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Autore: Severa Crouch    19/12/2022    2 recensioni
Questa storia è stata scritta per la challenge “72 prompt in attesa del Natale” indetta da Maria Lace e Sofifi sul forum Writing Games - ferisce più la penna.
Office!AU - può essere letta come uno spin-off di Legilimens Inc.
Evan Rosier sta rientrando dalla Germania, dopo due giorni di fiera tecnologica non vede l’ora di salire su un aereo, mettere piede a Londra e raggiungere Bellatrix e i suoi colleghi per una serata di gaming. Le cose, però, non vanno come previsto e il maltempo gli scombina i piani, come in una stupida commedia romantica.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Evan Rosier, Nuovo personaggio
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache babbane - Muggle!AU'
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Note sulla challenge.
Giorno della pubblicazione: 19 dicembre
Prompt: Un solo letto

Citazione: “Io e te faremo grandi cose, insieme.” “Ah, sì?”
AU: Office!AU
Ho usato tutti gli elementi perché si incastravano troppo bene! Questa storia può essere letta come una one-shot a sé stante, ma se seguite Legilimens Inc., leggete l'ultimo capitolo, altrimenti vi spoilerate qualcosa! :-) 


Come una stupida commedia romantica



 

Aeroporto di Berlino, 19 dicembre 2022


Evan oltrepassa le porte automatiche dell’aeroporto e tira un sospiro di sollievo. Da quando è uscito dalla fiera non ha fatto altro che patire il freddo. La neve cade da giorni e le previsioni mostrate dal telefono non sono affatto rassicuranti.

Fino a quell’istante, Evan non credeva che fosse possibile rimpiangere il clima di Londra, ma Berlino è troppo lontana dal mare per i suoi gusti. Osserva il tabellone delle partenze e scuote la testa desolato: non c’è un aereo che sia puntuale.

“Informiamo i gentili viaggiatori che, per cause dovute al maltempo, i voli potrebbero subire dei ritardi.”

La zona delle partenze è intollerabile con quel continuo aprirsi di porte automatiche e di turisti in preda al panico. Osserva la carta di imbarco del suo check-in e decide che è giunto il momento di fare i controlli di sicurezza e trascorrere un po’ di tempo nella lounge a lavorare. Dolohov gli ha mandato un paio di email a cui deve rispondere.

Il telefono vibra nella sua tasca in sincrono con lo smartwatch al polso. Tocca gli auricolari, perennemente inseriti nelle orecchie. “Dimmi, Bellatrix.”

“Sei in aeroporto?”

“Appena arrivato, ma c’è un casino: tutti i voli sono in ritardo.”

“Quindi la nostra serata salta?” Percepisce un po’ di ansia nella voce della sua amica, la preoccupazione per la loro serata di gaming. 

“Iniziate voi, io vi raggiungo direttamente dall’aeroporto, se mi fanno partire. Spero di non fare troppo tardi.” La prima serata a casa di Dolohov senza Alecto tra i piedi ha dovuto coincidere con il suo ritorno da Berlino. Avevano in programma una sessione alla PS5 come ai vecchi tempi, ma a quanto pare la sorte non vuole che il suo personaggio prosegua la missione. Evan è certo che Bellatrix ne approfitterà per raccogliere tutte le armi che troverà e per collezionare il maggior numero di trofei dai nemici. Dolohov, invece, non concluderà niente, come tutti quelli che hanno iniziato a scopare, non farà altro che parlare di Alecto e vantarsi delle loro serate.

“Sarà quindi come giocare da sola,” commenta Bellatrix che, evidentemente, ha fatto il suo stesso pensiero. 

“Invita Tom, no? Dì ad Antonin di portare Alecto e fate una serata gaming a quattro.”

