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Autore: sidphil    13/12/2022    0 recensioni
Mickey e Mandy hanno tutto quello che una persona potrebbe desiderare: tanti soldi, una bella villa, Mickey scaffali pieni di libri e una chitarra che ama alla follia, Mandy un migliore amico che le vuole bene, popolarità e orde di ragazzi ai suoi piedi. Tuttavia, entrambi portano il peso di numerosi segreti sulla loro vita e la loro famiglia. Ian, migliore amico di Mandy, è tenuto costantemente all'oscuro per essere protetto, anche se lui stesso deve convivere con amare sofferenze.
Una storia un po' diversa dal solito, dove vedremo una Mandy e un Mickey diversi ma in un certo senso sempre uguali a quelli che conosciamo e un Ian un po' perso che ha bisogno di trovare sè stesso e che ci riuscirà proprio grazie a loro, senza rendersi conto di quanto può offrire in cambio lungo la strada.
Questa storia è una TRADUZIONE, per cui ho ottenuto il permesso dall'autrice originale.
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mandy Milkovich, Mickey Milkovich
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era ancora difficile per Ian credere di essere a migliaia di chilometri da terra che volava nella stratosfera a due ore da Miami. Mandy era seduta alla sua sinistra e fissava fuori dall’oblò con una mano sul vetro per sentire le vibrazioni. 

- Ci sono ancora nuvole, esattamente come un’ora fa – disse apposta Iggy dietro di lei, sporgendosi verso il suo sedile. 

- Non tutti vanno avanti e indietro in aereo come se fosse la L – ribatté Mandy imperterrita, continuando a guardare fuori. 

- Mi piace volare – sorrise Iggy guardando poi Ian. – Peccato che non sembra che qui siano tutti della stessa idea – 

Ian stava facendo il possibile per distrarsi leggendo le riviste di Mandy, giocando con la console di Iggy,  ma era tutto inutile. Anche dopo un’ora di volo continuava a guardarsi convulsamente intorno durante le turbolenze, controllando per vedere se ci fosse stata qualche combustione improvvisa o in cerca di segni che l’aereo stava per andare in pezzi, risucchiando i passeggeri come in un tunnel d’aria. 

- Non ha mai preso l’aereo – spiegò Mandy accarezzandogli il braccio. 

- Ho visto un sacco di incidenti stradali – disse Iggy. – Guidare è molto più rischioso che volare – 

- Così non aiuti comunque – sbottò Mandy. Iggy si riappoggiò al proprio sedile e rise divertito. Ian deglutì, le braccia rigide per la tensione  lo stomaco sottosopra. Mancavano solo due ore. 

- Ho detto a Ben della mia confessione a Lip – disse improvvisamente Mandy in tono grave. – Non era nemmeno arrabbiato, non ha urlato o altro. Aveva una faccia che sembrava che gli avessi appena rubato l’anima e questo è stato anche peggio – 

- Vi siete lasciati? – chiese Ian, trasalendo quando guardò fuori e ricordando quanto fossero in alto. 

- No, non mi ha lasciata – sospirò lei. – Ma da una parte vorrei che l’avesse fatto. Sono stata una persona di merda –

- Hai fatto un errore Mandy e se Ben è disposto a cercare di far funzionare le cose dovresti prenderlo come un insegnamento – 

Lei annuì e si morse un’unghia, tornando a guardare fuori. Probabilmente aveva gli occhi lucidi e non voleva farsi vedere, quindi Ian si voltò dall’altra parte verso i passeggeri. Mickey tornò dal bagno proprio in quel momento, tastandosi le tasche con un’espressione accigliata. Continuò finché non fu tornato al suo posto dietro ad Ian e finalmente grugnì quello che Ian identificò come un soddisfatto “Ah-ah!”. Si girò e sbirciò cosa stava facendo, restando mezzo nascosto dietro al braccio. 

- Cosa diavolo stai facendo? – chiese Iggy quando vide il fratello portarsi una sigaretta alle labbra. 

- Gioco a carte. Secondo te cosa cazzo sto facendo? – 

- Non si può fumare qui, Mick – 

- La FAA* può andare a farsi fottere – 

- E chi cazzo è? Ehi… smettila! – 

Mickey fece scattare la fiamma dall’accendino-jukebox e Ian rise quando Iggy gli schiaffeggiò la mano. Mickey si voltò bruscamente togliendosi la sigaretta dalla bocca per urlargli addosso. 

