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Autore: Fiore di Giada    26/12/2022    1 recensioni
Ad un tratto, da una strada laterale , apparve un motociclista, in sella ad una Ducati rossa.
Genzo sbarrò gli occhi, sorpreso. Impallidì.
Poi, strinse le mani sul volante e premette il piede sul freno. No, doveva impedire una tragedia!
L’auto, tuttavia, non si fermò e investì la Ducati.
La moto cadde e il corpo del motociclista venne sbalzato a diversi metri di distanza.
L’energia dell’impatto piegò il metallo del paraurti e il parabrezza, con un forte scricchiolio, si infranse.
Il braccio destro del giovane si piegò in un angolo innaturale e l’osso squarciò la pelle.
Poco dopo, l’atleta nipponico si accasciò sul volante, quasi privo di conoscenza. Era dunque finita?
Sarebbero morti insieme?
La BMW, con un lungo, fastidioso stridio, si fermò, lasciando lunghi solchi sull'asfalto, simili a nere ferite.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Genzo Wakabayashi/Benji
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Nell'autobus, le persone leggevano, ascoltavano musica, discutevano, riempiendo l'aria di accenti sempre diversi.

Lo sguardo di Genzo, quasi assente, si fissava sui paesaggi, che scorrevano oltre il finestrino. Forse, aveva già lasciato la Germania.

Un lieve sorriso sollevò le sue labbra. Ne era certo, i problemi si sarebbero risolti.

Si voltò verso Andrei, che aveva appoggiato la mano sul ginocchio, e di tanto in tanto, contraeva le labbra in smorfie infastidite.

Che cosa hai? – domandò preoccupato. Il suo viso esprimeva dolore, per quanto contenuto.

Sforzi eccessivi. Ma sono fitte fastidiose, nient'altro.rispose Andrei.

Genzo aprì la bocca per controbattere, ma si trattenne. Quell'uomo era stato gentile con lui e gli dispiaceva vederlo soffrire.

Ma sarebbe stato stupido da parte sua consigliargli una visita medica.

Lui stesso aveva sforzato il suo corpo, pur di non abbandonare i suoi compagni di squadra.

No, non posso pensarci. Ormai non fa più parte della mia vita. Non serviva a nulla macerarsi nei rimpianti.

Senti, volevo farti una proposta. – dichiarò ad un tratto il rumeno.

Genzo gli lanciò uno sguardo attento e, con un cenno del capo, lo invitò a continuare.

Karl mi ha parlato di te. Mi ha detto che sei un giovane curioso, con grandi interessi culturali, anche se, a volte, hai un carattere scorbutico. – cominciò.

Un mezzo sorriso sollevò le labbra dell'asiatico. Quella definizione era legata ad un passato recente, che gli sembrava lontano.

La Romania è un paese meraviglioso. Tutti la associano a Vlad l'Impalatore, ma ha una storia molto più antica. – proseguì.

Sempre più perplesso, il nipponico alzò il sopracciglio.

I miei nonni e miei zii, spesso, mi portavano a vedere questi luoghi e, quando ne ho la possibilità, ci ritorno. Ti piacerebbe accompagnarmi? – domandò.

Genzo scosse la testa e fissò il suo compagno di viaggio. La proposta era stuzzicante, ma non poteva accettare.

Entrare in una zona turistica? Non vorrei essere riconosciuto. Meno esco allo scoperto, meglio è. – rispose.

L'ex rugbista sospirò, deluso.

Ti ringrazio per la proposta. Se fosse avvenuta in un'altra occasione, avrei accettato con entusiasmo. Ma rischierei di danneggiare anche te e non lo meriti. – rispose.

Andrei, a quell'affermazione, si lasciò andare ad un sorriso malinconico.

Non preoccuparti per questo. Non possono farmi più male di quello che già mi hanno fatto.



Diverso tempo dopo, l'autobus si fermò davanti ad un Hotel.

Genzo si irrigidì sul suo sedile e il suo cuore accelerò i battiti, come se volesse spaccargli le costole.

Andrei, con un gesto calmo, deciso, gli posò la mano sull'avambraccio.

A quel tocco, il portiere si rilassò e i battiti del suo cuore, prima rimbombanti, si ridussero ad un debole rintocco, come quello degli orologi.

Che succede? Dove siamo? – domandò l'asiatico.

Lo scacchista rumeno, per alcuni istanti, rifletté.

Non ne ho idea. Provo a chiedere informazioni. Tu, però, stai calmo. – disse Andrei.

Si alzò e, a passo rapido, si avvicinò al macchinista.

Per alcuni minuti, parlarono, poi Andrei tornò al suo posto e si lasciò cadere sul sedile.

Cosa ti ha detto il macchinista? – domandò l'ex portiere.

Forse, ha forato una ruota. Ci vorrà un po’ di tempo per risolvere il problema. Mi dispiace di non avere con me una scacchiera. Avrei cominciato a insegnarti qualcosa. affermò.