“No, Evan, non dire cazzate e non osare mettere una simile idea in testa ad Antonin!” sbotta Bellatrix, mentre Evan ridacchia sotto lo sguardo severo dell’agente doganale. “Devo fare i controlli di sicurezza, ti richiamo.” Infila lo zaino con il pc e il trolley sul nastro. I dispositivi sono ordinatamente collocati nel contenitore di plastica mentre ne deve prendere un altro per il cappotto e la giacca. Supera il metal detector, infila la giacca, riprende i dispositivi, lo zaino e il trolley. “Ehi, Siri, chiama Bellatrix,” ordina agli auricolari non appena supera la zona dei controlli.

“Rieccoti. Ti dicevo, non ti azzardare a proporre una cosa simile ad Antonin. Lo sai che ha proposto Alecto durante la cena con Tom?”

Evan ridacchia. “Fate già le uscite a quattro?”

“Non fare il cretino. Ha proposto di giocare ad Animal Crossing, ti rendi conto? Tom per poco non la cacciava di casa. Le ha detto che già gestisce un’azienda, non ha bisogno di pensare anche a un’isola del cazzo.” Evan scoppia a ridere mentre immagina la scena. Quando si arrabbia, Tom sa essere veramente divertente. “Va bene, va bene, allora chiama il tuo amico Rabastan, o Barty, insomma, vedrai che qualche sostituto lo trovi.” Il cartellone al suo fianco mostra un aumento del ritardo. “Il mio volo al momento ha due ore di ritardo…” sospira.

Bellatrix è delusa. “D’accordo, provo a sentire Rab, forse lui può salvarmi da quella megera.”

“Quale megera?” la voce di Alecto arriva al di là della cornetta.

“La Turner,” mente Bellatrix, spudoratamente. Dall’altra parte del telefono, Evan ride e imitando Tom le sussurra: “Tsk… tsk… Bellatrix, non si dicono bugie…"

“Evan! Smettila di parlare così!” 

“Lo so che ti eccita…”

“Sei un’idiota. Devo andare.” 

Bellatrix riattacca ed Evan ride di gusto mentre oltrepassa la lounge per i clienti business. Si guarda intorno e il suo sguardo viene attratto da una figura che conosce fin troppo bene: Elizabeth Nott, anzi, Travers, l’amica sposata di Alexandra Turner, quella con cui è finito a letto qualche tempo prima. Da allora, si sono sentiti saltuariamente e sono usciti insieme un paio di volte, ogni qualvolta lei veniva a Londra per lavoro e, inevitabilmente, finivano tra le lenzuola.

“Lizzie?” le domanda avvicinandosi incredulo. Gli occhi marroni della giovane donna si allargano per la sorpresa: “Evan! Ma cosa ci fai a Berlino? Che coincidenza!”

“Sono venuto alla fiera della tecnologia per lavoro, tu?”

“Idem. Hai visto che tempaccio? Il mio volo per Barcellona è in ritardo di almeno tre ore. Sono venuta qui a rispondere a un po’ di email di lavoro, vuoi farmi compagnia?”

“Volentieri, ero venuto per la stessa ragione. Che ne dici se sbrighiamo le questioni lavorative e poi andiamo a bere qualcosa per ingannare l’attesa?”

“Affare fatto.” Evan prende posto al tavolino accanto a quello di Lizzie e sistema il suo portatile. Un occhio corre a controllare Lizzie, si scambiano un sorriso e poi ciascuno di loro torna con gli occhi fissi sullo schermo. Sblocca il sistema operativo con l’impronta digitale, attiva il wifi, apre il gestore della posta elettronica. Dolohov lo ha riempito di email, a quanto pare Bellatrix ha trovato delle vulnerabilità che stanno sanando, gli chiede di controllare una porzione di codice. Così, scarica il file e lo apre con l’editor. Sospira perché cercare un bug con Lizzie al suo fianco non è il massimo, ma è anche una sfida riuscire a trovarlo e ripararlo prima che lei abbia finito il suo lavoro. Evan si immerge nel lavoro e, circa un’ora dopo, il ritardo del suo volo è solo aumentato. La compagnia aerea si scusa, fuori dalle finestre c’è una vera e propria tormenta di neve. La serata da Dolohov è saltata, ma non tutto il male vien per nuocere se può ingannare l’attesa in aeroporto con Lizzie, si trova a pensare. 