 - Ti sei bevuto il cervello, Iggy? L’hai lasciato a casa? – 

- Non mi farò buttare giù dall’aereo perché tu fumi come una ciminiera! –

- Quando scendiamo da qui ti prendo  calci nel culo – lo minacciò Mickey ma Ritirò comunque l’accendino e la sigaretta. Iggy sembrò soddisfatto e prese la sua console, infilò gli auricolari e cominciò a borbottare imprecazioni verso il videogioco. 

Ian stava ancora sorridendo quando Mickey si accorse che lo stava fissando. – Ehi – lo salutò come se lo vedesse per la prima volta quel giorno, un sorriso sulle labbra. 

- Ehi – rispose lentamente Ian arrossendo alla vista dell’ostilità di poco prima che svaniva dal volto di Mickey. Mickey lo ispezione per un paio di secondi ed emise un lieve mormorio. 

- Sei nervoso? – 

Ian ringraziò che il suo viso fosse per metà nascosto così che Mickey non potesse vederlo arrossire. Stava scherzando? Solo guardare Mickey lo agitava e gli faceva contorcere le viscere. 

- Intendo per l’aereo – aggiunse piano Mickey come se gli avesse letto nel pensiero. 

- Oh, ehm… - tossicchiò Ian. – Mi sto abituando -. A dire il vero se la stava facendo addosso ma vedere Mickey così placido lo aiutò a calmare i nervi. Mickey laniò uno sguardo a Iggy e si sporse verso Ian. 

- Allora perché ti tremano le mani? – gli chiese piano, le labbra schiuse e lo sguardo furbo. Ian si nascose ancora di più e guardò i palmi delle proprie mani. Mickey aveva ragione, stava tremando. Anche se con Mickey così vicino non sapeva con certezza se fosse colpa della paura dell’aereo. Mickey lanciò un’altra occhiata a suo fratello, che era talmente assorto nel gioco da non prestare nessuna attenzione intorno, e allungò la mano per toccargli le nocche con le dita. La pelle sembrò quasi pizzicargli sotto al tocco leggero d Mickey, come una scossa che si propagava in tutto il corpo, e per un momento Ian dimenticò di essere a migliaia di metri d’altezza, distratto dal pollice del moro che sfiorava il dorso della sua mano. Anche sospesi nell’aria Mickey era l’immagine dell’impavidità e solo questo gli fece pensare che magari l’aereo non sarebbe caduto e se anche fosse successo almeno non sarebbe stato solo. 

- Quando ti farò questo segnale… - disse improvvisamente Mickey coprendogli la mano con la propria e portandosi l’altra alla testa in un breve saluto a due dita, - cominciamo a correre – 

- Come? – chiese Ian, confuso. 

Mickey sbirciò sua sorella, intenta a messaggiare con il suo ragazzo, e controllò un’ultima volta suo fratello per poi tornare a guardare Ian. – Fidati di me e comincia a correre a questo segnale –

Ian non capiva quindi Mickey rise e la sua mano scivolò via dalla sua mentre si riappoggiava al sedile. Quando notò la delusione sul volto del rosso sorrise. – Le mani non ti tremano più – 

Ian le guardò; diamine. 



Quando l’aereo atterrò Ian non credeva di non essere mai stato così felice di essere sulla terraferma. Corse giù dall’aereo, tentato di baciare il suolo, ma non era una buona idea quindi seguì i fratelli Milkovich fuori dall’aeroporto. Una volta uscito, il sole splendeva alto nel cielo, riversano calore e luce sulla città. Ian si tolse immediatamente il cappotto vedendo gli altri fare lo stesso e si crogiolò nell’aria tiepida. Ammirò gli edifici torreggianti, l’acqua brillante sulla costa e tutta l’ansia del volo svanì. 

- Cavolo, ci saranno quasi trenta gradi, Chicago è il Polo Nord a confronto. Non dovrebbe essere inverno? – 

- Siamo più vicini all’Equatore, che ti aspetti? – replicò Mickey beffardo, schivando u pugno di Mandy. 

