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Autore: Milly_Sunshine    27/12/2022    3 recensioni
Aurora, giovane professoressa di matematica, viene invitata a trascorrere un weekend a casa di un'amica di famiglia. Oscar è il figlio della padrona di casa, è un giornalista che ha lasciato il lavoro per inseguire il sogno di diventare scrittore. Tra i due c'è una forte attrazione e sembrano destinati fin da subito l'una altro. Tuttavia, non sempre la realtà è facile come la si immagina e a volte basta poco perché vecchi segreti che dovevano rimanere tali possano venire alla luce: nel passato di Oscar ci sono ombre e segreti dolorosi sui quali Aurora vuole fare luce. Contesto "persone adulte che vivono negli anni '80/90" non esiste come opzione, quindi vada per contesto generale/ vago, l'unica che può essere adatta.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Aurora scese dall'auto e si guardò intorno, alla ricerca di eventuali cartelli di divieto di sosta. Non ce n'erano, quindi decise che il parcheggio scelto andava bene. Distava meno di un centinaio di metri dal palazzo nel quale abitava Oscar e Aurora vi si diresse senza capacitarsi fino in fondo di quello che stava accadendo. Era stata invitata da Oscar, che le aveva telefonato la sera precedente per dirle che di era deciso, che intendeva mostrarle il luogo in cui abitava. Era stata una bella sorpresa, si riteneva una donna fortunata. Se Nora l'avesse saputo, sarebbe stata senz'altro invidiosa, specie alla luce di quello che era accaduto dopo la cena di qualche tempo prima: non solo Gabriele non le aveva chiesto un altro appuntamento, ma nemmeno le telefonava più. Era sempre Nora a cercarlo e, di volta in volta, l'uomo dei suoi sogni le appariva sempre più sfuggente.
Aurora suonò il campanello e Oscar aprì il portone. Salì fino al secondo piano, immaginando come potesse essere l'appartamento.
«Benvenuta» le disse Oscar, che la aspettava sulla porta.
Aurora esitò.
«Posso?»
«Certo che puoi.»
«Ne sei sicuro?»
«Se non fossi stato sicuro, non ti avrei chiesto di venire.» Oscar si fece da parte per lasciarla entrare. «Vieni dentro.»
Aurora varcò la soglia, guardandosi intorno.
«Da che parte si va?»
«Non c'è molta alternativa» ribatté Oscar. «Ti farei vedere per prima cosa il mio soggiorno, se ne avessi uno, ma non mi resta che portarti di là.» Le indicò una direzione. «Quella stanza è la mia cucina, ma anche il mio soggiorno e il mio studio.»
Entrarono e Aurora continuò a guardarsi intorno. La cucina era piccola e piuttosto spoglia, ma non le dispiaceva.
Si avvicinò al tavolo e spostò una sedia.
«Posso?»
«Certo che puoi.»
Incoraggiata dalle parole di Oscar, Aurora si sedette.
«Ti ringrazio per avermi invitata. Non me lo aspettavo.»
«Nemmeno io me lo aspettavo, fino a poco tempo fa» ammise Oscar, «Ma ormai fai parte della mia vita. Non ha più senso nasconderti dove abito.»
«E tua madre?» chiese Aurora. «Zia Luisa non fa parte della tua vita?»
«Mia madre non è davvero tua zia» replicò Oscar. «Se fossi al posto tuo, smetterei di chiamarla a quel modo. Non sono sicuro che ti consideri come una nipote.»
«Neanch'io la considero davvero una zia, sono solo abituata a chiamarla a quel modo.»
Oscar si sedette di fronte a lei.
«Comunque no, mia madre non è ancora stata qui e, peraltro, non la vedo da quest'estate.»
«Oh, mi dispiace.»
«A me no, per niente.»
«Immagino che tu non vada d'accordo con lei» ipotizzò Aurora. «Non l'avrei detto, quest'estate.»