“Come sei messa?” 

“Finito.” Lizzie sorride mentre chiude il pc e lo ripone nella sua borsa da viaggio. Evan la osserva meglio, posa lo sguardo sul caschetto castano le cui punte sfiorano la base del collo, la camicia di seta bianca che si intravede sotto la giacca blu, nel tipico completo business da fiera. Indossa una gonna a tubino e delle scarpe con un tacco basso che le conferiscono un fascino unico. Ha ancora il trucco perfetto e si vede che è amica della Turner perché entrambe usano i rossetti del colore delle labbra. Bellatrix gli ha detto che si chiamano nude e il termine gli piace molto, si trova a pensare. A differenza della Turner, le labbra di Lizzie sono più piene, il suo seno è decisamente più grosso (ad occhio è una terza abbondante). Si impone di non indugiare in certi pensieri, ché sono in aeroporto e presto le loro strade si separeranno: lei tornerà a Barcellona da suo marito e lui a Londra, nel suo appartamento da scapolo a Paddington.

Evan le cede il passo mentre le porte della lounge si aprono e loro tornano nel caos degli imbarchi, affollati di turisti furiosi. “Vieni,” le sussurra, “c’è un posto poco frequentato dai turisti.” La guida verso un wine bar che affaccia su un piano ammezzato. Sopra la folla accalcata degli imbarchi, recuperano un po’ di tranquillità mentre le lamentele diventano solo un vociare indistinto.

Ordinano una bottiglia di vino francese, qualche stuzzichino, ed Evan cerca di portare la conversazione su un terreno neutro che non gli faccia pensare a quanto vorrebbe posare le sue labbra sul collo bianco di Lizzie. 

“Hai presentato qualcosa alla fiera?” lo anticipa lei.

“In realtà siamo venuti per fare scouting di società da acquisire. Conosci il nostro software, stiamo lavorando a delle espansioni, solo che ci vorrà un po’ di tempo prima che si finalizzino. Tu?”

“Noi abbiamo presentato i nuovi progetti SEO. Molti programmatori dimenticano che i software, specie per gli ambienti web, dovrebbero essere non solo sicuri ed efficaci, ma anche ottimizzati per i motori di ricerca.”

“Sì, in effetti è qualcosa che viene spesso sottovalutato. Io mi sto proprio occupando di migliorare questo aspetto, sai, specie dopo quella sera in cui ne abbiamo parlato a casa di Alex.” Evan osserva il modo in cui Lizzie arrossisce, i suoi occhi però si illuminano al ricordo di quella sera e porta la testa all’indietro con una risata cristallina. “Oh, Evan, che serata! Non credo di aver trovato tanto stimolante parlare dei motori di ricerca!” Poi si fa seria. “Ad ogni modo, se posso aiutarti, sai che puoi contare su di me, anche solo per un confronto.”

“Mi sembrerebbe di approfittare.”

“Lo faccio a buon rendere, un giorno potrei aver bisogno di un consulto da un programmatore di fiducia.” Il sorriso che lei gli rivolge gli fa sempre stringere lo stomaco, ogni volta un po’ di più. “In tal caso,” le rivela complice, “ne approfitterò. Io e te faremo grandi cose insieme.” 

“Ah, sì?” domanda lei divertita.

Evan le si avvicina e inizia a spiegare i problemi che ha incontrato nel suo progetto. Lizzie lo ascolta, ogni tanto solleva le sopracciglia sorpresa, gli fa delle domande che non sono banali, ma attente a piccoli dettagli e gli fa notare elementi che ha trascurato, convinto che fossero questioni di poco conto. Il tabellone dei voli, poco distante dal loro tavolino, registra un aumento del ritardo finché, quasi al termine della cena, non compare la desolante scritta “soppresso”.  Il tabellone si riempie di scritte identiche e Lizzie sospira, scrolla le spalle nel tentativo di vedere il bicchiere mezzo pieno: “Per lo meno, potremo finire la bottiglia di vino.”