- Sta’ zitto – 

- Uno dei miei amici dovrebbe passare a prenderci tra poco – li informò Iggy guardando l’orologio. – Cazzo, ho bisogno di bere qualcosa – 

- Vai a comprare qualcosa e portalo qui – ordinò Mickey evitando di nuovo Mandy. – Ma che cazzo hai? – 

- È come in TV – commentò Ian con aria ancora trasognata. Ripensando al suo quartiere merdoso è persino al North Side, quella città gli sembrava uno spettacolo. 

- È perché siamo in una zona turistica – spiegò Mickey, sprezzante. – Non è così dappertutto – 

- Dio, ho davvero bisogno di bere – continuò a lamentarsi Iggy avvicinandosi di più alla strada e picchiettando l’orologio. Mandy prese il cellulare e lo sollevò per scattare delle foto, probabilmente per Ben. Ian richiuse finalmente la bocca ancora spalancata per lo stupore e raggomitolò il cappotto sotto l braccio, saltellando per sistemare meglio il borsone sulla spalla. – Spero che venga con la Mustang e non con quella fottuta Volvo. Se devo ancora salire ancora su quella macchina verde vomito… -. Iggy si interruppe e si lasciò andare ad una serie di insulti aggressivi e incoerenti prima di aggiungere: - Cazzo, è venuto con la Volvo! – 

Una vettura verde accostò davanti a loro con della musica da Salsa che proveniva dall’interno. Un uomo con un fisico scolpito stretto in una canotta e la pelle molto più abbronzata della loro fece segno di salire in fretta. 

- Se pensi che io non sappia guidare, non hai ancora visto niente, Mickey – ridacchiò Iggy andando alla macchina. Mandy scattò un’ultima foto e aspettò gli altri due. Mickey avanzò, urtandola apposta, e andò all’altro lato della vettura, fermandosi davanti alla portiera mentre Ian raggiungeva il lato opposto. Attese che Mandy salisse dietro e guardò Mickey da sopra il tettuccio, chiedendosi perché non stesse salendo. 

Mickey fece un sorrisetto e fece il segnale prestabilito per poi cominciare a correre per la strada. Ad Ian ci vollero un paio di secondi per ricordare e lo seguì lasciandosi la Volvo verde alle spalle. L’adrenalina gli pompava nelle vene mentre attraversava la strada trafficata correndo dietro a Mickey. Girò l’angolo di un ristorante e sorrise come un pazzo usando lo raggiunse. Mickey sembrò contento di vederlo e per dimostrarglielo lo afferrò bruscamente per il colletto della camicia e lo baciò. 

Con il cuore che gli martellava nel petto, Ian reagì con la stessa urgenza. Come se l’umidità non fosse già abbastanza, ci pensarono le labbra di Mickey a togliergli il fiato. Era una sensazione soffocante, Mickey che gli afferrava i fianchi, assaporando la sua stessa aria, soli all’ombra nel parcheggio dell’edificio. Quel bacio era molto meno composto del solito e molto meno riservato. Mickey indietreggiò e si passò una mano tra i capelli come se fosse lievemente imbarazzato di ciò che aveva appena fatto, ma certamente non se ne vergognava. 

- Sto cominciando a sospettare che non sopporti di dovermi condividere con gli altri – esalò Ian riprendendo fiato per la corsa e per il bacio.

- Okay e questo è il momento in cui devi smettere di pensare – arrossì Mickey, colto di sorpresa. Prese l’accendino e si accese una sigaretta così velocemente che Ian non ebbe neanche il tempo di sbattere le palpebre. 

- Allora perché abbiamo appena scaricato i tuoi fratelli? – sorrise Ian desiderando più che mai almeno un litro d’acqua. 

- Vogliono andare in qualche hotel da fighetti, bere fino a perdere i sensi, svegliarsi domani e poi andare a casa di Medusa –

- Medusa? – 

- Mia madre – spiegò Mickey con un cenno disinteressato, sollevando momentaneamente la sigaretta. -  Col cavolo che passerò così la ma vacanza – 

- Allora cosa facciamo? – si rallegrò Ian. – Visto che sei così pratico dl posto – 

- Venivo solo qualche volta quando ero piccolo, tutto qui – grugnì Mickey sbuffando anelli di fumo. Gli rivolse un timido sorriso. – Spero che tu non sia stanco, staremo fuori fino a tardi – 



Più si avvicinava il crepuscolo più l’aria si rinfrescava ma era comunque più calda di Chicago. Tanto per cominciare andarono a pranzo in un ristorante di pesce dove ordinarono granchio e gamberi finché non furono completamente pieni e poi vagarono per i vari parchi e vie, saltando su e giù dalla metro come facevano con la L. Quando il sole di mezzogiorno cominciò ad abbassarsi andarono allo zoo. Ian aveva infilato la giacca nella borsa da ore quindi aveva le mani libere per poter accarezzare gli animali, ma alla fine non lo fece. 

