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Autore: Koa__    16/12/2022    4 recensioni
Harry e Draco sono alle prese con l’organizzazione del matrimonio e tutto sembra procedere per il meglio. Nonostante il lavoro assorba la maggior parte delle energie del suo futuro marito, con l’aiuto di sua madre Narcissa, Draco riesce a mettere in piedi una festa di fidanzamento di tutto rispetto ed è proprio allora che la storia ha inizio. All’imponente ed elegante party è presente tutto il mondo magico, ma tra professori di Hogwarts che si ubriacano ed ex Serpeverde che lo prendono bonariamente in giro, un piccolo incidente sembra voler minare la felicità dei promessi sposi. “Tutto sommato”, osserva Draco a festa conclusa, lui e Harry ne sono usciti indenni. O così credono. Ciò che non possono neanche lontanamente immaginare è che qualcuno trama nell’ombra.
Sequel di: “Un matrimonio da sogno (o quasi)” e “Say yes to the dress!”
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wedding Disaster'
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Sai qual è il colmo per un pasticciere?




 

Succede una cosa, a metà febbraio. È il periodo in cui Draco viene coinvolto, proprio malgrado va detto, da una crisi sentimentale di Blaise Zabini, che lo tormenta persino la notte con i suoi inutili e odiosi drammi d’amore. In quei giorni in realtà le cose vanno sorprendentemente bene, è riuscito persino a trascorrere un bel San Valentino con Potter, fatto più unico che raro considerato il suo non aver dovuto lavorare per una sera. Un paio di giorni più tardi, Harry gli parla della questione. Fuori nevica e la cosa lo rende felice, adora la neve! Potter lo fa sedere sul divano del soggiorno, gli dà una mela (adora anche le mele, oltre alla neve) e dice che vuole che lo sappia da lui, ancora prima che esca la notizia sui giornali. Per un attimo teme che voglia lasciarlo, ma oltre al fatto che non rilascerebbe mai interviste sulla sua vita privata, il suo volto ha un’espressione troppo grave e la voce è tesa come di rado l’ha sentita. No, non è per loro due. Dice che c’è tensione al ministero della magia e che il Ministro e il capo Ufficio Auror sono fortemente preoccupati. La premessa che fa a quel discorso inizia dal loro quinto anno a Hogwarts, quando lui e quella banda di scapestrati amici suoi ha fatto irruzione all’Ufficio Misteri per trovare la profezia su Harry e Voldemort prima che ci arrivassero i Mangiamorte. Draco ricorda quel periodo, è stato allora che Lucius è stato arrestato per la prima volta. Dopo che gli Auror si sono fatti fregare da una banda di ragazzini del quarto anno, e una volta caduto l’Oscuro Signore, considerato anche ciò che vi è contenuto, sono state prese delle precauzioni ed è scattato un serrato iter burocratico. Tanto per cominciare non sono ammesse visite da parte di persone non impiegate presso il ministero e, anche coloro che vi lavorano, non possono accedere a tutte le stanze. Esistono impiegati dell’Ufficio Misteri e un Capo Ufficio Misteri a cui fare riferimento in caso di necessità. Per evitare che chiunque possa entrarci sono stati chiusi tutti i camini e innalzate delle barriere per impedire che maghi e streghe possano materializzarsi senza preavviso. Nel caso in cui una persona abbia bisogno di un qualche manufatto lì contenuto, o ne debba depositare uno, deve procedere con la compilazione di un modulo nel quale certifica cosa deve cercare e quale utilizzo intende farne. Poi, un impiegato stabilirà se tale oggetto può venire concesso in prestito oppure no. Nel caso in cui venga prelevato, esiste quindi una normativa di controllo e regolamento dell’uso dei manufatti magici, che Potter non si perde a spiegare. Sostiene però che sia un metodo rigoroso, coadiuvato da un regolamento molto preciso che non ha mai fallito. Fino ad ora. Draco non si sorprende quando gli dice che è stata Hermione a proporre la nuova normativa dell’Ufficio Misteri a Kingsley. Però si stupisce quando gli dice che c’è stata una falla. Quando alcuni artefatti oscuri contenuti negli archivi spariscono nel nulla, oltre all’iniziale sbigottimento, le più alte cariche si mettono in allarme. Non può proprio essere che sia stata messa in atto un’incursione dall’esterno, aggiunge Harry pensieroso. Se ne sarebbero accorti tutti.
«L’indagine è già iniziata, il primo passo è stato interrogare i dipendenti. Ci hanno somministrato il veritaserum» spiega Harry, sottolineando che Graves e Kingsley non intendono andarci leggeri. Potter non mostra la benché minima traccia di risentimento per essere stato sospettato, anzi conoscendo il suo sciocco senso di giustizia dev’essersi offerto di prenderlo per primo. Non gli dice di che oggetti di magia oscura si tratta e Malfoy è piuttosto sicuro di non volerlo nemmeno sapere. Non è quello l’importante.
«Ha portato a qualche risultato?» domanda e quando Harry scrolla il capo, vede la preoccupazione ispessirgli le rughe della fronte. I prossimi tempi, aggiunge ritirandosi in un mutismo pensieroso, saranno impegnativi soprattutto per lui.

