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Autore: drisinil    22/12/2022    7 recensioni
Non capita spesso di incontrare l'Estate sul treno metropolitano per Sendai. Quando succede, è difficile restare indifferenti.
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Questa OS nasce per la challenge "Four Ships" del gruppo FB "Non solo Sherlock".
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Natsu Hinata, Takanobu Aone
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Estate

La prima volta che l’ha vista era la fine della stagione dei sakura. Nel buio del vagone hanno iniziato a piovere petali rosa e l'Estate è entrata dalle porte scorrevoli, almeno due mesi prima del tempo giusto.
Non l’aveva mai vista di persona, l'Estate, ma ha scoperto che è proprio come l’aveva sempre immaginata, con il sole negli occhi e l’aria pulita tutt’intorno. E quei capelli, esattamente quei capelli.
E’ poco più che una bambina in uniforme scolastica, con lo zaino e un borsone a tracolla. Si muove leggera, come se fosse fatta dei venti più dolci. Sul conto di lei, non c’è nemmeno uno dei suoi pensieri che non sia puro. E’ impossibile concupire l'Estate, si può solo farsi intiepidire il cuore.
 
***
 
La prima volta che si è seduta accanto a lui erano sbocciate le rose bianche in giardino. Non è un vero giardino, ma una striscia di terreno incolto sotto il condominio, che apparteneva a tutti, quindi non era di nessuno. Lui ci ha messo a dimora una talea lo scorso autunno e l’ha curata. I primi boccioli si sono schiusi stamattina e, mentre ci pensava, l'Estate è entrata alla solita fermata ed è andata a sedersi proprio lì, nel sedile che resta sempre vuoto.
E’ solo colpa sua se nessuno si fida a sederglisi di fianco: è la sua espressione, la fronte sempre aggrottata, le labbra tese e il collo robusto su quelle spalle enormi. Ma sono le sue spalle, è la sua faccia e se quello che prova non ci si riflette quasi mai, lui non sa perché.
Lei invece si è seduta proprio lì, senza nemmeno pensarci: l'Estate gli è arrivata addosso senza preavviso, con un profumo intenso di agrumi, da respirare fino in fondo ai polmoni. Ha cercato di schiacciarsi contro il finestrino, per darle tutto lo spazio possibile, ma ha scoperto che lei, tanto è piccola e sottile, entra benissimo in quel sedile. E inizia a occuparlo ogni giorno.
 
***
 
La prima volta che gli ha rivolto la parola frinivano le cicale e lei indossava la tuta da ginnastica e il sole di agosto.
“Me lo terresti due minuti per favore?” ha detto, porgendogli la cinghia del borsone della palestra. Lui aveva gli occhi sgranati e le fauci secche, perché non se l’aspettava neppure in un milione di anni, che gli parlasse. Ha afferrato il borsone, invece di rispondere, e lei ha sorriso.
“Grazie” ha detto. “Devo assolutamente finire i compiti d’inglese.” E si è messa a testa bassa a scrivere su un quaderno, con una grafia ampia e disordinata, mordicchiando il tappo della biro. Da allora, il borsone glielo tiene sempre lui, che abbia o meno compiti da fare. Glielo rende appena fuori dal vagone, con un mezzo inchino. Guadagna ogni volta un sorriso un po’ diverso e se li mette tutti da parte, in un posto sicuro e privato, dove può andare a contemplarli quando gli sembra che il mondo sia un po’ troppo grigio. Una riserva personale di giornate estive sottopelle.
Ognuno di quei sorrisi è un segreto.
 
