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Autore: Master Chopper    11/12/2022    4 recensioni
[what-if? Rufy-less]
Cosa sarebbe successo a Roronoa Zoro, catturato e condannato a morte a Sheltz Town, se quel giorno Monkey D. Rufy non fosse mai venuto a salvarlo?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Roronoa Zoro, Smoker
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Stupidi Preconcetti Samurai

 

Il placido mare azzurro si tingeva di chiazze lattee, riflettendo le nuvole che, anch’esse pigramente, sorvolavano quel piccolo tratto di mondo. Ed era un piccolo tratto di mondo che odorava di casa per l’omone con il cappello a forma di testa di cane. Si accarezzò i capelli sotto il buffo copricapo, dando i primi segni di essere sveglio dopo tempo immemore in cui era rimasto lì, appoggiato alla balaustra del grande vascello della Marina Militare. Per fortuna nessuno l’aveva disturbato durante il sonno, e gli fece sorridere immaginare il motivo: si girò per controllare che la situazione fosse rimasta come prima di addormentarsi, e vide lo spauracchio più temuto da pirati e marine sottopagati sbraitare ordini a destra e a manca.

Quello Smoker era un giovinastro come pochi, lo aveva conosciuto durante qualche visita al Quartier Generale a Marinenford, ma sapeva che lo avrebbe sicuramente incrociato se avesse navigato in quelle tranquille acque di casa. A quanto pare erano nati sotto lo stesso cielo e sullo stesso Mare Orientale. E queste erano state le uniche informazioni che era riuscito a strappargli.

“Ehi, Cacciatore!” gli piaceva sfotterlo chiamandolo con il suo, a quanto pare indesiderato, soprannome “siamo arrivati a Sheltz Town?”

Quando interpellato il cinereo gli piantava sempre addosso quei pericolosi e sottili occhi da cane sciolto: “Perché non guardi tu stesso, Vice-Ammiraglio Garp?” sbuffò fumo dopo aver carbonizzato con un paio di tirate i due sigari che stringeva tra i denti.

Una volta diradata quella nebbia grigia con cui aveva appestato il ponte fu visibile un piccolo gioiello bianco scintillante sotto il sole di mezzogiorno. La base militare di Sheltz Town, con la sua imponente fortezza al centro della piccola isola. Per quanto fosse grande però, Garp ne rimase intenerito: lo stemma del gabbiano blu disegnato sull’intera parete della base era appena un pulcino se paragonato a quello del Quartier Generale a Marinenford, ovvero uno dei più grossi edifici del mondo.

Smoker lo riportò con i piedi per terra con la sua solita voce burbera, nonché arrochita: “Sono passate venti ore da quando abbiamo ricevuto quella segnalazione. A meno che non ci siano state falle nel nostro programma di protezione testimoni, hanno saputo del nostro arrivo neanche un’ora fa quando abbiamo attraversato il confine.”

“Quindi in poche parole stiamo entrando in casa loro sfondando la porta quasi senza preavviso? Inizio a capire perché mi hai offerto tutta questa ospitalità, Cacciatore” a proposito di senza preavviso, l’anziano sferrò una pesante pacca sulla schiena di Smoker, che pur essendo un armadio fu sbalzato in avanti di almeno un passo.

“Questa cosa non è proprio conforme alle nostre leggi, e per di più tu non hai le autorizzazioni per svolgere un’ispezione a un collega del tuo stesso rango. Ecco il motivo per cui mi hai voluto con te!”

“Questo Morgan mi puzza.” Si giustificò, in un certo senso, Smoker. “Da quando si è stabilito qui, e si tratta di tre anni ormai, non ha mai voluto far svolgere nemmeno un controllo di persona. Ha solo mandato i resoconti delle attività nel territorio, e ovviamente non è uscito niente di strano visto che siamo nel più tranquillo dei mari… è tutto fin troppo pulito.” Evidenziò l’ultimo aggettivo con una nota di diffidenza, digrignando i denti.

Garp lo fissò per qualche secondo, prima di sfilarsi il cappello con un sospirone. “Tu non ti rilassi proprio mai, giovinastro?” ovviamente non ricevette risposta.