«No, non posso dire di non andare d'accordo con mia madre. Finisce per approvare tutto quello che faccio, prima o poi. O meglio, finisce per approvare la parte della mia vita di cui è informata. Mi ha sempre tenuto molto in considerazione, forse perché la mia sola esistenza le ha consentito di sposare mio padre.»
Aurora ricordò la conversazione avvenuta tra Luisa e la sorella alla cena organizzata con i vicini, al mare.
«Hai scoperto cos'è successo, con esattezza, prima che si sposassero?»
«Non ho approfondito.»
«Come mai?»
«Perché non mi interessa sapere cosa sia successo prima. Conosco la versione ufficiale e non mi disturba tanto l'idea che possa non essere la verità.»
«Capisco. Scusa se te l'ho chiesto.»
Oscar sorrise.
«Non devi scusarti di niente. Non parlo volentieri di mia madre e di tutto ciò che la riguarda. Penso di avere le mie buone ragioni.»
«Ce le avrai sicuramente» convenne Aurora. «Davvero, mi dispiace se sono sembrata invadente. Per me è normale parlare dei miei genitori e mi viene spontaneo pensare che anche per gli altri sia così.»
«Non ho problemi a parlare di mio padre» replicò Oscar. «Non posso dire che il nostro rapporto fosse sempre idilliaco, ma c'era stima reciproca. Mia madre, invece... beh, si è sposata con mio padre per soldi e l'ostentazione di quello che ha è diventata la sua principale ragione di vita. Non ha mai sopportato le persone che vedeva come inferiori a lei, tranne pochi eletti, e non ha mai fatto niente per nasconderlo. Purtroppo, invecchiando, non è migliorata molto.»
Aurora abbassò lo sguardo.
«Ricordo che mi hai detto che non ha mai saputo che condividevi questo appartamento con Nico.»
Ormai non era più un argomento tabù: da quando Emilia si era presentata sotto casa di Aurora, Oscar non si faceva più grossi problemi. Emilia, da parte sua, non si era più fatta viva, da quando Aurora era stata insieme a Nora al salone, quindi a poco a poco quella storia era stata non dimenticata, ma almeno messa in archivio.
Nel sentire menzionare il suo amico, tuttavia, Oscar abbassò lo sguardo.
«No, non lo sapeva e non lo saprà mai.»
Aurora azzardò: «Magari, avendolo conosciuto fin da quando era bambino, per lui potrebbe fare un'eccezione. Credi non ci sia la possibilità che Nico potesse diventare uno dei "pochi eletti"?»
Oscar sospirò.
«Stiamo facendo un discorso piuttosto complicato, per me, Aurora.»
«Vorrei chiederti scusa di nuovo, ma poi mi diresti che non devo farlo.»
«E infatti non devi.»
«È perché siamo in quella che era casa sua?» volle sapere Aurora, incapace di tenere a freno la lingua. «Se ti dà fastidio che io sia qui, possiamo scendere.»
Oscar scosse la testa.
«È a mia madre che dava fastidio Nico, in generale, per il semplice fatto che esistesse. Non dico quando era da adulto, ma proprio quando era bambino. Non penso che l'abbia riconosciuto, quando imbiancava a casa sua. Anzi, se l'avesse riconosciuto, avrebbe trovato un modo per farlo cacciare via. La cosa più probabile è che non si sia preoccupata della sua identità.»
«Non le piaceva che tu fossi amico del figlio della governante?»
«Non credo fosse solo questo. Sembrava che lo detestasse proprio, non solo perché era amico mio. Faceva di tutto per fargli pesare la sua stessa presenza, specie quando la madre, Floriana, non la poteva vedere o sentire. Se avesse saputo, forse se ne sarebbe andata prima e si sarebbe trovata un altro lavoro. Invece, purtroppo, fu necessario che accadesse qualcosa di... mhm... molto sgradevole, se dobbiamo usare una parola che non descrive minimamente l'entità di quello che accadde.»
Aurora avvertì un lieve brivido.
