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Autore: pampa98    24/12/2022    2 recensioni
[Questa storia partecipa al “Torneo Tremaghi - Multifandom Edition” indetto sul gruppo Facebook L’angolo di Madama Rosmerta]
Il Torneo Tremaghi torna a Hogwarts e per l'occasione tre valorosi studenti – Aegon Targaryen, Jacaerys Velaryon e Joffrey Lonmouth – dovranno formare una squadra per tenere alto il nome della loro scuola.
~ Aegon/Jace, Joffrey/Laenor, Aemond/Luke. ~
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aegon II Targaryen, Altri, Jacaerys Velaryon, Joffrey Lonmouth
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4

Il Ballo del Ceppo – Parte 1




 

Joffrey abbottonò l’ultimo bottone della giacca a ricami blu e oro, specchiandosi soddisfatto della sua eleganza. Solitamente indossava abiti casual a Hogwarts, soprattutto da quando Laenor si era diplomato, ed era stata una vera fortuna che il suo ragazzo fosse riuscito a spedirgli quell’abito in tempo per la serata. 

La porta si aprì, ma Joffrey non prestò attenzione al nuovo arrivato: era uno dei pochi fortunati ad avere una camera singola e l’unico Serpeverde che si presentasse lì senza un briciolo di educazione era il suo caro compagno di squadra.

«Hai bisogno di qualche consiglio di moda, Targaryen?» gli chiese, pettinandosi indietro i capelli per liberare la fronte. 

Quando Aegon gli passò alle spalle, nel riflesso Joffrey notò che era già vestito con un completo simile al suo, anche se più sobrio e completamente verde. Fischiò, voltandosi per osservare la figura reale. 

«Però! Ti ho sempre trovato carino, amico mio, ma stasera sei stupendo. Vuoi fare colpo su un certo Grifondoro, per caso?»

«Stanotte farò colpo solo sulla morte» borbottò Aegon, tirando la stoffa sul cavallo dei pantaloni. «Mia madre ha trovato un modo molto originale per uccidermi, devo riconoscerlo.»

«Io trovo che ti stia bene. Mette in risalto il tuo fisico.»

«E mi blocca la circolazione del sangue!» Aegon aggrottò le sopracciglia, annusando l’aria intorno a sé. «Cos’è questo odore dolciastro?»

Joffrey sorrise, riempiendosi i polmoni dell’aroma circostante. «Ylang-ylang. Me lo ha regalato Laenor per il compleanno, che per inciso è stato la settimana scorsa.»

Aegon si tappò il naso. «È dolce da far schifo.»

«A me piace. E visto che questa è camera mia, la tua opinione mi è indifferente.» 

Si diede un’ultima occhiata allo specchio, sorridendo soddisfatto: non avrebbe dovuto fare colpo su nessuno quella sera, ma quello non era certo un motivo per apparire sciatto e insignificante. Si voltò e raggiunse il comodino, aprì il primo cassetto e ne estrasse la sua bacchetta, che ripose con cura nella tasca interna della sua giacca.

«Allora, posso sapere a cosa devo il piacere della tua visita?» chiese, voltandosi verso Aegon che stava ancora cercando di allontanare il profumo di Ylang-ylang dal suo naso.

«A niente» disse. «Ho commentato l’eccesso di zelo che Aemond ha messo nel prepararsi e lui ha cercato di Cruciarmi

Joffrey rise. «Normale amministrazione in casa Targaryen. Quindi andrà al ballo con qualcuno?»

«Sì, con nostra sorella.»

Joffrey storse le labbra. «Oh, be’... So che avete una lunga tradizione di matrimoni tra consanguinei in famiglia, perciò…»

Aegon sgranò gli occhi. «Ma che cazzo hai capito? Non si piacciono in quel senso. O almeno credo. Spero.» Scosse la testa, come se volesse dimenticare che quel sospetto si fosse mai fatto largo nella sua mente. «Non so nemmeno se ad Aemond piacciono le ragazze. O se è in grado di provare attrazione sessuale verso qualcuno.»

«Magari lo scoprirai stasera» disse Joffrey, facendogli l’occhiolino. Si avvicinò a lui, passandogli un braccio intorno alle spalle. «Sai, ho sentito dire che il Ballo del Ceppo è un evento molto romantico: neve, ghirlande di vischio, musica lenta che ti permette di volteggiare tra le braccia del tuo amato. È il luogo perfetto per aprire il proprio cuore, non trovi?»