***
 
La prima volta che sono usciti insieme è stato di sabato. Un freddo sabato di novembre, quasi due anni dopo il loro primo incontro.
“Domani mi accompagni a comprare le scarpe da pallavolo?” gli ha chiesto lei di venerdì, durante il viaggio di ritorno. Il treno sferragliava assordante, contro il brusio del passeggeri, ma le parole gli sono gocciolate addosso come un residuo di pioggia estiva dalle foglie, gocce rotonde e nitide che sfrigolano sulle superfici esposte del cuore.
L’ha guardata sconvolto, perché non aveva alcun senso quella domanda. La stava rivolgendo alla persona sbagliata. “Io?”
Lei ha annuito, curvando le labbra: un altro segreto.
“Domani lavoro” le ha risposto. La voce gli è uscita dalla gola con una specie di grugnito, diviso a metà fra sollievo e angoscia, mentre ingoiava groppi di saliva. Si è sentito stupido e tragicamente inadatto anche solo a respirare la sua stessa aria.
“Di sabato non fai mezza giornata? Io domattina ho un’amichevole. Ci vediamo a mezzogiorno davanti alla stazione, tanto il negozio dove voglio andare è giusto lì dietro.”
Parla come chi ha già deciso. E come faccia a conoscere i suoi orari neanche vale la pena scoprirlo. Del resto, l'Estate sa i misteri del mondo e possiede la saggezza degli dei.
Non ha neanche accettato, eppure si trova il giorno dopo ad aspettarla con crescente fibrillazione, la pelle che pizzica, il respiro affaticato, perché l’Estate può anche essere soffocante. Teme il suo arrivo e insieme lo desidera, come sulla soglia di una grande impresa o di un cambiamento drastico.
Trattiene il respiro da ieri, ha il cuore ridotto a un vespaio.
Comprano le scarpe da ginnastica in un negozio affollato. Sono bianche. Lui resta in apnea e galleggia su una superficie instabile, fatta di pensieri non pensati e parole impronunciabili che affiorano in un mare di disagio, più un’emozione tanto potente e profonda da chiudergli lo stomaco per sempre.
Le offre una cioccolata calda e in cambio beve i suoi sguardi, i movimenti delle sue mani, il mutare delle sue espressioni sempre meno infantili, mentre gli racconta di sé. Tutto il mondo riflette la sua luce e quei momenti diventano nostalgia già mentre accadono. Lui è capace di riconoscerlo, un miracolo.
Il sole estivo brucia la retina anche a novembre, se uno chiude gli occhi, può vederlo lo stesso.
 
***
 
La prima volta che si sono baciati è stato lui a farlo, il giorno dei diplomi.
Lo aspettava vicino al cancello di scuola, con un sorriso ansioso e la coccarda appuntata alla giacca della divisa. Anche lui ha indossato una giacca, era dai tempi del liceo che non ne metteva una e si sente strano, paludato in quella stoffa rigida.
Intorno il solito mare di estranei, senza nome e senza espressione e lei immobile, fra i petali rosa, con la gonna mossa dal vento e quei capelli - quei capelli - come un tramonto in pieno giorno.
Si è chiesto cosa ci facesse lui lì, in mezzo a genitori, fratelli e fidanzati. La sua presenza è un errore e tuttavia rimane a guardarla abbacinato. E’ come camminare scalzi su un recinto elettrificato, una scossa dopo l’altra, sempre più emozionato, sempre meno saldo nei suoi contorni. Si accorge che quel corpo alto e grosso in cui si ritrova è un falso perimetro e la sua anima vive strizzata in un confine molto più angusto, che quella ragazza energica e sottile sta demolendo e ricostruendo con la sola forza della sua volontà e il fuoco dell'enorme forgia che le brucia dentro.
Lo trascina come una corrente, come un fiume ingrossato dal disgelo. L’Estate sa essere violenta: fa schiudere, debordare, maturare, gonfiare. E brucia, soffoca, uccide. Passa con la sua vampa e cambia tutto.
“Grazie di essere venuto” gli dice, quando la raggiunge.
Le risponde chissà cosa, senza sapere dove guardare. Lei gli accarezza la guancia. Ogni tanto lo fa e per il terrore che smetta, si rade quasi a sangue.
Un po’ si è abituato alle sue mani, ma ancora trema quando gli sfiora il collo con la fronte, e non ci crede. La sogna quasi tutte le notti e poi al mattino finge di non ricordarsene, mentre la lavatrice a gettoni gira. Certe volte, come adesso, non è neppure sicuro di essere sveglio.
La cerimonia inizia, lui è seduto in ultima fila, terrorizzato che il fratello di lei si volti e lo riconosca. E poi voglia ucciderlo, ne avrebbe il diritto.
Non succede. Se ne vanno quasi tutti, restano loro.
Gli chiede di accompagnarla per un tratto, fino alla macchina di Shoyou. Gli chiede se vuole salutarlo. Lui dice di sì, ma sta mentendo. Il fatto che non l’abbia già ucciso non significa che non lo farà e forse, data la situazione, gli converrebbe un onorevole seppuku.
Camminano piano, le loro spalle si sfiorano.
“Takanobu-kun.”
Lui si ferma, il nome completo non lo usa mai.
“Credo di essere innamorata di te” dice. Non lo dice, glielo sospira addosso, facendo piazza pulita in un attimo di tre anni di stoica resistenza.
Lui si china e la bacia, mentre sei quintali di obiezioni ragionevoli e paure tutt’altro che ingiustificate scivolano a terra. La bacia sul serio, come si bacia una donna. Lei tenta di sorridere mentre viene baciata e quando lui smette batte le palpebre, sorpresa e deliziata. Poi gli afferra la giacca, si solleva in punta di piedi e pretende un altro bacio.
Anche lui è sorpreso, perché questa cosa non la doveva fare, e mentre la bacia di nuovo, un milione di farfalle gli volano nello stomaco. Sta baciando l’Estate, nessuno potrebbe uscirne sano di mente.
Riprendono a camminare: una mano piccola e fresca sguscia nel suo palmo enorme ed è come una perla in un’ostrica, qualcosa di prezioso custodito da un guscio inutile e sporco. Ora lui sa perché le ostriche muoiono quando si toglie la perla.
 