Quando approdarono vennero raggiunti da una scorta di marines e guidati verso la base di Morgan. Per l’occasione, nonostante fosse stata annunciata neanche troppo tempo prima, le strade erano state fatte evacuare e due file di marines li avrebbero guidati per tutto il tragitto. E così fu, fin quando i marines di Marinenford non ebbero varcato la cinta muraria in cemento riverniciato, facendo ingresso in un silenzioso cortile di terra battuta. Il grande edifico ora troneggiava su di loro, e non fu difficile immaginarsi tanti occhi nascosti dietro le vetrate al suo interno.

Il Capitano Morgan fu mandato a chiamare, e in compagnia di quei lacchè muti il silenzio parve ancor più insopportabile del percorso fatto per arrivare lì. Smoker digrignò i denti, mordendo altri due sigari appena accesi.

“Ehi giovinastro, vuoi sentire una barzelletta?!” ma quando l’anziano si fu girato, vide il collega dirigersi verso un punto lasciato apparentemente incustodito dalle guardie. Inizialmente pensò che si fosse così tanto scocciato della loro presenza da voler scappare, ma poi notò cosa davvero stesse puntando. O meglio, chi.

Legato a una croce fatta da due spessi tronchi c’era un uomo, l’unico ospite in quella che doveva essere la piazza delle esecuzioni. Per essere l’ultimo superstite, tra l’alone del sangue secco che si faceva insopportabile sotto il sole torrido, non faceva una piega. Le gambe erano spostate in avanti per assumere una posizione a metà tra lo steso e il seduto, essendo la sua schiena costretta fin troppo in basso per poter stare comodamente in piedi. Il volto segnato dalla tortura era celato da una bandana nera, ma attraverso la maglietta bianca si intravedeva del sangue tra i suoi muscoli scolpiti, ma anche tra il profilo delle costole rese scarne dalla fame.

Il più giovane marine dimostrava qualche anno in più di lui, ma comunque non si trattenne dal dargli un calcio al piede con nonchalance. Nessuna reazione, fu come calciare un blocco di pietra.

“È quel Roronoa di cui si parla ultimamente.” Garp lo raggiunse con le mani in tasca. “Un tipo famoso…”

“Un tipo famoso morto. Guardalo qui: la proverbiale rana nel pozzo. Si credeva un gran sicario, ma è rimasto intrappolato in questo angolo di mondo sperduto ed è cibo per i corvi ormai. La fine di tutti i poveri stupidi che vogliono fare i cacciatori di pirati…” La Marine era una cosa seria per il Capitano Smoker, e non riusciva a tollerare tutti i suoi colleghi che gioivano ogni qual volta un pericoloso pirata veniva catturato da un cacciatore di taglie: ogni fuorilegge sfuggito alla marina era un fallimento per la giustizia.

A Garp invece non faceva né caldo né freddo, e proprio perché non aveva interesse in quella faccenda si voltò verso il pezzo grosso in avvicinamento che tanto aspettavano. L’ombra che gettava il gigantesco Capitano Morgan era inquietante, ma mai quanto il moncone del suo braccio destro sostituito da un’ascia. Morgan Mano d’Ascia: quanto per i pirati, anche per i marines i soprannomi non erano spesso originali.

“Vice-Ammiraglio, Capitano… ancora mi sfugge il motivo della vostra visita.” La voce del gigante fuoriusciva cavernosa dall’impianto in acciaio che gli ricopriva la mandibola.

“Abbiamo sentito delle voci. Dicono che fai il cattivo, Morgan.” Tagliò corto Smoker, senza concedere convenevoli “Tasse più alte di quelle richieste. E nelle strade della città, quanto in questa base, vedo il timore negli occhi della gente. Ma non è timore reverenziale… è più terrore.”

“Voci sono e voci rimangono. Dimmi, lo riscontrano un tasso così basso di criminalità nelle altre isole del mare Orientale?” una vena pulsò sulla fronte dell’uomo mutilato “Lo chiamano il più tranquillo dei mari, ma io per anni ho affrontato pirati e criminali proprio tra queste acque, e ci ho anche perso una mano e metà faccia. Se non si mantiene il rigore siamo spacciati. Nella mia isola c’è assoluta diligenza e tutto funziona alla perfezione perché così io ho deciso, e perché così è giusto!”

“La tua isola? Ecco, dicevano proprio questo… che vai oltre quello che la tua posizione richiede. Questa non è la tua isola, Morgan.” Smoker fu irriverente al punto da sfiorare la minaccia “Basta un cattivo rapporto e tu e la tua famiglia andate in qualche altra base militare a parlare con i segretari davanti a un caffè a vita.”

