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Autore: Serpentina    28/12/2022    1 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Salve, utente di EFP. Tu non mi conosci, ma io conosco te. Voglio fare un gioco: se indovinerai a quali brani (celeberrimi) faccio riferimento nel capitolo, basandoti sui pochi indizi a tua disposizione, riceverai una pacca sulla schiena e una pioggia di dolci (o altri alimenti a tua scelta); altrimenti, la tua connessione salterà improvvisamente mentre stai guardando il finale di stagione della tua serie preferita. Vivere o morire (senza internet), fai la tua scelta.

Ok, scusate. Esco dalla modalità Jigsaw e torno una persona (semi) seria. XD

Innanzitutto, buone feste. Spero le stiate trascorrendo nel migliore dei modi. Io a casa con la famiglia, scribacchiando nelle pause dai parenti. Dovrei anche lavorare, ma non ne ho voglia. Stachanov, crocifiggimi!

Avrei voluto pubblicare uno speciale natalizio, ma un po' per mancanza d'ispirazione, un po' per casini vari (leggi: concorso andato male), quel progetto è morto prima di vedere la luce. * si inginocchia sui ceci *

Per accendere la vostra curiosità, una piccola chicca: uno dei personaggi presenti in questo capitolo (esclusi i protagonisti, ovviamente) avrà un ruolo cruciale nel sequel. ;-)

Ebbene sì: non so quando, se e come vedrà la luce, ma ho in mente una bozza di trama per la prossima avventura di Frida e socio. Stay tuned!
 

Under pressure

 

Tre persone possono mantenere un segreto, se due di loro sono morte.”

Benjamin Franklin

 

Frida era talmente assorta nei propri pensieri da realizzare di star trascinando William solamente quando questi protestò, strattonandola –Non muoverò un altro passo finché non mi darai una spiegazione. Non sono il tuo cane!

La risposta della ragazza fu tutt'altro che soddisfacente.

–A dire il vero, sono più gattara- allungò una mano e si mise a grattargli il mento. –Fai le fusa per rallegrarmi, da bravo!

–Ma che caz... non è questo il punto!- sbraitò William, scostandola con veemenza. –Il punto è che siamo soci. Alla pari. Trattami come tale! Dove stiamo andando?

–Lo stesso vale per te, Liam. Niente segreti tra noi. Perciò dimmi, cosa complottavate tu e Kev a lezione, ciarlando come le allegre comari di Windsor?

–Alex, la sorella di Nita, l'ha invitato ad assistere alle prove della sua band. Tutti loro, in un modo o nell'altro, conoscevano Aisling e/o suo fratello. Ho pensato fosse l'occasione perfetta per racimolare informazioni, per cui gli ho chiesto di osservare, ascoltare e riferirmi qualunque cosa gli salti all'occhio... e orecchie. Grazie alla sua aura da bravo ragazzo, nessuno sospetterà di lui.

–In pratica, lo hai mandato a fare la spia?

–Esatto!- esclamò William con notevole auto-compiacimento, che si dissolse appena constatò non fosse ricambiato. –Che c'è? Ti turba che l'abbia coinvolto in questa storia?

Genau!- si lagnò Frida. –C'è già fin troppa gente in mezzo. Non voglio che la nostra indagine si trasformi in un circo!

–Disse quella che non ha esitato un secondo, prima di coinvolgere i suoi cugini.

–Non è la stessa cosa! Hans è un poliziotto, Ernst un hacker esperto; Kevin, invece... apprezzo la buona volontà, però dai! Non è tagliato per l'investigazione!

–Sbagli a sottovalutarlo- obiettò William, suscitando l'indignazione della sua irascibile - e, secondo opinione comune, infallibile - socia. –Pensa a come riesce a tenere nascoste la sua vita sregolata e la sua- si guardò intorno, per assicurarsi fossero soli –Omosessualità ai genitori. A come l'ha tenuta nascosta a noi! Regge bene la pressione ed è capacissimo di mentire, al bisogno.

–Bah!- sputò Frida, incapace di ammettere che William l'aveva battuta in rapidità e spirito d'iniziativa. –Spero vivamente tu abbia ragione. La prossima volta, però, ti pregherei di consultarmi, prima di prendere decisioni tanto importanti.

–Disse quella che mi sta trascinando chissà dove senza dare spiegazioni. Per la seconda, e spero ultima, volta: dove siamo diretti?

–Tu non lo so. Meine Tochter zu Hause. Sofort.

Nell'udire la voce di Franz, William trasalì, avvampò e, istintivamente, si allontanò da Frida, la quale, sconcertata da cotanta codardia, gli scoccò un'occhiata tra il deluso e l'indignato.

"Wirklich?", pensò. "Hans ha proprio ragione: questo ha perso le palle per strada!"

Decise, tuttavia, di soprassedere, dirottando l'attenzione sul padre, impalato a fissarla con espressione severa (più del solito, se possibile).

Hallo, lieber Vater. Was führt dich hierher1?

Sturmwind, liebe Tochter.2 Pare non possa assentarmi senza che combini qualche guaio: guidare senza permesso - e senza patente - mein Auto per andare a ficcanasare nella casa di una povera ragazza defunta, sulla cui morte ti era stato categoricamente vietato di indagare... stavolta hai oltrepassato ogni limite- sibilò Franz. –Detesto dover ricorrere a estremi rimedi, ma io e tua madre non sappiamo che altro fare. Espierai con la clausura: metterai il naso fuori casa solo se strettamente necessario, e soltanto se accompagnata.

–L'accompagno coatto include le pause bagno? Perché, in tal caso, do fin da subito l'esclusiva a Mutti. Questione di pudore, spero comprenderai. Ah, tecnicamente- obiettò lei con assoluta placidità –Mi era stato negato l'accesso ai suoi casi, perciò, essendo stato archiviato dalla polizia, il caso Carter tecnicamente non è più tale, ufficialmente; ergo, non più off-limits per me.

–Non provare a intortarmi con cavilli semantici, Fröschlein. Nichts wird dich vor deiner Strafe retten3.

Il gelo nella voce di Franz fece rabbrividire William, che si chiese come riuscisse Frida a mantenere la calma. Al posto suo, sarebbe scappato in Amazzonia urlando. Al terrore si sostituì lo stupore - per non dire shock - quando gli rivolse un sorriso cordiale e un ramoscello d'ulivo verbale. –Ti chiedo scusa per mia figlia, William: ha il brutto vizio di mettere a repentaglio la sicurezza sua e di chiunque la circondi.

Sforzandosi di ignorare la vocina interiore che si domandava se Weil senior sarebbe stato altrettanto amichevole, avesse scoperto a quale genere di "investigazioni" sognava giorno e notte di dedicarsi con la sua adorata figlia, l'australiano grattò nervosamente una guancia mentre pronunciava delle sillabe scarsamente intellegibili (interpretabili, con un certo sforzo di fantasia, come "Nessun problema").

