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Autore: BabaYagaIsBack    20/12/2022    0 recensioni
In un' Europa dalle atmosfere steampunk e in cui la Chiesa ha tutt'altre connotazioni, un ordine di esorcisti si dedica alla creazione di vânător, cacciatori del sovrannaturale. E' da loro che Katarina impara i rudimenti per affrontare tutti i mostri che popolano la notte più scura, prefiggendosi come obbiettivo ultimo quello di uccidere Dracul, il Re di tutti i Vampiri.
Districandosi tra personaggi bizzarri e situazioni estreme, Miss Bahun cerca di mettere fine alla linea di sangue creata dai fratelli Corvinus, ergendosi al di sopra di tutti gli altri suoi compagni. Eppure qualcosa non torna, una nuova minaccia sembra voler sovvertire tutto ciò che lei conosce e, improvvisamente, gli amici diventano nemici. Di chi fidarsi,quindi, quando il genere umano è in pericolo?
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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XIV (3)

La tensione si percepiva a ogni passo che muovevano all'interno della centrale. Katarina riusciva a sentire gli sguardi indignati dei poliziotti ovunque su di sé, quasi volessero spogliarla per capire quante armi avesse addosso, eppure non si sentì più a disagio di quanto le capitasse a Roma. Anche lì la faida tra agenti dell'ordine e vânător andava avanti da quando ne aveva memoria e, se ci scavava bene in mezzo, riusciva ancora a ricordare il suo primo incontro con quegli stronzi. L'avevano placcata in tre subito dopo averla vista uscire dalla bettola in cui alloggiava, era poco più che sedicenne, ma aveva alle spalle già un paio di omicidi. Con i loro manganelli di legno avevano provato a impaurirla, a dirle che forse sarebbe stato meglio tornare in camera e lasciare a veri agenti il compito di salvaguardare la città visto che quelli della sua specie altro non erano che fanatici senza freni, reietti, feccia che osava infangare il nome della Chiesa e dei suoi Santi; uno di loro aveva persino avuto l'ardire di tentare di sottrarle la valigia che ancora si portava appresso. Miss Bahun però non aveva battuto ciglio. Lo aveva colpito con una gomitata alla bocca dello stomaco appena le si era avvicinato, poi con un movimento lesto della mano aveva estratto dalla fodera del cappottino un pugnale che gli aveva puntato alla gola. Inutile dire che da quella volta si era ben inimicata il Commissario Moncalieri, l'Ispettore Terzi, il Vice Ispettore Trabucchi, il Sovrintendente Falcone e De Paoli, così come tutta la loro schiera. Non importava che fosse la pupilla di Padre Costantino e lavorasse per il Vescovo Wassily in persona, appena calava la sera e le loro strade si incrociavano, quei dannati provavano a metterle i bastoni tra le ruote.

