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Autore: Flofly    28/12/2022    1 recensioni
E' il Natale del 1996 e tutto ciò che resta a Lucius sono i ricordi di un Natale passato. E la speranza che non ci siano stanze vuote nel cuore di sua moglie e suo figlio.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy | Coppie: Lucius/Narcissa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Idealmente questa storia prende spunto da Natale 1980 ma si può leggere tranquillamente da sola, non è difficile immaginare che Narcissa e Lucius abbiano avuto dei litigi quando lui ha iniziato a passare troppo tempo al servizio di Voldemort invece che a casa con lei e Draco neonato. 

Per tutto il resto ci vediamo a fondo pagina.

 Seguendo il suggerimento di  Rosmary ( grazie!) ho provato ad evidenziare meglio le diverse parti temporali. Spero che ora sia più comprensibile! Ne ho approfittato anche per correggere qualche svarione che mi era sfuggito.


 

***

Malfoy Manor, Natale  1981

La notte di Natale portava con sé una magia che non aveva mai saputo spiegare, nonostante fosse nato e cresciuto in una famiglia di maghi. In pied,i di fronte al grande albero decorato con candele e cristalli del salone art nouveau, tuttavia, Lucius Malfoy non riusciva a smettersi di chiedersi se tutto quello che lo circondava fosse reale.

Tutto attorno a lui era cambiato in modo repentino e assolutamente imprevedibile: solo un anno prima entrava in punta di piedi nella nursery dopo la nottata passata al servizio del Signore Oscuro, per osservare Narcissa che allattava Draco illuminata dalle prime luci dell’alba. Lei era furiosa, lo poteva dire da come lo aveva squadrato, la voce gelida quando si era rivolta a lui, senza degnarlo di uno sguardo.

Un giorno quando tornerai troverai solo delle stanze vuote, Lucius.

Non aveva dato peso a quelle parole, liquidandole come l’espressione del suo malumore, presto disciolto nel calore confortante di Draco tra le sue braccia.


Bababababbaba. 

Sorrise al ricordo del farfugliare allegro di suo figlio. Narcissa poteva dire quello che voleva, lui avrebbe continuato a sostenere sino alla morte che Draco avesse detto Papà e che quella fosse la sua prima parola e avrebbe ripetuto quella storia fino alla fine dei suoi giorni. Altro che lallazione.

Due frasi. Due frasi che si era ripetuto all’infinito nella mente quando gli Auror erano venuti a prenderlo.

Due frasi che avevano continuato a rimbombargli in testa ogni volta che aveva testimoniato contro uno dei suoi ex compagni Mangiamorte.

Due frasi che lo tormentavano nell’angoscia di non sentire mai più la loro voce in quelle ore interminabili che lo aveva separato dal processo.

Imperius.

Era stata Narcissa a suggerirlo, ovviamente, la strategia che gli aveva bisbigliato con un bacio poco prima che lo portassero via. E lui ci si era attaccato come l’unica luce in quella notte buia. Lei, anche se non ne portava il nome, sarebbe stata sempre la sua stella luminosa nella notte.

E quindi,mentre Bellatrix urlava al mondo il suo folle amore per il Signore Oscuro e Rodolphus si chiudeva in un ostinato silenzio, lui aveva parlato. Aveva snocciolato nomi, fatti, incontri, babbani torturati ed uccisi di cui gli Auror non avrebbero mai saputo altrimenti. Li aveva usati tutti i suoi ex amici, uno dopo l’altro, scalando a mani nude la montagna che lo separava dal poter riabbracciare Narcissa e Draco. Non c’era niente che non avrebbe fatto per loro. 

Un fruscio di seta leggera accanto a lui, il profumo floreale e luminoso che lo avvolgeva con un abbraccio, ancora prima che le sue mani lo toccassero in una carezza.