“Dovremo andare in biglietteria e trovare una sistemazione per la notte. Non ho intenzione di trascorrere la notte in aeroporto con il pc e la valigia.”

“Nemmeno io.”

“Che ne dici se troviamo una sistemazione e poi torniamo alla nostra serata?”

“Mi sembra un’ottima idea.”

Evan paga la cena con la carta di credito aziendale e poi guida Lizzie fino alle biglietterie. L’assistenza clienti è presa d’assalto ma per i clienti business è possibile sbrigare questi intoppi direttamente nella sala lounge. Lo ha imparato l’ultima volta che si è trovato bloccato da uno sciopero in Francia. Così, tornano nella loro lounge e la hostess trova loro due posti sui voli dell’indomani e telefona nell’hotel presente in aeroporto per fissare la sistemazione.

“Hanno solo una stanza libera,” li avverte.

“La prendiamo,” risponde Lizzie senza esitare. Evan la osserva e annuisce alla hostess che non esita a confermare la prenotazione e bloccare la camera. Quella serata sta diventando meglio di ogni previsione. “Non hai esitato nemmeno per un istante,” ridacchia mentre si dirigono verso l’hotel.

“Scherzi? Preferisco dividere la stanza con te che passare la notte in queste condizioni o dover cercare un hotel nei dintorni dell’aeroporto. Con il tempo che c’è fuori, non ci saranno nemmeno taxi.”

La concretezza di Lizzie e la sua attenzione ai dettagli, quelli che Evan non nota perché è troppo distratto da altro, lo sorprendono nuovamente. Prendono possesso della stanza, lasciano le valigie in camera, si liberano degli zaini con i pc e Lizzie si rinfresca prima di uscire a terminare la loro serata nel lounge bar dell’hotel. 

Evan ha sempre amato gli hotel business dagli ambienti asettici, impersonali e confortevolmente uniformi. Può trovarsi a Tokyo, a New York, a Parigi o, come in quel momento, a Berlino, e sa che in quel genere di hotel le stanze avranno lo stesso profumo, il materasso la medesima morbidezza e la lounge un’identica playlist. C’è qualcosa di tranquillizzante e confortevole nel sapere già che ti troverai bene, che quell’imprevisto non finirà per trasformarsi in una notte da incubo. 

Persino la luce soffusa della lounge, la divisa del cameriere, il bicchiere dei loro drink, tutto uniforme. L’unica variazione è la lingua della lista dei cocktail, in doppia lingua, locale e inglese. Alza lo sguardo ed Evan indugia nell’osservare il modo in cui le labbra di Lizzie sfiorano il bordo del cosmopolitan che ha ordinato. Evan ha optato per un Negroni sbagliato, la scoperta dell’ultimo viaggio a Milano e lo sorseggia mentre pensa alle possibili evoluzioni di quella serata. Si sporge sul tavolo verso Lizzie e le sussurra: “Sono felice di vivere questa disavventura con te.”

“Non tutto il male vien per nuocere,” sorride lei. “La serata può migliorare,” ipotizza con un sorriso complice. Inclina il capo verso di lui ed è troppo vicina, troppo invitante perché Evan possa resisterle. Si china a baciarle le labbra. Lizzie schiude la bocca, lo accoglie, ricambia il bacio. Sa di mirtillo rosso e lime, Evan sente la vodka e il cointreau, un bacio al cosmopolitan che si sposa con il sapore secco del Campari e del vermouth del suo Negroni sbagliato. Le dita di Lizzie si aggrappano al polso di Evan e lui lascia scivolare il braccio per prenderle la mano. Visti da un tavolo vicino, fanno la figura degli adolescenti, si trova a pensare Evan. Le domanda con la voce arrochita dal desiderio se vuol finire il cosmopolitan o andare in camera. Lo sguardo di Lizzie è una preghiera muta ed Evan paga il conto e la guida verso l’ascensore. 