Julius dietro di lei si piegò appena: «Sono costernato nel dovervi far subire un simile trattamento. Qui...» ma Katarina non lo fece finire. Gonfiando il petto e aggiustando la postura rispose ad ogni sguardo con il medesimo astio.
«Non rammaricatevi, Lord Terry. A Roma la situazione non è differente» lo informò, anche se avrebbe osato dire che era persino peggio.
«Beh, almeno una cosa in comune c'è, allora» stavolta fu Suzu a parlare. Si stava guardando attorno con circospezione, quasi temesse che da un momento all'altro qualcuno potesse fermarli o aggredirli. La precedeva di un paio di passi, come a volerla schermare da quelle possibilità e, se doveva essere del tutto onesta, Katarina avrebbe preferito non lo facesse. Qualsiasi persona avesse osato turbare le sue indagini, nonché la calma precaria che aveva raggiunto in assenza di vodka, si sarebbe ritrovato la canna della sua pistola a ruota direttamente in bocca - evitare che il grilletto venisse premuto, poi, sarebbe stato solo affare loro.
D'un tratto Whiteman iniziò a rallentare fino a fermarsi del tutto una volta arrivato a ridosso di una scrivania dietro cui un uomo di mezz'età, stempiato e con enormi baffi ricurvi, lo stava squadrando. L'uniforme blu che aveva indosso sembrava gridare pietà, gli occhielli della casacca erano talmente tirati che forse, con un colpo di tosse, avrebbero trasformato i bottoni in proiettili. Miss Bahun corrugò le sopracciglia in una smorfia a metà tra il disgustato e il preoccupato, chiedendosi come potesse respirare in condizioni simili: possibile che nessuno dei colleghi si preoccupasse per lui?
Suzu si schiarì la gola: «Siamo qui per visitare l'obitorio, ci manda il distaccamento britannico dell'Ordine degli Illustri Vânător di Transilvania sotto direttive di sua Santità il Papa.» L'agente si accovacciò sulla scrivania strizzando gli occhietti scuri e contornati da rughe appena accennate, cercando qualcosa che l'altro gli mostrò dopo un grugnito sommesso. Il mento di Whiteman si alzò giusto di qualche centimetro, rivelando un tatuaggio scuro sotto alla barba rada. L'altro bofonchiò qualcosa, poi con un cenno del capo si rivolse a Katarina e Julius: «Loro?»
La donna arricciò il naso. Davvero dubitava che fossero vânător? Stava forse chiedendo anche a loro di mostrare la Voglia?
«Miss Katarina Arànka Bahun è qui per volere del vescovo Wassily in persona, mentre Lord Julius Terry è parte della mia squadra da anni. Potete prendere i loro nominativi e chiedere direttamente al Cohorte Coordinator se dubitate della mia parola. Non penso sia necessario che una giovane donna nubile come la qui presente Miss Bahun debba togliersi le vesti in mezzo a cotanto pubblico, o sbaglio?» Suzu non le aveva mai chiesto dove fosse la sua Voglia, probabilmente non ne aveva la più pallida idea, eppure doveva aver capito da solo che non si trovava in alcun punto accessibile alla vista.
Il poliziotto le lanciò uno sguardo torvo: «No... per ora.»
Katarina nascose una risata. Quel "per ora" sarebbe rimasto un "mai", non avrebbe dato a quel vecchio e i suoi commilitoni il piacere di scoprire dove si fosse tatuata il simbolo della Vergine - quella era cosa soltanto sua e delle poche persone a cui lei avrebbe scelto di mostrarlo.
«Dritti lungo il corridoio ovest, poi a destra e infine scendete le scale, lì troverete un altro corridoio. Terza porta sempre a destra. Il dottor Montgomery vi terrà d'occhio e...» fece una pausa corrugando le sopracciglia in una smorfia divertita: «a tal proposito, quand'è che vi deciderete a portare via i vostri rifiuti? Ci stanno intral-»
Un colpo contro il legno fece sobbalzare l'agente, Suzu e qualche altro figurino in divisa, mentre Miss Bahun si ritrovò a sbattere più volte le ciglia, sorpresa. Il pugno di Lord Terry attirò più attenzione del previsto, eppure lui non si scompose ulteriormente. Lentamente si rimise dritto, si sistemò il cappotto e poi abbasso appena la tesa del cappello: «Grazie, agente» teneva gli occhi socchiusi e le labbra tese in una sorta di sorriso poco rassicurante, falso, «non ci serve udire altro dalla vostra bocca» e nel concludere aveva fatto un mezzo inchino invitando Katarina a precederlo. Lei esitò giusto un istante, accertandosi che oltre a quel gesto tanto avventato l'uomo non avesse in serbo altro, poi s'incamminò ponendosi un'unica domanda: chissà se anche gli sbalzi d'umore di Julius derivavano dall'assenza di alcol; dopotutto lei tendeva a essere estremamente più irascibile quando astemia.
Volse il capo giusto a sufficienza per spiare Lord Terry da sopra la spalla. Con quei suoi baffi folti e rossi sul viso magro, la sua stazza e quel fare alle volte un po' troppo ingenuo, dava tutto fuorché l'idea di essere l'avventore di qualche osteria. Sicuramente doveva esserci capitato di tanto in tanto, probabilmente per errore durante qualche ronda, ma a parte quegli sporadici attacchi di rabbia nulla in lui tradiva il suo status di damerino per bene. In una bettola come quelle che frequentava lei e tra le cosce delle donne con cui aveva giaciuto, di certo quel tizio non aveva mai messo piede - e forse era meglio così.