Aegon scoppiò a ridere. «Stai cercando di dire che Aemond – quell’Aemond – si sta preparando a trascorrere una serata… romantica?» 

«Perché no? Tutti meritano un po’ d’amore nella loro vita, non trovi?» Aegon provò a rispondergli, ma era ancora a corto di fiato per la risata e Joffrey ne approfittò per lanciare il suo attacco. «Tu, per esempio. E anche Jace. Potrebbe essere la serata giusta per riportare l’amore nelle vostre vite.»

La risata di Aegon scemò all’istante. Si ricompose e fece un passo di lato, allontanandosi dal suo tocco. 

«Io sto bene così. E anche Jace.»

«Davvero? Allora sarà per questo che va al ballo con Sara Snow.»

Dovette nascondere il suo sorriso soddisfatto davanti all’espressione sconvolta del ragazzo. Joffrey non sapeva chi avesse invitato chi, né se Jace era intenzionato a far ingelosire Aegon quella sera – conoscendolo, probabilmente no, o almeno non lo avrebbe fatto di proposito – ma presentarsi con la ragazza che, com’era noto a tutti, aveva una cotta per lui da sempre era stata sicuramente una mossa audace. 

«Oh» disse Aegon, dopo un lungo momento di silenzio. «Buon per lui.» Fece spallucce, ma Joffrey notò che stava evitando il suo sguardo. Davvero non riusciva a capire perché si ostinasse a fingere che non gli importasse nulla di Jace, quando era evidente che viveva per lui. 

Inspirò a pieni polmoni il profumo attorno a sé per calmarsi ed evitare di concretizzare le minacce di Aemond. 

«D’accordo. Senti, io devo andare alla Torre di Corvonero a prendere la mia dama, quindi ci rivediamo direttamente al ballo. La tua accompagnatrice chi è?»

«Nessuna.»

Joffrey sbatté le palpebre. «Non… Vieni da solo?» 

Lui annuì.

«E come pensi di danzare? Con una partner immaginaria?»

«Non penso di danzare. Penso che me ne starò seduto a bere finché non troverò una bella ragazza con cui divertirmi un po’ e poi me ne andrò a dormire.»

Joffrey sospirò. «Aegon… Sai che dobbiamo aprire le danze, vero?»

Quella volta fu lui a sbattere le palpebre. «In che senso?»

«Il primo ballo è riservato ai campioni delle tre scuole ed è obbligatorio, naturalmente. Mi sa che ti conviene trovarla adesso una “bella ragazza con cui divertirti”» disse, facendogli il verso. «A meno che tu non voglia renderti ridicolo davanti a tutti.»

Aegon sbatté le palpebre un altro paio di volte, nel tentativo di comprendere a fondo quanto aveva appena sentito. Quando lo fece, esplose rendendo onore al suo antico lignaggio di domatore di draghi.

 

~

 

Un’ultima piroetta, inchino e un nuovo scroscio d’applausi ai compagni sulla pista da ballo. Sara allungò una mano verso di lui e Jacaerys la strinse, rivolgendole un piccolo sorriso.

«Queste scarpe mi stanno uccidendo» gli disse, e lui si sorprese che fosse riuscita a indossarle fino a quel momento. «Ti va di andare a riposare un po’?»

«Certo» rispose, cercando di non apparire troppo sollevato. Gli piaceva ballare, ma cinque canzoni di seguito erano troppe anche per lui. 

Accennarono entrambi un breve saluto in direzione di Cregan, che si stava preparando a un altro giro insieme a una delle campionesse di Durmstrang, Tyana Greyjoy – lui aveva negato, ma sia Jacaerys che Sara concordavano sul fatto che avesse una cotta per lei – e si diressero verso il loro tavolo, situato a metà stanza. Jacaerys si guardò intorno per cercare Luke, ma i suoi occhi furono catturati da una figura bionda seduta al tavolo accanto al loro. 

«Oh, ti spiace se saluto Helaena?» gli chiese Sara, iniziando a tirarlo verso di lei senza aspettare la sua risposta.

Quando la ragazza li vide, rivolse loro un caldo sorriso. 