 

Nonostante le indagini e il veritaserum, nei giorni immediatamente successivi al furto non solo il ladro non viene trovato, ma la refurtiva non salta fuori in nessuna delle moltissime retate notturne che gli Auror mettono in atto tra coloro che, in passato, sono stati accusati di praticare la magia oscura. Inutile girarci attorno, dice Potter: passeranno in rassegna tutti gli ex Mangiamorte ancora in vita non rinchiusi ad Azkaban. Vanno anche al Maniero e Draco per un attimo, uno solo, pensa che possa essere stato suo padre. Quando Harry lo informa che i suoi genitori sono puliti, tira un sospiro di sollievo. Fa la stessa cosa anche quando Graves e altri due Auror si presentano un pomeriggio davanti alla loro porta di casa, dicendo di dover ispezionare l’appartamento. Non sono lì per Potter, ovviamente. E comunque Harry non c’è, ha ritenuto più giusto essere assente all’ispezione. Nessun favoritismo per l’eroe del mondo magico, è questo a renderlo schifosamente più eroico di quanto già non sia.
«È una pura formalità» lo rassicura Frank Graves, ammiccando bonario. Non trovano niente, ché ché ne dica la Skeeter o il segno che ha sul braccio, Draco non è più un Mangiamorte da ormai molto tempo. L’essere stato sollevato da ogni accusa, così come Lucius e Narcissa, non lo fa sentire meglio. Anche perché le settimane a venire non portano risultati convincenti e tutti i sospettati vengono rilasciati dopo poche ore. La stampa sta addosso al ministero e pretende risposte. La gente, che passeggia per Diagon Alley e tiene la Gazzetta arrotolata sotto al braccio, cammina rapidamente scrollando la testa e pretende risposte. Nessuno sembra riuscire però a capirci qualcosa. Chi mai può essere tanto potente da oltrepassare le barriere magiche degli Auror? Come ha fatto a non farsi scoprire? Cosa ne deve fare di quegli oggetti magici? Con il passare delle settimane, Harry è sempre più teso. La refurtiva non viene trovata né le tracce di magia nera annesse vengono rilevate. Chiunque ha preso quegli oggetti deve averli messi in un cassetto e mai usati, così gli dice Harry una sera dei primi di aprile. Ha studiato ogni possibilità, riletto fino alla nausea le testimonianze degli impiegati, ma non riesce a risolvere l’enigma. Ormai passa più tempo al lavoro che a casa, ma non è colpa sua. Potter gli manca, certo, odia soprattutto l’idea di doverlo tenere fuori dai preparativi del matrimonio e non dovergli rivelare le preoccupazioni che lo attanagliano, e che invece tiene per sé. Non gli parla mai del vestito sbagliato o dei problemi a trovare Elfi domestici, dice: «Tutto bene» anche quando non va bene per niente. E poi c’è lei, Rosamund qualcosa, non ricorda proprio il cognome. La tirocinante Auror che ha causato così tanti grattacapi al suo fidanzato. Beh, c’è una ragione se Draco ha amato vivere i mesi di gennaio e febbraio e il motivo è che la suddetta tirocinante non era al lavoro con Potter durante quel periodo. Il suo tirocinio era terminato con la fine del mese di dicembre, per poi riprendere soltanto ai primi di marzo, dopo che la suddetta aveva effettuato gli esami di rito per il passaggio ad Auror effettivo. Quando Rosamund torna al lavoro, Draco se ne accorge subito. Lo nota una sera, gli basta la sua espressione nervosa per capire tutto al volo.
«Credo che quella ragazza non sia portata per fare questo mestiere» dichiara e se Potter si sbilancia in un giudizio simile, proprio lui che cerca sempre di essere gentile con tutti per non causare un dispiacere, significa che è la verità. Vuol dire anche che se una persona dell’Ufficio Auror lavora male, lui è costretto a lavorare il doppio per evitare che succedano disastri. Gli basta meno di un mese dal rientro di Rosamund, alla fine di marzo, Potter è esausto.
«Lavora male: è distratta, superficiale… I suoi incantesimi difensivi lasciano molto a desiderare. Non capisco nemmeno come abbia fatto a passare l’esame da Auror, considerato quanto è tosto.»
«E Graves te l’ha mollata a te» considera, con una punta di sarcasmo. Non è neanche una vera domanda. Anche se non gliel’ha detto apertamente, è ovvio che sia così.
«Il tirocinio è stato un incubo, qualsiasi cosa le spiegassi dovevo ripeterla due volte e quando la rifaceva, era comunque tutto sbagliato. Sembrava commettere errori di proposito. Però rimpiango quel periodo, almeno allora le facevo redigere rapporti o fare ricerche in biblioteca, adesso è effettiva e non posso neanche più fare coppia con Ron, devo per forza portarla dietro perché Graves non si fida a mandarla da sola.»
«Uomo saggio» commenta Draco, laconico. Per quella sera, decide spingendolo sul divano, hanno parlato abbastanza. Meglio fare l’amore e non pensare a Miss Inutilità.

 

Nessuno si sarebbe mai aspettato che la refurtiva sparita dal ministero a fine febbraio spuntasse fuori a maggio, a meno di un mese dal matrimonio che Draco ha autodefinito “Del secolo”. Il fatto che a venire arrestato sia il pasticciere che deve preparare la torta di nozze sua e di Potter gli fa cedere le ginocchia. Ha un mancamento, nemmeno finto stavolta. Si accascia sulla sedia della cucina, facendo cadere a terra il giornale. Quella è l’ultima goccia, ciò che lo fa definitivamente capitolare. Non può più andare avanti, ormai è chiaro: l’universo gli sta remando contro. Quando immaginava il modo in cui avrebbe organizzato il proprio matrimonio, Draco vedeva se stesso a fare scelte di stile sorseggiando Champagne e snocciolando commenti salaci assieme a Pansy. Di certo non si sarebbe mai immaginato questo delirio. Ne ha passate di tutti i colori, ma questo no. Questo è troppo. Harry sulle prime non capisce, non sa. E come potrebbe? Questa notte è stato con lui e l’articolo dice che Graves ha agito da solo, con l’aiuto di un altro Auror che però non viene accreditato. Gli accarezza la schiena, chiede cosa sia successo e Draco mormora parole incomprensibili, indicando il giornale a terra. Si sente debole e avrebbe soltanto voglia di urlare, se non fosse così sfinito dai tanti, troppi problemi che ha incontrato. Ha sopportato tutto in silenzio, con pazienza ed ettolitri di camomilla. Ma la torta di nozze è il simbolo di un matrimonio, Draco lo sa. Ha scelto con attenzione la loro, tenendo conto anche di Harry e dei suoi gusti, facendo in modo che fosse stupefacente. E invece il loro pasticcere è un mago oscuro, ha chissà come ha rubato artefatti dall’Ufficio Misteri e finirà ad Azkaban. Probabilmente il suo negozio è già stato chiuso dagli Auror. E ora come faranno? Non può chiedere di nuovo l’aiuto degli Weasley, Molly è stata fin tanto generosa con lui, dandogli una mano ogni volta e addirittura tacendo con Harry per evitare che si stressasse troppo. E probabilmente è anche vero che proviene da una famiglia che per generazioni ha pensato che tutto gli fosse dovuto unicamente in nome del sangue puro, ma Draco sente di non poter chiederle altro. Non di preparare una torta per trecento persone, è semplicemente improponibile. Disperato, affonda il viso tra le mani, quasi vorrebbe piangere, anche se sente di non riuscirci fino in fondo. Sarebbe quasi liberatorio, da quando quell’incubo è iniziato non l’ha mai fatto, ma la sua disperazione ha radici diverse e c’entra forse più con la frustrazione repressa che fa scattare nella sua mente un turbinio di pensieri terribili, che si susseguono ad altri ben peggiori. È allora che inizia a credere seriamente che Ron Weasley abbia ragione. Sono stati maledetti, questa è la sola spiegazione logica che riesce a trovare. Qualcuno non vuole che si sposino, chissà chi o perché, ma è evidente ormai. Forse è per colpa sua, per il fatto che è stato un Mangiamorte e per tutti gli errori che ha commesso quando era un ragazzo. Senz’altro è per il cognome che porta e il marchio nero sbiadito che ha sul braccio.