«Posso chiederti cosa successe?»
Oscar si alzò in piedi e andò ad affacciarsi alla finestra. Voltandole le spalle, obiettò: «Non sono sicura che tu voglia saperlo. Hai una buona opinione di mia madre, da quanto ho capito. Potresti cambiare idea.»
Aurora affermò: «Sono pronta a cambiare idea, se sarà necessario.»
Temeva un rifiuto da parte di Oscar, oppure un'altra scusa, ma non andò in quella maniera. Anzi, Oscar iniziò a raccontarle la storia che aveva portato Floriana prima a lavorare a casa Molinari e poi ad andarsene.
«Fu mio padre ad assumere Floriana e a permetterle di portare Nico con lei, quando veniva a lavorare da noi. Sapeva che conosceva mia madre e pensava fosse una buona idea. Non lo era, o almeno, finì per non esserlo. Mia madre, fin dal primo momento, dimostrò che non gradiva la presenza di Nico, soprattutto proprio di vederselo davanti. Preferiva che passassimo tutto il tempo a giocare in giardino, piuttosto che avere Nico sotto gli occhi. A ripensarci, credo provasse una sorta di repulsione nei suoi confronti.»
Aurora obiettò: «Cos'aveva Nico che non andava? Si comportava sempre così con tutti i bambini che non fossero di famiglia ricca?»
Oscar rispose: «No, affatto. Al massimo snobbava i loro genitori, ma non era da lei prendersela con i bambini. Erano bambini. Diceva che è quando diventiamo adulti che capiamo chi dobbiamo frequentare. Parlava sempre in tono generico, ma intendeva dire che, una volta cresciuto, avrei sicuramente finito per frequentare le persone "giuste". In altre parole, pensava che un giorno io avrei snobbato i figli della gente che snobbava lei e avrei lasciato Nico da parte: che potevamo essere amici da bambini, perché tanto non lo saremmo stati da adulti.»
«Per quanto tempo Floriana lavorò da voi?»
«Per almeno un anno e mezzo.»
«E per un anno e mezzo tua madre si comportò come se Nico le desse fastidio?»
«Sì, poi accadde il fattaccio.»
Aurora si alzò in piedi e andò a raggiungere Oscar accanto alla finestra. Esitò, ma poi gli chiese: «Ti va di parlarne?»
Oscar si girò a guardarla.
«Un pomeriggio io e Nico stavamo giocando a pallone in giardino. Nico fece un tiro maldesto e il pallone colpì una finestra, rompendo io vetro. Mia madre non la prese bene, per niente. Ci ordinò di tornare dentro e chiamò Floriana, poi iniziò a inveire contro Nico, accusandolo di avere rotto la finestra.»
«E poi?» chiese Aurora. «Cosa successe a quel punto?»
«Floriana si arrabbiò moltissimo con Nico e, dopo averlo fatto chinare e avegli scoperto le natiche, si mise a sculacciarlo piuttosto duramente, ricordandogli che lì lavorava e che lui non doveva fare danni» rispose Oscar. «Lo colpì addirittura dieci o dodici volte, poi gli ordinò di tirarsi su e di chiedere scusa a mia madre, cosa che Nico prontamente fece, dopodiché gli disse di prendere una sedia, di mettersi in un angolo, di non disturbare e di non andare da nessuna parte senza chiederle il permesso, se non voleva essere picchiato un'altra volta. Infine disse a mia madre di farle sapere quanto costasse la riparazione del vetro, così avrebbe pagato. Se fosse capitato con mio padre, sarebbe finita lì. Mia madre, però, aveva altre idee in testa. Disse a Floriana - letteralmente - che non voleva i soldi di una pezzente, quanto piuttosto che Nico imparasse come doveva comportarsi. Le disse che, se non era in grado di tenere sotto controllo suo figlio e di punirlo a dovere quando faceva danni, allora doveva pensarci lei. Il fatto che la madre l'avesse appena picchiato sul fondoschiena nudo davanti a noi e volesse fargli passare il resto della giornata confinato in un angolo non doveva essere abbastanza per lei. Quindi ordinò a Nico di seguirla, lasciando Floriana spiazzata quel tanto che bastava per prenderlo e portarlo con sé verso lo sgabuzzino in cui tenevamo le scope. Era uno stanzino piccolo e senza finestre. Mia madre spinse Nico là dentro - che, spaventato, entrò senza fiatare - e chiuse la porta a chiave. Ero sconvolto, ma ebbi la forza di cercare di difenderlo. Mi inventai con mia madre che ero stato io a rompere il vetro. E sai cosa disse mia madre?»