Non perdono tempo. Lizzie gli è mancata tantissimo e non riesce a credere di poterla stringere nuovamente, di sentire il corpo di lei tendersi contro il suo, i suoi seni premere contro il suo petto e le dita di lei massaggiargli la nuca. Si interrompono solo quando le porte si aprono, per percorrere il breve tragitto che li separa dalla camera dove entrano continuando a baciarsi. Evan infila la tessera magnetica alla cieca, travolto dagli abbracci di Lizzie.

Subito dopo, nella stanza tornata a giorno, mentre cercano di creare un’atmosfera soffusa, le giacche si sfilano, le camicie scivolano lungo le spalle e i loro corpi tornano a sfiorarsi come la prima volta quando, alla festa di inaugurazione della casa di Alexandra e Rodolphus, Evan l’ha conosciuta. Si sono piaciuti subito e quando iniziano a parlare non riescono a smettere se non per baciarsi. 

Evan trema quando Lizzie fa scorrere le dita lungo la schiena nuda di lui, la sente fremere quando le sue labbra si posano alla base del collo e respira il profumo buono di lei. Le sgancia la chiusura del reggiseno con la sicurezza data dai suoi anni di esperienza sul campo e finalmente torna a stringere e leccare quei capezzoli che lo hanno fatto impazzire. Lizzie geme sotto i suoi tocchi, si lascia condurre sul letto mentre sfila la gonna e rimane solo con un paio di slip di cotone, segno che non aveva strane idee in testa, proprio come la prima volta. Ama l’intimo ordinario e pratico che lei porta, così diverso dal pizzo e dalla seta delle serate artificiose a cui si è abituato con gli incontri su Tinder. Il tempo di infilare il preservativo ed è di nuovo dentro di lei, la sente sospirare un “Oh, Evan,” godendo di ogni attenzione, inarcando la schiena all’indietro. È che Lizzie lo rende impaziente come nessuna prima d’ora, che il bisogno che prova di unirsi a lei urla dentro di lui fin dal primo istante in cui i loro sguardi si sono incontrati nella lounge, quando ha pensato alla notte solitaria che l’avrebbe atteso, ignorando che una tormenta di neve gliene avrebbe regalata una magica. Non è così folle da illudersi che sia un miracolo natalizio, ché quelli esistono solo nelle stupide commedie romantiche, mentre Lizzie tornerà a Barcellona da suo marito e lui andrà a Londra, da solo, e dovrà attendere un nuovo impegno di lavoro - di lei, a Londra, o suo, a Barcellona - prima di poterla riassaporare. 

Eppure. Eppure anche nei momenti di assenza si scopre a pensarla, quando le giovani donne che incontra su Tinder non hanno lo stesso sapore di lei, non tremano come lei, non gli sussurrano nell’orecchio i desideri di lei. Evan si lascia andare, sconfitto, sa che non può dare voce ai suoi desideri, che non può chiederle nulla, e nemmeno promettere alcunché, perché la distanza tra Barcellona e Londra è troppa perché possa ambire ad essere una presenza nella sua vita, figurarsi un amante o un compagno.

Pensa che sia ingiusto che lei abbia un marito, perennemente preso dalla carriera, perso nei propri pensieri e nelle trame che intesse per riuscire a diventare dirigente. Lizzie parla poco del suo matrimonio, Evan ha percepito che è un argomento difficile e, dopo tutto, non vuole nemmeno sprecare il poco tempo che gli è concesso a evocare la presenza del marito e sentirla insinuarsi tra loro due.

Lizzie sorride mentre si lascia andare all’orgasmo, socchiude gli occhi ed è bellissima, si trova a pensare mentre affonda dentro di lei e anche lui perde il controllo. Si china a baciarle il volto, subito dopo essere venuto. Prima di uscire da lei vuole godersi quel momento di armonia, sentire i loro respiri affannati che tornano regolari.