 

«Calmo, andrà tutto bene» dice Potter dopo aver letto il giornale e averlo risposto sul tavolo. Sa che è sbagliato prendersela con lui, sta solo cercando di farlo sentire meglio. Ma sbagliando davvero tutto quello che un uomo può sbagliare, salta su come uno a cui hanno punzecchiato il sedere e inizia a gridare: «Smettila di dirlo!» dice, facendo tutto tranne che calmarsi. «Niente va bene, da mesi ormai è tutto difficile, tutto complicato.»
«Di che stai parlando?» Potter ha sgranato i suoi grandi occhioni verdi, che poi socchiude spiandolo da dietro gli occhiali tondi che porta. Serra le labbra, riducendole a una fessura. Sa che sta cercando di capire che tipo di persona ha davanti e fino a che punto gli abbia mentito. Lo guardava così i primi tempi della loro relazione, quando ancora non si erano detti tutto. A quel punto si rende conto di aver parlato troppo. Si morde le labbra e abbassa lo sguardo, tutta la rabbia è improvvisamente evaporata. Che stupido è stato, non doveva agitarsi così. Ha torturato se stesso, portandosi al limite e sopportando il peso di una possibile maledizione sulle spalle, e lo ha fatto soltanto per proteggere il suo fidanzato.
«Niente, dicevo tanto per dire» borbotta, tornando dritto e impettito e facendo già per andarsene. Battere in ritirata è ancora la sua specialità. Ma Harry Potter non crede mai davvero quando Draco Malfoy ha in viso quell’espressione di finto disinteresse. Vorrebbe saper mentire come faceva una volta, ma ormai si rende sempre più spesso conto di non riuscirci affatto.
«Draco, c’è qualcosa che ti preoccupa. Non credere che non l’abbia notato, se è per de la Tour, ero serio quando dicevo che non hai niente da temere. Riusciremo a farcela e anche se non dovesse esserci una torta, non fa niente. L’importante siamo tu ed io.» La semplicità delle parole di Potter lo colpisce direttamente al cuore. Vorrebbe gridare, ma è come se la sua rabbia si fosse sgonfiata. Forse dovrebbe urlare ancora di più e invece tace. Ha sempre trovato la sua calma rassicurante. Riesce ad affrontare problemi che Draco trova insormontabili con una serenità che gli dà forza. Da quando stanno insieme l’ha sempre fatto, si appoggia a lui ogni volta che qualcosa non va nel modo in cui aveva previsto. Ma in passato si è sempre trattato di altro, di cose relativamente importanti come il rapporto con i suoi genitori, ma niente che riguardasse una maledizione. Draco è tentato di dirgli tutto, ma le parole non gli escono e i pensieri si inceppano.
«I-io…» tenta, balbettante, guardando a terra e non trovando neppure il coraggio di alzare lo sguardo su di lui. Harry sa di Georgina Dunn e del cavaliere, Weasley ne ha parlato anche a lui, ma è sicuro che non ci creda. Se gli dicesse adesso che è tutto vero, come reagirebbe? Potter ne sa più di un qualcosa di queste cose e non solo perché è un Auror con un’incredibile resistenza alle maledizioni senza perdono, ma anche perché ne ha affrontate parecchie nel corso della propria vita di studente. Dunque chi meglio di Harry Potter per affrontare un simile problema?

 