Mickey invece stava accarezzando la pelliccia intorno al collo di un cucciolo di tigre come faceva con il suo gatto. Ian non smetteva mai di meravigliarsi di vedere quanto Mickey diventasse più felice intorno agli animali, come all’acquario. Il tigrotto cercò di mordicchiargli le mano quindi prese ad accarezzargli i fianchi. Ian si inginocchiò per vedere meglio da vicino ma non cercò di toccarlo. Una bambina si avvicinò con la madre e Mickey la lasciò giocare per un minuto con il cucciolo. 

- Andiamo a vedere i serpenti ora – disse Mickey. – O hai paura anche di quelli? – 

- Non ho paura – arrossì Ian. Il cucciolo si sdraiò passandosi le zampe sul muso e Ian sorrise, trovandolo piuttosto tenero. Allungò la mano e lo toccò esitate sulla testa, ritirandola immediatamente quando lo guardò. Mickey rise e gli prese la mano per metterla sulla schiena dell’animale, che scosse la coda avanti e indietro, per nulla infastidito. 

- Vedi? Gli piace -. Ian trascinò la mano in mezzo alla pelliccia e sorrise quando il cucciolo fece le fusa.  

- Quindi, serpenti ora? – sorrise. Mickey fece un sorrisetto compiaciuto. 

Fu terrificante guardare un bambino fare una foto con un serpente dei ratti del Texas avvolto intorno alle spalle, o almeno questo secondo Ian. Mickey era completamente a suo agio con un altro serpente che gli risaliva lungo il braccio. Usò l’altra mano per sostenere il suo corpo, impressionato dalla sua velocità. L’animale pallido fece scattare la lingua così vicina al collo di Mickey che Ian sussulto per lo spavento. 

- Probabilmente è stressato dopo essere stato toccato tutto il giorno – borbottò Mickey mentre il serpente cercava di infilarsi nella sua maglietta. La allargò e inarcò un sopracciglio a Ian. 

- No grazie, sto bene così – rabbrividì Ian sospirando di sollievo quando Mickey lo restituì all’addestratore. 

- Quel serpente ha più paura di te di quanto tu ne abbia di lui – 

- Sì beh, non lo avrei detto –

- Potresti sorprenderti – 

Uscirono dallo zoo e ritornarono nelle strade di Miami, mentre Ian ripensava in silenzio a ciò che aveva detto Mickey. Quando lo aveva appena conosciuto, Ian era sempre cauto intorno a lui, pensando che sarebbero stati solo guai, ma se anche Mickey fosse stato intimidito da lui? Magari anche lui aveva paura a modo suo.

- Decidi tu ora, dove andiamo? – disse il moro. 

- Non ho mai visto l’oceano, ti va di fare una nuotata? – cinguettò Ian. La cosa che vi si avvicinava di più era la piscina dietro casa. Pensare alla spiaggia di Miami gli fece venire un’altra idea. – Oppure potremmo fare un’immersione. Sarebbe fico, no? – 

- Vuoi fare apnea? – chiese Mickey storcendo il naso. 

- Sì, andiamo – sorrise Ian. Mickey non sembrava entusiasta all’idea e il sorriso di Ian crollò. – Che c’è? Voglio vedere i coralli e il fondale, cos’è che a Chicago non ci sono –

- Ti ci porto ma io non lo faccio – disse Mickey svoltando un angolo. 

Ian lo seguì sconcertato. – Perché no? –

- Merda, la metro sta arrivando – disse Mickey camminando più in fretta per non perderla. Entrarono, presero posto e Mickey guardò la mappa sul cellulare per sapere a quale fermata scendere. 

- Possiamo fare qualcos’altro – suggerì Ian notando il pallore sul volto di Mickey. 

