povero, non aveva capito che nessuno poteva proibirle alcunché, ma aveva fatto in modo di leggerli lontano da lui, ed aveva imparato a dissimulare l’amarezza quando le parole tagliavano come lame di coltelli.

In questo caso, non solo il trattamento riservato a Danielle era stato molto freddo, ma la decisione presa interessava direttamente Eric e tutti i suoi compagni, che si sentivano trattati come carne da macello. 

Sì, aveva decisamente tutti i motivi per andare fuori dai gangheri.

- Ha detto che si prenderà lui tutte le responsabilità.-

- E tu gli credi?-

Danielle sbuffò, i nervi a fior di pelle.

- Non lo so. E’ la mia parola contro la sua, se decide di rimangiarsi tutto. Spero solo che il suo odio per me non sia tale da spingerlo a sacrificare dei poliziotti. Spero che abbia agito con giudizio.-

- E’ tutto quello che abbiamo? Speranza?-

- Sembrerebbe.-

- Vallo a dire ad Evans, o Turner. Quando saranno nella tomba, va’ a spiegare loro che tutto ciò che avevamo era la speranza!- sbottò, alzandosi in piedi e cominciando a girare per la stanza, gesticolando infuriato. 

Eric aveva tutte le ragioni di questo mondo, lo sapeva. Danielle era però anche perfettamente consapevole che non avevano altre alternative. Purtroppo, non esisteva ancora una clausola che permettesse loro di disobbedire ad ordini criminali. La decisione di Somerset era discutibile, ma era un ordine, e se lei avesse deciso di sottrarsi sarebbe incorsa in un procedimento per insubordinazione, ed avrebbe trascinato con lei l’intera squadra.

Il che significava lasciare tutto nelle mani di quell’idiota di Baldwin West.

Se invece avesse deciso di mandare a monte tutto, Danielle avrebbe dovuto dare le dimissioni e il risultato non sarebbe cambiato per niente.

Peggio, forse Somerset avrebbe messo a capo della missione proprio quel piccoletto con le cellule grigie del tacchino induttivista di Bertrand Russell. 

Già vedeva Baldwin West e la sua bombetta verde ridacchiare contento.

- Sai anche tu che non possiamo ribellarci.-

- Ed è la cosa che mi fa più arrabbiare! Siamo per strada tutti i santi giorni, sottopagati, ed abbiamo a che fare con il peggio che l’umanità possa produrre, eppure non ci ascolta nessuno!-

Si accasciò di nuovo sulla sedia, triste.

Danielle era mortificata quanto lui. Voleva trovare un modo per consolarlo, ma non sapeva come. C’era davvero il rischio che qualcuno morisse, quella sera. Era più che probabile che gli uomini di Van Allen, percependo di non avere così tanti poliziotti addosso e di poter tentare la fuga, avrebbero opposto resistenza. C’era un grosso rischio che scoppiasse un violento scontro a fuoco. Non c’era nulla da dire di fronte ad una simile eventualità, eppure il suo lavoro era anche questo. Incoraggiare i suoi ragazzi, farli sentire protetti, spingerli a dare il meglio di sé.

Doveva pensare a qualcosa.

Con gli altri, sarebbe stato molto difficile, ma con Eric, sapeva come prenderlo, o almeno poteva provarci.

- E’ solo una possibilità, Eric. Può darsi che nessuno esploda un colpo questa sera. Potremmo avere fortuna. In fondo, Rodney Cook è un banchiere, a quanto ne sappiamo non possiede nemmeno una pistola e non gira accompagnato. L’unico armato potrebbe essere Cole, ma sapremo neutralizzarlo, probabilmente anche senza sparare. Siamo bravi, in questo.- gli disse, allungando una mano per stringere la sua.

Eric la guardò, gli occhi stanchi ed insoddisfatti. Tese la mano in avanti, prese quella di Danielle e la strinse. Poi, si protese verso di lei e la scrivania, e le prese anche l’altra mano. 

- Se stasera dovesse andare bene…-

- Siamo già d’accordo, lo sai.- e gli strizzò l’occhio, sorridendo.

Eric parve rincuorato.

- Se invece dovesse andare male…-

- Non voglio nemmeno pensarci.- tagliò corto Danielle, coprendosi le orecchie e scuotendo il capo in modo infantile, facendolo ridere.- Andrà tutto bene, torneremo a casa e ci faremo un’altra frittata per cena, perché con tutto questo caos non ho avuto il tempo di fare la spesa. E tante coccole. Promettimi soltanto che farai di tutto per restare vivo, ed io ti prometto che farò altrettanto.-

Eric sorrise ed annuì, mentre si stringevano di nuovo le mani e i loro piedi si sfioravano di nascosto sotto la scrivania.

- Adesso dobbiamo andare.- gli disse, alzandosi in piedi ed aggirando la scrivania verso di lui.

Eric la abbracciò stretta, come solo lui sapeva fare, cercando di darle conforto e di farsi forza a vicenda. 

Danielle ne avrebbe avuto un gran bisogno, per dare la cattiva notizia ai ragazzi.