Draco sente come una voce dentro la testa che urla con disperazione e lo invoglia ad aprirsi con l’uomo che ama. Si è sempre sentito un vigliacco idiota al pensiero di dovergli raccontare un sacco di balle. Lo ha fatto per proteggerlo, certo, ma anche perché fin da subito si è sentito un cretino a pensare che fosse la verità. Non vorrebbe dar retta al tarlo che nella sua testa scava da mesi, fin dalla sera degli Schiopodi Sparacoda al Maniero e della discussione con sua madre, in fondo Potter ha ragione e potrebbe risolversi ancora tutto per il meglio. Immagina, per esempio, che questo pasticciere abbia degli aiutanti altrettanto capaci. Malfoy potrebbe pagarli profumatamente, concedendo loro una lauta mancia, se decidono di provare lo stesso a fare quella benedetta torta. Esistono degli appunti a riguardo, Draco ricorda un quadernetto in pelle dove de la Tour ha annotato quello che lui ed Harry desideravano. Immagina che non sia stato requisito, e perché avrebbe dovuto? L’idea lo rinvigorisce, ma certo che finirà per il meglio!
«Mi dispiace, Potter, se ho reagito così. Gli ultimi mesi sono stati impegnativi» ammette e non scenderà nel dettaglio, non serve nemmeno farlo. Organizzare ricevimenti di nozze è sempre stressante, lui lo è stato più del solito tutto qua.
«Ed è anche colpa mia, ti ho lasciato da solo con matrimonio da trecento invitati. Ron mi ha detto che sei stato molto stressato e che hai chiesto aiuto a Molly più di una volta.»
«Sì, lei è stata…» Ma Draco non trova le parole per descriverla. Per istinto gli viene da dire “Materna”, ma si trattiene perché è un aggettivo che stenta sempre a utilizzare. Lo è stata davvero, ma lei non è sua madre. Narcissa lo è e lei non ha mai corrisposto a descrizione. Forse, materno, lo è stato il suo volerlo salvare da morte certa, durante la guerra. Però è un discorso complicato, pieno di variabili che si intersecano rendendo il quadro una sorta di puzzle da milioni di pezzi e non si sente d’affrontare tutto questo in un momento del genere. Quindi dice: «Gentile» e spera che a Potter basti.
«Sono contento che tu abbia legato così tanto con loro, gli Weasley sono come una famiglia per me. Lo sono sempre stati.» Lo sa, così come sa che non considera Molly e Arthur come una madre e un padre. La sola persona ad aver ricoperto un ruolo del genere è stato Sirius e mai nessuno prenderà il suo posto. Gli Weasley sono più come degli zii sempre pronti a dare una mano, che mandano torte e buoni consigli.
«Sì, ma non voglio chiedere ancora il loro aiuto. Sono stati sin troppo disponibili, questa volta voglio cavarmela da solo.»
«Beh, non sarai solo» puntualizza Harry, inforcando meglio gli occhiali sul naso. «Visto che la refurtiva è stata recuperata mi prendo un giorno libero. Sistemeremo questa faccenda della torta prima di sera.»
«Davvero lo faresti?» domanda Draco, quasi con il timore che lo stia prendendo in giro o quello, ancora più reale, che d’improvviso si ricordi di avere di meglio da fare e se ne vada via. Non vuole vederlo sparire di nuovo, vuole che stiano insieme per tutto il tempo possibile.
«Certo, mando subito un gufo a Graves. Non dovrebbero esserci problemi.» E detto questo sparisce in soggiorno, lo vede sedersi allo scrittoio e vergare parole con una grafia frettolosa. Quella che probabilmente stenta lui stesso a capire. Qualche minuto più tardi, Bingley vola fuori dalla finestra con un foglio arrotolato attorno alle zampe.
«Allora, che si fa?» chiede Harry, con ritrovato entusiasmo.
«Anzitutto ti vesti, Potter, sempre se sei capace di farlo. E poi andiamo subito alla pasticceria e vediamo se gli assistenti di de la Tour si sentono in grado di preparare una torta del genere.» Intanto che va in camera per e agita la bacchetta così da far levitare tazze e piattini della colazione fin dentro al lavello, si rende conto che il tarlo non se n’è andato. L’ombra della maledizione incombe ancora sulle loro teste.


 

Harry insiste perché prima di andare in pasticceria facciano una passeggiata per le strade di Londra.
«È tanto che non ne facciamo una» dice e neanche può evitare di dargli ragione, perché ne ha. In effetti Draco non va spesso in giro tra i non magici. Però è maggio, fa relativamente caldo tanto da poter stare in maniche di camicia e quella è la prima volta dopo settimane che lui e Potter si prendono del tempo per loro. Sì, c’è ancora il problema della torta nuziale da risolvere e gli echi di una possibile maledizione a scavare nel suo cervello, ma in quel momento intanto che Harry lo prende per mano e punta la bacchetta verso se stesso per la smaterializzazione congiunta, ha il piacevole sentore che i problemi che lo attanagliano siano distanti. Forse ha ragione il malvestito quando dice che contano loro e basta, che torte o abiti non sono davvero importanti in un matrimonio. Ci pensa per un minuto o due senza dargli appieno ragione, perché è pur sempre un Malfoy ed è cresciuto in una casa in cui l’apparenza contava forse più della sostanza. Quasi gli pare di vedere il sopracciglio arcuato di Narcissa, che lo rimprovera di aver anche solo accarezzato l’idea che possano sposarsi senza torta nuziale. Però poi si smaterializzano a Piccadilly Circus e smette di pensare. Potter ha fatto apparire entrambi nello spogliatoio di un negozio di abiti. Non ha idea di come facesse a sapere che fosse vuoto, ma sa che quando ne escono la commessa li guarda straniti e poi ridacchia. Pensa abbiano fatto chissà cosa là dentro, ne è sicuro. E morirebbe piuttosto che ammettere che è arrossito sugli zigomi, però ha accelerato il passo ed è fuggito da lì prima di subito.
«Da questa parte» dice Potter, una volta fuori. Draco lo segue senza fiatare, non si sa orientare bene nella Londra babbana. Non ha mai avuto bisogno di studiare le mappe. Se ha necessità di andare in un luogo usa la magia per trovarlo, ma siccome sta per sposare uno stupido idiota, allora il suddetto stupido idiota gli dice che vuole andare a piedi fino alla pasticceria, che si trova a Fareham street, che Draco non ha idea di come si raggiunga da lì. Ma lui lo sa, dice: “Non è molto lontano” e allora lo segue. La camminata è piacevole, Piccadilly è invasa principalmente da frotte di turisti che si fermano a fotografare qualsiasi cosa con le loro macchinette molto poco magiche. Il via vai però si dirada man a mano che procedono fuori dalla piazza. Alla fine Londra non è così male. Quindi decide di rallentare l'andatura e godersi il momento. Si rende conto di diverse cose mentre camminano. Anzitutto è vero che i babbani guardano, ma non osservano. Lui e Potter hanno scritto “Maghi” in faccia ed Harry ha persino la bacchetta che gli spunta dai pantaloni, ma nessuno sembra farci caso. L’abbigliamento informale di Potter, fatto di jeans e maglietta, lo fa passare inosservato. Tutto al contrario di lui che con abito elegante alla moda dei maghi e bastone con la testa di serpente, probabilmente viene scambiato per un attore. È fortunato che non sia inverno e non abbia anche il mantello e l’abito di velluto, sarebbe sembrato ancora più strambo. Sente comunque su di sé le occhiate stranite, i mormorii indistinti alle spalle, ma è abile a ignorarli. Ci fa caso solo all’inizio, ma subito Potter si lancia nel racconto di quando zio Vernon e zia Petunia portavano lui e Dudley in giro per la città e pensava che le persone fossero tutte terribilmente gentili, dato che lo salutavano tutti levandosi il cappello. Anche allora, qualche mago c’è in giro che si leva il berretto e dice: «Buon pomeriggio, signor Potter» prima di filare via a passo spedito. Draco sorride dolcemente al pensiero di quell’Harry là, quello forse un po’ ingenuo che trovava buffo aizzare serpenti allo zoo contro suo cugino, quello che trovava le persone sempre molto educate e che ignorava di essere un mago. 