Lucius si girò a guardare sua moglie alla luce morbida del camino, soffermandosi sul profilo elegante del collo lasciato nudo e su sino alla bocca morbida e ai profondi occhi azzurri che lo scrutavano. Ai suoi occhi era la stessa ragazzina dai lunghi capelli dorati e la camminata sicura di cui si era innamorato la prima volta che l’aveva vista a Hogwarts. E invece ora era una donna. La sua donna. La madre di suo figlio.

“Mi sono svegliata e sia tu che Draco eravate spariti.”- commentò lei, posandogli il mento sulla spalla mentre accarezzava i capelli soffici e profumati di albicocca del bambino, immerso in un sonno profondo in braccio a suo padre.

Quel calore. Quella sensazione di essere a casa che solo lei sapeva trasmettergli. La paura di non poterlo più sentire era stata più forte di ogni tentativo degli Auror e del Wizegamot di farlo cadere, di fargli ammettere che tutto quello di cui lo accusavano lo aveva fatto coscientemente e non perché sottoposto a un maleficio. E lui aveva mantenuto la promessa, quella che le aveva fatto un giorno lontano di dicembre, quando le aveva detto di essere il suo primo pensiero al mattino e l’ultimo primo di addormentarsi, il motivo stesso per cui riusciva a respirare.

Ed era ancora così, se ne rendeva conto ora che aveva rischiato di perdere tutto. In una notte, una sola notte, tutto il mondo come lo conosceva era sparito, spazzato via da un bambino di cui poi si erano perse le tracce. Il Mondo Magico era stato travolto da un terremoto, la gerarchia di nuovo sconvolta e ora lui e tutti loro che incutevano timore dietro una maschera d’argento erano messi di fronte a un tribunale assetato di vendetta.

Ma la politica era la politica e dove non erano arrivate le soffiate su esponenti dell’alta società avevano potuto i galeoni. Fiumi di galeoni. E ancora una volta era stata lei a occuparsi di farli arrivare alle persone giuste, insieme ad alcune non troppo velate minacce di rivelare segreti che nessuno di loro avrebbe mai voluto fossero resi pubblici.

Quando l’aveva vista seduta sui banchi degli ospiti al suo processo per un attimo aveva pensato di  non riuscirci, che avrebbe rovinato tutto. C’erano state urla e litigi nel corso degli ultimi due anni, quando Narcissa l’aveva accusato di mettere Lord Voldemort di fronte a lei e a Draco. C’erano stati silenzi risentiti e porte sbattute. E soprattutto c’era stata quella minaccia tra di loro.

Due frasi, quelle due frasi di un tempo che sembrava così lontano da non essere mai esistito. Non si era mai chiesto veramente perché avesse servito Lord Voldemort. Forse per la sensazione di assoluto potere. Forse per l’idea che finalmente il mondo magico potesse essere epurato dai babbani, una razza inferiore rimessa finalmente al suo posto. Si era persino detto che lo stava facendo per Draco, affinché suo figlio potesse crescere in un mondo in cui il suo essere la perfetta fusione di due famiglie antiche e pure lo mettesse  al sicuro. O forse, era solo perché era quello che gli era sempre stato insegnato.

Non lo sapeva e, in quel momento, dichiarato innocente e finalmente a casa, non sembrava avere alcuna importanza. 

Non ci sarà più nessuno, Lucius.

Draco era rimasto in silenzio per tutto il tempo del processo, i grandi occhi grigi, che tutti definivano identici ai suoi, che lo scrutavano pieni di paura. Chissà cosa gli avevano raccontato. Perché diavolo Narcissa l’aveva portato? E se lo avessero ritenuto colpevole? Davvero lo avrebbero portato via sotto lo sguardo di suo figlio? Gli avrebbero permesso di salutarlo?

Aveva dovuto evitare di guardarlo, cercando di ripetersi che tutto sarebbe andato secondo i piani, che doveva solo tirare fuori tutta la sua capacità di mentire ed ingannare. In fondo, era tutta la vita che lo faceva.