Stavano già per uscire dallo studio quando Danielle, in un attimo di incertezza, lo trattenne per la mano.

- Lo sai che ti amo, vero?-

Eric le sorrise come solo lui sapeva sorriderle.

Era unico, il suo Eric. 

- Certo che lo so, che razza di domanda è?- e le diede un bacio sulla fronte prima di uscire.

 

- Non sarebbero mai arrivati in tempo.-

Il capitano, seduto sul suo angolo in fondo al letto, rimase a guardarla, senza capire.

- Come scusi?-

- Non sarebbero mai arrivati in tempo. Tra l’effettuare una nuova richiesta e ottenere una nuova squadra, seguendo tutto l’iter burocratico, non ce l’avremmo fatta in ogni caso. L’unica cosa da fare sarebbe stata annullare l’operazione o ridimensionarla, ma il questore Somerset, quando glielo proposi, non ne volle sapere.- e le venne da ridere. - Se poi la squadra in questione la si prende da Tarragona, la cosa diventa ancora più complessa. Praticamente impossibile.-

Sulle prime, William Collins non registrò quell’affermazione. Lo colpì come un pugno in faccia, improvvisamente. Sbatté le palpebre, stupito.

Danielle Peters non avrebbe mai dovuto sapere di Tarragona. 

Decise che alla questione spagnola avrebbe pensato successivamente. 

Del resto, non ci si poteva aspettare niente di meglio da lei. 

C’era qualcosa negli occhi della donna, ancora ferma di fronte alla finestra a fissare le cime nere degli alberi, una luce che aveva visto molte volte e che non avrebbe mai dimenticato.

Sospirando, si alzò in piedi e fece qualche passo verso di lei.

- Non voglio essere indiscreto, ma questo Nicholson, era solo un poliziotto?-

Danielle emise una risatina sarcastica e lanciò un’occhiata alle sue spalle, dove il capitano la stava fissando intensamente.

- Io ed Erich Nicholson avremmo dovuto sposarci.-

Fu come se la stanza stesse riverberando il suono di una campana a morto. 

Non era solo rabbia e disperazione per una carriera rovinata, o per una vita persa. Era devastazione. 

Adesso il capitano capiva per quale motivo Danielle aveva perso il lume della ragione e la comprendeva.

Si sentì un verme. Per quanto le sue responsabilità fossero limitate e la razionalità lo rendeva consapevole di ciò, quella morte lo aveva toccato profondamente, come se fosse stato un suo fallimento personale. 

E quel fallimento, di tutti gli esseri viventi sulla faccia del pianeta, aveva ferito proprio lei, che adesso era lì con lui e di cui si era invaghito come un ragazzino.

Gli scherzi del destino.

- Danielle, non so che cosa dire.-

- Non c’è niente da dire. Tutto quello che doveva essere detto, non è stato detto, ed ormai è troppo tardi per rimediare.- ribatté amara, cercando di fargli capire che la conversazione era conclusa.

Il capitano, invece, aggrottò la fronte, deciso ad andare in fondo a quella storia. 

- Che cosa intende con ciò? Le ho scritto un telegramma in cui la informavo che avrei spedito a Scotland Yard, a suo nome, una lettera di encomio per l’incredibile lavoro che aveva svolto, e per congratularmi con lei dell’arresto di Cole.- 

Stavolta, Danielle si voltò a guardarlo, perplessa.

- Un telegramma?-

- Esatto.-

- Quando?-

- Subito. Il sedici marzo, non appena ho saputo.- 

Danielle scosse la testa, lo sguardo perso nel tempo passato, mentre ripercorreva ogni minuto di quei terribili giorni alla ricerca di un telegramma dimenticato, senza trovarne, però, nemmeno uno.

- No, io non ho mai ricevuto nessun telegramma.-

- Ho inviato comunque la lettera a Scotland Yard, anche se temo che al suo arrivo lei non lavorasse più lì. A quel punto ho chiesto il suo indirizzo, ma come le ho già detto, mi hanno detto di non sapere dove lei fosse, né dove vivesse.-

- Chi ti ha risposto?-

- Il nuovo ispettore capo, Baldwin West.-

Danielle esplose in una risata amara, quasi di scherno, ma pur sempre una risata.

- Non otterrai mai niente da quel piccolo lavativo. Ha sempre voluto il mio posto. Ecco risolto il mistero.-

William era ancora in piedi al centro della stanza, con Danielle di fronte a lui. Improvvisamente, si ricordò dell’abbigliamento della donna. Sulle prime, troppo preso dalla foga di raccontare e dalla premura di sapere come stesse, non vi aveva dato peso, ma adesso il rosa di quella seta gli sembrava abbagliante, e distolse lo sguardo.

Anche Danielle parve riprendere consapevolezza del tempo, delle circostanze e di se stessa, mezza nuda in piedi in mezzo alla stanza e per giunta di fronte ad un uomo.

Sua nonna si sarebbe rivoltata nella tomba.

Fingendo la massima nonchalance, afferrò la vestaglia in tinta, la districò senza troppa grazia dalle lenzuola e si coprì, senza riuscire a celare l’imbarazzo.

Il capitano tossicchiò. 

