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Autore: elenabastet    21/12/2022    5 recensioni
Una storia nata per festeggiare il compleanno di Oscar, che narra un suo compleanno che non ha vissuto, per un momento perso nella storia da recuperare
Genere: Angst, Drammatico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CUORE DI GHIACCIO

 

Titolo: Cuore di ghiaccio.

Fandom: Lady Oscar.

Note: storia nata per celebrare il compleanno di Oscar il 25 dicembre, toni malinconici, qualche parolaccia ma ci sta nel contesto.

 

Tra due giorni sarà il Santo Natale, ma guai a dirlo, nel girone dell’Inferno in cui mi trovo. Guai anche a parlare di Inferno, qui ormai comanda la Dea Ragione, e che esprime dubbi rischia grosso.

Del resto, non avevo scelta, con due fratelli e due sorelle più piccoli a cui badare, e quando mi hanno proposto di diventare uno dei carcerieri della Conciergerie, l’anticamera del patibolo, ho accettato per bisogno. Ma quello che sto vedendo qui è straziante e orribile, e bisogna stare anche attenti a non impietosirsi troppo, perché si finisce nei guai, come è successo a quei due poveretti che si occupavano dell’Austriaca (no, non ci attacco epiteti) insieme alla moglie del giornalista Chatelet, Rosalie o come si chiama.

“Ehi, pivello!”, mi urla dietro uno dei miei superiori. Io sarei Marcel, ma ormai ho fatto il callo a questi atteggiamenti, perché ho bisogno della paga e non voglio guai.

“Sì...”

“Porta il rancio a quel vecchiaccio di merda che sta in fondo al corridoio, quello che voleva salvare la cagna austriaca! Finché campa siamo costretti a sfamarlo, dovevano processarlo e farlo fuori, non capisco perché continui a starci tra i coglioni e monsieur Sanson non venga a prenderselo!” E vai di risata con gesti osceni.

Ricordo ancora con affetto i miei amati nonni, che ci crebbero tutti dopo la morte dei nostri genitori, e pensare che qualcuno possa parlare in questo modo di una persona anziana, anche se è un nobile, mi disgusta. Ma trangugio.

Ho sentito raccontare qualcosa di quello che è capitato alcuni mesi fa, quest’estate, dopo l’arrivo della cittadina Capeto, riguardo a quel tentativo di farla scappare in cui era implicato il suo amante svedese, il cavaliere di Rougeville e forse anche la moglie del giornalista. Ma a me non interessa, non voglio guai, allora non ero ancora qui.

Quell’uomo che è stato apostrofato in maniera così cattiva sta in una cella da solo, apro la porta e porto dentro il rancio, se è un aristocratico senz’altro era abituato ad altri cibi, ma qui non ci sono alternative. Tutto questo odio mi spaventa comunque, ogni giorno di più.

Entro e vedo un uomo anziano, alto, girato verso la finestra, da dove entra freddo, perché ha iniziato a nevicare. Anzi, è un po’ che lo fa, sarà un problema fare quei quattro isolati fino all’Isle Saint Louis e alla soffitta dove vivo con i miei fratelli e sorelle.

Ma lui sembra indifferente al freddo, e mi rendo conto di quanto è marziale il suo portamento, questo è stato un soldato, diverso da certi soldati che vedo intorno a me.

“Grazie, figliolo”, mi dice con gentilezza, ma con un tono deciso, abituato a dare ordini. Di solito trovo lacrime, insulti o indifferenza, c’è stata anche una giovane nobile che voleva sedurmi per rimanere incinta e evitare il patibolo, e lì è stato il momento più imbarazzante del periodo passato qui in questo Inferno.

Annuisco e mi allontano ma l’uomo fa un gesto verso di me, pacato ma deciso, come se volesse darmi un ordine.

“Posso chiedervi un favore? Mi potreste portare due candele in più? Servono per farle gli auguri...”

Vorrei dirgli delle difficoltà che ci sono a reperire candele, ma vedo tanto dolore nei suoi occhi e non me la sento. Dolore, ma è come se le sue lacrime fossero ghiacciate nel suo cuore e non riescano ad uscire.