Ed era andato davvero tutto per il meglio: lui era stato dichiarato innocente e Draco non aveva detto una parola per tutto il tempo, limitandosi a fissarlo in braccio alla madre.

Avevano posato per i fotografi, rilasciato delle dichiarazioni di circostanza, sfilato di fronte ai suoi accusatori con tutta la sicumera e l’arroganza che due membri delle famiglie Black e Malfoy potevano avere. Il giorno dopo, la foto di loro tre che si stringevano composti ed eleganti come la loro figura pubblica richiedeva, era su tutti i giornali. Perfetti. Di nuovo al loro posto nella società.

In realtà, l’unica cosa cui riusciva a pensare era stata quella di tornare a casa, Draco attaccato al collo che continuava a chiamarlo, stringendolo sempre di più. Si era rifiutato di lasciarlo andare, lanciando urla degne di un chupacabra ogni volta che aveva provato a staccarlo. Durante il bagnetto aveva parlottato senza sosta, anche se a dire la verità Lucius aveva capito sì e no tre parole, quasi volesse raccontargli ogni cosa che fosse accaduta in sua assenza. Quando avevano provato a metterlo a letto, poi, aveva iniziato a cercare di correre per la nursery, con le gambette ancora incerte e cadendo rovinosamente ogni volta  che aumentava la velocità. Il che comportava ulteriori urla e pianti.

Eppure, nonostante la stanchezza, e nonostante l’unica cosa che pensava di volere fosse infilarsi nel suo letto dalle lenzuola di seta avvolto nel profumo della pelle di Narcissa, non riusciva a fare a meno di sorridere. Alla fine, dopo dei tentativi neanche troppo convinti di farlo dormire nel suo confortevole lettino, circondato da peluche a forma di drago e disegni di costellazioni che si illuminavano di notte, lo avevano portato a letto con loro, addormentandosi nel rassicurante calore della loro famiglia.

Erano passate settimane da quando era tornato, ma ancora Draco si svegliava la notte chiamandolo disperato. Si ripeteva che a quell'età Draco non riuscisse davvero a comprendere cosa fosse successo o quanto fosse stato via. Eppure, negli occhi di suoi figlio ora vedeva una paura che prima non l’aveva mai sfiorato. O, forse, era solo il riflesso della sua.

Ma ora era al sicuro, a godersi il riflesso di coloro che amava in una pallina di vetro soffiato blu, il primo regalo che avesse mai fatto con il cuore.

 

***

Azkaban, Natale  1996

Non ci sarà più nessuno ad aspettarti.

L’unica frase che riuscisse a ricordare. Lo sguardo ferito di quegli occhi azzurri quando le aveva detto che sarebbe andato con Bellatrix al Dipartimento dei Misteri.

Le parole scavavano un solco in quello che era rimasto nella sua anima ma non poteva lasciarle andare. Permettere che gliele portassero via avrebbe significato dimenticare il suono della voce di Narcissa, il calore leggero del suo corpo premuto sul suo. Avrebbe significato dimenticare quella notte di Natale in cui aveva davvero tutto quello che poteva desiderare, in cui ancora non aveva rovinato tutto.

Era l’ultimo scampolo di passato cui aggrapparsi.

Bababababababa

Lo ripeteva sottovoce, come un incantesimo ,con le labbra riarse che si muovevano appena.

Non c’era calore in quel luogo, nessun profumo di fiori e vaniglia, nessun sorriso ad accoglierlo.

Era il Natale del 1996 e Lucius Malfoy era ad Azkaban da sei mesi. O forse erano quindici anni e lui non era mai stato assolto, i ricordi cui si aggrappava solo una raffinata forma di tortura per punirlo dei suoi crimini. 

Buon Natale, amore miei.

Bababababaaba.

No, non poteva essere tutta un’illusione. 

Doveva crederlo.

Doveva.