 

Ma l’altra ignorò, o forse sottovalutò la sfida: “Da dove vengono queste… voci? Ci sono stati dei cittadini partiti da qui negli scorsi giorni. Per caso è stato uno di loro a farti questo rapporto?”

Stavolta il fumatore seppe rimanere in silenzio, sentendosi appena a un passo da una pericolosa trappola, uno strapiombo in cui rischiava di cadere. Era venuto lì con un Vice-Ammiraglio, e se Morgan avesse fatto un passo falso non avrebbe avuto problemi nel ridurlo in briciole lui stesso. Eppure, quel figlio di puttana era davvero un pazzo egomaniaco come si diceva: non aveva paura dell’autorità, forse nemmeno riusciva a percepire qualcosa come il rispetto e la riverenza, a meno che non fossero rivolte verso di lui. Conosceva solo la punizione verso i disertori, e sarebbe ciò che avrebbe inflitto a coloro che lo avevano tradito.

Smoker non poteva in nessun modo fargli i nomi, oppure quella povera gente avrebbe conosciuto l’inferno in terra per mano, o forse per l’ascia, di Morgan.

“Mi informerò.” Rispose il Capitano dopo una pausa che gli era sembrata durare almeno un’ora.

In un turbinio di mantello e riflessi sull’acciaio Morgan aveva fatto dietrofront e li aveva lasciati lì. “Se non avete null’altro da verificare allora temo che abbiate perso tempo venendo qui” aveva detto soltanto, prima che al seguito non lo affiancasse un ragazzino gongolante che doveva essere suo figlio.

Smoker avrebbe urlato dalla frustrazione, se il suono roboante della risata del vecchio non lo avesse fatto sobbalzare: “Sarai anche tu così quando diventerai padre, Smoker? Una specie di mafioso che spadroneggia e vizia il figlio?”

“Se divento così davvero allora ammazzami. E anche se mi venisse la pazza idea di diventare padre.”

I due vennero interrotti da una risata stavolta estranea. Se proprio risata si poteva chiamare, visto che era immersa in una tosse rauca e agonizzante. A trovare ironico il loro scambio di battute era stato, con grande sorpresa, il crocifisso con la bandana.

Aprì i suoi occhi stanchi e puntò Smoker: “La rana nel pozzo… hai detto? Era un motto dalle mie parti. Me lo diceva sempre il maestro… un proverbio da samurai, o qualcosa del genere.”

Il marine inarcò un sopracciglio, alterando la sua classica espressione truce “Da dove vieni?”

“Shirotsuki… mare orientale.”

“Shirotsuki? Guarda un po’ tu quanto è piccolo il mondo. Conosco una ragazza che ha imparato a combattere lì.”

Il ragazzo sputò sangue “Impossibile. Non ci sono mai state ragazze nel dojo.”

Spingendo l’altro marine con il gomito, Garp si piazzò esattamente davanti a quel Roronoa.

“Basta con le chiacchiere, Roronoa Zoro. Siamo venuti qui per fare un sopralluogo, e abbiamo trovati gli abitanti dell’isola terrorizzati. I marines non hanno nemmeno colpa, sono sovraccaricati di compiti e mansioni tutte le ore del giorno e palesemente Morgan è dietro tutto questo. Però neanche uno ci ha voluto fornire uno stralcio di testimonianza quando li abbiamo contattati su vie anonime tramite lumacofono… è chiaro che hanno paura.”

Smoker tolse le parole di bocca al vecchio con il cappello-cane: “Eppure una cosa ce l’hanno detta… tu sei l’eroico spadaccino che li ha salvati tutti mentre il lupo di quel coglione del figlio di Morgan andava a zonzo. E sei stato messo qui, con la promessa che avrai salva la vita se sopravviverai senza cibo né acqua per un mese intero. Fidati di me, non ce la farai mai: si vede che ti hanno già strapazzato per bene prima di metterti qui. È stato Morgan in persona?”

Zoro ascoltò in silenzio, ma quando fu il momento di rispondere diede l’impressione di non aver in realtà prestato per niente attenzione. Si limitò a guardarli di sottecchi, poi ad abbassare il capo per stare più comodo.

“Io non conosco proprio nessun’eroico spadaccino. Non ci sono eroi da queste parti… tantomeno voi marines.”