“Sapete, per me posso usare anche dei mocciconi, ma per ricordarla insieme al suo lui voglio che sia tutto perfetto. Se sarò ancora qui, si intende e se non verranno a porre fine al mio dolore”.

“Va bene”, dico io. Se lo sono dimenticato qui, ogni giorno chiamano gente da portare davanti ai giudici, che vuol dire andare a morire, tra urla e pianti, e lui, che è stanco della sua vita deve continuare ad andare avanti.

“Mi piacerebbe anche non ricordarla da solo, se poteste stare con me la notte di Natale, o come adesso quelli come voi lo chiamano...”

Già, sono di guardia, del resto non si festeggia più, tanto meno si va alla Messa di mezzanotte, che era così bella, ma guai a dirlo, si rischia la testa.

Annuisco, del resto se è così pericoloso bisognerà tenerlo d’occhio, vero? Lui mi guarda e annuisce, imperturbabile. A chi fa ancora paura quest’uomo con il cuore spezzato, e credo non solo per la morte della cittadina Capeto? Forse temono la dignità che ha ancora, la sua compostezza, il suo dolore che gli fa vedere la vita in maniera diversa. Deve aver sofferto molto.

E così, la notte di Natale entro nella sua cella, con qualcosa mangiare che ho tirato su e le due famose candele, con l’acciarino per accenderle.

“Oh, grazie… Sedetevi, sarà una lunga notte, e forse è l’ultimo compleanno suo che passo in questo mondo. L’Inferno sarà un posto migliore per chi è sopravvissuto alla propria figlia dopo quello di cui mi sono macchiato...”

I nonni piansero per tutta la vita due loro figli, miei zii in pratica, che non erano arrivati ad essere adulti, oltre a mio padre, e posso capire forse il dolore di cui parla.

“Sapete, era la notte di Natale di quanti… trentotto anni fa, già, e non faceva freddo come oggi, infatti pioveva e non nevicava… ma io non festeggiavo la nascita di Nostro Signore, a cui non credo ormai più, e non certo perché condivido le idee di voi rivoltosi. Io aspettavo finalmente un erede maschio dopo cinque figlie...”

Chissà, saranno morte anche le cinque figlie? E lui mi risponde.

“Non so dove siano finite le mie prime cinque figlie, spero siano in salvo, forse Oltremanica o in Italia o chissà dove, non ho più loro notizie dopo la morte della mia amata moglie, due anni e mezzo fa...”

“Comunque, io volevo un erede maschio, ma mi nacque una sesta figlia, e allora decisi di sfidare il destino, il cielo e il regno e le diedi un nome da maschio, Oscar, per destinarla ad una carriera militare...”

Un momento, c’è qualcosa di familiare in questa vicenda, ma non so cosa. Resto ad ascoltare.

“E la crebbi come un ragazzo, trasformandola in qualcosa di incredibile e mai visto prima, perché era bella, fiera, coraggiosa, spavalda, aveva tutte le virtù di noi uomini senza avere i nostri vizi, e anche le virtù delle donne senza i difetti… Ma mi teneva testa e mi sfidava, e io la punivo, ero duro con lei, e oggi vorrei solo stringerla a me e chiederle perdono”.

Io lo lascio sfogare, perché è Natale, perché i miei nonni mi dicevano che bisogna essere più buoni e perché mi interessa quello che sta raccontando.

“Le misi accanto come compagno d’armi il figlio della mia governante, André Grandier”.

Oh, un altro nome che mi è familiare. Ma dove l’ho già sentito?