–A tuo padre le porgerò di persona. Non vedo l'ora d'incontrarlo.

Nell'incertezza sull'opportunità o meno di replicare a quell'affermazione, che a dire il vero suonava più come una minaccia, William si limitò ad annuire con condiscendenza, mentre i suoi neuroni lavoravano febbrilmente per fornire una soluzione all'annoso quesito: quanto dev'essere immaturo e masochista un uomo, per bramare così tanto conoscere l'ex della propria compagna?

Frustrata per lo stravolgimento dei propri piani, Frida giocò un'ultima, disperata carta: la pietà.

Bitte, Papi, concedimi almeno mezza giornata di libertà, prima di mettermi in (immeritatissima, a mio parere) punizione!- "Devo correre da Hans, ha degli aggiornamenti sul caso!" –Liam ha organizzato un appuntamento romantico coi fiocchi. Come puoi vivere, sapendo di averlo rovinato sul nascere? Sei senza cuore!

Franz si accigliò, Frida idem e William, sempre più convinto che quell'uomo in una vita precedente fosse stato un ufficiale delle SS, si trattenne a stento dal prostrarsi ai suoi piedi giurando e spergiurando di nutrire sentimenti purissimi nei confronti di sua figlia.

Il trillo insistente del cellulare di Frida pose fine a quella sorta di stallo alla messicana.

Tante?- mormorò, stranita, per poi accettare la chiamata.

Seguirono alcuni monosillabi onomatopeici e un profondo sospiro; infine, dopo un silenzio che a William parve interminabile, Frida prese a ridacchiare.

Anscheinend hat das Universum eingegriffen, um meine Bestrafung zu verschieben. Entschuldigung, Papi, du musst allein nach Hause4. Mutti und Tante Serle richiedono la nostra presenza.

–Oh, ok- bofonchiò William, prima di realizzare l'uso del plurale e così perdere il poco colore che aveva sulle gote. –Ehi, aspetta un momento: nostra?
 

***

 

–Osserva, ascolta, riferisci. Osserva, ascolta, riferisci.

Kevin stava ripetendo quel mantra da tempo immemore per prepararsi alla missione - se così si poteva chiamare - affidatagli da William. Non ad alta voce, naturalmente, o nel vagone della metropolitana l'avrebbero preso per pazzo; anche se, a giudicare dagli sguardi che saettavano verso di lui da ogni direzione, aveva ottenuto il medesimo risultato mettendosi a canticchiare brani j-rock. Persino nella madrepatria del punk un liceale dall'aria stravolta di chi non ricorda l'ultima dormita degna di tale nome, che cantava in una lingua sconosciuta, esaltato come l'adepto di una setta, muovendo ritmicamente il capo - sul quale campeggiava un paio di vistose cuffie verde acido - non corrispondeva esattamente alla definizione di ordinario (nè tantomeno rassicurante).

In teoria, non avrebbe dovuto essere in ansia: gli erano già capitati, aiutando Frida, dei lavori da spia (finiti malissimo); sebbene, a conti fatti, quello affibbiatogli da William sembrava più un lavoro da spione, nel senso di poco onorevole. Tuttavia, riflettendoci su, si decise ad accantonare ogni remora morale in virtù del principio che il fine giustifica i mezzi. Nel suo caso, il fine era contribuire a che la defunta Aisling Carter ottenesse giustizia; valeva la pena rinunciare a un briciolo d'integrità morale per esso.

C'era un unico, piccolo problema: dubitava di riuscire a controllarsi al cospetto dei suoi idoli. Come avrebbe fatto a trattenersi dallo strillare di eccitazione di fronte ai W.O.F. (acronimo per Wings of Freedom, nome che sperava mutuato da "L'attacco dei giganti", piuttosto che dall'organizzazione terroristica che ambiva a rendere il Regno Unito una repubblica)? Gli era bastato udire in lontananza la voce graffiante e sensuale di Coco l'ambiguo frontman della band, per iniziare a fremere come uno scolaretto delle elementari!

Decisamente, non era tagliato per lo spionaggio. Forse avrebbe dovuto prestare più attenzione a quell'anime per cui era in fissa sua sorella Kaori, quello con la sicaria tettona e il cane veggente; peccato avesse dimenticato il titolo. Ricordava solamente che arrivava a fine puntata con una voglia matta di ingozzarsi di noccioline fino a star male.

Tuttavia, nel momento in cui realizzò che le prove erano in pieno svolgimento - accidenti alla sua incapacità di rinunciare alla merenda pomeridiana, anche a costo di arrivare in ritardo - esitò a varcare la soglia. Rimase impalato per un tempo indefinito a fissare la porta socchiusa, rapito in una sorta di trance, finché non venne ridestato dalla voce di Alex, insoddisfatta della performance.

–No! Così non va!

I suoi compagni dovevano essere avvezzi a scene simili, perché Kevin sentì Coco sospirare, prima di chiederle a denti stretti –Cosa c'è che non va, stavolta?

–Tutto!- ruggì Alex, facendo ridacchiare Kevin: vuoi per i lineamenti delicati, quasi identici a quelli della sorella Nita, vuoi per la corporatura esile ("da stuzzicadenti" avrebbe detto Kaori, che aveva sempre una buona parola per tutti), la sua nuova amica in versione arrabbiata era credibile quanto Lord Voldemort nelle vesti di venditore di dolciumi ai pargoli. –La batteria è troppo forte, copre il basso, che per inciso sembra pronto per l'accompagnamento di un funerale...

–Mi sono rotto delle tue crisi isteriche: possibile non sia mai tu a sbagliare?

–Stavolta è impossibile: sono quattro accordi in croce! Quanto a te, Coco: ricordi come si canta, sì? Non ne stai azzeccando mezza!

–Sei diventata sorda, per caso? Ho un'ugola di platino!

–Non basta essere intonati a rendere decente una performance. Contano anche l'espressione, la corporeità... lasciatelo dire, stai facendo schifo! Non è una cagata pop su strisciate di coca a Ibiza o quanta voglia di cazzo ha chi canta, ok? È un fottuto classico che ha fatto la storia del rock! Chi ti ascolta deve riuscire a vedere il fumo sull'acqua e fuoco nel cielo!- "Il fumo è quello che ha inalato prima di venire qui", pensò Kevin, esterrefatto: durante le esibizioni la band mostrava un affiatamento sbalorditivo, in netto contrasto con la diatriba che stava origliando. –Chiedo la luna?- nessuno dei presenti ebbe il fegato di contraddirla, ma lei confuse il loro pavido silenzio per approvazione. –Come immaginavo. Non usciremo da qui finché non avrò sentito qualcosa di minimamente soddisfacente.

–Dalle mie parti - che poi sono anche le tue - si chiama sequestro di persona- ribatté una quinta persona, che Kevin non riconobbe. –Concedi loro una pausa; vedrai che dopo riprenderanno con più vigore, e non sarà necessario trattenerli contro la loro volontà.

