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Autore: Flofly    14/12/2022    7 recensioni
In una fredda mattina di dicembre Bellatrix Black galoppa senza freni verso la dimora di Lord Voldemort. La grande notizia è finalmente giunta: Re Alphard è morto e si apre la successione per il Trono tra i due primogeniti della Famiglia Black. Inebriata dall’idea di potere e dall’amore tossico per quello che crede il suo Consigliere più fidato, Bellatrix non si rende conto che per Lord Voldemort lei è solo una pedina di ghiaccio, destinata a sciogliersi sotto le sue dita.Royal!AU
{Questa storia partecipa ai 72 prompt in attesa del Natale indetti da Mari e Sofifi sul forum Ferisce la penna}.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Voldemort
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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{Questa storia partecipa ai 72 prompt in attesa del Natale indetti da Mari e Sofifi sul forum Ferisce la penna}. Non è una storia dolce e Natalizia, mi sono lasciata trasportare dall’atmosfera da poeta maledetto che circonda i Black in generale,e Bellatrix in particolare. Però c’è un piccolo tocco trash che fa un po’ Natale sotto glitter.

 

Metto subito i propt che ho (con un po’ di approssimazione ) utilizzato:

Prompt: Drago (ehm si più o meno)

Citazione:“E temo l’inverno perché è la stagione delle comodità.” da Addio di Arthur Rimbaud

AU: Royal!AU

 

Regina d’Inverno

 

Il vento gelido delle prime ore dell’alba di quella fredda mattina di dicembre le sferzava il viso come lame affilate ma Bellatrix Black sembrava non accorgersene neanche. Nell’assoluto silenzio degli altipiani deserti il suono del suo folle galoppo risuonava come una tromba  di guerra.  

Sua madre aveva provato infinite volte a farla desistere da quella che considerava un’abitudine poco adatta ad una principessa di sangue reale, per di più senza una vera e propria sella, ma ovviamente non le aveva mai dato retta né aveva alcuna intenzione di farlo.  Lei non era una principessa come tutte le altre.

E soprattutto non aveva alcuna intenzione di rallentare proprio quel giorno. La notizia era finalmente arrivata: Re Alphard, suo zio, era morto senza eredi diretti e secondo le leggi del Regno ora il Consiglio delle Sacre Ventotto avrebbe dovuto scegliere il nuovo sovrano tra i due primogeniti della nobile ed antica famiglia dei Black: lei, la favorita della parte più conservatrice ed elitaria delle famiglie, e suo cugino Sirius, per cui il popolo sembrava nutrire un affetto smisurato. All’inizio non pensava che fosse davvero un rivale da temere, ma Andromeda aveva ragione: dopo gli scandali che avevano colpito la Famiglia negli ultimi decenni e con l’accusa del popolo di sperperare il denaro delle tasse per fini personali, fin troppi membri del Consiglio erano tentati all’idea di un Re moderno e accattivante che accontentasse la gente comune, così da tacitare i dissidenti e poter continuare a vivere le loro vite privilegiate.

Quello di cui quegli idioti non si rendevano conto, tuttavia, era che suo cugino non era affatto l’affascinate giovane uomo sempre pronto a stringere mani e visitare ospedali, beandosi del calore dei sudditi che lo adoravano. Sirius Black era una scheggia impazzita, incapace di provare il minimo rispetto per la Famiglia e con un suo ideale di giustizia sociale che avrebbe messo in pericolo tutti loro. Ad essere onesti… sarebbe stato persino capace di avviare una riforma costituzionale che avrebbe portato alla fine dell’intero sistema su cui si basava il Paese, visto che per lui non esisteva differenza tra nobili e gente comune. E come se non bastassero i suoi rumorosi amici a supportarlo, ci si metteva anche sua sorella Andromeda a tramare nell’ombra con lui e il tutto per poter sposare il figlio del segretario del Re. 

Cosa che poteva di certo scordarsi quando lei sarebbe divenuta Regina. Anzi, una delle prime cose che avrebbe fatto sarebbe stata quella di spedire quel bamboccio di Tonks nella Contea più lontana che fosse riuscita a trovare su una mappa. O meglio ancora in qualche Territorio d’oltremare.

C’era solo una cosa che l’infastidiva enormemente in quella situazione: era davvero un gran peccato che il vecchio avesse deciso di morire d’inverno, quando nessuno aveva il coraggio di uscire dalle proprie case fintamente confortevoli ed avventurarsi oltre i limiti delle loro noiose vite. Per quei sempliciotti dal sangue sporco Sirius era come una tazza di tè caldo in una rigida giornata invernale, rannicchiati sotto le coperte e avvolti dal profumo di biscotti allo zenzero appena sfornati. Mentre lei era il vento gelido e spietato che li metteva implacabilmente di fronte alle loro vane  esistenze, la tormenta di neve in cui nessuno voleva trovarsi senza un riparo.

Aveva sempre avuto paura di diventare come loro, una pigra nobildonna incapace di pensare a qualcosa oltre le dorate stanze del palazzo. Le altre ragazze avevano paura dei ragni, dei serpenti o di cavalcare a galoppo sino a diventare tutt’uno con il vento. Lei invece aveva sempre temuto l’inverno perché era la stagione delle comodità. E le comodità erano per le persone comuni,banali.