***
 
La prima volta che hanno fatto l’amore, lui non voleva.
Non si può concupire l'Estate, anche se è cresciuta e ormai veste sembianze di donna, piena di curve disegnate a matita. Una cosa è baciarla, un’altra profanare il suo corpo, violarne l’integrità, toglierle qualcosa che non potrà mai più riavere.
Lui non voleva, non avrebbe mai osato. Ma lei aspettava da due anni di compierne venti, sapendo che, prima, non l’avrebbe mai convinto. Si è presentata a casa sua la sera stessa del compleanno, con la violenza di un temporale, e quelle quattro pareti già anguste sono diventate all’improvviso ancora più strette, riempite fino all’orlo da una determinazione torbida e feroce; una meravigliosa, terrificante eccitazione che lo artiglia al collo e gli mozza il respiro.
Chiude gli occhi e pensa che, se morisse adesso, sarebbe un’ottima morte.
Non muore. E’ ancora eccitato. Le dita di lei giocano con petali di ciclamino appena schiusi in un piccolo vaso; li tiene lì perché hanno la tessa tonalità soffice della sua pelle. Quando la sfiora, anche lei si schiude e gli fiorisce fra le dita; non fa che fiorire, allargarsi, risplendere, colorarsi.
Quando le sue mani impazienti gli percorrono la schiena, sente sgorgare dalle vertebre e dai muscoli tesi un bisogno di lei completamente nuovo, struggente e disperato.
“Curami, Taka-chan” gli sussurra, fra un bacio umido e l’altro. Non una cosa che ci si aspetti di sentire da una ragazza mentre si spoglia e ti spoglia, eppure, è la cosa più esattamente giusta che potesse dirgli.
Perché questo - prendersi cura con tenerezza delle cose vive - lui lo sa fare. Non c’è nulla al mondo che gli riesca meglio, anche se nessuno lo sa. Tranne lei.
Forse solo così si può amare l'Estate, dimenticando il tempo, assaggiandola a piccoli sorsi, tracciando una mappa di ciò che in lei è più fragile e non si vede con gli occhi e quindi va amato di più e meglio.
Dentro quel corpo esile ardono verità immense e sfuggenti, che lui può a stento accarezzare, appena quel che basta per desiderarle all’infinito. La ama a oltranza, fra le cortine dei suoi capelli sciolti, incandescenti sulle lenzuola bianche.
Quella notte il cuore di lui sanguina molto più del corpo di lei, ed è giusto così.
E’ perfetto.

 
E non durerà.


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