–Rhys ha ragione- annuì supplichevole il batterista Hammer. –Solo cinque minuti, Sledge, ti prego! Non ce la faccio più! Mi stanno venendo i calli alle mani!

–E quelli è preferibile farseli venire per altri motivi- ironizzò il tizio non identificato in un tono trasudante doppi sensi, suscitando l'ilarità generale; persino Kevin si lasciò sfuggire un risolino. L'unica a non ridere fu l'unica ragazza del gruppo.

–Ricordami perché dobbiamo sopportare la tua irritante presenza.

–Perché sono membro onorario della band. È solo grazie al sottoscritto se avete un batterista, dopo che quella feccia di Harris vi ha mollato di punto in bianco per inseguire il suo sogno. Dovreste inginocchiarvi a lustrarmi le scarpe!

Alex storse la bocca, disgustata.

–Solo se posso usare lo sputo di un lama infetto, Faccia da cavallo!

Kevin, allora, si ricordò di un particolare della conversazione sussurrata con William durante il mortorio meglio noto come lezione di scienze.

"–Mi domando se ci sarà anche lui. Sarebbe affascinante studiarlo nel suo habitat naturale.

Kevin, che aveva perso il filo e non capiva se l'altro si stesse riferendo o meno a un animale, decise di palesare la propria ignoranza.

Lui chi?- chiese.

Un deficiente amico di Aisling con la puzza sotto il naso e una faccia da cavallo che solo a guardarla ti vien voglia di prenderlo a ceffoni- rispose sprezzante l'australiano. –Ho avuto la disgrazia di incontrarlo alla commemorazione funebre. Tra una battuta al vetriolo e l'altra, ha insinuato che la morte di Aisling non fosse accidentale o suicidaria. Lì per lì non ci ho dato peso, ma poi, rianalizzando il linguaggio verbale e non assieme a Frida, sono giunto alla conclusione che era serio. Peccato non poterlo mettere sotto torchio personalmente, godrei come una scimmia albina se venisse fuori che il colpevole è lui!"

La curiosità soverchiò il timore, e decise di entrare di soppiatto per osservare la situazione più da vicino. Peccato che la porta, vecchiotta e cigolante, avesse altri piani: con uno stridio spacca-timpani mandò all'aria in tempo zero la pretesa di segretezza di Kevin, il quale si trovò scrutato (e scrutinato) con perplessità mista a fastidio da cinque paia di occhi.

Quattro gli erano familiari, il quinto apparteneva a un ragazzo alto e snello dal viso allungato, in uniforme scolastica. Pur non possedendo doti deduttive fuori dal comune, intuì di avere davanti a sè la nemesi di William, e che la studiata noncuranza con cui aveva sistemato il bavero della giacca costituiva una precisa scelta stilistica, volta ad ostentare lo stemma di una prestigiosa scuola maschile di Greenwich. Un atteggiamento sgradevolmente snobistico che gli fece storcere il naso.

"Chi crede di essere, il principe George? Si salva solo perché ha un bel musetto. Will parla parla, ma mi sa che l'oculista serve più a lui!"

Superati lo stupore e la gioiosa frenesia - da bimbo in un negozio di giocattoli nel periodo natalizio - tipica del fan al cospetto dei propri idoli, dovette ammettere a se stesso che, come sosteneva Flaubert, "non bisogna toccare gli idoli, se non si vuole che la doratura ci resti sulle mani": in abiti civili i quattro membri della band - soliti esibirsi in cross-dressing - apparivano tragicamente insipidi. L'unico guizzo di stranezza era dato da Coco, che non rinunciava ad appariscenti orecchini chandelier e un filo di eyeliner dai colori sgargianti (quel giorno, verde acqua) neppure quando scendeva a buttare la spazzatura.

Venne riportato bruscamente alla realtà proprio da quest'ultimo, che sbottò senza alcuna cortesia –Scusa, amico, le prove sono a porte chiuse. Se potessi evaporare... grazie!

Timido per natura, Kevin invocò il potere dell'impudenza, qualità che aveva sempre invidiato a sua sorella maggiore, capace di giustificarsi per essersi presentata in pigiama ad un party elegante in abito da sera con l'iconica frase: "Quale abito è più da sera del pigiama?", per poi godersi la festa con assoluta nonchalance, ballando scalza e sorseggiando champagne sotto gli sguardi attoniti degli ospiti (più quello furibondo della madre e divertito dello zio Brian, il quale, conoscendolo, avesse avuto venti o trent'anni in meno l'avrebbe imitata).

Sorprendendo tutti, specialmente se stesso, ebbe la sfacciataggine di ribattere a tono. Kaori sarebbe stata fiera.

–Mi ha invitato Alex. Evaporerò se, e soltanto se, sarà lei a chiedermelo- ringhiò, imponendosi di sembrare aggressivo, quindi si voltò verso di lei e aggiunse, in tono di sfida –Devo andarmene, Alex?

–Certo che no! È vero, ragazzi, l'ho invitato io. Scusa, Kev, mi è passato di mente di avvertire gli altri.

A quelle parole, tre dei quattro astanti esclamarono all'unisono –Allora è lui il famoso Kevin! Astronomico! Perché non l'hai detto prima? Credevamo fossi un parto malato della fantasia di Sledge! Ci ha parlato un sacco di te... quando non era impegnata a comandarci a bacchetta.

Circondarono il malcapitato e lo sottoposero ad una sfilza dissonante di domande che viravano dall'indiscreto al francamente importuno. Ovviamente, lo sguardo di Kevin venne attirato dall'unico rimasto a fissarlo in silenzio. Lo stava esaminando, ne era certo, attraverso la lente impietosa di due penetranti occhi nocciola, che sembravano trafiggere qualunque cosa rientrasse nel loro campo visivo, persino nuvole, terra e carne. Rabbrividì.

"Porca troia! Chi è questo, il figlio di Sauron?"

Quando si accorse che l'amico era sul punto di cedere, Alex mise a tacere il trio pettegolo, dopodiché, rivolgendosi a Kevin, borbottò –Non fraintendermi, Kev, è davvero astronomico vederti, solo... credevo avresti preferito stare accanto ad Andrew.

–Andrew Carter? Sei suo amico?- chiese Cork, il bassista, bellamente ignorato.

–Perché? È successo qualcosa?

Allibita, Alex esalò –Non lo sai? Gli è morta la nonna. Arresto cardiaco, pare.

–L'arresto cardiaco non è una causa di morte. A tutti si ferma il cuore quando si crepa- soffiò Kevin d'impulso, poi, per rimediare al commento che definire cinico è un eufemismo, precisò –Almeno, così dice la madre di una mia amica, e lei di cadaveri se ne intende. Cavolo, mi dispiace tanto! Povero Andrew!

"Povero un corno! Se avesse avuto bisogno di conforto avrebbe potuto chiamarmi, lo stronzone!"

–Già- annuì Hammer. –Una bella sfiga: prima la madre, poi la sorella, poi l'altra sorella, adesso la nonna...

