Anime & Manga > Lady Oscar
Ricorda la storia  |       
Autore: Chevalier1    16/12/2022    4 recensioni
La sera del ballo in suo onore Oscar lascia André in caserma e si presenta al ricevimento in uniforme. Conosciamo quella scena ma non il prima e il dopo. Che cosa succede a palazzo Jarjayes in quelle ore? Che cosa accade quando Oscar torna a casa? Che cosa si sono detti Girodelle e il Generale? Come va finire quando Oscar incontra André e il padre dopo? Quattro quadri privati provano a rendere l'idea delle parole e dei sottintesi di cui non siamo stati spettatori (tessere perdute nel mosaico della storia dell'anime, liberamente ricostruite), in un punto che rappresenta uno snodo nella storia.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: Missing Moments, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Marie, l’anziana governante di casa Jarjayes, sentì il pendolo suonare le sette e trotterellò in preda all’agitazione verso la stanza di madamigella Oscar, sperando che fosse finalmente rientrata, mentre lei si trovava impegnata nelle cucine. Bussò alla porta. Nessuno rispose. Riprovò con maggiore energia. Niente. Il silenzio indusse la donna a socchiudere la porta e ad affacciarsi alla penombra azzurrina della camera.

Constatò quanto dentro di sé aveva già intuito: lo stupendo abito da sera che aveva preparato per il ballo era rimasto esattamente dove lo aveva lasciato nel primo pomeriggio, intatto, perfettamente stirato. Con ogni evidenza nessuno, a parte lei stessa, era più entrato in quella stanza da quando la legittima proprietaria ne era uscita la mattina. Né André, né la figlia del generale si erano ancora palesati a casa, benché fosse già tardi per arrivare a Versailles in tempo per l’inizio della festa.

«Benedetta ragazza – sospirò la donna, incapace di adirarsi davvero con quella che lei sola a casa chiamava ancora “la mia bambina” - come penserà di riuscire a cambiarsi in così poco tempo, tanto più che non è pratica? Chi lo sente suo padre adesso: arrivare tardi a un ballo in suo onore, non troverà mai marito di questo passo... E André, sciagurato! Possibile che non l’abbia ancora accompagnata a casa...».

Un pensiero molesto le sovvenne: «Non sarà successo qualcosa di grave?». Sapeva che le strade di Parigi da tempo non erano tranquille. Cominciava a preoccuparsi.

I minuti correvano a precipizio. Di Oscar e André a casa neppure l’ombra. Eppure entrambi avevano preso con il generale Jarjayes l’impegno di recarsi al ballo: e per quanto la governante avesse capito a pelle, lei che più di ogni altro in casa leggeva nel pensiero della figlia del generale, che madamigella Oscar era tutto meno che entusiasta all’idea di essere la reginetta di una festa per trovarle un buon partito, cosa che, nella posizione che ricopriva, doveva metterla in un comprensibile imbarazzo, sapeva anche che Oscar non era tipo da trasgredire platealmente un ordine paterno. Tanto più che a offrirsi di organizzare quel ballo in suo onore era stato il generale Bouillé, di lei diretto superiore in grado.

Le aveva usato questa cortesia, un po’ per andare incontro ai desideri dell’amico e collega Jarjayes preoccupato per la figlia, un po’ – di più – perché se Oscar François de Jarjayes avesse trovato un marito e lasciato la vita militare, si sarebbe risolta la grana dei soldati della Guardia, che si erano detti indisponibili a prendere ordini da una donna: un’insubordinazione che in tempi diversi sarebbe finita con un deferimento alla Corte marziale, ma che nella tensione sociale del momento, agli occhi di Bouillé, andava gestita con diplomazia, in modo da evitare che l’imposizione di una donna al comando diventasse un pretesto perché i soldati, tutti popolani, si schierassero con i fuochi rivoluzionari, ogni giorno meno fatui, che covavano sotto la cenere a Parigi. L’anziana governante nulla sapeva di tutti i risvolti politici che si nascondevano dietro l’improvvisa pressione al matrimonio, né che Oscar si trovasse tra due fuochi, ma la conosceva e sapeva che in genere al padre finiva per obbedire e che, se disobbedienza doveva essere, non sarebbe giunta al punto di disertare il ballo, perciò temeva che qualcosa di più grave si fosse messo di mezzo.

Erano passate da poco le nove di sera quando la vide rientrare a palazzo Jarjayes da sola, in uniforme, con un’aria che non sembrava turbata, semmai sollevata e risoluta. Marie le andò incontro, trafelata e preoccupata: «Madamigella Oscar...». Oscar la interruppe facendole segno di abbassare la voce posandosi l’indice in verticale sulle labbra, accompagnando il gesto con il sorriso rassicurante che sempre le riservava: un privilegio raro, diretto a lei sola, frutto della confidenza che le legava da quando Oscar era piccola e la governante si occupava di lei con un affetto che nessun altro in famiglia sembrava riservare all’ultimogenita di casa Jarjayes, quasi temessero che anche una sola carezza potesse scalfire l’armatura del cucciolo di soldato che il generale stava allevando in lei da quando era nata.