«Capisco la rabbia, Julius, ma questo non è il luogo per attaccar briga» sentì dire da Suzu in quello che probabilmente doveva essere un discorso privato, visto il tentativo di non farsi sentire: «persino la nostra ospite è-» si interruppe, dubbioso.
Katarina svoltò a destra, compiacendosi mentre seguiva le indicazioni date loro dall'agente strizzato nella divisa. Attese qualche secondo sperando di sentire il resto della frase, ma non udendo altro s'intromise: «Oh, ditelo pure, Whiteman! Amo i complimenti» fece una mezza piroetta, mettendosi così a camminare all'indietro. Il suo sguardo e il sorriso beffardo si puntarono in direzione dei colleghi, mentre gli occhi dei poliziotti si posavano con più tensione sulle loro figure. Li stavano osservando, studiando. Erano consci di non poterli aggredire in alcun modo fintanto che se ne stavano buoni a parlare tra di loro - e Miss Bahun si beò del fatto che la sua indifferenza suscitasse in quel branco di altezzosi tanto fastidio. Peccato che né Suzu né Julius riuscissero a levarsi di dosso quella sensazione di disagio; gliela si poteva vedere in viso, nel modo in cui scrutavano i dintorni.
«Non ve ne stavo rivolgendo, stavolta.»
Lei piegò il capo da un lato, lasciando che le poche ciocche sfuggite alla crocchia le solleticassero le guance: «Giurerei il contrario...» tese maggiormente gli angoli della bocca.

Il Maestro delle Polveri da sparo scrollò la testa, tentando di nascondere la lieve luce di divertimento nello sguardo.
«Pensatela come volete, Miss, ma non vi darò tale soddisfazione.» Le sue parole però suonarono come una conferma alle orecchie di lei che, con un'altra mezza piroetta, tornò a camminare correttamente. Le scale difronte ai loro nasi si facevano pian piano più vicine, così come la sensazione che presto si sarebbero liberati di tutti gli sguardi torvi degli agenti lì intorno.
Nel suo avanzare Katarina notò come ovunque vi fossero fogli appesi alle bacheche sulle pareti: annunci di animali e persone scomparse, articoli che lodavano l'operato di Scotland Yard, avvisi di eventi a cui sarebbe servita la presenza di qualche squadra per tenere controllata la zona. Era difficile distinguerli, solo i titoli potevano dare un'idea di cosa fosse scritto su quei pezzi di giornale. Ad intervalli regolari scrivanie di mogano spezzavano la monotonia del corridoio, accogliendo i sederi di uomini più o meno giovani - e ciò che subito le saltò all'attenzione fu l'assenza quasi assoluta di donne. Ce n'erano poche e quelle presenti non sembravano lavorar lì.

Un vero peccato, pensò. Dopo l'incontro con Sylvia quella mattina e la tensione procuratale dalla Zână il giorno prima avrebbe davvero voluto concedersi qualcosa con cui distrarsi - perché tutti quei gendarmi gonfi di cibo e vino scadente, per non parlare del proprio ego, le stavano facendo venire male agli occhi. Più li guardava, più l'idea di chiudersi nell'obitorio diventava allettante. Fu un sollievo poggiare le dita sul corrimano della rampa di scale che li avrebbe portati nel seminterrato.
Katarina fece i gradini a passo svelto e nonostante non fosse necessario sollevò l'orlo della gonna per evitare d'inciamparvi. Contò ogni falcata fino a raggiungere la porta su cui svettava, incisa su una targhetta, la scritta "Morgue" e a quel punto, sentendo una sorta di formicolio alle mani, appoggiò il palmo guantato sul legno pallido. Il grigio tenue con cui l'avevano dipinta ricordava l'incarnato smunto dei cadaveri, mentre la finestrella che permetteva di sbirciare all'interno era posizionata talmente in alto da far sorgere il dubbio che avesse una qualche utilità. Nemmeno spingendosi sulle punte Miss Bahun fu in grado di vedere cosa l'attendesse.