Aurora era un po' spiazzata da quella storia. Oscar la fissava, come a invitarla a chiedergli ulteriori dettagli, quindi gli domandò: «Cosa disse?»
Oscar declamò: «"Non importa se sei stato tu, non c'è da stupirsi se questo piccolo delinquente ti porta sulla cattiva strada." Floriana era ugualmente sconcertata, ma cercò di intervenire a favore del figlio. Pregò mia madre di aprire la porta, ricordandole che Nico era suo figlio, che era già stato punito per quello che aveva fatto e che non poteva rinchiuderlo dentro una stanza, anche se era la sua datrice di lavoro. La pregò di aprire, o di darle la chiave. Mia madre invece sai cosa fece? Andò ad aprire la finestra, lanciò fuori la chiave, che finì in mezzo alle piante del giardino, ordinò a Floriana di tornare al lavoro e le disse che, al termine delle sue ore, avrebbe potuto andare a cercare la chiave e liberare suo figlio. Provai a ripetere che ero stato io a rompere il vetro, ma non ci fu niente da fare. Non ricordo cosa disse mia madre esattamente per costringere Floriana a rimettersi a lavorare e a lasciare Nico rinchiuso in quella stanza, ma di sicuro qualcosa con cui riuscì a convincerla che non ci fossero alternative. Poi si rivolse a me. Come se nulla fosse accaduto, mi disse che potevo tornare a giocare in giardino. Controllò che uscissi davvero, poi smise di occuparsi di me. Allora rientrai e andai a cercare Floriana. La trovai intenta a lavare il pavimento del soggiorno. La informai che sarei andato a cercare la chiave e che avremmo liberato Nico. Mi abbracciò piangendo e mi disse che non dovevo diventare mai come mia madre. Poi mi ringraziò per avere cercato di prendermi la colpa, ma che non ce n'era bisogno, che aveva capito subito che il responsabile era Nico.»
Aurora, che aveva ascoltato il racconto in silenzio, non sapeva cosa dire. Si limitò a mormorare: «È terribile.»
«Sono d'accordo, quello che fece mia madre fu orrendo» convenne Oscar, «Anche se credo sia servito per rendermi conto di quante ingiustizie accadano nel mondo. Mia madre non aveva detto una sola parola contro di me, nonostante le avessi fatto credere di essere io il responsabile della rottura della finestra, mentre si comportò come se con Nico tutto le fosse concesso, arrivando a rinchiuderlo in una stanza e, con tutta probabilità, a minacciare Floriana.»
«Capisco» rispose Aurora. «Capisco perfettamente perché tu voglia avere a che fare con tua madre il meno possibile. Non pensavo potesse fare una cosa simile. Come andò a finire, poi?»
«Trovai la chiave, la portai a Floriana e le dissi che potevamo liberare Nico. Mi rispose che mia madre non voleva e che avrebbe dovuto aspettare la fine della sua giornata di lavoro. Fu la prima cosa che fece, quando valutò di poterlo tirare fuori. Non so cosa le avesse detto mia madre, che cosa l'avesse minacciata di farle. Di sicuro qualcosa di più grave di un licenziamento, dato che Floriana si licenziò di propria iniziativa il giorno dopo e, per quanto ne so, trovò in breve tempo un altro lavoro. Quel giorno fu l'ultima volta in cui la vidi e l'ultima volta in cui vidi Nico prima di incontrarlo molti anni più tardi quando venne a lavorare da mia madre. Da adolescente lo cercai di nascosto, ma non riuscii a scoprire dove abitasse. Sembra che, subito dopo essersi licenziata, Floriana avesse deciso di trasferirsi da un'altra parte. Ovviamente non lo dimenticai mai. Quando ci rivedemmo cercai di aiutarlo anche per questo, perché volevo essere diverso da mia madre.»