La governante, che aveva preso servizio giovanissima nell’antico palazzo nobiliare e aveva visto crescere anche il Generale, non aveva mai fatto mistero neppure con lui di non aver mai condiviso l’educazione maschile che da padre aveva imposto alla bambina e che Marie considerava un capriccio, una violenza contro natura. Non essendo nella posizione, però, di contrastare le decisioni dell’autoritario padrone di casa, che tutti gli altri per altro sembravano determinati ad assecondare, aveva sempre provato a “rimediare” cercando di limitarne i danni – per così dire dietro le quinte - , dando alla bambina, poi alla ragazza, infine alla donna la quota di tenerezza che nessun altro le concedeva, approfittando delle occasioni di esclusività e solitudine che la quotidianità del servizio dava loro fin da quando Oscar era nata.

Oscar le fece segno di seguirla, avviandosi verso la propria stanza come se avesse bisogno di qualcosa, con uno sguardo complice che lasciava intendere un: «Poi ti spiego». La governante aveva capito al volo che l’invito a tenere basso il volume significava che Oscar voleva prendere tempo ed evitare che il padre fosse subito informato della sua presenza in casa, cosa in quel momento resa più semplice dalla circostanza che vedeva il generale temporaneamente a riposo a letto, in seguito a una ferita rimediata in un attentato.

In fondo alle scale Oscar chiese a Marie la cortesia di una tisana calda e di qualcosa da mangiare, sarebbero andati benissimo dei biscotti o una porzione di dolce avanzata dalla cena, e si avviò verso la propria stanza, cercando di alleggerire l’abituale passo marziale per non far rumore.

Giusto il tempo di lanciare al sontuoso abito da sera azzurro inutilizzato lo sguardo di sollievo che si sarebbe riservato a uno scampato pericolo e di liberarsi dell’uniforme per mettersi più comoda e sentì bussare. Violando le consuetudini vigenti in casa con la servitù, andò ad aprire la porta alla governante immaginandola in difficoltà con le mani occupate, la invitò con un cenno a entrare e a posare il vassoio sul tavolino, chiudendole subito la porta alle spalle per garantirsi la massima riservatezza. Anticipando la domanda che le leggeva negli occhi, le disse con dolcezza: «Non ho disertato il ballo, ci sono andata».

-«Così?!», - domandò la donna stupita, gettando un’occhiata all’uniforme ordinaria appena dismessa abbandonata sulla poltrona.

«Così», rispose Oscar calma e subito dopo, vestendo il sorriso di una sfumatura birichina, aggiunse: «Non mi dici sempre che sono bella anche così? Almeno se c’era tra i presenti uno che proprio non può fare a meno di chiedere la mia mano a tutti i costi ora saprà che tra i costi c’è che mi deve prendere così: pacchetto completo!», rise.

«E quello sciagurato di André, non ha fatto nulla per impedirti di andare al ballo in tuo onore in divisa? Aveva preso con tuo padre l’impegno di accompagnarti. Quando torna se la vede con me».

Oscar sapeva che vedersela con sua nonna per André, anche adesso che era un marcantonio di un metro e 90, implicava l’essere raggiunto da una gragnuola di mestolate fino alla resa e non riuscì a trattenere una risata, immaginando la scena che conosceva a memoria. Poi si fece seria: «André non ha colpa, ha fatto di tutto per convincermi a tornare in tempo per cambiarmi, ma sono il suo comandante e gli ho impedito di accompagnarmi. È stata una scelta solo mia, lui neanche sa che cosa ho fatto stasera, l’ho lasciato in caserma».

«Oooscar...!». Il tono dell’esclamazione era una cosa a mezzo tra un sospiro esasperato e un rimprovero bonario. Quando erano sole nel chiuso di una stanza, la governante si concedeva la libertà di lasciare da parte i formalismi e di chiamare la figlia del Generale soltanto per nome, tralasciando l’appellativo di “madamigella” che sempre ricordava ad André di adoperare: era il suo modo di ridurre le distanze, di far sentire a Oscar tutto l’affetto che nutriva per lei, per accudirne, anche adesso che era ormai adulta, la solitudine che intuiva dovesse provare nella rigidità militare che la circondava anche dentro casa.

Oscar andò incontro all’anziana donna, chinandosi un poco verso di lei per compensare i tanti centimetri con cui la sovrastava, e le prese entrambe le mani tra le sue, guardandola con infinita dolcezza: «Nanny non devi preoccuparti per me, io so che non hai mai apprezzato la scelta di mio padre e il fatto che io mi vesta e sieda scomposta come un soldataccio. So che vorresti che fossi una brava ragazza e che saresti più tranquilla se mi accasassi come fanno tutte le brave ragazze» – le disse dando un accenno autoironico alle proprie parole senza togliere alla voce una sfumatura di tenerezza che normalmente con il resto del mondo non aveva - «e so che lo pensi perché mi vuoi bene. Ma io adesso sono anche un Colonnello e da tutta la vita mi insegnano che da soldati è vile scappare quando le cose si fanno difficili. Nessuno, neanche mio padre, può pretendere ora, così da un giorno all’altro, di darmi in moglie al primo che capita per coprirmi la fuga. Sono sicura che anche tu sai che non sarei felice così. E poi tradirei me stessa e anche i miei soldati: non dimenticare che tra loro c’è André che si è arruolato per proteggermi. Farei del male anche a lui se fuggissi ora lasciando tutti con il cerino, sposandomi con il primo che mi danno. E poi chi lo vuole un maschiaccio come me, Nanny?».