- Col cavolo, farai la tua immersione – 

- Ma non mi va di farlo se tu non vuoi. E poi credo che questo tipo di attività vada prenotato prima – 

Mickey ci rifletté per un momento e appoggiò i piedi sul sedile davanti a lui. – Allora puoi andarci un altro giorno in settimana – 

- Lo farai anche tu? – 

- Assolutamente no – 

- Dai Mick, sarà divertente – 

- Cristo, falla finita – sbottò Mickey voltandosi verso il finestrino, silenzioso. Questo spazzò via tutto il buon umore di Ian e decise di non insistere più. Quando scesero dalla metro, Mickey controllò l’ora e guardò il cielo che si scuriva sempre di più mentre camminavano. 

- Che facciamo ora? – mormorò Ian un po’ stanco ma principalmente giù di morale per la conversazione di poco prima. Mickey continuò a camminare pensieroso, poi incontrò per un secondo il suo sguardo prima di voltarsi verso la costa. Non rispose e proseguì, Ian dietro di lui. Vagarono in silenzio per mezz’ora finché Ian non notò con sorpresa che erano diretti in spiaggia. Visto che era il tramonto non c’erano molte persone ad affollare la spiaggia di sabbia bianca e Mickey si assicurò di trovare un posto isolato. Le luci blu e arancioni della città si riflettevo sull’acqua, creando lo spettacolo più bello che Ian avesse mai visto. Si allontanò da Mickey per avvicinarsi al mare, attirato dalle onde placide. Chicago aveva un lungolago, il suo bel bacino d’acqua, ma solo quando si fu avvicinato capì quanto fosse diverso dall’oceano. 

Mickey si sedette sulla sabbia non molto lontano e guardò anche lui Ian che si accovacciava e immergeva la mano nell’acqua salata chiudendo gli occhi alla sensazione sulla pelle. Ma alla fine non riuscì più a sostenere la tensione tra loro e fu colto dal bisogno di sistemare le cose. Doveva esserci un motivo dietro alla reazione del moro quindi Ian ritornò da lui per scoprirlo. – Non sai nuotare? – chiese inginocchiandosi davanti a lui. Mickey evitò il suo sguardo e fece spallucce, come se quello bastasse a dare spiegazioni. – È per questo? Non sai davvero nuotare? – 

- Devo raccontarti ogni mia storia strappalacrime? – lo guardò storto Mickey. – Perché non ci provi tu a parlare di qualsiasi cazzo di problematica che non vuoi che si sappia, magari giro anche un po’ il dito nella piaga – 

Anche se le sue parole erano taglienti, Ian non ci rimase troppo male. Non aveva proprio torto, Ian era solito preoccuparsi troppo di Mickey tutto il tempo facendo troppe domande senza capire quando smettere di insistere. Raccolse un po’ di sabbia e la lasciò scivolare tra le dita. 

- Sai che ultimamente ero sempre stanco, no? – disse piano, sperando di non perdere coraggio. Mickey non rispose e tutto a un tratto il corpo di Ian si irrigidì e un’incredibile ansia si impossessa di lui. Chissà se era così che si sentiva Mickey ogni volta che parlava del suo passato o gli rivelava dei segreti. Prese un altro agognato e profondo respiro e lasciò cadere il resto della sabbia. Ora o mai più. – Ho il disturbo bipolare – confessò, desiderando in qualche modo di potersi rimangiare quelle parole immediatamente. Si alzò la brezza marina e abbassò timoroso lo sguardo. – Cioè prendo le medicine – si affrettò a spiegare balbettando. – A volte ho degli effetti collaterali, ecco perché dormo spesso, mi rende stanco –

Mickey continuava a non dire nulla e l’ansia di Ian crebbe. Il suo silenzio poteva significare qualsiasi cosa. Era incazzato perché Ian non gliel’aveva detto? Sapeva cos’era il disturbo bipolare? –

 - Fammi capire – lo interruppe Mickey, stoico. – Tu vuoi sapere ogni singolo dettaglio della mia vita, ti aspetti che io mi fidi di te ma non ti è mai passato per l’anticamera del cervello di dirmi questa cosa? Stai scherzando? –

In quel momento Ian credette che Mickey lo avrebbe piantato lì o qualcosa di anche più drastico, ma invece lo stava fissando con uno sguardo glaciale, il che era anche peggio. 