 

Da Piccadilly camminano fino a raggiungere Regent street, che percorrono sin quando non svoltano in Great Marlborough. Draco rimane affascinato dalle vetrine dei negozi ben arredate, dal piacevole tepore del sole che gli accarezza la fronte così come dal venticello primaverile che sferza la pelle accaldata del suo viso. Le strade sono un trionfo di fiorellini freschi e profumati che straripano da enormi vasi di fiori e profumano di un sapore dolce e piacevole. I babbani ancora lo fissano, ma tutto sommato è una passeggiata piacevole. Quasi si dispiace di non avere sterline in tasca quando nota una stupenda lampada in un negozio d’antiquariato. O ancora la volta in cui superano un chiosco che vende pesce fritto e patatine e che impregna l’aria dell'odore di pastella. Metterebbe volentieri qualcosa nello stomaco, anche se non è neppure mezzogiorno. Superano Noel street dopo essersi fermati più di un momento ad ammirare quanto ha da offrire una pelletteria che vende accessori da uomo, anche quello ha più di un qualcosa di interessante. Di nuovo, vorrebbe entrare e acquistare quella cintura che vede tra un’agenda e un paio di guanti, ma continua a non avere sterline con sé. Più o meno è allora che inizia a sentire male ai piedi, le sue elegantissime scarpe in cuoio non sono adatte a camminare così tanto. Quando le ha indossate questa mattina avrebbe dovuto mettere in conto di vivere con un nato povero e che povero ci morirà. Dal canto suo, i nobili non camminano. Usano la magia o al massimo si fanno portare le cose dagli altri. Se fosse vissuto secoli fa l’avrebbero issato su una portantina e condotto a braccia, magari intanto che lo sventolavano con piume di pavone bianco. «Sono stanco, Potter» si lamenta, nella vana speranza che decida di prenderlo in spalla. Non succede e invece di ascoltarlo, e magari optare per la smaterializzazione, Harry prosegue senza di lui invitandolo a sbrigarsi se non vuole rimanere indietro.
«Maledetto straccione!» sibila tra i denti, puntellando il bastone sul ciottolato del marciapiede e facendosi forza. Quando finalmente arrivano a Fareham street, dove Mathieu de la Tour ha aperto il suo negozio di dolci, è quasi sicuro che gli verranno le vesciche alle piante dei piedi. Non capisce proprio per quale motivo non hanno potuto smaterializzarsi lì da subito, si dice evitando però di soffermarsi a ragionare sul fatto che si sente nonostante tutto molto leggero e sì, anche felice. Gli pare quasi che quel tempo a non far niente e a parlare di sciocchezze con Harry gli abbia dato una nuova gioia di vivere. Almeno fino a che non nota una di quelle mappe per turisti appese a un cartellone. Ci si avvicina, curioso, studiando il punto in cui è e quello da cui sono partiti. E allora sgrana gli occhi.
«Ma lo sai, Potter, che abbiamo fatto tanta strada per niente? Potevamo fare un tragitto molto più breve per arrivare qui» * mormora poi, seguendo con la punta di un dito un intrico di strade ben diverso da quello che hanno fatto e che certamente li avrebbe condotti a Fareham street nella metà del tempo.
«Oh, lo so benissimo, Malfoy» replica l’impunito con un gran sorriso soddisfatto e ammiccando subito dopo. Lo ha preso in giro? Ha osato prenderlo per il culo in un modo così sfacciato? Ma brutto… Ah, vorrebbe prenderlo a schiaffi e per davvero questa volta.
«Non c’è niente da ridere, sono stanco, sudato e ho male dappertutto.»
«La solita regina del dramma» ribatte immediatamente Harry, alzando gli occhi al cielo. Ah, è lui quello esasperato? Si permette pure di sembrare spazientito e nervoso? E Draco che dovrebbe dire? Ha passato più di mezzora della sua vita in mezzo a dei babbani poveri che lo guardavano male, e Potter si azzarda pure a ridergli in faccia? Maledetto, anzi stramaledetto pezzo di scemo. Tzé, che pretende? Adesso sarà anche ricco e con una buona posizione, ma pezzente ci rimani a vita. E lui lo sa, perché gli fa tutti i giorni l’enorme onore della sua presenza, provando a salvarlo dalla poraccitudine nella quale vive.
«Tu, brutto...»
«Andiamo, principessa, la pasticceria è aperta» lo interrompe trattenendo un sorriso a fatica, prima di prenderlo per mano e trascinarlo davanti all’entrata. Non vorrebbe seguirlo, ma lo fa. Anzi stringe le sue dita e sorride: ama essere preso per mano. Draco finge di ignorare di esser stato, di nuovo, chiamato “Principessa” da Harry Potter. Erano mesi che non succedeva, ma mentirebbe a se stesso se dicesse che non ne ha sentito la mancanza. L’ha sentita eccome. Dalla loro festa di fidanzamento, a novembre, per la precisione. Finge anche che non gli piaccia, finge un sacco di cose in effetti. Non che servano a qualcosa, quell’idiota vestito male è sin troppo intuitivo per i suoi gusti. Cerca invece di concentrarsi su altro, tanto per cominciare sul proprio aspetto. Come un nato povero e senza bacchetta è costretto a specchiarsi in una vetrina e pettinarsi i capelli, che acconcia alla bell’è meglio. Il vento li ha scombinati tutti e le sue guance sono davvero troppo rosse per essere considerate decenti. Il suo nobile pallore se n'è andato da un pezzo. Potter è il solito disastro, ma lui non conta. Immagina che debba portare pazienza e quando mai quei capelli sono stati pettinati?
«Fuori non c’è nessun avviso» nota Harry, limitandosi a leggere un cartello sopra al quale è indicato l’orario di apertura e quello di chiusura. Questa volta è Draco ad alzare gli occhi al cielo.
«E che avviso vuoi che mettano? “Attenzione, il proprietario è un mago oscuro!” Sei ridicolo, Potter ed è incredibile che tu sia un Auror.»  
«Intendevo dire che non c’è nessun avvertimento su una chiusura, il proprietario è pur sempre stato arrestato. Mi domando chi sia a mandare avanti questo posto adesso.» Non serve molto perché lo scoprano e sì, è una specie di shock. Per Malfoy soprattutto. Questa volta, però, contrariamente a quando ha letto sulla Gazzetta del profeta che la sola persona in grado di realizzare il dolce dei suoi sogni era finito al fresco, non sa bene cosa provare. C’è Pansy Parkinson dietro al bancone, che serve pasticcini a una coppia di babbani sulla cinquantina. Pansy Parkinson con un grembiule color vinaccia e i capelli neri coperti da una cuffietta in stoffa. Pansy Parkinson? Pansy Parkinson! La sua amica Pansy. La stessa persona che senza la bacchetta non si prepara nemmeno una tazza di tè, perché non ha ancora imparato ad accendere i fornelli, ora serve paste in un negozio di dolci.  