«Ciao, Sara. Ciao, cugino. Danzate molto bene.»

«Grazie» rispose lei, mentre Jacaerys si limitò ad annuire. Aegon era seduto accanto alla sorella e si stava dondolando sulla sedia, fissando il soffitto. Sembrava più insofferente del solito, ma Jacaerys non ne era sorpreso: sapeva che lui odiava le feste, soprattutto se, come in quel caso, non c’era una goccia di vino che gli permettesse di alleviare la noia. 

«Jace è un ottimo cavaliere» continuò Sara, guardandolo con un sorriso che lo fece arrossire. 

«Impeccabile» commentò Aegon. «Peccato che sia un legno a ballare.»

«Senti da che pulpito» ribatté lui, infastidito.

«Tu sei stato pessimo stasera» disse Helaena, ricordandogli ancora una volta perché fosse la sua cugina preferita. «Sarei dovuta rimanere con Aemond.»

«Allora vattene con lui, tanto non mi servi più. E comunque è colpa di nostra madre se non posso muovermi!»

«In effetti, quell’abito sembra piuttosto attillato. Tu che ne pensi, Jace?» disse Sara.

Lui fece spallucce, guardando ovunque meno che verso Aegon. Aveva rischiato un mancamento quando lo aveva visto arrivare, con i boccoli biondi che gli ricadevano morbidi sulle spalle e la giacca verde che modellava alla perfezione il suo fisico – quel fisico che Jacaerys non aveva mai dimenticato e che faceva spesso capolino nei suoi sogni. Probabilmente sarebbe rimasto a fissarlo imbambolato per tutta la sera se Luke non lo avesse raggiunto, iniziando a lamentarsi per qualcosa riguardante loro fratello che lui aveva ascoltato solo in parte. 

«Ametista e zaffiro si uniranno, rinsaldando il legame strappato e mai annientato» mormorò Helaena, attirando l’attenzione su di lei e salvando Jace dal dover rispondere a quella domanda scomoda. «Lacerazioni di carne, lacerazioni di ossa. Non tutto il male viene per nuocere.»

«Balliamo?» chiese poi a Sara, dopo una breve pausa. 

La ragazza sbatté le palpebre. «Oh. Ehm, sì, certo.»

Si presero per mano e tornarono in pista. Jacaerys ricordò solo in quel momento che Sara aveva detto di volersi riposare, ma le misteriose parole di Helaena glielo avevano fatto dimenticare – e probabilmente avevano avuto lo stesso effetto anche sulla ragazza.

«Cosa intendeva dire, secondo te?» chiese ad Aegon.

«Chi?»

«Tua sorella. Quello che ha appena detto su ametista, zaffiro e lacerazioni varie.»

Aegon fece spallucce. «Non ne ho idea. Diciotto anni di convivenza mi hanno insegnato a spegnere il cervello quando avverto la sua voce. Dovresti imparare a farlo anche tu.»

Jacaerys sbuffò, prendendo posto accanto a lui. «Non ci penso proprio, a me interessa cosa ha da dire Helaena. È solo che a volte non riesco a capirla.»

«Solo a volte?» rise Aegon. «Comunque, è facile capirla: le sue profezie sono solo fonte di sventura, perciò probabilmente era un modo per avvertirci che la serata finirà molto male.»

Jacaerys impallidì. «Non… Non penso, insomma… È una festa sorvegliata dai professori, dalla preside» disse, puntando lo sguardo verso il tavolo degli insegnanti per assicurarsi che Rhaenys fosse ancora lì – c’era, intenta a chiacchierare con il preside di Durmstrang, suo cognato che però non aveva mai partecipato alle loro cene di famiglia. «Cosa potrebbe succedere di così brutto?»

«Oh, non saprei. Magari qualcuno che impazzisce di nuovo perché qualcun altro si è avvicinato troppo alla sua ragazza?»

Indicò verso il tavolo del buffet e Jacaerys seguì il suo sguardo, già consapevole di chi vi avrebbe trovato. Criston Cole era in piedi a osservare i ballerini – una in particolare – impettito nel suo completo argentato e con le labbra serrate in un evidente esternazione del suo livore. 