Genzo non rispose. Con suo sempre, maggiore stupore solo il ricordo di quel pestaggio alterava la calma del suo compagno.

E, doveva ammetterlo, invidiava tale serenità.


L’autobus, poco dopo, riprese il suo viaggio.

Andrei e Genzo, per alcuni minuti, rimasero silenziosi.

Puoi parlarmi degli scacchi? ─ domandò, ad un tratto, il portiere asiatico.

Lo scacchista rumeno gli sorrise e i suoi occhi brillarono di gioia. Nelle parole di Genzo scorgeva un interesse sincero per quel gioco magnifico.

E questo era un segnale di ottimismo.

Gli scacchi hanno una storia antichissima. Secondo una leggenda, l’inventore fu il persiano Sessa Ebu Daher, che presentò al re il gioco da lui inventato, ossia gli scacchi. O forse, si è fatto passare per tale. ─ cominciò.

Genzo, rapito dalle sue parole, ascoltava.


Diverse ore dopo, il mezzo si fermò nel parcheggio di un hotel.

L’edificio, di forma rettangolare, era piuttosto grande e, sulla facciata anteriore, si aprivano decine di finestre.

L’entrata era percorsa in entrata e in uscita da varie persone, che entravano e uscivano.

Gli occupanti del mezzo scesero dall’autobus e presero i loro bagagli.

Andrei fece per prendere una valigia, ma Genzo, con un gesto deciso, risoluto, gli fermò il braccio.

Che fai? ─ chiese, esterefatto.

Mi hai detto tu stesso che forzare la gamba ti fa male. Porterò io la valigia. ─ dichiarò Genzo, calmo.

Andrei, per alcuni istanti, tacque, turbato, poi accennò ad un sorriso imbarazzato.

Ti ringrazio.


Compiute le procedure necessarie, i due salirono le scale, percorsero un breve corridoio ed entrarono nella loro camera.

La stanza, di forma rettangolare, era di dimensioni medie e, al soffitto, d’un tenue color grigio, era appesa una lampada, dalla quale si spandeva una tenue luce gialla.

Al centro, a poca distanza l’uno dall’altro, erano collocati due letti singoli e, al muro, era appeso un quadro raffigurante la reggia di Schonbrunn.

Tra i letti, era una consolle lignea, su cui era posata una lampada da tavolo blu.

Sulla parete di destra, si apriva una finestra quadrata, coperta da tende bianche.

Con un sospiro, Andrei si lasciò cadere sul letto e chiuse gli occhi.

Complimenti. Il tuo racconto sugli scacchi è stato molto interessante. ─ affermò Genzo, appoggiando la valigia alla parete.

Andrei, sentendo quelle parole, sorrise, ma mantenne la sua posizione.

Solo una persona intelligente può apprezzare la storia e la bellezza di un gioco così bello. E io, modestamente, so riconoscere le persone intelligenti. O, almeno, credo di avere imparato a farlo. ─ dichiarò.

Il giapponese non rispose e si sedette sul suo letto. Andrei, con lui, condivideva un carattere chiuso.

In quel momento, però, aveva avvertito una nota d’amarezza.

Forse, poteva aiutarlo e ricambiare in parte la sua gentilezza.

Senti, mi insegneresti le regole degli scacchi? O sei stanco? ─ chiese.

A quella richiesta, il rumeno aprì gli occhi e si sollevò a sedere sul letto.

Certo. ─


Scacco matto! ─ scandì, decisa, la voce di Andrei.

Genzo scosse la testa, sempre più stupito. Di nuovo, il suo compagno aveva vinto.

La sua capacità di riflessione, pur elevata, non riusciva a cogliere di sorpresa quel fine stratega.

Non avere fretta. La genialità si crea, non nasce da sola. E questo non vale solo negli scacchi. ─ dichiarò il rumeno, pacato.

Grazie, Genzo. ─ affermò poi.

Il portiere fissò i suoi occhi neri, confusi, nelle iridi cerulee dell’altro.

Sei stato premuroso con me, ma hai rispettato la mia storia sportiva e la mia intelligenza. E non è da tutti. ─ affermò.

Il giocatore asiatico si irrigidì e il suo viso si imporporò. Nelle sue parole, avvertiva la vergogna per quel rimpianto controllato, ma mai scomparso.

Non scusarti. Piuttosto, riposiamoci. Il viaggio riprenderà presto. ─

Poco dopo, i due uomini si addormentarono.


P.S.: anche questa è stata una settimana abbastanza campale. Ho dovuto anche fare formattare il PC.

Spero vi piaccia questo capitolo. Mi rincresce di non averlo postato per Natale, ma tre bicchieri di prosecco mi hanno steso.

La frase di Andrei è di Laslo Polgar, padre di Judit, Zsuzsa e Zsofia, che era convinto che le sue tre figlie fossero brave negli scacchi per gli allenamenti da lui impartiti. Non so quanto essere d’accordo, dal momento che anche lui era scacchista.

Spero vi sia piaciuto questo intermezzo in Austria.

   
 
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