- Non credevo fosse così rilevante – si giustificò Ian, non totalmente sincero, e questo fece esplodere Mickey. 

- Ma che cazzo stai dicendo? Ti ho rivelato ogni cazzo di mio problema come se piovesse e non pensi che questo sia rilevante? Non me ne hai parlato perché TU hai deciso che non fosse rilevante? Vaffanculo – 

Ian avrebbe voluto prendersi a schiaffi o sotterrarsi da solo a quelle parole e si mise ancora di più sulla difensiva. – Non è che io ne vada fiero – continuò a balbettare. – Non volevo che mi trattassi da pazzo come fa la mia famiglia. Più ci stavamo avvicinando, più diventava diffici… - 

- Tu SEI pazzo – ringhiò Mickey. – a uscirtene con una cosa del genere – 

- Mi dispiace, Mickey – singhiozzo Ian, tremando fin dentro le ossa. – Avrei dovuto dirtelo prima, è stato stronzo da parte mia tenertelo nascosto. Mi dispiace davvero, Mickey, per favore, non… -. SI bloccò e si rannicchiò su sé stesso, desiderando di non essere un tale casino. Aveva pensato innumerevoli volte di parlare a Mickey della sua malattia ma aveva anche trovato altrettante scuse per non farlo e la cosa si stava ritorcendo contro di lui. 

- Non sono arrabbiato perché non me l’hai detto, non eri tenuto a dirmelo – replicò Mickey, rabbioso. – Ma sarebbe stato carino avere un po’ di fiducia da parte tua visto che tu piagnucoli ogni volta che io non ti dico qualcosa – 

- Hai ragione, scusami, avrei dovuto dirtelo – si affrettò a rispondere Ian facendo del suo meglio per trattenere le lacrime. – Cercavo sempre dei motivi per non farlo e non è giusto, mi dispiace – 

- Credi che non sappia cosa significa? Lo facevo tutto il tempo prima che arrivassi tu ma con te mi sono aperto, stronzo, e tu non hai potuto neanche dirmi che avevi la depressione maniacale? Cos’hai nel cervello? – continuò Mickey passandosi continuamente le nocche sulle labbra, visibilmente ferito. 

- So di aver fatto una cazzata, mi dispiace così tanto Mickey. Io voglio che tu ti fidi di me, è che odio quella parte di me stesso. Prendo quei farmaci ogni giorno fingendo di non essere pazzo… -

- Tu NON sei pazzo – sospirò Mickey abbassando e scuotendo la testa. – È che semplicemente a volte tu non pensi –

E in qualche strano modo questo lo fece sentire meglio perché Mickey non lo stava trattando diversamente, non stava attento a scegliere le parole giuste come se una mossa falsa potesse turbare il suo equilibrio. Dopo un paio di minuti seduti circondati dalla brezza serale ad ascoltare le onde, Mickey parlò di nuovo. – Quando l’hai scoperto? – 

- Un paio di anni fa – ammise Ian. – Solo la mia famiglia lo sa –

Rimasero nuovamente in silenzio, i loro animi che si assestavano, e Mickey alzò la testa. – Non avevo idea che stessi lottando con una cosa del genere. Sei più bravo di me a gestire le cose, questo è certo –

Ian non poté trattenere un sorriso nella sua devastazione. Mickey stava elogiando i suoi sforzi contro il bipolarismo piuttosto che intimidirsi e questo per lui significava il mondo. Si spostò più vicino a lui e posò la fronte sul suo ginocchio coperto dai jeans, le paure che svenivano un po’ di più. – Ti prometto che non ti mentirò più – sussurrò, esausto. Mickey non commentò né si ritrasse. – È che a volte cerco solo di dimenticare di averlo. Non voglio dare l’impressione di essere questo o che tu pensi che io sia questo -. Giocherellò con il laccio delle scarpe di Mickey pe non rischiare di crollare. – Frank morirà con una bottiglia in mano – continuò chiudendo gli occhi. – Fiona con una collezione di tutti i cuori che ha spezzato. Fa parte di loro. Io invece morirò con questa malattia, sai, come Monica. Lo odio –

Mickey gli sollevò il viso, rilassando il proprio. – Credi che io sia come mio padre? – si accigliò Mickey. – Sono violento e sconsiderato, non dovrei essere un mostro come lui? – 

Ian scosse immediatamente la testa. – No, certo che non… - provò a dire con voce spezzata. 