«Perché Joffrey ha invitato proprio lei?» sospirò, scuotendo la testa. In quel momento Cassandra Baratheon non stava danzando con lui, ma era il suo accompagnatore ufficiale e se Cole avesse deciso di sfogare la sua furia su qualcuno, sarebbe certamente stato il loro compagno.

«Latente desiderio suicida?» propose Aegon. «Ad ogni modo, la sua Prova l’ha già affrontata, perciò non è più un nostro problema.»

«Non mi sembra un buon motivo per lasciarlo morire!»

«Lasciar morire chi?»

Jacaerys si voltò, sorpreso di udire proprio la voce di Joffrey. Il ragazzo si fermò in mezzo a loro, posando le mani sullo schienale di entrambe le sedie. Insieme a lui c’erano i gemelli Cargyll, che rivolsero loro un educato cenno di saluto.

«Te» rispose Aegon. «Sai che invitare la Baratheon è stata una pessima idea, vero?»

Joffrey rise. «Per Crispin? Ormai è acqua passata, state tranquilli.»

«Ne sei sicuro?» chiese Jacaerys. «Perché la sua faccia sembra dire il contrario.»

«La sua faccia è un cipiglio perenne, secondo solo a quello di Stark, ma non trovo giusto giudicarlo male per questo. Piuttosto» aggiunse, puntando i suoi occhi verdi su Aegon, «anche il tuo fratellino è famoso per la sua aura minacciosa, ma a quanto pare ha trovato qualcuno abbastanza forte da poterla gestire.»

Aegon inarcò un sopracciglio. «Cioè?»

Joffrey rise, spostando lo sguardo tra loro due. Jacaerys non era interessato alla vita di Aemond Targaryen, ma il sorrisetto del suo amico lo fece preoccupare, spingendolo ad ascoltare attentamente la sua risposta.

«Aemond è in cortile a pomiciare con un ragazzo. Non un ragazzo qualsiasi, sia chiaro, bensì il nostro piccolo Strong – cioè, il medio Strong, visto che adesso ce n’è uno più giovane.»

Jacaerys sbatté le palpebre. «Io continuo a non capire.»

«Siamo in due» disse Aegon.

«I vostri fratelli, Aemond e Luke, si stanno baciando in cortile.»

Jacaerys spostò lo sguardo da Joffrey ad Aegon nello stesso istante in cui lui fece altrettanto – e un attimo dopo scoppiarono entrambi a ridere. Non aveva idea che Joffrey avesse una così fervida immaginazione, ma dovette ammettere che era divertente: l’immagine di Aemond e Luke insieme era talmente assurda da non risultargli nemmeno inquietante.

«Grazie, Lonmouth» disse Aegon, tenendosi una mano sulla pancia. «Avevo bisogno di una bella risata. Ma l’hai sentito?» aggiunse, posando una mano sulla spalla di Jacaerys. Lui annuì, continuando a ridere finché non notò lo sguardo accigliato di Joffrey e la sua totale serietà.

«Joffrey» disse, riprendendo fiato. «Stavi scherzando, vero?»

«Per niente. Li ho visti con questi miei occhi e fidatevi che ho un’ottima vista.»

Jacaerys sbatté le palpebre. «Luke e Aemond? Quei Luke e Aemond?»

«Ne conosci altri?»

«Be’, quelli che conosco io si odiano, perciò…»

«Li avrai scambiati per qualcun altro» intervenne Aegon, che a sua volta aveva smesso di ridere. «Guarda, magari davvero era Luke, ma ti assicuro che mio fratello non ha idea di cosa sia un bacio – e, come ha detto Jace, non potrebbe mai essere…»

Si bloccò, perso in pensieri che Jacaerys non riuscì a cogliere. 

«Aegon?» Gli mise una mano sul braccio, cercando il suo sguardo. «Cosa…»

Aegon scattò in piedi e corse verso l’uscita. Jacaerys spostò lo sguardo verso Joffrey, che si limitò a una scrollata di spalle.

«Capisco che scoprire che i vostri fratelli minori sono più intelligenti di voi sia uno shock, ma mi sembra una reazione esagerata.»

Jacaerys sbuffò, alzandosi a sua volta. Non sapeva che accidenti fosse preso ad Aegon, né chi Joffrey avesse scambiato per Luke e Aemond – e nemmeno dove fossero i diretti interessati in quel momento, ma quello non era importante. 