–Sì, beh, senza offesa, la madre e le sorelle se la sono cercata- commentò severo Cork. –Non mi pare gli abbiano puntato la pistola alla tempia per spingerle a tagliarsi le vene e buttarsi di sotto!

Kevin, basito da un tale cinismo, si chiese se derivasse da qualche rotella fuori posto, oppure dal trauma di aver perso qualcuno che si era tolto la vita. Tuttavia, non ebbe il tempo di addentrarsi in riflessioni sull'argomento: doveva seguire il filo del discorso.

–Non letteralmente- rifletté Coco. –Ma converrai con me che bisogna provare la disperazione più nera per decidere di chiudere il proprio libro prima del finale, in barba all'istinto di sopravvivenza; specialmente se a farlo è una ragazzina con ancora tanti capitoli avanti a sé. Certo è che quel poveretto sembra perseguitato dalla tragedia. Non ha un attimo di tregua!

–L'avrà presto- sentenziò colui che Kevin aveva ribattezzato "Sauron junior". –Mancano all'appello il nonno e l'altra sorella, che sembra morta ma non lo è, dopodiché...

–Come hai detto, Faccia da cavallo? Scusa, non comprendo i nitriti!- sputò Alex.

Il diretto interessato, con aplomb invidiabile, le si avvicinò, abbassò con una mano la chitarra che la ragazza brandiva a mo' di arma e sibilò –Mi piange il cuore a infangare il tuo candore, Alex, ma sei abbastanza grande da reggere la verità: Aisling riusciva a farsi odiare con la stessa facilità con cui riusciva a farsi amare; e Andrew odiava lei e Aurora perché avevano tutti i riflettori puntati addosso, relegandolo nell'ombra. Starà molto meglio senza di loro, perciò non mi stupirei se dovesse saltare fuori che ha dato una mano al cupo mietitore- puntò l'indice contro gli altri tre e asserì –Insistete quanto volete, non mi convincerò che Ling si è tolta la vita, né tantomeno che è morta da cogliona, cadendo dalla finestra.

La tensione, densa al punto da potersi fendere, divenne talmente opprimente che lo stesso Hammer, in precedenza bramoso di una pausa, esortò gli altri a riprendere le prove.

–Ehm, c-che n-ne direste di darci dentro ancora un po', ragazzi? Spacchiamo i timpani a Rhys e Kevin!

–Ok, ma per favore un altro brano, o il fumo comincerà a uscirmi dalle orecchie!

Alex sogghignò, ammiccando in direzione dei due spettatori.

–Dato che è in scaletta, che ne dite di dedicare il prossimo pezzo a Faccia... ehm, al nostro amico equino antropomorfo? Un uccellino di nome Nita mi ha spifferato che è il tuo preferito... oltre che la tua più grande fobia.

Il suddetto equino riuscì nell'impresa di avvampare sulle guance e al contempo assumere un pallore dal sottotono verdastro nel resto del viso. Incapace di proferire parola, manifestò il proprio disappunto sollevando entrambi i medi in direzione di Alex, che ricambiò di cuore.

–Non potevo crederci. Voglio dire, chi ha paura del buio a diciott'anni?

Scambiò un'occhiata complice con Colin e si lanciò in un assolo da far tremare le pareti. Gli altri la seguirono a ruota, ciascuno dando il meglio. Eppure, notò Kevin, l'insieme suonava, seppur gradevole, disarmonico, come l'incastro tra pezzi dello stesso colore, ma di puzzle diversi.

–Lo senti anche tu, vero? C'è una nota stonata.

–Non è una, sono tutte le note di Alex. Non sta a me farglielo notare, ma sta andando troppo veloce.

Kenny, che voleva divertirsi un po', finse di non sentire.

–Parla più forte, non ti sento!

–Ho detto: ALEX STA ANDANDO TROPPO VELOCE!

–Eh? Ripetilo, se ne hai il coraggio!

Kevin, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi chiusi per escludere interferenze, li spalancò, pietrificato dall'imbarazzo. Che figura!

A trarlo d'impaccio provvide Coco, il quale ansò –Non ha tutti i torti. Sei riuscita a farmi venire il fiatone, Sledge!

–Beh, oggi è peggio del solito - spero non a causa mia - però ho notato che succede spesso: lei parte e voi le correte dietro. È assurdo: dovreste fornirle voi una base, non il contrario! Oltretutto, sforzare così la voce è deleterio, Coco. Posso chiamarti Coco?- rincarò Kevin, nuovamente carico di una buona dose di faccia di bronzo. –Scusate se mi sono permesso.

–Ehi, le critiche costruttive sono sempre bene accette- asserì Hammer. –Specie se sono vere.

–Cosa vai farneticando?- sbraitò Alex.

–Hashtag: "Kevin ha ragione" toda la vida, baby!

–Te ne saresti accorta prima, se guardassi in faccia i tuoi compagni, ogni tanto- osservò Kevin, per poi rimanere in silenzio ad attendere una replica indignata, che non arrivò; Alex si limitò a chinare la testa, mordendosi il labbro fino a sanguinare. –Parlo per esperienza: un gruppo, per funzionare, ha bisogno di coordinazione. Un'orchestra ha il direttore; voi no, perciò comunicate. A parole prima, e in qualsiasi altro modo utile quando siete sul palco.

Al termine di un lungo silenzio, Alex esalò un flebile –Hai ragione. Scusate, ragazzi, tendo a ricadere nelle vecchie abitudini. Devo ricordarmi che non suono più da sola nella mia cameretta... per fortuna.

–No problemo. Ammettere il problema è il primo passo per risolverlo.

Alex annuì con vigore.

–Mi raccomando, quando sbaglio fatemelo notare. Non abbiate paura di farmi arrabbiare; in realtà, mi arrabbio perché so quanto possiamo dare. Allora, riprendiamo? Stavolta pretendo la perfezione, o non metteremo piede fuori di qui, chiaro?

Kevin non poteva credere alla sua fortuna: non era stato picchiato e/o cacciato a pedate. Incredibile! Sfortunatamente, sebbene non desiderasse altro che concentrarsi sulla musica, dopo un po' la voce della coscienza si fece fastidiosamente strada nelle sue sinapsi.

"Bene, bene, battiamo la fiacca!"

"Oh, chiudi il becco! Mi godo un po' di buona musica. È forse un crimine?"

"Lo diventa se ti impedisce di fare l'unica cosa che devi fare: non deludermi. Pensi di riuscirci, o come al solito dobbiamo intervenire io e Frida?"

"Non ti permetto di trattarmi così! Ho aiutato Frida nelle sue indagini più volte di quante tu possa immaginare! Inoltre, a voler essere fiscali, non mi hai ordinato di fare una cosa, bensì tre: osservare, ascoltare e riferire. Adesso sto ascoltando."

"Due cose insieme non ti riescono, testa di minchia?"