“Ahaha! Sapessi invece come mi hanno soprannominato, giovinastro!” Garp l’Eroe gli diede istintivamente una pacca sulla schiena, ma colpì il palo.

Smoker invece era meno ilare: “Se ci dai una versione dei fatti potremmo anche avere la scusa per portare Morgan a processo e almeno farlo retrocedere, o metterlo davvero in un cazzo di ufficio invece che qui a terrorizzare degli innocenti. E sì, se te lo stessi chiedendo, abbiamo davvero le mani legate per venir a chiedere la testimonianza da un cacciatore di taglie da quattro soldi come te. Ma anche Morgan ha una paura fottuta, te lo posso garantire: è bravo a fare il gradasso con quelli di rango inferiore, ma con un capitano come me e il Vice-Ammiraglio Garp non potrà fare troppe storie.”

I suoi sigari si erano quasi esauriti.

“… per caso siete venuti qui a giustiziarmi? Non l’avevo mai sentita prima… esecuzione per rompimento di palle! Ti ho detto che io non so niente, fatemi scontare la mia pena in pace e tra venti giorni sarò libero.”

Il fumatore gettò i mozziconi a terra e li calpestò, nel mentre con una delle sue grandi mani guantate afferava la testa del prigioniero con forza. Lo costrinse a guardarlo negli occhi, ora senza più un sigaro o del fumo a frapporsi tra i loro volti. Anche la pazienza di Smoker sembrava essersi ridotta in cenere.

“Hai proprio una faccia tosta per parlare così a un capitano di vascello, sfrontato di uno spadaccino da quattro soldi. Vorrei avere a che fare il meno possibile con te, su questo puoi giurarci, è già uno spreco di fiato per me rivolgerti la parola!” lo strattonò avanti e indietro, come se volesse sradicargli il collo dalle spalle.

Garp come al solito rise, fortunatamente prendendo sotto il braccio Smoker e tirandolo a sé.

“Voi giovani d’oggi siete tutti sfrontati, Smoker. Ma mai quanto la mia generazione! Dovevi ancora nascere ai tempi in cui io e Sengoku mandavamo a fanculo l’ammiraglio Kong. Aaah, mi piace questa vivacità che avete adesso però… mi ricorda quasi mio nipote Ace.”

Il tono della sua voce andò man mano scemando, come se si fosse immerso nei ricordi o in una trance. Dopodiché, misteriosamente l’atmosfera circostante si fece più elettrica, e la stretta del braccio del gigantesco marine iniziò a far male alla schiena di Smoker. Garp l’Eroe aveva ora il volto ombrato, ma si poteva intravedere il profilo di un’espressione colma di collera, oltre che vene pulsanti sulle sue nocche.

“No! Meglio che non mi fate pensare a quella testa calda di Ace! Dannato, è scappato per fare il pirata e non il marine! Non posso sopportare neanche il pensiero…!”

“Ehi, calmati Vice-Ammiraglio.” Infastidito, Smoker sgattaiolò via. “Quando ti incazzi sei una minaccia anche per me che ho mangiato il frutto Smoke-Smoke.”

E poi lo vide: sul tetto della torre, che li guardava dall’alto verso il basso. Loro, che erano i suoi spiacevoli ospiti, e che osavano mettere il naso nei suoi affari. Morgan incrociò lo sguardo con Smoker, dopodiché sparì dalla sua vista.

“E sei l’unico a cui permetta di minacciarmi…” mormorò allora il Capitano, iniziando a far girare gli ingranaggi nella sua testa per adempiere a un preciso obbiettivo: cancellare quello sguardo di superiorità dagli occhi di Morgan una volta per tutte.

 

Due giorni dopo, l’alba respingeva il blu della notte dal cielo con i suoi caldi fulgori rosei. Eppure, quei raggi di un sole appena nato erano destinati a risplendere su fucili puntati e sull’ascia-mano di Morgan. Non c’era alcuna poesia né romanticismo in un’esecuzione.

“Sei colpevole di esserti ribellato alla mia autorità. Con il potere che detengo, io ti condanno a morte, Roronoa Zoro.” Puntò la sua arma contro il condannato crocifisso a qualche decina di passi da lui, come se dovesse ulteriormente direzionare i fucili dei suoi uomini contro quell’unico bersaglio.