“E in quel momento diventarono un’unica cosa e nacque tra di loro qualcosa di speciale. Erano luce e ombra, un cuore diviso in due, due anime gemelle. L’unica cosa buona che ho fatto per lei è stato darle André, spero che le abbia dato tutto l’affetto e l’amore di cui aveva bisogno, quello che io le ho negato, è stato tutto per lei, amico, fratello, compagno d’armi, confidente e amore eterno... Comunque, mia figlia diventò la guardia personale di quella che voi chiamate in quei modi orribili, la nostra regina Maria Antonietta, che servì per anni con onore e dedizione. Ma la mia Oscar era come i cavalieri delle antiche leggende, voleva portare giustizia nel mondo, e non si girava dall’altra parte se qualcuno aveva bisogno e anche per questo la punii… arrivai quasi ad ucciderla una volta...”

Inorridisco e lui se ne accorge.

“Anche per questo finirò all’Inferno… ma lei era tutt’uno con il suo André, e si unì al popolo in rivolta per la libertà, tradendo il suo lignaggio. Lei voleva costruire un mondo migliore in cui vivere con il suo amore... Mi lasciò un suo ritratto e scappò via, cadendo sul campo di battaglia come il soldato che io non ero mai stato insieme ad André… E il mio cuore è diventato di ghiaccio da quel giorno, sapete, io non sono vivo, sono morto con lei….”

No, ma io conosco questa storia! Chiedo:

“Ma state mica parlando del comandante dei Soldati della Guardia che ha partecipato all’assedio della Bastiglia...”

“Certo, vedo che è famosa, capita a tutti gli eroi. Io sono già un’ombra, un’ombra con un cuore di ghiaccio e che non merita niente. Cercai di far evadere la nostra sovrana perché mia figlia non avrebbe mai permesso un simile odio e ora sono qui che aspetto di andare all’Inferno, perché non sono degno di stare in paradiso con due eroi come Oscar e André...”

“No, non dite così, avete sofferto tanto, vostra figlia vi avrà perdonato...”

“No, non l’ha fatto, le ultime parole che le urlai dietro di fronte al suo ritratto è che non l’avrei mai perdonata dopo il messaggio che mi aveva lasciato, e comunque non mi ha certo perdonato André, la sua anima gemella… io sono destinato a vagare con dentro il mio cuore gelato per sempre… sono già morto...”

Guardo le due candele accese e dico:

“Vi ringrazio per avermi raccontato questa storia, vostra figlia è qui con noi, vive nei nostri cuori e ci sarà per sempre...”

“Ricordatevi di lei, Oscar non avrebbe voluto tutto questo orrore… madamigella!”

Oddio, come ha fatto ad accorgersene, mi travesto bene, al massimo qualche guardia mi chiama frocetto ma ci ho fatto il callo. Lui invece ha notato subito che io in realtà sono Margot e non Marcel.

“Perdonatemi, ma faccio questo per poter dare da mangiare ai miei fratelli e sorelle, non traditemi!”

“No, mai. Mi ricordate lei, la mia Oscar, conservate la sua storia nel vostro cuore… vi auguro solo di avere maggiore fortuna...”

Quest’uomo duro, senz’altro spietato, annichilito dal dolore, alza una mano sul mio volto e mi accarezza.

“Non ho mai fatto questo a mia figlia, sapete...” e dai suoi occhi sgorgano lacrime. Il suo cuore di ghiaccio si è spezzato, in questo solstizio d’inverno, in questo santo Natale, in questo compleanno di una figlia perduta.

“Grazie di avermi ascoltato, abbiate cura di voi e siate felice...”

 

L’indomani mattina lo trovammo addormentato per sempre e in pace, ancora con gli occhi bagnati di lacrime, con un sorriso sereno sulle labbra. Mi piace pensare che non sia finito all’Inferno, che sia andato con Oscar e André da qualche parte, a festeggiare il compleanno di lei e tutti gli altri compleanni infiniti degli anni che verranno, anche quando non ci sarò più io a ricordarla.

 

Oggi, di nuovo Natale, ho raccontato questa storia ai miei figli, tanti anni dopo quei fatti, la storia di un Natale insolito, di un cuore di ghiaccio sciolto dall’amore, di una fiaba del solstizio, di una leggenda eterna. E so che sono tutti e tre insieme a festeggiare, da qualche parte, per l’eternità.

 

  
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