L’anziana donna le sorrise preoccupata, capiva anche lei che non sarebbe stato molto verosimile un cambiamento tanto repentino, anche perché l’aveva vista crescere e conosceva bene il prezzo della sua educazione, sapeva con quanta determinazione Oscar fosse stata tenuta, per tutta l’infanzia, a distanza di sicurezza da qualunque cosa le potesse ricordare il suo essere nata femmina. Eppure si sarebbe sentita rassicurata nel vedere la “sua bambina” diventare finalmente una donna come tutte, cosa che l’avrebbe almeno tenuta lontana dai pericoli della guerra oltreché da quella dura responsabilità che le era stata presto imposta e che ora si vedeva che la preoccupava e l’affaticava ogni giorno di più, anche se faceva di tutto per nasconderlo sotto un’apparenza di risolutezza. D’altro canto l’idea di quel matrimonio, pur “giusto” secondo i suoi canoni, preoccupava Marie perché avrebbe fatto soffrire André, l’amatissimo nipote, che in segreto – ma non per lei – era innamorato perso della “sua bambina” bellissima ma impossibile per lui per ragioni di rango.

«E come farai con tuo padre, Oscar, chi lo sentirà adesso?».

«Io, Nanny, lo sentirò io, come sempre», rispose calma. «Mi prenderò gli strali che verranno, stavolta però almeno mi scamperò gli schiaffi: dal letto non può darmele almeno», sorrise Oscar ironica, l’anziana donna pensò che non sembrava troppo preoccupata di affrontare l’ira funesta del padre, che pure sapeva essere molto duro.

«Oscar, non scherzare sulla ferita di tuo padre...», la rimproverò implorante, anche se sapeva quanto in realtà la figlia si fosse preoccupata per il Generale che amava profondamente nonostante la severità con cui la trattava: «Povera bambina mia, quanti ne hai presi, fin da piccolina senza una lacrima...», sospirò la donna avvicinandosi a Oscar che nel frattempo si era seduta e aveva sorbito la sua tisana. Non si trattenne dall’accostarsi ancora un poco per cingerla in un abbraccio stringendosi al petto i suoi riccioli biondi per scompigliarli come faceva quand’era piccola a consolarne il pianto muto, pietrificato dentro, ogni volta che il padre la puniva con la mano pesante.

Oscar si lasciò andare in quel calore buono e nel profumo di bucato di quel grembiule sempre impeccabile – non accadeva da anni -, concedendosi un istante in cui tornare bambina, nell’unico rifugio segreto permesso alla sua vita, oggettivamente in quei giorni particolarmente dura: un po’ per scelta sua, dato che come mai prima aveva voluto mettersi alla prova accettando un reggimento tra i più complessi e lontani dalla bolla di agio di Versailles; un po’ perché la situazione sociale all’esterno si stava complicando, di una complicazione, ogni giorno più pericolosa per i nobili, che adesso preoccupava suo padre al punto da spingerlo, un po’ inverosimilmente, a rimangiarsi tutta l’educazione militare che, con rigore da uomo d’armi, le aveva imposto fin lì.

Oscar si disse che stavolta gli avrebbe tenuto testa, che non gli avrebbe più permesso di eterodirigere la sua vita, mentre si abbandonava all’abbraccio, augurandosi che non fosse l’ultimo.

«Grazie, Nanny. Ne avevo bisogno. È stata una giornata dura e domani mi sa che lo sarà di più. Ma tu mantieni il segreto, mi raccomando: che nessuno abbia mai a sapere che anche all’algido Colonnello de Jarjayes ogni tanto accade di desiderare un abbraccio: là fuori sono un uomo tutto d’un pezzo e lo devo rimanere», rise. Poi seria: «Domattina andrò prestissimo in caserma, se mio padre ti chiede di me gli dirai che non mi hai incontrata al ritorno e che ho lasciato detto che sarei uscita presto per urgenze di servizio. In questo modo mi risparmierò almeno l’imbarazzo di fronteggiare per prima le domande di mio padre e non dovrò essere io a dirgli com’è andata stasera. Ci penserà sicuramente qualcun altro nel corso della giornata, con tutti i pettegoli che ci sono a corte non gli faranno certo mancare i dettagli della succulenta notizia. A sera, quando tornerò, affronterò la bufera, quale che sia».

«Sarà fatto, che Dio ti benedica, bambina. Buonanotte». La governante si staccò da lei, non prima di averle stampato un bacio al centro della testa come faceva quando Oscar aveva cinque anni, quasi a darle la forza di affrontare la tempesta che doveva venire e lasciò la stanza in punta di piedi. (continua)

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Lady Oscar / Vai alla pagina dell'autore: Chevalier1