Si lasciò sfuggire una risatina: possedeva una fantasia incredibilmente accurata; il vero William si sarebbe espresso esattamente come la versione creata dalla sua mente, marcato accento australiano incluso.

Preda di un mix letale di desiderio di approvazione e senso di colpa, si mise ad osservare di sottecchi Sauron junior (si rifiutava di chiamarlo Faccia da cavallo; sebbene non fosse il suo tipo, lo riteneva un discreto bocconcino), arrovellandosi nella ricerca di un escamotage per riportare la conversazione sulla morte di Aisling e così ottenere informazioni utili; il tutto col sorriso sulle labbra, naturalmente.

L'oggetto delle sue elucubrazioni dovette sentirsi osservato, perché a un certo punto smise di muovere la testa e tamburellare le dita a ritmo per voltarsi verso di lui con una strana espressione in volto.

–Sono così piacevole da guardare?- chiese, per poi commentare, senza dare a Kevin nemmeno il tempo di aprir bocca –Ti unisci a Coco e Alex nel club di chi non ama la figa?

Sbuffò una risatina smorzata, ignaro che alla sua sinistra Kevin si stava sentendo morire. Per quanto si sforzasse, non era come Kaori, né lo sarebbe mai stato; non riusciva a lasciarsi scivolare addosso con noncuranza commenti e battutine, specialmente quando colpivano nel segno. Decise, però, di dare fondo a tutto il suo coraggio, difendendosi attaccando per primo, nella speranza di suscitare nell'altro un imbarazzo pari al suo.

Arrossì furiosamente ed esalò –Ti crea problemi?

–Cosa?

–Quello che hai appena insinuato. Complimenti per la perspicacia!

L'altro, che ancora ridacchiava, si bloccò di colpo.

–In che senso? Aspetta, vuoi dire che... oddio! No, ma... guarda che scherzavo! Io non... cioè, non avrei mai pensato che tu... che t-tu f-fossi davvero...

–Ti sconvolgerà, ma gli omosessuali non vanno in giro con scritto sulla fronte: "Sono gay". A nessuno piace venire etichettato in base a se, chi o cosa gli piace scopare.

–B-Beh, n-no, certo che no! Oddio! Scusami, non volevo! Volevo soltanto fare una battuta idiota!

Appariva talmente imbarazzato che Kevin si affrettò a tranquillizzarlo.

–Beh, ci sei riuscito... a fare una battuta idiota, intendo. Una delle peggiori che abbia mai sentito! Non preoccuparti, però: non mi sono offeso. Fino a ieri sarei morto di vergogna, ma fare coming out con mia sorella e i miei amici mi sta aiutando a venire a patti con questa parte di me.

"Anche se quello stronzo di Nate si rifiuta di parlarmi. Che marcisca all'inferno!"

–Meno male! Ad ogni modo, scusa ancora- esclamò Sauron junior, che sotto i panni del bulletto dall'ego ipertrofico celava un essere umano tutto sommato tollerabile. –Mio padre mi ucciderebbe se mi sentisse, ma credo che definire le persone in base a quello che gli piace leccare sia un'offesa nei confronti della complessità dell'essere umano. Pace, amore e lingua!

Con sua enorme sorpresa, Kevin si trovò a ridacchiare insieme a colui che fino a qualche minuto prima gli era risultato cordialmente antipatico. Sperò che la neonata confidenza tra loro gli consentisse di smuovere un po' le acque e metterlo sotto torchio; tuttavia, per non allarmarlo, scelse un approccio soft.

–Mi piace. Quasi quasi me lo tatuo sul pube! Comunque, uhm, avevi ragione: pochi minuti di riposo hanno fatto miracoli. Sono di nuovo in forma smagliante! Non avrei mai detto che Alex possedesse il piglio del dittatore.

–Da quando hanno cominciato ad avere successo, sente la pressione delle aspettative crescenti: i W.O.F. sono nati quasi per gioco come cover band, adesso la posta si è alzata; devono sfornare originali, e il fardello ricade essenzialmente su lei e Coco, non proprio un tipo affidabile - anche se ha una voce strepitosa e se la cava con le rime - perciò non posso biasimarla per essere diventata una tiranna perfezionista. Ogni gruppo ha bisogno di un leader, qualcuno capace di spronare i compagni e all'occorrenza metterli in riga, però deve capire che a volte tirare troppo la corda è controproducente.

–Vi conoscete da tanto?

–In un certo senso, sto iniziando a conoscerla solo adesso e, anche se le lascio pensare il contrario, sono felice stia tirando fuori un bel caratterino; prima era la versione scolorita di... lascia perdere- si schiarì la voce, e proseguì. –In realtà ho conosciuto prima sua sorella Nita, tramite un'amica in comune. Mi disse che la sua sorellina cercava disperatamente un batterista, cito testualmente, "senza grilli per la testa" e pensai subito a Daniel. Hammer, per intenderci. Quindi, non per vantarmi, ma le tue orecchie sono in visibilio anche grazie a me.

Sorprendendo se stesso una seconda volta, Kevin replicò ridacchiando sotto i baffi (che meditava di farsi crescere, unitamente ad un artistico pizzetto) –Vuoi che ti lustri anch'io le scarpe con bava di lama? O preferisci di cammello?

–Abbiamo un comico tra noi!

–Ma ho anche dei difetti! Senti, toglimi una curiosità: l'amica in comune con la sorella di Alex è la Aisling di cui parlavi prima?

–Aisling Carter, sì.

–La tizia precipitata dalla finestra?

–La conoscevi?

"Pensa a qualcosa, Kev, e in fretta!"

–La seguivo...

–Da bravo stalker?

–Sui social- mugugnò Kevin distogliendo lo sguardo. –Sembrava una ragazza a posto; un po' troppo patinata per i miei gusti, ma a posto. La sua morte mi ha scosso profondamente. Una vera tragedia.

Contrariamente all'atteso, colui che ormai nella mente di Kevin era irrevocabilmente Sauron junior soffiò, socchiudendo le palpebre in uno sguardo predatorio –Non ti sei neppure presentato, e ti aspetti che mi sottoponga di mia spontanea volontà ad un interrogatorio malamente camuffato da conversazione amichevole?

"Altro che figlio di Sauron, questo è il gemello perduto di Frida!"

Ripromettendosi di non lasciarsi intimidire, balbettò –N-Neanche tu t-ti sei presentato.

–Il mio nome non ha importanza- replicò laconico l'altro. –Quanto al tuo, non c'è bisogno che me lo dica: sei Kevin Cartridge, giusto?

"È veramente il gemello perduto di Frida! Come diavolo...?"

–Rilassati, non ho poteri paranormali. Semplicemente, mio fratello frequenta il tuo stesso conservatorio - che, se non erro, è lo stesso di Alex. Piccolo il mondo, no? - e ti segue. Sempre sui social, tranquillo. O sei di quelli che si sentono lusingati a venire stalkerati? Cazzate a parte, dice che hai uno straordinario talento, e potrà ritenersi fortunato se riuscirà a diventare bravo almeno la metà di te.