«Sembrate una bimba fuori da una pasticceria» Suzu si fermò a pochi passi da lei, le braccia conserte e un'evidente curiosità nello sguardo. Tutta la tensione accumulata dal momento in cui erano scesi dalla carrozza sembrava essersi dissolta, lasciando posto a un divertimento che le fece storcere il naso. Il tacco dei suoi stivaletti tornò quindi a toccare terra e con una scrollata di capo gli rispose: «Sono solo bramosa di progredire con le indagini, Whiteman. Voi no?» 
L'uomo si sporse appena, provando a sbirciare a sua volta: «Sì» sibilò, «un po' meno di mettere piede lì dentro.» La sua espressione si fece cupa, gli occhi calarono sul pavimento. Katarina avrebbe quasi voluto provare le sue medesime emozioni, capire lo struggimento che dovevano provare quei due entrando in un obitorio dove dovevano trovarsi anche i corpi di quelli che erano stati loro compagni. Le sarebbe davvero piaciuto, ma l'unica cosa che riuscì a provare fu noia mista a fastidio. Forse erano stati loro amici, un tempo, ma ora erano solo cadaveri utili alla risoluzione della missione che la Santa Sede le aveva affidato.

Ed era anche per questo che odiava l'idea di far parte d'una squadra. Meglio non legare con alcun collega, ci si toglieva un sacco di problemi.

Poggiando la mano sulla maniglia e stringendovi intorno le dita, Miss Bahun si preparò a entrare: «Peccato dobbiate farlo, a meno che non vogliate riporre piena fiducia nel mio operato» lo punzecchiò dopo un sospiro. Anche se si trattava di una sciocchezza ancora non le era passata la seccatura per quanto successo a casa dell'Exilati e voleva farglielo presente, come a minacciarlo di una possibile, futura ritorsione - perché Katarina in fin dei conti non poteva negare d'avere più difetti che pregi e la permalosità era in cima alla lista; insieme a testardaggine, rifiuto per l'autorità, irriverenza, malizia e l'evidente problema con l'alcol ormai noto a tutti i suoi pochi, pochissimi conoscenti. Insomma, presto o tardi avrebbe ripagato quei due con la stessa moneta e, forse, quello era il momento opportuno.

Spinse l'anta cercando di non distogliere lo sguardo dai colleghi, ma appena il suo corpo oltrepassò la soglia dell'obitorio un miscuglio di disinfettante, sangue, cera e odori che non volle riconoscere l'aggredì con incredibile violenza. Non importava quante volte avesse ucciso e squartato creature inumane, il fetore di morte che si respirava lì dentro non sarebbe mai stato paragonabile a quello che seguiva una caccia. Persino trovarsi ricoperta di organi altrui era meglio di ciò che le sue narici stavano percependo dentro quella stanza.
Miss Bahun deglutì, cercando di ricacciare nello stomaco il conato che per un istante aveva provato a minacciarla. 

Nessuna sala autoptica sarebbe mai stata meglio del campo di battaglia e a pensarlo probabilmente non fu la sola. Quando Lord Terry le si affiancò Katarina notò con un certo sollievo che anche sul suo viso si poteva scorgere dello schifo.
«Mi auguro che siate un'osservatrice attenta quanto una lesta raccoglitrice d'informazioni, Miss, perché se le mie narici non dovessero abituarsi in fretta sarò costretto a chiedervi una pausa» come se della sua presenza le importasse qualcosa.
Di risposta la donna avanzò ancora, adesso imperturbabile, fino a ritrovarsi quasi al centro di una saletta circolare dove tavoli per autopsie, e annesso qualche cadavere nascosto sotto spessi teli bianchi, se ne stavano incustoditi. Grosse lampade pendevano dal soffitto e seguendone i cavi Katarina notò un sistema di carrucole per abbassarle o alzarle a seconda della necessità. Il soffitto doveva stagliarsi almeno un paio di metri sopra le loro teste, incurvandosi come una mezza cupola su pareti ornate, di tanto in tanto, da colonne intagliate nella pietra al pari di altorilievi e nella luce tra una e quella successiva, sportelli numerati il cui utilizzo fu fin troppo chiaro occupavano tutto lo spazio: loculi. Quel luogo sembrava essere il risultato dell'unione tra un mausoleo asettico e il laboratorio di uno scienziato vicino alla demenza, ma ciò che più di tutto la infastidì fu il pallore alienante; persino il pavimento a scacchiera alternava piastrelle bianche ad altre di un grigio slavato.
Con cautela, sentendosi terribilmente fuori luogo, Miss Bahun si avvicinò alle barelle di ferro. Non sfiorò nulla per paura che qualcosa le si potesse appiccicare ai guanti o ai polpastrelli dell'indice e del medio, nudi. Non temeva il sangue di qualcun altro, men che meno i prodotti con cui i medici legali trattavano quei corpi, ma piuttosto la sensazione di disagio che un posto così curato le metteva addosso.