- Danielle, capisco se non vorrà più rivolgermi la parola, tuttavia mi sento di dirle che farò in modo che quell’errore non si ripeta più. Se le mie mani sono legate all’interno della Marina, non lo sono fuori. Farò quanto in mio potere per assicurarmi che, d’ora in avanti, per lei le cose volgano al meglio.-

- Non è colpa tua, William. Non potevi. Non sei responsabile.-

Si voltò a guardarlo, e per la prima volta il capitano vide comprensione invece che rabbia nei suoi occhi.

- Non hai niente da farti perdonare. Per quanto riguarda me, ormai non ho intenzione di fare niente di cui potrei pentirmi.- ed abbozzò persino un sorriso, anche se triste.

- E’ passato tanto tempo. E’ l’ora di andare avanti, non credi?-

Il capitano annuì, sospirando e sentendosi un poco sollevato.

 

Aveva sperato che parlare con la signorina Peters avrebbe risolto ogni problema, e invece non aveva fatto altro che aumentare le domande che gli frullavano per la mente.

Punto primo: Jeremiah Cole era riuscito in un’impresa quasi impossibile: infiltrarsi all’interno di Scotland Yard senza farsi scoprire, anche se all’epoca si era presentato come James Mill. 

Come aveva fatto?

Certo, Gordon Van Allen, in quanto delinquente numero uno in tutta l’Inghilterra, aveva avuto sicuramente i suoi assi nella manica da giocare, ma qualcosa in tutta quella storia sembrava sfuggirgli. Forse, era sfuggita a tutti, inclusa Danielle, che era stata, nonostante tutto, l’unica ad essersi accorta di qualcosa e l’unica ad aver provveduto immediatamente a diramare l’identificazione con la massima priorità e segretezza alle persone giuste. Come aveva fatto a capire il tranello e, soprattutto, come aveva fatto a collegare tutto a quel gran farabutto che era Gordon Van Allen?

Punto secondo: quanto era coinvolto il questore Somerset in tutta la faccenda?

Non era certo che Van Allen e il superiore di Danielle fossero stati in combutta, ma di sicuro, se non era stato così, Somerset si era comunque approfittato dell’indagine dell’ispettore capo per creare l’occasione per eliminarla dalle file della polizia. Era praticamente certo che, se non aveva fisicamente contribuito ad organizzare la trappola, aveva favorito l’insorgere dell’errore sull’invio dei rinforzi, e forse anche tutte le reticenze successive alle dimissioni di Danielle Peters. 

Il fatto stesso che avesse dato ordine di proseguire con la sortita rischiando deliberatamente la vita dei suoi uomini era sufficiente a dipingerlo agli occhi del capitano come un poco di buono.

Certo, erano comunque sue illazioni. Non aveva nessuna prova.

Punto terzo, e forse il più importante: nessuno sapeva di Tarragona.

Proprio nessuno. Aveva fatto in modo, assieme ai suoi superiori e al commodoro Morris, di essere protetto al massimo. Inutile istituire il segreto di Stato, se poi si faceva in modo che chiunque sapesse come raggiungerlo. Per contattare Danielle dalla Spagna, il capitano aveva dovuto usare un intermediario, un centralinista della Marina che potesse comunicare con lei ingarbugliando, di conseguenza, le comunicazioni e coprendo il suo attuale distaccamento. Dal canto suo, era stato attentissimo a non far trapelare niente. 

Non c’era assolutamente modo che lei avesse appreso di Tarragona dai loro brevi scambi. 

I pochi che erano al corrente del suo distaccamento sulle coste spagnole, pensavano che avesse avuto origine da un improvviso guasto ai motori che lo aveva bloccato per manutenzione. 

Come poteva Danielle Peters averlo scoperto? E soprattutto, quanto sapeva?

In mezzo, poi, c’era tutto il resto. Non aveva mai creduto ai pettegolezzi della cronaca rosa, in particolare di quel terribile giornale, Lady Pink. Avevano scritto un sacco di spazzatura anche sulla sua persona, motivo in più per non credere ad una parola, anche e soprattutto quando tali discorsi erano riferiti da terzi. Per cui, quando qualche giornalista aveva insinuato che tra l’ispettore capo Peters e il poliziotto morto - si chiamava Erich Nicholson, rammentò - ci potesse essere molto di più di un semplice rapporto di lavoro, non ci aveva badato minimamente.

Nella sua testa, posata sul cuscino del suo comodo letto, continuavano a vorticare nuvole di capelli rossi, sprazzi di seta rosa e occhi pervinca gonfi di pianto. 

Oh, e anche un’altra cosa.

Non è colpa tua, William. Non potevi. Non sei responsabile. Non hai niente da farti perdonare.

Non è colpa tua.

Tua.

Sperò che dormirci su lo avrebbe aiutato a chiarirsi le idee.


LA TANA DELLA TALPA

A causa di impegni personali che mi impediscono di pubblicare questo sabato, per farmi perdonare non solo pubblico in anticipo, ma vi regalo addirittura un capitolo intero.
Un grazie sentito a tutti quelli che seguono questa storia.

A presto,

Molly. 
  
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