- E allora tu non sei Monica – concluse Mickey. – Tu sei tu, Ian –

Le lacrime scesero come una cascata sulle guance di Ian ma non cercò di nascondersi dallo sguardo di Mickey, anche se si vergognava. 

- Quando ero piccolo mio padre mi ha tenuto la testa sott’acqua finché non sono svenuto – confessò improvvisamente Mickey. – Ecco perché non so nuotare, non vado nell’acqua alta. Terry ha fatto un sacco di cose orribili e anche tua mamma ti ha fatto del male, no? Che si fottano, non dovremmo vivere nella paura a causa loro. Mi fa comunque incazzare che tu non mi abbia detto niente, ma penso di poter chiudere un occhio – E poi Mickey scattò in piedi e trascinò Ian con sé sulla spiaggia sabbiosa senza altre spiegazioni. Si avvicinarono all’acqua e Ian sussulto per la sorpresa quando Mickey lo tirò fino alla riva dell’oceano, entrandovi con scarpe e pantaloni ancora addosso. 

- Aspetta – trasalì quando un’onda si infranse contro alla sua caviglia, inzuppandogli la calza. Mickey proseguì, determinato. Almeno l’acqua non era molto fredda ma Ian rimase scioccato quando si immersero ancora di più, arrivando con l’acqua fino alla pancia. 

- Non lasciarmi affogare e forse potrò perdonarti – disse Mickey indietreggiando un po’ di più. Per quanto tosto cercasse di sembrare, ad Ian non sfuggì quanto fosse guardingo. Un’onda lo colpì da dietro sulla schiena e lo congelò completamente, cancellandogli il sorriso dalle labbra. 

- Tranquillo – ridacchiò Ian riuscendo a controllare di nuovo le proprie emozioni; ora era lui che stava trascinando Mickey nell’acqua alta. 

- Porca puttana – esalò Mickey come se si rendesse conto solo in quel momento di quanto fossero sommersi. Le onde non erano aggressive quindi era facile evitarle ma Mickey sicuramente temeva che si potessero alzare da un momento all’altro. 

- Vuoi che ci immergiamo insieme? – lo incoraggi Ian con l’acqua fino alle spalle, consapevole che Mickey lo avesse portato lì per questo, per provargli qualcosa. Saltò quando un’onda li raggiunse, portando Mickey con sé. 

- Cazzo, potevamo almeno parlarne prima, eh? – esalò Mickey in un lamento rannicchiandosi più vicino a Ian. – Immergerci… cazzo… qual è il segnale? – 

Ian piegò la testa e lo baciò perché non riusciva più a trattenersi. Era così felice con lui, anche quando le cose non andavano a gonfie vele. Mickey si aggrappò a lui, probabilmente perché ora ci toccavano a malapena, ma ad Ian andava più che bene. Non si baciarono a lungo poiché un’onda li sommerse quasi completamente. Si staccarono e salutarono per evitarla. Mickey guardò Ian ansimando. – Andava abbastanza bene come segnale? – sussurrò Ian. Mickey emise un verso nasale, come a dirgli “Bastardo”. Ian sorrise e chiuse gli occhi per un secondo, assaporando la sensazione dello spazio intorno a lui e di quel momento che aveva l’opportunità di condividere con Mickey. – Grazie, Mickey – gli disse dolcemente. 

- Penso che tu abbia avuto a che fare abbastanza con le mie cazzate da averne abbastanza – disse beffardo Mickey e Ian credette di poter ricominciare a piangere per la felicità. Quando si avvicinò un’altra onda, si guardarono, presero fiato e si immersero insieme. Essere sott’acqua non era così terrificante come ricordava Mickey. Forse perché Mickey gli prese le mani e gli ricordò he sarebbero risaliti in superficie, insieme. 





NB: *Federal Aviator Administration


Nota mia: come al solito chiedo scusa per i ritardi di questi giorni ma come avevo annunciato il tempo per scrivere si è ridotto notevolmente. In ogni caso, vi avviso che mancano solo due capitoli alla fine!
   
 
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