Seguì Aegon fuori dalla Sala Grande, chiedendosi se non fosse quello il disastro annunciato da Helaena.

 

~

 

I baci di Luke erano come lui: timidi, sinceri e irruenti. Le sue labbra racchiudevano il salmastro del mare e la dolcezza dei pasticcini al limone che gustava alla fine di ogni pasto. Aemond non aveva saputo di averne bisogno finché non le aveva assaporate per la prima volta, un mese prima. 

Gli strinse le braccia dietro la schiena, sollevandolo per sentirlo ancora più vicino mentre continuava a esplorare ogni anfratto della sua bocca. Luke teneva le mani dietro la sua nuca, accarezzando i suoi capelli con una presa ferrea che gli impediva di allontanarsi da lui anche solo per riprendere fiato. Ad Aemond andava bene così: gli apparteneva dal momento in cui si era preso il suo occhio e Luke era libero di reclamare tutto ciò che voleva da lui – e Aemond aveva il diritto di fare altrettanto.

Luke sfiorò con le dita il laccio che reggeva la sua benda, facendolo irrigidire. Gli morse giocosamente il labbro inferiore, prima di allontanare la sua bocca, permettendo a entrambi di riprendere fiato. 

«Posso… Posso vedere com’è?» gli chiese, accarezzando la sua guancia sinistra seguendo la linea della cicatrice. Le sue dita salirono verso la stoffa scura e quando la raggiunsero iniziarono a sollevarla, abbastanza lentamente perché Aemond potesse fermarle in qualunque momento. 

Non lo fece.

Luke trattenne il fiato quando si scontrò con il freddo riflesso azzurro dello zaffiro incastonato laddove un tempo si trovava il suo occhio. Aemond non amava mostrare quella parte di sé, lo faceva sentire sbagliato, nudo; ma Luke era l’artefice di quell’immagine ed era giusto che ammirasse la sua opera. 

«Fa male?» gli chiese, puntando lo sguardo verso il suo occhio sano.

«Ogni tanto, ma è più un fastidio che un vero dolore. Vorresti provarlo anche tu?» 

Gli scostò i capelli dalla fronte, scendendo ad accarezzargli l’occhio sinistro. 

«Suppongo che sarebbe giusto» rispose, con una determinazione che lo sorprese.

Le dita di Aemond proseguirono la loro discesa lungo la guancia, sfiorandogli le labbra e scendendo fino al collo. Si fermarono sopra il ciondolo di ametista che Luke indossava da due anni ormai e ne accarezzarono la superficie liscia. Era della dimensione giusta per sostituire un occhio, ma quel viola morto non lo avrebbe mai guardato con la stessa intensità che gli restituivano quelle iridi scure e vive.

«Il tuo debito l’hai già pagato» disse. 

Luke gli rivolse un piccolo sorriso. Il Tassorosso si sollevò sulle punte, ma non fu il calore delle sue labbra a colpirlo. All’improvviso, Aemond si ritrovò a terra, scaraventato dal lato opposto del cortile. I suoi riflessi gli permisero di atterrare sul fianco, evitando di sbattere la testa, ma l’idea che qualcuno fosse riuscito a coglierlo di sorpresa gli fece ribollire il sangue nelle vene. Chiunque fosse stato, avrebbe pagato a caro prezzo la sua sfrontatezza.

Sollevò lo sguardo, trovandosi davanti l’ultima persona che avrebbe voluto vedere – perché se avesse fatto del male al suo amato fratello, Luke non gli avrebbe più rivolto la parola.

«Jace, no!» Luke corse verso di loro, frapponendosi tra lui e il Grifondoro. «Sei impazzito? Che stai…»

«Tu sei impazzito! Che cazzo ci facevi qui fuori da solo con lui?» gridò, indicando Aemond con la bacchetta. 

Lui si alzò e in quel momento notò che il ragazzo non era solo. Aegon non si perse in convenevoli: scattò verso di lui, afferrandolo per un braccio nel tentativo di trascinarlo via. Aemond puntò i piedi a terra.

«Un attimo» gli disse. «Luke. La benda, per favore.»

Allungò la mano libera verso il ragazzo, senza distogliere lo sguardo da suo fratello. Quando sentì la benda posarsi sul suo palmo, la strinse e strattonò Aegon, liberandosi dalla sua presa. Si coprì lo zaffiro e si diresse verso le arcate, fermandosi dietro una delle colonne in attesa che l’altro lo raggiungesse.