La cavalla sembrò non gradire il cambio di passo, insofferente all’idea di rallentare appena varcato il cancello di legno battuto che portava alla Villa. Era come lei, affamata di libertà e selvaggia, la sua perfetta compagna.

O forse anche lei aveva sentito una morsa allo stomaco quando aveva visto l’elegante figura attenderla al centro del piazzale. Lo sapeva, Lord Voldemort già era al corrente della notizia. E come sempre era un passo avanti agli altri.

«Porta Nagini nelle stalle, Peter. Io e la Regina dobbiamo parlare» ordinò secco allo stalliere che era apparso al suo fianco senza staccarle gli occhi di dosso mentre le sfiorava il dorso della mano con le labbra.

«Non sono ancora Regina, Lord Voldemort. Sai bene che c’è la parte del Consiglio guidata dai Weasley che cerca da anni di impedire che sia io a salire al trono» ammise controvoglia, concedendosi di accettare il braccio che lui le aveva offerto con naturalezza. Andromeda si sbagliava, non era possibile che non fosse di famiglia nobile. Tutto in lui era perfetto: i suoi gesti calmi e decisi, il tono di voce suadente, il suo essere sempre padrone di ogni situazione.  Così come la sua villa: elegante, quasi austero. Nessuna leziosa decorazione natalizia, solo un abete rosso all’ingresso, semplice e maestoso.Come Lui.

«Nella mattina lieto vedo, il mio nemico steso morto sotto l’albero.*» recitò l’uomo seguendo il suo sguardo stupito. «Ho tutto sotto controllo mia cara. Posso?»

La voce di Lord Voldemort la riportò alla realtà, mentre un’ondata di rabbia ed imbarazzo saliva a bruciarle il viso. Solo con lui si sentiva così vulnerabile,così esposta, ma era impossibile mantenere il suo sangue freddo con le dita dell’uomo che le sfioravano il collo come in una danza.

«Un piccolo pensiero per dimostrarti la mia devozione.»

Bellatrix deglutì a vuoto, la gola troppo secca per parlare.

Ancora una volta si trovò a liquidare gli ammonimenti di Andromeda come sciocchezze invidiose: quell’uomo non era un nemico ma il suo miglior alleato. Con lui come consigliere privato il suo Regno sarebbe presto tornato ad essere un impero.

Il suo fiato caldo le sfiorò il lobo dell’orecchio, provocandole un brivido di piacere, mentre si chinava a sussurrarle «La mia guerriera lucente…mai nome fu più appropriato».

Si guardò nello specchio, toccando la pietra verde brillante su cui spiccavano viticci rosso scarlatto che si allungavano come fiamme sul pendente che ora riposava nell’incavo dei seni.

«Diaspro di Sangue di Drago. Secondo una leggenda viene regalata ai combattenti per proteggerli. Ma io preferisco il suo significato più profondo: il coraggio. Tu non avrai alcuno scrupolo nell’eliminare tutti coloro che vorranno ostacolarci, vero mia Regina?» le bisbigliò sfiorandole la tempia con le labbra, lasciando nell’aria quel contatto che invece lei bramava con tutto il suo essere.

Incrociò il suo sguardo nel grande specchio della sala dove l’aveva ricevuta, il bagliore delle fiamme del camino che si riflettevano nei suoi occhi scuri. Andromeda lo aveva paragonato ad un viscido serpente, nascosto nell’ombra ad aspettare la sua preda. Ma sua sorella non aveva capito niente, troppo presa dai suoi libri per capire la vita reale.

Lord Voldemort non era un serpente. Al contrario, era come quella pietra che ora bruciava sul suo petto: un maestoso e leggendario drago che l’avrebbe portata alla vittoria sulle sue ali possenti. Non aveva alcun dubbio che con lui al fianco avrebbe annientato tutti i suoi nemici.

«Dio salvi la Regina» sorrise alle sé riflessa, incapace di staccare lo sguardo dal diaspro lucente. Per quello non si rese conto del ghigno dell’uomo dietro di lei, né del suo sguardo soddisfatto. Se solo lo avesse fatto avrebbe capito che Andromeda aveva ragione: Tom Riddle, finto Lord Voldemort, schioccava la lingua soddisfatto godendosi quegli ultimi istanti prima di affondare le zanne acuminate nella  sua preda.

Oh when there's no future

How can there be sin?

….

We're  I’m the future

Your future 

God save the Queen***

 

 


 

*Dalla poesia "Un albero avvelenato" di William Blake che riporto qui di seguito perché la trovo molto rappresentativa del modo in cui Voldemort utilizza Bellatrix per raggiungere i suoi scopi ( e poi perché male che va, se sei arrivato fin qui e non ti è piaciuta la storia almeno hai una bella poesia come regalo di Natale):

Ero adirato col mio amico,

Dissi la mia ira, la mia ira finì;

ero adirato col mio nemico,

non la dissi, la mia ira crebbe.

E l’ho bagnata di timori,

notte & giorno con le mie lacrime,

e le ho dato il sole di sorrisi

e dolci ingannevoli astuzie. 

Ed è cresciuta sia di giorno che di notte,

finché ha portato una mela luminosa;

ed il mio nemico la vide risplendere,

e seppe che era mia.

 

E penetrò nel mio giardino

quando la notte aveva velato il cielo;

nella mattina lieto vedo

il mio nemico steso morto sotto l’albero

 

** God save the Queen dei Sex Pistols, con una piccola modifica alla Lord Voldemort.

 
   
 
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