Kevin sorrise compiaciuto, non soltanto per la (palese) lusinga. Anni passati a seguire Frida nelle sue rocambolesche avventure e divorare serie poliziesche gli avevano impartito una lezione fondamentale: qualunque cosa dica potrà essere usata contro di te. Nel momento in cui aveva registrato che il fratello di Sauron junior (alias gemello segreto di Frida, alias Rhys, l'uomo dai mille nomi) frequentava il conservatorio, aveva intuito di poter usare quell'informazione a proprio vantaggio. Non sapeva come, né quando, ma l'avrebbe fatto.

–Fratello maggiore?

–Minore. Un pidocchio assillante- sospirò. –Mi mancherà l'anno prossimo.

"Bingo! Ecco il suo tallone d'Achille: il fratellino! Frida e Will, siate fieri!"

–Beato te! Io ho due sorelle, mi sarebbe piaciuto avere un fratello. Qualcuno che non mi impiastricciasse la faccia con i trucchi della mamma mentre dormivo.

–Ah, beh- ammise l'altro tradendo una certa ilarità –Quello lo facevo anch'io. Il maggiore deve bullizzare i piccoli, è la dura legge della fratellanza- dopodiché sconcertò Kevin con un aiuto inaspettato. –Senti: sembri un bravo ragazzo; di sicuro, non il genere di persona che nutre un'ossessione morbosa per il true crime. Ti farò un'offerta che non potrai rifiutare: dimmi perché ti interessa tanto la morte di Ling e risponderò alle tue domande, anche le più scabrose. Ci stai?

Aveva ragione, pensò Kevin mentre gli stringeva la mano: non poteva rifiutare una simile offerta. Al contempo, però, non poteva rivelare troppo dell'indagine clandestina di Frida. Cercò di raggiungere un compromesso accettabile.

–Ecco, vedi... potresti non essere l'unico ad avere dubbi sulla faccenda, e sono curioso di sapere da cosa derivano i tuoi.

Sauron junior (per nulla al mondo avrebbe rinunciato a chiamarlo così) soppesò la risposta, prima di dargli un cenno di approvazione.

–Deduco non si tratti di te, bensì di un tuo amico. Lo conosco?

–Il suo nome non ha importanza.

–Touche. Pochi osano ritorcere le mie parole contro di me. Ad ogni modo, reputati fortunato, Kevin Cartridge: hai la stima di mio fratello, e, personalmente, apprezzo la lealtà più dell'onestà, perciò reputo la tua risposta soddisfacente. Come promesso, ecco la mia: la Aisling che conoscevo non era quella che conosceva il suo pubblico, ma ti posso assicurare che, per quanto patinata, non fingeva il suo attaccamento alla vita. Non può essersi suicidata, punto. Non ne aveva motivo.

–Beh, ma....

–So cosa stai per dirmi: non esiste il suicida-tipo; spesso nei giorni precedenti molti suicidi sembrano felici, o comunque normali, probabilmente perché iniziano a vedere la luce - della dipartita - in fondo al tunnel. Vero. Ma ho un asso nella manica: secondo te una che aveva puntato tutto sull'essere figa, bella e fotomodella, con un arsenale di tranquillanti a disposizione avrebbe scelto di morire gettandosi nel vuoto? Rischiando - come è successo - di rovinare quel bel faccino e non potersi far ammirare nella bara? No. Non quadra. C'è del marcio in Danimarca, per citare il Bardo, e su di esso Ling è scivolata.

Sorprendendo se stesso una terza volta, Kevin replicò, tagliente –Interessante teoria. Non mi pare abbia fatto alcunché per verificarla, però.

Punto sul vivo, l'altro replicò di rimando –Per chi mi hai preso, l'ispettore Barnaby? Se la polizia non ha trovato le prove, è impossibile che le trovi io!

Kevin dovette mordersi la lingua per impedirsi di urlare che la sua amica Frida le prove le aveva trovate, eccome, e cominciò a capire perché a William quel tizio stesse così tanto antipatico. Era chiaro come il sole che - per usare un'espressione cara agli insegnanti vecchio stampo - il ragazzo fosse intelligente, ma si applicasse raramente, ed esclusivamente a ciò da cui potesse ricavare un tornaconto personale.

–Chiunque può sbagliare, anche la polizia. Inoltre, a pensar male, il tuo potrebbe essere un elaborato depistaggio: talvolta il killer avanza teorie, si fa coinvolgere nelle indagini o inscena attentati alla sua vita per sviare i sospetti... oltre che per il gusto del brivido.

–Peccato non abbia un movente, caro il mio vice-Poirot. Volevo bene a Ling, ero uno dei pochi a potersi davvero definire suo amico.

–Non è necessario averne uno. In "Nodo alla gola" di Hitchcock l'omicidio viene commesso per mero esercizio intellettuale, volto a dimostrare che il delitto perfetto è possibile. Senza contare che un movente l'avresti eccome: sei di certo al corrente delle voci che giravano su Ling e tuo padre- osservò Alex, materializzatasi davanti a loro col viso chiazzato di rosso e l'aria sofferente di chi stava cercando di ingoiare un limone intero.

Con una flemma innaturale, da far accapponare la pelle, Sauron junior puntualizzò –Defenestrare qualcuno è ben lontano dalla definizione di delitto perfetto, men che meno di esercizio intellettuale. Quanto alle illazioni prive di fondamento su una - Dio, quanto odio questa parola - relazione tra lei e mio padre, eravamo in talmente buoni rapporti che l'ho affrontata a viso aperto: le ho chiesto se - mi viene da vomitare solo a pensarlo - andassero a letto insieme; ha negato, e la cosa è finita lì.

"Come no! Credibilissimo!", pensò Kevin, che aveva intravisto sul suo viso, prima che riacquistasse il consueto aplomb, la medesima espressione rancorosa di Kimberly quando aveva scoperto che il suo primo ragazzo aveva piazzato le tende a casa loro perché in realtà stracotto di Kaori. Vere o meno che fossero, quelle dicerie lo infastidivano non poco. La domanda era: abbastanza da passare all'azione?

Notò anche l'espressione di Alex, passata da un dolore straziante (e per lui inspiegabile) a sollievo misto ad incredulità, quasi che una parte di lei desiderasse con tutto il cuore che Rhys (alias Sauron junior, alias Faccia da cavallo) stesse dicendo la verità.

–Nessun rancore? Davvero?- chiese, con un lieve tremolio nella voce. –Nonostante pettegolezzi del genere siano pericolosissimi in campagna elettorale? I fedifraghi appassionati di carne troppo fresca non sono bene accetti a Downing Street! Nei tuoi panni, avrei eliminato la fonte senza pensarci due volte!