«Pansy?» Draco non urla, l’educazione rigorosa che ha ricevuto da Narcissa scatta in automatico e gli impedisce di seguire quell’istinto primordiale che lo renderebbe sin troppo simile a un Dursley qualunque. Però è sorpreso, eccome se lo è. Harry al suo fianco è impietrito, ha probabilmente smesso di connettere perché se ne sta imbambolato e guarda nel vuoto. Se non fosse per il colorito vivace penserebbe che qualcuno gli ha lanciato un Petrificus Totalus. Ora non è più così sicuro che andrà “Tutto bene”, non è vero? Vorrebbe chiederglielo, ma Pansy che serve dolci ai babbani ammazzerebbe l'umorismo di chiunque. Draco avanza dentro il locale ben arredato da tavolini in ferro battuto, camminando a passo lento. C’è profumo di torta nell’aria, uno molto intenso, quasi melenso che gli dà fastidio. Lui però non ci pensa proprio. Procede incerto fino al bancone dietro al quale, ora, Pansy lo guarda un po’ sorpresa. La vede mordersi le labbra e trattenersi a fatica dal parlare, si limita a svolgere quello che, a quanto pare, è il proprio lavoro. I babbani pagano e se ne vanno, oltrepassandoli con il loro cabaret tra le mani. Il campanello sopra la porta tintinna quando questa si apre e chiude, svegliando sia lui che Potter dal torpore mentre Pansy boccheggia come un pesce fuori dall' acqua. Ah, lei è sorpresa. Davvero? Ma poi da quando lavora lì? Perché non gli ha detto niente? Perché non l’ha fatto e se scopre che invece Zabini lo sapeva, chiuderà i ponti con entrambi questo è sicuro. Da dopo i M.A.G.O., Pansy ha cambiato diversi lavori. Anni fa il suo sogno era lavorare per “Il settimanale delle streghe” ed essere una… com’è che l’aveva definita? Ah, sì, una reporter d’assalto! In verità voleva fare la solita stronza di sempre, ma a tiratura nazionale. Per raggiungere il suo obiettivo aveva seguito un corso di giornalismo, trasferendosi a New York per qualche tempo. Traduzione: è andata a fare la stronza a New York per sei mesi. Al suo ritorno, non avendo trovato subito un impiego presso nessun giornale (nemmeno il fricchettone che insegue Nargilli con un acchiappafarfalle l’aveva voluta) aveva iniziato a fare piccoli lavoretti. Prima da Madama McLaggen e poi addirittura in un paio di negozi babbani. Questo fino a sei mesi fa quando, per grazia divina, era stata presa come “Addetta ai caffè” al “Settimanale delle streghe”. All’epoca, se Draco l’aveva presa in giro in tutte le maniere possibili, Harry si era affrettato a rassicurarla: «Tutti i grandi giornalisti iniziano con il fare fotocopie, guarda Clark Kent!» aveva detto, senza che né lui né Pansy avessero idea di chi stesse parlando. Anzi, Pansy si era addirittura arrabbiata, puntandogli contro la bacchetta e insultando lo stramaledetto Harry Potter per non avergli presentato il suo amico giornalista.
«Clark Kent è il protagonista di un fumetto» aveva spiegato poi, facendo cadere su di loro un silenzio confuso. Un fumetto? E che diavolo sarebbe.
«Una storia» si era affrettato ad aggiungere. «Una storia con un uomo che ha dei poteri sovrannaturali, non come un mago o una strega e fa il… Ma lasciamo perdere, è una favola babbana» aveva aggiunto, lasciando cadere il discorso. 

 

Draco non sa perché ci pensa intanto che fissa la sua bugiarda migliore amica vestita come una pasticcera, la sua mente dovrebbe essere più vuota del deserto.
«Da quant’è che lavori qui?» le chiede, una volta che i babbani hanno lasciato il negozio. Sono rimasti soli e non c’è nessun altro in giro. 