«Avete mai parlato di quello che successe?»
«No, ma so che Nico non mi riteneva in alcun modo responsabile del comportamento di mia madre. Anzi, ogni tanto si divertiva a criticare l'ambiente da cui provenivo e io ci scherzavo su. Alla fine credo che la mia amicizia con Nico sia stata la cosa migliore della mia infanzia e sono felice di averlo ritrovato, anche se poi sono stato molto male quando c'è stato l'incidente. È stato una delle poche persone oneste e sincere con cui ho avuto a che fare nel corso della mia vita.»
«Doveva essere una persona speciale.»
Oscar rimase in silenzio a lungo poi, scuotendo la testa, decretò: «No, non aveva niente di speciale, ma era proprio questo che mi piaceva di lui. Da bambino era un piccolo combinaguai - era la disperazione di Floriana che, comunque va detto, spesso era troppo severa con lui, compreso il giorno della finestra, prima che intervenisse mia madre - e da adulto non era cambiato molto.»
Aurora gli chiese: «In che senso era ancora un combinaguai?»
«Sapeva fare un sacco di cose - non imbiancare, anche se l'avevo incontrato nei panni di un imbianchino - ma faticava a durare molto a lungo, in ogni posto di lavoro, o perché arrivava tardi o perché faceva brutta impressione ai suoi capi» le spiegò Oscar. «Riuscii a trovargli un nuovo lavoro presso un mio conoscente e, per un certo periodo, andò bene. Poi incontrò gente losca, si indebitò giocando a poker con quei delinquenti, finì per perdere il lavoro e inizialmente non mi disse nulla perché sapeva che sarei intervenuto per parargli il culo, ma voleva cavarsela da solo. Lo scoprii lo stesso e decisi di pagare i suoi debiti, senza dirgli nulla se non a cose già fatte. Non la prese bene, avemmo anche una discussione molto accesa in proposito, ma poi capì che avevo agito nel suo interesse. O almeno, così penso, non ebbi il tempo di spiegergli davvero le mie ragioni: il giorno dopo andò da Giuliana, uscì in macchina con lei e non lo rividi più.»
Non c'erano parole che potessero avere un vero senso, pronunciate in quel momento, quindi Aurora cercò un'altra strada, qualcosa che non fosse banale o scontato, o imbarazzante.
«Hai una sua foto?» domandò. «Mi piacerebbe vedere com'era.»
«Sì, ne ho varie, una anche appesa in camera da letto.»
Oscar uscì dalla cucina e Aurora lo seguì in fondo al piccolo corridoio, nell'altra stanza. C'erano due letti singoli e un armadio beige, stesso colore dei mobili della cucina, ma il suo sguardo fu subito catturato da una fotografia incorniciata. Oscar era ritratto insieme a un uomo lievemente stempiato dall'aria solare. Per un attimo Aurora si chiese come mai avesse un'aria così familiare, ma realizzò ben presto dove avesse già visto una sua immagine. Le scappò un'esclamazione di sorpresa, che non sfuggì a Oscar.
«Tutto bene?»
«Non lo so» ammise Aurora. «Per caso Nico era stato sposato?»
Oscar ridacchiò.
«Una volta glielo chiesi. Mi rispose di no. Perché lo vuoi sapere?»
«Perché, a meno che non abbia un sosia, tempo fa ho visto una foto in cui c'era Nico insieme a sua moglie e a suo figlio» lo informò Aurora. «Era il marito di Emilia.»

   
 
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