Suo figlio Hermeppo era più emozionato che mai, e sfregandosi le mani gongolò: “Qualche ultima parola, criminale?” una frase che lo fece sentire decisamente superiore e vicino al ruolo del padre.

Non ci fu un’immediata risposta. Zoro si era morso le labbra fino a quel momento, rabbrividendo a ogni sospiro che tirava in quell’alba amara. Sapeva di dover parlare, ma se avesse dato voce ai suoi pensieri sarebbe sembrato solo un uomo disperato. Un uomo stupido, e disperato.

“Mi avevate giurato che…” non aveva più senso ormai. Non sarebbe morto lamentandosi o supplicando.

Sorrise. “Andate tutti all’inferno.” Si scusò con Kuina a labbra strette.

Il plotone esecutivo fece fuoco, esplodendo in un frastuono che svegliò tutto il villaggio. Anche quel giorno gli abitanti si erano risvegliati con la consapevolezza che la giustizia di Morgan aveva strappato un’altra vita innocente. Non aveva più senso tornare a dormire in sonni agitati da incubi.

“Papà! È vero che posso tenermi le sue spade, paparino mio adorato?” Hermeppo si arrampicò istantaneamente sulla spalla del padre, il quale lo sormontava in altezza.

“Cosa? Le ho già buttate via.”

“M-Ma…! Papà, io amo collezionare armi, e quelle spade le volevo-”

“Se proprio vuoi un’arma allora brandiscine una tua, razza di buono a nulla!” il manrovescio di Morgan si abbatté sul figlio con tanta forza da ribaltarlo in aria, facendolo atterrare di faccia.

Non aspettò nemmeno di vederlo rialzarsi con il muso sporco di lacrime, sangue e terra, prima di andarsene berciando: “Anche se di te non mi importa niente, preferirei morire piuttosto che vedere mio figlio giocare con le armi di un criminale, riempiendomi di vergogna. Che Roronoa venga scaricato giù dal promontorio!”

Tre marines furono sufficienti per liberare il cadavere dai legacci, e mentre colava sorprendentemente poco sangue dai suoi vestiti un tempo candidi, lo trasportarono fuori dalle mura. Il mare ruggiva sotto di loro, e lì lo scagliarono con volti affranti.

Il corpo del ragazzo ruzzolò sulla dura terra del promontorio, rimbalzando tra rocce e macigni. In quel momento Zoro spalancò gli occhi, vedendo il mondo impazzire, ribaltandosi, turbinando.

“Cos-?!” soffocò un grido, mentre un colpo sulla mascella quasi gli aveva fatto mordere la lingua. Senza più forza negli arti scivolò infine su di una sottile lingua di sabbia alla base della scarpata, con le onde fresche che lambivano le sue gambe. A pancia all’aria, guardò il cielo riempirsi di luce dorata e poté riprendere a respirare. Rimase immobile, scosso da brividi e sputacchiando: gli parve di tossire fumo, oltre che sangue e catarro.

Due ombre si stagliarono davanti al sole.

“Non fare casino, o si spaventeranno sentendo un uomo morto che parla.” Anche Smoker emanava fumo dalla sua bocca, proveniente però dai suoi classici sigaroni.

Coff! Cosa…” Zoro ancora aveva problemi a ritrovare il fiato. Si toccò istintivamente il petto, trovando dei fori nella maglietta. “Cosa mi è successo? Mi hanno voluto giustiziare prima del tempo, ma…”

C’era una strana consistenza che sostituiva la sua carne, in quel punto. Si denudò in preda alla confusione, trovando solo delle incisioni sulla pelle nei punti in cui era stato sparato. Ancora incredulo, realizzò che tutto il fumo espulso con la tosse si era conglomerato in una densa nebbia grigiastra, simile a una nuvola. Tutto ciò scomparve a un impercettibile cenno di Smoker.

“Ti ho fatto entrare del fumo in corpo e l’ho fatto indurire sottopelle quando ti hanno sparato. Così i proiettili hanno solo lacerato la pelle e fatto schizzare sangue per effetto scenico… per fortuna sei svenuto per lo shock, altrimenti immaginati che faccia avrebbe fatto Morgan.” Zoro aveva a stento sentito parlare dei Frutti del Diavolo, e non poteva essere a conoscenza dello Smoke-Smoke, ingerito dal Capitano in questione. Di fronte a tutto ciò non aveva però problemi a credere che quell’uomo possedesse poteri paranormali.