«Vediamo» borbotta lei, pensierosa. «Siamo a maggio… quindi saranno cinque mesi ormai.»
«Cinque mesi?» le domanda, sconvolto «e non ti è venuto in mente di dirmelo? Pensavo lavorassi ancora al “Settimanale delle streghe” perché volevi fare la giornalista.»
«Ah, quella è roba vecchia» mormora in risposta, agitando una mano a mezz’aria come a voler scacciare la semplice idea. Incrocia le braccia al petto e poi sbuffa sonoramente: «Il giorno che t’ho accompagnato qui ho avuto una folgorazione: la pasticceria è la mia strada! E così ho chiesto a Mathieu di assumermi, ci ho messo un po’ a convincerlo ed ero tentata di confonderlo, ma alla fine mi ha presa. E ha iniziato subito a insegnarmi delle ricette, ora sono brava. So fare dei bignè quasi buoni.» Draco è spaventato dal “Quasi”, ma evita di farglielo notare. Sembra così contenta.
«Sai» prosegue Pansy. «Quel ragazzo aveva decisamente bisogno di qualcuno che gli organizzasse la vita.»
«Vedo come gliel’hai organizzata, è stato arrestato!» interviene Potter, salace. A Draco scappa da ridere, trattiene a malapena un ghigno che gli tende le labbra. Ama la sua ironia, lo fa sembrare un po’ meno eroico e un po’ più cattivo ragazzo. Ed è sexy in quella versione. Draco adora gli stronzi, lui è il principe degli stronzi!
«Ah, sono tutte bugie» si accalora Pansy e nel dirlo è così furiosa che addirittura esce da dietro il bancone e li raggiunge. Pesta a terra i piedi e stringe i pugni che ricadono lungo i fianchi. «Mathieu è una persona per bene e non c’entra niente con quel furto. Stamattina quando ho letto la notizia sono subito corsa al ministero e gliel’ho detto a quel Graves: non è davvero possibile che Mathieu sia un ladro.»
«Come fai a esserne sicura? In fondo non lo conosci da molto» obietta giustamente Harry. Ed è assolutamente vero. Lui si ricorda a malapena di questo tizio l’anno del Torneo Tre Maghi, non ha parlato granché con quelli anche perché la maggior parte di loro parlava solo francese. Però può anche aver avuto un lato oscuro, venuto fuori col tempo.
«Non sapete neanche cosa vuol dire fare questo lavoro» replica invece Pansy, imperterrita. «La pasticceria è tutto per Mathieu, è la sua vita e si fa un culo enorme per portare avanti questo posto. Entra qui dentro la mattina che non è nemmeno sorto il sole ed esce la sera tardi e non ha mai chiesto favori a nessuno. Adesso ci sono io che gli do una mano e servo i clienti, ma prima faceva tutto da solo. E poi comunque è ridicolo, quale ladro ruba artefatti magici così potenti e li nasconde nella cassa del suo negozio?»
«In effetti non hai tutti i torti…» mormora Harry pensieroso. «Mi sembra anche assurdo che sia riuscito a entrare al ministero con tutti gli incantesimi difensivi che ci sono. Servirebbero molti maghi per abbattere una barriera come quella.»
«Oh, beh, lui c’era stato a febbraio. Al ministero, intendo» aggiunse Pansy. «Sì, per la cittadinanza inglese. Dato che ormai sono anni che lavora qui, voleva chiederla e c’è andato per tutti i documenti necessari. Ma il capo Auror ha detto che è stato allora che ha rubato quelle cose, ma io non ci credo, non è possibile. Potter, tu devi fare qualcosa.»
«Non saprei cosa» mormora lui, facendo spallucce. Sa che non crede a nessuna delle accuse che hanno fatto a Mathieu de la Tour, glielo legge in faccia. Ma sa anche che è coscienzioso e che anni di lotte contro Voldemort, e contro lo stesso ministero, gli hanno insegnato che è sempre meglio ottenere delle prove prima di accusare qualcosa o qualcuno. Scagionare in questo caso, ma poco cambia.
«Però posso iniziare da te, hai notato qualcosa di strano qui ultimamente? Non so, Mathieu ha avuto atteggiamenti insoliti? Potrebbe non aver rubato gli artefatti oscuri, ma potrebbe averli comprati da qualcuno. Gente come Mundungus Fletcher si venderebbe anche la madre, se gliela pagassero a un buon prezzo.»
«A me è sembrato come al solito, però ti posso garantire che l’altro ieri gli artefatti non c’erano. Li hanno trovati nella cassa e sono io che la gestisco. La chiudo tutte le sere e deposito i soldi nella cassaforte, poi alla fine della settimana porto le sterline alla Gringott per cambiarle. Ti assicuro che ieri quando ho chiuso non c’era proprio niente di losco, tantomeno roba che emanava magia oscura.» A fronte di quella confessione, Potter annuisce e poi si zittisce. Inizia a guardarsi attorno, estrae la bacchetta dalla tasca dei pantaloni, la agita e nota della magia uscire dalla punta, ma Draco non riconosce l’incantesimo che usa. Niente comunque succede e lui la ripone poco dopo.
«La vostra clientela è tutta babbana?» domanda, notando tre porte, oltre a quella d’uscita. Una è la toilette, le altre due stanno dietro al bancone e una ha un paio di oblò dai quali si intravede la cucina mentre l’altra è spessa, in legno e c’è scritto: “Privato” su una placca in metallo.
«Per la maggior parte, ma ci sono molti Maghinò, oltre a streghe e maghi che vengono da noi. E infatti non usiamo la bacchetta, chiediamo ai clienti dotati di magia che entrano di evitare di tirarla fuori. Stiamo molto attenti perché non vogliamo grane con il ministero. La magia viene usata solo in cucina e nello stanzino, che poi è quello che contiene lo spogliatoio e la cassaforte» spiega Pansy. Draco nel sentirla parlare in quel modo viene scosso da un moto di stupore. Sembra così… seria, è accurata nel parlare e chiara nella maniera di esporsi. È professionale come non l’ha mai vista in tutta la vita. Non capisce per quale accidenti di motivo non gli ha detto niente in ben cinque mesi. Si sente quasi offeso. Lui le dice tutte le cose importanti della sua vita, lei è capace di parlare per ore del colore delle unghie di una tizia incontrata a caso in un negozio e non gli dice che ha cambiato lavoro?
«Oltre a te a Mathieu chi altri lavora qui?» chiede Harry, riportandolo alla realtà. Draco sbatte le ciglia e stringe con maggior forza la presa sul bastone, al quale un poco si appoggia.
«C’è la signora che viene a fare le pulizie» mormora, esibendosi in una smorfia di disappunto. «Io eviterei anche di doverla pagare, ma dato che il locale è nella parte babbana della città ci sono normative a cui sottostare e dobbiamo avere una persona che fa le pulizie ed è una Maganò, quindi sa tutto del nostro mondo.»
«Qualcun altro?»
«C’è la sorella di Mathieu, Clarisse, ogni tanto viene qui, ma in questo periodo è in Francia. O ci stava, beh, non so dove sia adesso. Si è presentata ieri pomeriggio, del tutto inaspettatamente, dicendo di dover parlare con suo fratello. Ieri abbiamo chiuso presto perché Mathieu era da un cliente a consegnare una torta. Stavo per serrare la porta quando me la sono trovata davanti.»
«A quel punto che hai fatto?» domanda Potter, circospetto.
«Le ho detto che Mathieu non c’era e che sarebbe rientrato in negozio di sicuro dopo le otto per sbrigare il lavoro per stamattina. Però lei è voluta entrare lo stesso, a lasciargli un messaggio o ad aspettarlo… Non ricordo bene che ha detto. Io comunque l’ho fatta entrare e ho continuato con quello che stavo facendo. Ho sistemato la sala, poi ho preso i soldi dalla cassa e sono andata a depositarli nella cassaforte e a cambiarmi. Quando sono tornata qui lei se n’era andata.» Potter neanche questa volta risponde, annuisce e quindi fissa il vuoto per quelli che sembrano minuti. E minuti. Pansy perde già subito la pazienza e riprende a fare chissà che cosa. Draco non la nota, si avvicina ad Harry e gli sfiora una spalla delicatamente. Ma lui non sembra sentire. Lo richiama un paio di volte e poi si riprende all’improvviso: «Devo andare!» dice soltanto questo. Draco mentirebbe se dicesse che non ha un moto di delusione. Tenta l’impossibile pur di nasconderlo, aveva promesso che sarebbe rimasto con lui tutto il giorno. Non sono neanche le dodici e già se ne va?
«Dove?» sussurra, deglutendo a fatica. La voce ridotta a un sibilo fioco.
«A risolvere questa faccenda, spero» replica, baciandolo sonoramente sulle labbra in quello che vorrebbe essere un segno di saluto e di scuse. Lo perdona già allora e se ne rende conto quando internamente si ritrova a sorridere.
«Posso usare lo stanzino per smaterializzarmi?» domanda quindi in direzione di Pansy, che annuisce e balbetta.
«Certo, ma…»
«E la torta?» domanda Draco, con una punta di stizza nel tono della voce. Se n’è forse dimenticato? Intanto che lui gioca al bel detective, hanno sempre un grosso problema da risolvere.