Il cervello di Kevin esplose. Rhys non era il nome del figlio di Sauron, era il cognome! Rhys-Jones, come il candidato conservatore alla carica di Primo Ministro. Sconvolto, gli lanciò una rapida occhiata, e si auto-assolse per non aver unito prima i fili ripetendo che nemmeno Frida "Occhio di falco" Weil sarebbe riuscita nell'impresa: il ragazzo somigliava al padre come lui a un calamaro; sua madre Abigail (anche lei sempre con una buona parola per tutti) avrebbe commentato che probabilmente la signora Rhys-Jones lo aveva concepito con un aiuto esterno.

"Tralasciando la questione paternità, se non è un movente questo..."

–Per piacere, mettiamo fine a questa stronzata, ha smesso di essere divertente. Ho un alibi di ferro per la notte in cui è morta Ling: l'ho trascorsa tra il bar, la pista e un cesso del Tipsy Crow, dove ho rimesso tutto l'alcool ingurgitato negli ultimi tre anni. Chiedete pure a Hammer, se non mi credete, è stato lì tutto il tempo a reggermi la testa.

–Vomitevolmente vero- confermò questi, apparso dal nulla alle loro spalle. Le bacchette, come di consueto, spuntavano tra i cespugliosi capelli castani, malamente trattenuti sulla sommità del capo da una fascia color fango, in una sorta di ammasso decadente soprannominato dagli altri membri della band "il gatto morto". –Quella notte sono morte la mia innocenza e ogni fantasticheria di diventare infermiere!

Kevin, che stava inviando di nascosto un messaggio a William per aggiornarlo degli sviluppi, lo cancellò e scosse il capo; inutile disturbarlo, tanto non stava cavando un ragno dal buco. Chi aveva un movente aveva un alibi, e chi non aveva alibi era anche privo di movente. O era circondato da attori sopraffini, oppure stava davvero abbaiando all'albero sbagliato. Una voce nella sua testa gli fece notare che forse non c'era alcun albero al quale abbaiare, ma la tacitò immediatamente: finora, Frida non si era mai sbagliata, nemmeno quando le apparenze puntavano nella direzione opposta. Rammentava ancora il primo caso nel quale erano rimasti invischiati anche lui e un riluttante Nate: era riuscita a rintracciare - viva - una ragazza della cui scomparsa, non fosse stato per la sua pervicacia e perspicacia, si sarebbero accorti tutti troppo tardi.

–La tua innocenza è morta molto tempo fa, insieme al tuo cervello- sibilò Rhys.

I due presero a battibeccare, ma Kevin non diede loro retta: Alex lo stava fissando con occhi lucidi. Capì che aveva capito il suo secondo fine, e si sentì un verme per averla ferita. Il fine poteva giustificare i mezzi, ma non i danni collaterali; quelli non era disposto a pagarli.

Sebbene si conoscessero solo da pochi giorni, l'affinità con Alex era talmente forte che se uno dei due fosse stato del sesso appetibile all'altro, probabilmente sarebbero diventati una coppia.

–Vuoi che me ne vada?

"Di' di no! Ti prego, di' di no!"

–Voglio la verità: mi hai sfruttato per ottenere informazioni per Weil e socio, o posso sperare di continuare a considerarti un amico?

Avrebbe voluto replicare –Tu non puoi reggere la verità!- citando uno dei suoi film preferiti, ma preferì essere sincero. O meglio, crollò sotto il peso dei sensi di colpa. Decisamente, non era tagliato per lo spionaggio.

–Ma chi me l'ha fatto fare?- piagnucolò. –Io non volevo, è stato Will a insistere! Mi ha chiesto di, ecco, fare leva sulla nostra amicizia per carpire informazioni: tutti, qui dentro, conoscevano Aisling e/o Andrew, che al momento credo sia il principale sospettato, e secondo lui con me vi sareste aperti più che con lui o Frida.

–In pratica, ti ha mandato a spiarci.

–Beh, ecco, non proprio... cioè, insomma... sì- ammise, strofinando il piede contro il pavimento, a capo chino, come quando aveva cinque anni e doveva mentire ai genitori sulle bravate di Kaori. –Ma io non volevo, giuro!

–Se è un tentativo di scusarti, fa pena- lo stroncò Alex. –Credevo volessi essere mio amico.

–Lo voglio! Non sono un bastardo manipolatore, sono un debole patologicamente incapace di dire no. Il velo di tristezza negli occhi delle persone quando neghi loro qualcosa... non lo reggo; tocca corde del mio animo che rendono impossibile dire di no. Dovrebbe essere semplice, è una cazzo di sillaba: NO! Eppure non ci riesco.

–Immagino ci sia la lunga mano nera della tua amichetta Miss Marple dietro questo brillante piano. L’australiano finto empatico, da quel che ho capito, pende dalle sue labbra. Che c’è, allora? Non mi ha torchiato a sufficienza per i suoi gusti? Non crede che chiunque conoscesse da vicino Ling abbia sofferto abbastanza?

–Ripeto: Frida stavolta non c'entra niente; era intenzionata ad interrogarvi uno per uno, faccia a faccia, coi suoi modi ricchi di empatia e tatto. Un'esperienza che non raccomando, a meno di avere tendenze masochiste. Chiedi pure a tua sorella, se non mi credi. È stato Will a ritenere che un approccio più “morbido” fosse preferibile. Inoltre- asserì Kevin, serio come poche volte in vita sua. –Sono d'accordo con Frida: Aisling merita giustizia, e trovare il bandolo della matassa della sua morte, altrimenti senza senso, è l'unico modo per elaborare il lutto e voltare definitivamente pagina.

Alex fu sul punto di ribattere che tutti davano per scontato volesse voltare pagina, quando invece desiderava conservare una traccia di ciò che era stato - nonostante la dolorosa consapevolezza che si fosse trattato di un sentimento a senso unico - e, comunque, prediligeva di gran lunga la brutale sincerità alla finta empatia a copertura di tattiche manipolatorie, ma Kevin la batté sul tempo.

–Percepisco quando la mia presenza non è più gradita. Tolgo il disturbo. Adieu!

Non fece in tempo a muovere due passi, tuttavia, che venne fermato da una salda presa sulla spalla. Si voltò, ma, con sua grande sorpresa, si trovò davanti Rhys (per lui, per sempre, Sauron junior).

–Aspetta- disse in tono imperioso. –La persona che ha dubbi sulla morte di Ling è questa tua amica Frida?- Kevin annuì e il suo sguardo si accese di una luce quasi maniacale. –Non sarà per caso Frida Weil?

–Sì. La conosci?

–Di fama.

–Capisco- sospirò drammaticamente Kevin.

–Che diamine vorrebbe significare?

–Frida si vanta di conoscere tutti, a Londra. Tutti quelli che vale la pena conoscere.

Godette un mondo nel constatare che l'altro aveva colto l'offesa velata, ma non sapeva come replicare. Il velo era troppo spesso perché potesse forarlo senza apparire eccessivamente permaloso.

–Allora esiste veramente.