“Perché?” riuscì a domandare, debolmente.

“Perché una bambina è venuta da noi a testimoniare, stanotte.” Parlò Garp, sorridendo con il suo fare beffardo, come se fosse un gigantesco scimmione “Diceva che tu hai ucciso quel lupo poco prima che la sbranasse, e per riconoscenza anche i suoi genitori subito dopo hanno parlato. E con loro, mezzo villaggio. Quel che basta per una prova dell’abuso di potere di Morgan.”

La situazione era assurda, ma dopo una qualche altra spiegazione esaustiva, il ragazzo fu sul punto di crollare addormentato. I suoi muscoli imploravano pietà, ma avrebbe voluto rialzarsi per correre alla base.

“Cerchi qualcosa?” notarono i marines.

“Le mie spade. Sono tre, ce le ha Morgan.”

“Morgan non ha più nessun possesso su ciò che si trova in quella base. In questo momento staranno irrompendo degli alti ufficiali per arrestarlo. Su, ecco le tue spade, e anche qualcosa da mangiare.” Garp fu tanto sconsiderato da riconsegnare le armi direttamente in mano allo spadaccino, il quale le agguantò prima della scodella di ramen offertagli. Un lampo pericoloso guizzò nei suoi occhi all’istante, come se fosse rimasto folgorato dal contatto con quelle spade.

Tuttavia, non fece altro che adagiarle al suo fianco e iniziare a mangiare da seduto. Quella parvenza di etichetta fece sorridere il vecchio, mentre Smoker si schiaffò una mano sulla fronte.

“Non pensare di cavartela così facilmente, spadaccino da quattro soldi. Sei comunque stato denunciato ufficialmente per disturbo della quiete pubblica.”

“Ah, sono passato da un boia a un altro?” domandò distrattamente Zoro, con ancora il brodo che gli colava lungo il mento.

“No, non ti ucciderò. Le esecuzioni vanno fatte in modo ufficiale, ed è una rottura occuparsi delle scartoffie. Consideralo un ringraziamento per averci aiutato al caso, anche se indirettamente… però!”

E quel però fece preoccupare lo spadaccino, il quale fu sul punto di alzarsi e scappare per pur puro istinto, come un gatto spaventato. Smoker purtroppo fu più veloce, e lo acchiappò dalla testa.

Nello sforzo di dimenarsi, Zoro si lasciò strappare via la bandana scura, rivelando dei capelli a spazzola verdi come le alghe marimo. Il suo volto scavato dalla fame e dai lineamenti affilati fu finalmente libero, e vennero resi visibili anche i tre orecchini sul lobo sinistro.

“Ti romperai il culo ai lavori forzati per un bel po’ di mesi alla mia base militare. E quando sarai ripulito, bhe… mi dovrai comunque un favore. Non si usa così, tra voi samurai: dare la vita per la persona che te l’ha salvata?”

“Non sono un samurai, solo un cacciatore di taglie cresciuto a Shirotsuki. E pensavo che non volessi avere a che fare con me.”

“Purtroppo, la ragazza di cui ti parlavo è venuta a sapere che hai una spada bianca rara, o una cosa del genere, ed era interessata a sapere come l’hai ottenuta. Non l’hai mica rubata, vero?”

Zoro sfiorò la sua Wado Ichimonji.

“No, la spada bianca… quella è la spada di una promessa. Una promessa fatta a una stupida.”

“Visto? Stupidi preconcetti da samurai, e altre storielle che piacciono a voi nerd delle spade. A proposito… dove diavolo ti sei cacciata, Tashigi?! È mai possibile che arrivi in ritardo anche dopo avermi rotto i coglioni per portarti qui, da questo cacciatore di taglie da strapazzo?!”

Si era rivolto a delle persone in avvicinamento, tutte in divisa bianca.

“Ha ragione Capitano, mi scusi!”

La voce accompagnò la discesa di una figura saltellante. Era Kuina.

Zoro sentì un brivido, e sbatté due volte le palpebre rapidamente, per poi non osare più muovere nemmeno un muscolo per diverso tempo. Ma non era lei, si trattava solo di una marine con gli occhiali e una divisa imbottita, con una spada portata alla cintura. Potevano avere la stessa età.