Prese un profondo respiro. Nascondere i loro incontri al lago non era difficile, ma dopo aver iniziato una vera relazione non avevano più prestato troppa attenzione a essere discreti. Aemond sapeva che sarebbero stati scoperti, presto o tardi – e quello che avrebbe potuto farlo più facilmente era proprio Aegon.

Suo fratello si fermò davanti a lui, le braccia tese lungo i fianchi con i pugni serrati nel tentativo di mantenere la calma. Lo sguardo che gli rivolse, pieno di accusa e risentimento, gli ricordò quello che aveva ricevuto dopo essere stato privato di un occhio, quando Aegon lo aveva rimproverato per avergli portato via l’unica persona di cui gli fosse mai importato qualcosa. 

«Da quanto tempo?» sibilò, a voce talmente bassa che quasi Aemond non lo sentì.

«Cosa?»

«Da quanto tempo va avanti questa cosa con Luke?» gridò.

Aemond sospirò. «Ci siamo messi insieme poco dopo l’inizio della scuola.» Decise di giocare a carte scoperte, non aveva più senso mentire.

Aegon strinse le palpebre. Si massaggiò la fronte, prendendo un profondo respiro. 

«Dopo l’annuncio dei campioni» dedusse. «La persona che aspettava ogni mattina fuori dal nostro dormitorio eri tu.»

Aemond annuì.

«Quindi vi frequentavate già da prima, altrimenti dubito che Luke avrebbe cercato conforto da qualcuno che diceva di odiarlo, non è un masochista.»

«Abbiamo ricominciato a parlarci dopo che ho ucciso Arrax.» Era la prima volta che ammetteva quel crimine ad alta voce, ma non aveva senso nasconderlo: anche se Luke lo aveva coperto, tutti erano a conoscenza dell’identità del vero responsabile della morte del gufo. «L’ho portato in una stanza al settimo piano per celebrare una sorta di funerale al suo animale e da allora abbiamo ricominciato a parlarci.»

Aegon lo fissò a bocca aperta. Quando il suo braccio saettò verso di lui, Aemond fu abbastanza veloce da schivarlo. Suo fratello non si curò dell’impatto delle nocche contro il muro, troppo furioso per prestare attenzione al dolore fisico.

«Arrax è morto due anni fa!»

«Lo so.» 

Aegon si scagliò di nuovo contro di lui, ma quella volta Aemond gli afferrò il braccio, torcendoglielo dietro la schiena e mandandolo a sbattere con la faccia contro la parete opposta. Lui imprecò, ma l’altezza di Aemond gli dava un buon vantaggio e riuscì a tenerlo fermo. 

«Se può consolarti, fratello, è stato lui ad appiccicarsi a me per primo» disse. «Non avevo pianificato di diventare suo amico, né di… di diventare qualcosa di più. È successo e basta.»

«Oh, povero, piccolo Aemond. Sempre così sfortunato che le cose gli capitano, senza che possa controllarle. Buffo però che a subirne le conseguenze sia sempre io

Aemond lo lasciò andare, permettendogli di voltarsi ma tenendo una mano salda sul suo petto in modo da tenerlo a distanza. 

«Io ho dovuto lasciare Jace, io ho dovuto subire l’ira di nostra madre perché avevo portato quei Mezzosangue nella vita del suo adorato bambino e io mi sono dovuto sorbire i discorsi di nostro nonno sull’importanza che prendessi il posto di Viserys come capofamiglia alla sua morte per liberarci dalla piaga che Rhaenyra aveva portato nella nostra casa.» Aegon abbassò la testa e alcune lacrime caddero sulla mano di Aemond. «Ho dovuto ascoltare gli insulti che rivolgevano al ragazzo che amo e imparare a ripeterli al resto del mondo, incluso lui stesso. E tu eri sempre lì, a spalleggiarli, il figlio perfetto. Tu» sputò, piantando le sue iridi viola su di lui, «che nel frattempo te la spassavi proprio con suo fratello, il ragazzino che ti aveva mutilato!»

«Sai che nostra madre e Rhaenyra erano amiche?»

Aegon sbatté le palpebre. «Hai ascoltato almeno una parola di quello che ti ho detto?»

