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Autore: Jeremymarsh    28/12/2022    2 recensioni
[Post-canon] [Aged-up Thorn & Ofelia]
"Bastò quell’attimo per far perdere loro la percezione di ogni cosa che li circondava: non esistevano più oggetti animati o parenti invadenti, arche troppo fredde o troppo calde, ricordi dolorosi o amici scomparsi troppo presto, ma solo loro due e quell’esistenza arrivata al culmine ma che, nonostante tutto, aveva riservato loro tanto, una vita assieme."
Genere: Hurt/Comfort, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ofelia, Thorn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'ultimo viaggio



 

La donna osservò serena il marito avanzare adagio verso di lei con due tazze stracolme. Nonostante fosse cambiato molto negli anni e avesse lasciato da parte quel suo contegno sempre serio da quando aveva smesso di lavorare, lei distingueva ancora alcuni tratti peculiari della persona che era stata.

Sì, anche in quei pochi passi.

Riconosceva, per esempio, la sua ferrea determinazione nel modo in cui si ostinava a frenare il tremolio involontario delle braccia per impedire ad anche una sola goccia di tè di essere versata.

Quando infine si sedette di fronte a lei offrendole la bevanda, Ofelia l’accettò senza parole con una sola mano, mentre l’altra si allungava per stringere quella libera di lui in un muto ringraziamento.

Il silenzio che li inghiottì era rilassante e per un po’ si crogiolarono in esso mentre bevevano con calma. Anche gli oggetti animati della casa sembravano esserne contagiati, tanto che non era possibile ascoltare nemmeno un cassetto sbattere o un’anta cigolare – o forse anche il loro essere tranquilli era da attribuire all’avanzare dell’età. Infatti, mentre Thorn e Ofelia invecchiavano e le loro giornate diventavano più calme e prive dei grandi entusiasmi che li avevano resi protagonisti, anche il loro animismo seguiva l’esempio e si calmava. Oggi era molto più difficile inciampare in un tappeto che si muoveva di propria volontà o infilare il braccio nella manica sbagliata del vestito perché questa si dimenava troppo.

Poi, Ofelia si concentrò sul marito e osservò rapita la sua figura: con il tempo le cicatrici che ricoprivano il suo corpo erano andate sbiadendosi, così tanto da confondersi con il pallore naturale della sua pelle; adesso bisognava stringere gli occhi per notare i loro vecchi contorni. Non aiutava nemmeno che anche la sua vista fosse peggiorata di tanto e le sue lenti multicolore servivano a poco. Ciò nonostante, sorrise osservando le loro dita intrecciate e con il pollice tracciò una cicatrice a caso sul dorso della mano di lui. Thorn alzò lo sguardo dalla sua tazza di tè e incrociò il suo in risposta; ricambiò il sorriso. Anche quello era cambiato in tutti quegli anni, rifletté Ofelia: si era ammorbidito e compariva molto più spesso in mezzo alle tante rughe del viso; le trasmetteva così tanto calore che a lei sembrava quasi che questo si propagasse in tutto il suo corpo attraverso le loro dita intrecciate fino a raggiungere la parte sinistra del suo petto e far battere più incessante il suo vecchio cuore.

Ne sentiva sempre gli effetti, ma era solo una percezione mentale, constatò riabbassando lo sguardo. Qualunque calore il sorriso e il corpo del marito le avrebbero potuto trasmettere si sarebbe affievolito una volta raggiunte le protesi; dita grigie e gelide sempre in netto contrasto con quelle rosee e calde di lui. Eppure, a Thorn non sembra mai dispiacere quando con esse lei tracciava le sue cicatrici e se ne prendeva cura; proprio come stava facendo ora.

Era un rituale a cui non avevano mai rinunciato, che avevano ripetuto giorno dopo giorno, e che aveva sanato ogni loro ferita, grande e piccola, fisica o mentale, fino a renderli quelli che erano. E forse, in realtà, era da esso che derivava il calore che sentiva propagarsi in tutto il suo essere, dall’amore con il quale gesti semplici ma necessari erano sempre stati praticati.

Infine, quando il meccanismo dietro i vecchi guanti metallici si inceppava – cosa che accadeva più spesso che mai in quei giorni – Thorn se ne occupava con una gentilezza che non avrebbe mai smesso di stupirla e che in quel momento le riempì gli occhi di lacrime; lacrime che si rifiutò di versare per non farlo preoccupare.

Lui se ne accorse, comunque, però; se ne accorgeva sempre. Una volta aveva dubitato e aveva attribuito a se stesso tante colpe, ma ora era abbastanza vecchio e saggio da riconoscere subito il motivo di quel luccichio. Allora lasciò andare la tazza e con entrambe le mani libere coprì quella di Ofelia.

Bastò quell’attimo per far perdere loro la percezione di ogni cosa che li circondava: non esistevano più oggetti animati o parenti invadenti, arche troppo fredde o troppo calde, ricordi dolorosi o amici scomparsi troppo presto, ma solo loro due e quell’esistenza arrivata al culmine ma che, nonostante tutto, aveva riservato loro tanto, una vita assieme.

Sarebbero rimasti a lungo così, uniti, sguardi intrecciati, fino a che il tè non si fosse raffreddato, il sole tramontato e loro due non avrebbero dovuto attraversare il ponte che conduceva in un’arca completamente diversa; una che si raggiungeva solo nella morte.

Perché c’erano poche cose di cui Ofelia era completamente certa e una di quelle era che più per niente o nessuno Thorn avrebbe mai lasciato andare la sua mano. Questa volta avrebbe continuato a stringergliela fino all’eternità e, insieme, avrebbero cominciato un altro lungo cammino.


 


Voi non lo sapete, ma io non riesco a vedere i miei personaggi preferiti o OTP invecchiati (nel migliore dei casi mi viene da piangere 😆) ma questa fic è nata così e spero vi piaccia (e di non avervi fatto piangere - troppo).

Vi mando un abbraccio e vi auguro buon proseguimento di feste ❤.

   
 
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