Non seppe il perché, ma gli venne da ridere. Dopo quei giorni di stenti la sua risata parve il guaito di un cane, e gli bruciò lungo tutto l’esofago.

Smoker lo guardò pieno di sospetto, ma il verde non incrociò il suo sguardo: davanti all’esterrefatta ragazza, non poteva fare a meno di squadrare di sottecchi il fodero bianco della Wado Ichimonji.

“Che razza di spada maledetta…”

“Cosa dici allora, Roronoa?” gli domandò la voce aspra del Capitano Cacciatore di pirati, tendendogli la mano in un impensabile atto di gentilezza “Se ti unisci a noi ti ripulisco a dovere e ti faccio inseguire quell’orgoglio da samurai che ti ritrovi.”

Un sorriso impercettibile si formò sulle labbra di Zoro, al suono di quella proposta.

“Non è nessun orgoglio che mi spinge, te l’ho detto… è solo una promessa.” Si rialzò facendo perno con i tre foderi. Si rimise in piedi calzando la nuova vita che gli era stata offerta, siccome il destino non l’aveva voluto morto troppo presto.

No, non sarebbe morto prima di aver raggiunto il suo obbiettivo.

“Devo diventare il più grande spadaccino del mondo. Non mi importa come, da cacciatore di taglie, da pirata, e sì, anche come marine mi va più che bene… ma basta che non mi mettiate i bastoni tra le ruote, perché tutto ciò che voglio è che il mio nome risuoni in ogni mare di questo mondo.”

Quella ragazza di nome Tashigi gli sorrise, partecipe del suo entusiasmo. Ma lei non sapeva che da quando l’aveva vista, il cuore di lui cuore aveva iniziato a martellare all’unisono con un solo pensiero: Kuina.

“Diventerò forte anche per lei! Questa è la mia promessa.”

 

Angolo Autore:

Ciaos! Avevo scritto questa storia a settembre dell’anno scorso, intenzionato a parlare delle storie di ogni singolo mugiwara se, bhe, non ci fosse stato proprio nessun Signor Mugiwara nel mondo di One Piece. Mi ero fermato dopo aver scritto di Nami, Usop e, per l’appunto Zoro, ma mi sono casualmente ritrovato a leggere queste one-shot e ho ritenuto quella che avete appena letto come la più meritevole di essere pubblicata. Poi, chissà, in futuro magari darò una sistematina alle altre e le pubblicherò.

Qualche retroscena: se si cerca su internet qualsiasi discussione riguardo i mugiwara in un mondo senza Rufy (mi piace chiamarla what-if? Rufy-less, perché non esiste un nome ufficiale) salta subito la risposta “sarebbero tutti morti”, facendo anche morire ogni tentativo di fanfiction (vi sfido infatti a trovarne almeno un paio con questo incipit). Questo a mio avviso è un po’ noioso e anti-creativo, quindi ho voluto  scrivere una mia versione di questa what-if?, senza però forzare troppo la mano con deus ex machina per far salvare in modo miracoloso i mugiwara dai loro destini (infatti non vi nego che ci sarebbero stati dei morti negli altri capitoli, e anche in questo avevo intenzione di inserire una scena in cui uno Zoro marine si trovava a combattere contro i pirati di Albida, causando la morte di un Koby che non è mai stato salvato da Rufy). Alla fine, che Smoker operasse nel Mare Occidentale ai tempi della cattura di Zoro è un dato di fatto, quindi ho solo voluto inserire una soffiata sui soprusi di Morgan come sostitutivo per far intervenire i marine al posto di Rufy nel ruolo di cavaliere in armatura scintillante per salvare la principessa… Zoro.

Ah, e comunque: spesso si parla di quanto l’introduzione di Zoro sia poco interessante rispetto a quella degli altri mugiwara, però:

Punto Primo: Era il primo volume di One Piece e Oda doveva introdurre almeno un po’ di personaggi per far lanciare il suo prodotto. Non c’era tempo per un volume a parte solo di flashback, come è stato per Chopper, o Franky, o Robin;

Punto Secondo: Questo poveraccio è stato torturato e legato a un palo con la promessa di venir rilasciato se fosse sopravvissuto UN MESE senza cibo né acqua. A me sembra tutt’altro che non tragico.

In conclusione, spero di aver scritto i personaggi abbastanza IC, e che la lettura sia stata piacevole. Alla prossima!

   
 
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