«Ho ascoltato e adesso sei tu che devi ascoltare me. Daeron mi ha mostrato una cosa quest’estate, una vecchia scatola che ha trovato in camera di nostra madre mentre giocava a nascondino con Helaena.» Fece una pausa per assicurarsi che l’attenzione di Aegon fosse focalizzata su ciò che gli stava raccontando. «All’interno c’erano alcuni ricordi del periodo in cui frequentava Hogwarts: la sciarpa di Tassorosso, una copia del libro di Storia della Magia con i complimenti del defunto professor Royce per essere stata la strega migliore del suo corso e una pila di fotografie e lettere, alcune delle quali posso confermare che sono state scritte in tempi recenti. Sai qual era il soggetto principale di tutto ciò? Già, proprio quella "viziata e crudele" di nostra cugina.»

Aegon lo spinse via. La confusione nei suoi occhi era evidente e lui non poteva biasimarlo per quello: aveva avuto bisogno della conferma di Daeron e Helaena per accettare che ciò che stava vedendo era reale. Se glielo avessero raccontato, non ci avrebbe mai creduto.

«Non capisco cosa c’entri» disse Aegon, ma la sua voce aveva perso la furia di poc’anzi. «Stai forse insinuando che nostra madre e Rhaenyra sono ancora amiche?»

«No, non lo sono più. Ma nostra madre vorrebbe che lo fossero ancora, anche se a quanto pare non ha il coraggio di fare la prima mossa. Le ultime lettere che ha aggiunto alla scatola erano richieste di perdono per il male che si erano fatte e suppliche affinché potesse tornare tutto come un tempo.» Omise che anche il nome di Daemon compariva in quelle pagine: secondo sua madre, anche lui desiderava ricucire i rapporti con Rhaenyra, ma Aemond non conosceva abbastanza quell’uomo da poter affermare, senza ombra di dubbio, che quei desideri erano reali. Alicent, invece, era certo che non mentisse. Aegon non sapeva osservare, ma lui aveva notato da tempo come il suo sguardo si incupisse e le sue dita prendessero a tormentarsi le unghie ogni volta che Otto parlava di Rhaenyra. Il fatto che sua madre non avesse il coraggio di opporsi al volere paterno non significava che il suo cuore gli fosse favorevole.

«Quindi stai… stai dicendo che questa stupida faida che va avanti da anni potrebbe concludersi… positivamente?» chiese Aegon, scandendo lentamente le parole come se faticasse a crederci davvero.

«Non sono ottimista fino a tal punto, tuttavia credo che ci sia margine di manovra. Se Rhaenyra leggesse una di quelle lettere, magari accoglierebbe le richieste di nostra madre.»

Aegon inarcò un sopracciglio. «Hai già spedito quelle lettere» disse, a metà tra uno sbuffo e una risata.

«In realtà no, ma intendo farlo appena saremo di nuovo a casa. Mi auguro che per l’inizio della Seconda Prova Rhaenyra le abbia ricevute e possa comunicare la sua risposta a nostra madre.»

«Hai pianificato proprio tutto.» Si asciugò il volto e si aggiustò il vestito, lisciandolo per eliminare le pieghe che si erano formate durante la loro colluttazione. «Adesso ho solo una domanda per te e se osi mentirmi giuro che ti cavo anche l’altro occhio.»

Aemond sollevò un angolo della bocca. «Ti ascolto.»

«Se la risposta di Rhaenyra fosse negativa e le cose non migliorassero tra le nostre famiglie, tu da che parte ti schiereresti?»

Non era ciò che si era aspettato, ma la domanda non lo colse impreparato. Aveva già pensato a un simile scenario e aveva fatto la sua scelta molto tempo prima.

«Al fianco di Lucerys.»

Aegon rilasciò un lungo sospiro. Annuì, più sicuro. «E lui starà sempre dalla parte di Jace.»

«Sì.»

«Bene.» Si passò una mano tra i capelli. «Sappi che me la pagherai per aver agito alle mie spalle per due fottuti anni, ma non adesso» disse, spostando lo sguardo in direzione dei fratelli Strong, che erano rimasti a discutere nello stesso punto in cui li avevano lasciati. «Adesso ho cose più importanti da fare.»





 
   
 
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