***

Malfoy Manor, Natale  1996

 

In quello stesso salone dei ricordi di Lucius, a centinaia di miglia di distanza, Narcissa Malfoy guardava in silenzio l’albero di Natale che lei stessa aveva voluto decorare personalmente. Come ogni anno. Come se il suo mondo non fosse ormai andato in pezzi. Sfiorò con le lunga dite delicate la pallina di vetro azzurra che le aveva regalato Lucius il Natale in cui si era dichiarato: non un gioiello, non un’assurda tiara ricoperta di smeraldi che probabilmente gli avrebbe tirato dietro, non una borsa che costava quanto lo stipendio medio di un impiegato del ministero. Una pallina di vetro azzurro. 

Come i tuoi occhi.
 

Glielo aveva detto sorridendole in quel modo che riservava solo a lei. Non un ghigno, non una smorfia, non un sorriso di circostanza. Lei aveva pensato che fosse melenso e banale, eppure si era resa conto di aver sorriso felice a sua volta.

Il vetro si illuminò al suo tocco, un nuvola argentea che brillava come metallo fuso.

Come i suoi. Pensò Narcissa. Come quelli di Draco, che si rifiutava di parlarle chiuso nel suo ostinato silenzio.

Sfiorò di nuovo la superficie e la polvere si diradò lasciando intravedere il suo contenuto segreto: ricordi. Ricordi di lei di Lucius da ragazzi, del matrimonio, del Natale in cui aveva scoperto di essere incinta, del primo Natale di Draco. E poi uno per anno, per tutti gli anni a seguire. Tranne quello.

Quell’anno non ci sarebbe stato nessun ricordo felice da inserire.

Solo la speranza che i suoi due amori stessero bene.

 

Quella notte di Natale del 1996, di fronte al ricordo di tutti i Natali passati, Narcissa Malfoy, nata Black, fece una promessa a sé stessa.

Qualunque cosa fosse accaduta avrebbe aspettato Lucius.

Qualunque cosa fosse accaduta avrebbe salvato Draco.

Buon Natale, amore miei.

Lo mormorò, nel silenzio troppo denso del Maniero attorno a lei. Si sfiorò la cicatrice appena visibile che le copriva le mano come il corpo sinuoso di quel Serpente il cui simbolo era stato per anni  la sua casa.

C’era ancora una speranza. 

Doveva crederlo.

Doveva.

 

 


 

Questa storia inizialmente doveva essere un racconto superfluffly del primo Natale dei Malfoy dalla caduta di Voldemort, ma poi ha preso una piega inaspettata.

Un po' di contesto:

1)Sappiamo che i Potter muoiono la notte dei Halloween del 1981 e dopo qualche tempo ( I Lestrange nel frattempo hanno tutto il tempo di torturare i Paciock, tanto per dirne una) finalmente torna la pace nel Mondo Magico e iniziano gli arresti e i processi a carico dei Mangiamorte. Ho quindi presunto che il processo di Lucius lo avesse portato lontano da casa per qualche settimana, terminando poco prima di Natale. 

2) Io sono fermamente convinta che Lucius, nonostante riesca a compiere tutte le scelte più sbagliate che un genitore

possa fare, ami profondamente Draco e Narcissa. E' un egoista e un razzista ma lo ritengo un padre e un marito amorevole. 

La pallina di vetro azzurro come regalo speciale è una mia piccola ossessione  ed è un po' una sorta di punto di incontro tra due storie: nella mia long Quel che è stato - Quel che sarà, è Draco tornato indietro nel tempo a suggire a Lucius di regalarla a Narcissa come primo regalo di Natale, anche se in quel caso ci metterà la sua musica invece dei ricordi; nella short che sto scrivendo , se mai vedrà la luce, sarà Andromeda a fargliela comprare. 

Infine, devo dire che  la bellissima storia di Legar Illusioni di Inchiostro Verde mi ha ispirata molto nel lasciare che il dolore del distacco prendesse sempre più spazio. Le due storie sono diversissime e non oso neanche avvicinarmi al suo stile, ma mi ha toccata così tanto da influenzare decisamente quello che stavo scrivendo.

 
   
 
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