«Parlane con Pansy! Ha l’aria di chi sa quello che fa» dice, chiudendosi la porta alle spalle. Un istante dopo sente il plop della smaterializzazione. Pansy Parkinson ha l’aria di chi sa quello che fa? E quando mai ce l’ha avuta? 
«Ehi» dice lei, una volta rimasti soli. Gli dà una gomitata nel costato e Draco quasi si piega su se stesso da quanto è forte. «Lo sai qual è il colmo per un pasticcere?» gli chiede, ridacchiando fra sé. «Finire nei pasticci!» aggiunge, ridendo da sola come una matta. Draco alza gli occhi al cielo e sbuffa sonoramente. Non sa se la sua amica sarà davvero in grado di aiutarlo, ma per ora è la sola speranza che gli rimane di poter avere una torta nuziale. Certo, era rimasto che serviva caffè ai giornalisti del “Settimanale delle streghe” e la ritrova con un grembiule che serve dolci a dei babbani. Le cose cambiano. Forse. Ma è praticamente certo che Pansy Parkinson non cambia mai davvero, è ancora una mezza svitata.
«Eddai, Draghettuccio, fidati di me.» Fidarsi, lui?
«Di una che fa battute del genere?» gli chiede, sarcastico, intanto che fa schizzare un sopracciglio verso l’alto. E fidiamoci!




 

Continua





 

*La strada che Harry e Draco fanno per arrivare da Piccadilly Circus a Fareham Street è praticamente lunga il doppio di quella che si potrebbe fare seguendo un percorso più breve.  

 

Note: Due parole su due questioni: 

-La regolamentazione per l’Ufficio Misteri dopo la guerra me la sono inventata, così come il fatto che l’iter burocratico sia stato proposto da Hermione. Entrambe le cose però mi parevano sensate, considerato che ragazzini del quarto anno a Hogwarts entravano e facevano il comodo loro. 
-La seconda questione è legata a Rosamund Brown. Il corso per diventare Auror dura tre anni e da quello che si intuisce dai libri è molto duro, dato che per accedervi serve Eccezionale in diverse materie dei M.A.G.O. Non ho mai letto di un tirocinio, ma anche qui mi sembrava una cosa sensata l’idea che ci fosse un periodo di “Prova” durante il quale l’aspirante Auror viene messo sul campo per vedere come se la cava. Trovo improbabile che i neo-diplomati al corso Auror vengano subito gettati nella mischia.

Non ve lo aspettavate Pansy che lavora alla pasticceria di de la Tour, vero? Beh, nemmeno io! Sono stata bloccata su un punto un paio di giorni perché non avevo l’idea giusta e frizzante per andare avanti e poi ho avuto un’illuminazione. Chi meglio di Pansy per strapazzare un po’ il nostro Draghettuccio?
Ringrazio tutte le persone che stanno leggendo e seguendo questa storia, grazie a chi ha lasciato una recensione.
Koa
   
 
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