D'un tratto, il rumore di passettini concitati e scarpe di cuoio rigido rimbombarono ovunque, seguiti da una sorta di litania piena di lamentele.
Svelta si volse nella direzione da cui le parve provenire la voce e, con stupore, un'apertura in una delle pareti alle sue spalle fece entrare in scena un ometto basso, con la testa calva e i rimasugli di una folta chioma tutt'intorno alle orecchie, simile a una corona d'alloro. Persino a quella distanza e piegato in avanti per togliersi una macchia dal grembiule grigiastro fu chiaro che non dovesse essere più alto della spalla di Katarina.
Mentre questi si faceva avanti forse ignaro della loro presenza lì, Suzu piegò leggermente il capo, afferrò la tesa del cappello e salutò.
«Dottor Haymitch Fairwheel, buongiorno» il vecchio sussultò, sgranando gli occhietti di un insolito colore dietro alle spesse lenti e, alzando lo sguardo, alcuni dettagli catturarono l'attenzione della vânător che d'improvviso s'irrigidì. Fece un passo indietro, mettendo distanza.
«Mister Whiteman, Santa Luce!» La litania si interruppe e la mano con cui fino a qualche istante prima si teneva il grembiule si poggiò sul cuore per essere certo che non gli cascasse fuori dal petto - ma Katarina, ad essere onesta, lo avrebbe gradito. «Cosa ci fate qui?»
«Vi avevo preannunciato una visita, o sbaglio? Quindi eccomi qui» un sorriso amichevole  gli tese le labbra: «Vi ricordate il mio partner, Lord Terry?»
Il medico legale annuì prima di chinare il capo: «Come dimenticare un simile ragazzone! Buon salve, mio Lord» sotto ai baffi, forse persino più folti di quelli di Julius, si allargò una mezzaluna di un bianco sporco, lattiginoso, tutt'altro che piacevole alla vista. «E lasciate che vi presenti la nostra collega arrivata giusto qualche giorno fa da Roma per aiutarci» a quel punto il braccio di Suzu si tese verso la donna, il palmo aperto e le dita rilassate in un gesto di totale innocenza: «Miss Katarina Arànka Bahun» l'annunciò, ma fu ovvio che lo stomaco del vecchio udendo quel nome si strinse su se stesso come un serpente marino. Il sangue gli defluì dal viso mettendo in evidenza le punte verdastre dei baffi. Come avrebbe potuto non impaurirsi di fronte a lei? Dopotutto Emil Bahun era conosciuto come lo Sterminatore Slavo, cacciatore di mostri di ogni sorta - e quel tipo con i suoi occhi rossi dava proprio l'impressione di essere in parte vodyanoy.


 

Vodyanoy (Vodnik - ver. boema leggermente differente): è uno spirito dell'acqua appartenente al folklore slavo. Essenzialmente è una creatura maligna e vendicativa che tende ad annegare le persone (un po' come le sirene). Ha le sembianze di un vecchio dalla barba verdastra e i capelli lunghi, con il corpo ricoperto di squame scure, alghe e fango. Al posto delle mani ha due zampe palmate e il corpo termina in una coda di pesce. Un'altra loro caratteristica sono gli occhi rossi come tizzoni ardenti. Per il suo aspetto è chiamato anche "nonno" o "avo".
 

   
 
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