Ci sono parole che premono per uscire, ma Evan si ferma, esce da lei e si rifugia in bagno con la scusa di disfarsi del preservativo. Davanti lo specchio cerca di recuperare lucidità: non può perdere la testa per una donna sposata che vive dall’altra parte dell’Europa. 

È che è difficile rimanere con i piedi per terra quando la trova a singhiozzare nel letto. Evan le si avvicina e le sfiora la spalla. “Scusami,” mormora.

“Ehi,” cerca di confortarla. “Cosa succede? Non vado da nessuna parte.”

“È che tutto questo è così bello che io non ce la faccio. Non ce la faccio a tornare a Barcellona e far finta di niente, e sorridere ad Ezra e dirgli che la fiera è andata bene e ignorare la tua mancanza che mi scava e mi consuma.” Evan chiude gli occhi e la stringe a sé. “Scusami,” continua lei. “Non ho nessun diritto di lamentarmi.”

“Vieni a Londra con me,” le dice. “Fanculo Ezra. Fanculo la Spagna. Vieni a Londra con me.” Gli occhi marroni di Lizzie lo osservano smarriti. “Anche solo per qualche giorno, per schiarirti le idee.” Le commedie romantiche si basano su corse in aeroporto all’ultimo minuto, loro sono già sul posto e prendere un biglietto per Londra non è poi una gran cosa. “Se vuoi, chiedo a Tom di prenderti come consulente SEO per il mio progetto,” ipotizza, “anche se con il tuo talento sono certo che troveresti un sacco di offerte di lavoro.”

“Evan, sono sposata,” sussurra. “Ho preso un impegno.”

“Ma non sei felice.” Evan si ferma. “Non posso chiederti nulla, è una tua decisione. La porta di casa mia è aperta e, scommetto, anche quella di Alex se non vuoi stare da me.” Le dita percorrono il profilo delicato di lei, si china a rubarle un bacio e la asseconda mentre lei scivola sulla sua spalla e si rannicchia al suo fianco. Farebbe qualsiasi cosa pur di continuare a sentire il corpo nudo di lei contro il suo fianco, notte dopo notte. È così che si addormentano ed è bello ritrovarsi al mattino, avere un’altra occasione di amarsi prima di sciogliere ogni riserva.

Fanno colazione con caffè e croissant ed Evan non riesce a toglierle gli occhi di dosso. La trova ancora più bella. “Hai deciso cosa fare?” le domanda verso lo scadere del loro tempo. Lizzie sorride e gli mostra lo schermo del telefono: Evan non crede ai suoi occhi. “Vieni a Londra? Quando hai preso il biglietto?”

“Mentre eri sotto la doccia. Non voglio tornare a dormire da sola.”

“Ezra non dorme con te?”

“No, lui ha la sua stanza. Si addormenta ogni notte leggendo i suoi libri di finanza. Per un po’ ho sospettato che avesse un’amante, ho anche assunto un investigatore privato, ma la verità è che è totalmente preso da sé.” 

Evan non sa se arrabbiarsi per il modo in cui quell’uomo ignora la fortuna che ha ad avere una donne del genere accanto, o se ritenersi fortunato per l’assenza di una vera competizione. Decide di non sfidare la sorte e le afferra la mano mentre vanno verso l’imbarco per Londra. 

Non ha idea di come andrà quel Natale, se lei tornerà a Barcellona, mancano ancora quattro giorni alla Vigilia e se anche Lizzie tornasse a casa, quello è un regalo di Natale del tutto inatteso. Nella lounge, l’hostess assegna loro due posti vicini in business class. Lizzie sorride incredula del suo stesso gesto: “Quando lo racconterò ad Alex, dirà che sono impazzita.” Evan ridacchia. “Anche la Turner ha fatto le sue follie per Rod.” Lo stomaco si stringe per quel paragone mentre consegna la carta di imbarco e si avvia nel corridoio verso l’aereo. Viaggiano con le dita intrecciate, Lizzie tiene il capo poggiato sulla sua spalla e mentre l’aereo vola in direzione di Londra, Evan pensa che sia tutto perfetto.

 
   
 
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