“Sì, e se fosse qui te ne avrebbe dato prova con un calcio nelle palle!”

–Avevi dubbi al riguardo?

–No! Chi mai dubiterebbe dell'esistenza di una fantomatica Sherlock Holmes al femminile, dal nome improbabile, mai apparsa sui giornali e senza un profilo social?- ironizzò Rhys. –Dunque esiste. E si chiama davvero Frida Weil.

"Certa gente muore proprio dalla voglia di farsi pestare a sangue!"

–Non dispongo del certificato di nascita, ma posso produrre documentazione fotografica, se lo desideri- celiò Kevin, in un semi-fallimentare tentativo di scimmiottare lessico e movenze di Frida.

–No, grazie- rispose Rhys, sogghignando. –Non sono particolarmente superficiale, ma pure l'occhio vuole la sua parte. In genere, chi rifiuta di farsi immortalare lo fa per un buon motivo... estetico. Immagino valga anche per la Weil.

"Sta insinuando che Frida non si mette in mostra perché è brutta? Che imbecille!"

Avrebbe voluto ribattere, ma, ancora una volta, venne messo a tacere ancor prima di aprire bocca.

–Sentito, ragazzi? Pare che il buon vecchio Rhys avesse ragione: la migliore detective in circolazione ha fiutato la pista dell'omicidio. Fareste meglio a spolverare i vostri alibi, ho l'impressione che tra non molto ne avremo bisogno.

 

***

 

–Non c'era bisogno che ci scortassi, Papi- celiò Frida in tono fintamente cordiale, smentito dall'occhiataccia che scoccò al padre.

–Non sto scortando William, Fröschlein, sto scortando te. Quale parte di “non muoverai un passo senza supervisione” non ti è chiara?

William, stanco del loro bisticciare, si estraniò dal mondo per mezzo di cuffie e la playlist creata ad hoc da Kevin per aiutarlo a combattere lo stress.

“Cristo santo, 'sti due sono instancabili! E Faith li sopporta ogni giorno! Pazzesco non si sia ancora sparata un colpo in testa. Rispetto, sorella! Forse saresti stata meglio con mio padre, anche se ti ringrazio per non averlo sposato, altrimenti la Weil sarebbe mia sorella e non potrei provarci con lei. Peggio ancora: non potrei nemmeno fantasticare su di lei perché non saremmo nati! Difficile sgrillettarsi, se neanche esisti! Strano pensare alla straordinaria serie di ordinari eventi che ci ha permesso di venire al mondo. Forse Faith e papà avrebbero avuto figli insieme, ma sarebbero stati altri figli. Nessun William, nessuna Frida; anche perché mio padre col cazzo che avrebbe imposto a sua figlia un nome del genere! Frida. Fri-da. Frriida. No, non suona bene. Troppo fricativo. Troppo germanico. Bleah! Lasciamo perdere i film mentali; tutto sommato, è andata bene per com'è andata. Me ne lamento sempre, soprattutto di mia madre, ma sono contento di essere figlio dei miei genitori, e credo valga lo stesso per la Weil. Una volta tanto, voglio essere fatalista e auto-convincermi che il destino abbia scelto il migliore dei mondi possibile.”

–Terra chiama Liam. Hai finito con le fantasie sconce su di me?

Colto alla sprovvista, William sobbalzò, per poi tingersi di rosso su ogni centrimetro quadrato di pelle scoperta e replicare, occhieggiando Franz –Non stavo pensando a te! Non in modo sconcio, almeno. Mai in modo sconcio!

Frida non mancò di punzecchiarlo.

–Stai parlando con me, perché guardi meinen Vater?

Franz, alle loro spalle, soffocò una risata: William si stava rivelando una costante fonte di divertimento. Era seriamente terrorizzato da lui!

Ripensandoci, non era il primo in cui suscitava una simile reazione; all’inizio la cosa lo infastidiva enormemente, col passare degli anni aveva iniziato a trovarla spassosa.

A volte si domandava se non si fosse innamorato di Faith proprio perché non si era mai lasciata intimidire da lui; in più di un'occasione gli aveva dato (meritatamente) dello stronzo! Poteva sembrare placida, quasi apatica, ma riusciva a infervorarsi per ciò a cui teneva, o in cui credeva. Franz apprezzava soprattutto questo di lei: il coraggio di battersi fino alla morte per un'idea e/o il suo portavoce. Per certi versi, Faith era più coraggiosa di lui, che passava i fine settimana tra parapendio e adrenalinico bungee jumping. Inizialmente, era convinto che Faith, come gran parte delle dolci metà dei suoi amici, avrebbe tentato di scoraggiarlo dal praticare degli hobby tanto pericolosi, specialmente dopo la nascita della loro bambina; invece, nonostante la preoccupazione che di tanto in tanto traspariva nel suo sguardo dolce e amorevole, gli era sempre stata accanto. "Ho detto che ti amo così come sei, e tu sei anche le tue passioni", era solita ripetergli. "Se tentassi di cambiarti il mio amore perderebbe valore, non ti pare?"

Da un lato, era lieto che non lo ostacolasse; dall'altro, negli attimi evanescenti in cui lo assaliva il timore che potesse stancarsi di lui, come una ragazzina insicura dei sentimenti del partner anelava in cuor suo una manifestazione di gelosia, gli era capitato di sperare in una lamentela, anche minima, a fugare qualsiasi dubbio che tenesse ancora a lui.

Fu proprio la voce di Faith a fargli notare l'ovvio: era stato lui ad avallare la tesi di Hans che Frida andasse temprata, e resa in grado di maneggiare un’arma (bianca) e di abbattere un uomo adulto anche disarmata; l’aveva voluta prestante, indipendente e combattiva, non poteva lamentarsi se aveva soddisfatto le aspettative.

Sospirò mestamente: aveva promesso a Faith che loro figlia sarebbe stata noiosamente normale, ma tale promessa era impossibile da mantenere: il frutto dell’amore tra due soggetti singolari come loro non poteva rientrare nei paradigmi della normalità. Frida aveva ereditato la sua sicurezza (Faith avrebbe detto arroganza) e il suo sprezzo del pericolo - oltre a intelligenza e bellezza, s'intende - insieme allo spirito da pasionaria (e un altro po' d'intelligenza, che non guasta mai) della madre. Non c'era da meravigliarsi avesse fatto proprio il motto: "il pericolo è il mio mestiere". Ricordava come fosse ieri quando seine Fröschlein, che fin da piccolissima aveva espresso il desiderio di volare, aveva indotto Hans a spingerla sempre più forte sull'altalena, in modo da guadagnare velocità sufficiente a staccarsi e provare l'ebbrezza di librarsi nell’aria, prima di schiantarsi rovinosamente al suolo rompendosi un braccio. Chiunque, al suo posto, avrebbe urlato dal dolore, pianto, imprecato. Invece, stando a quanto gli aveva riferito in Pronto Soccorso un atterrito Hans, seine kleine Kriegerin5, di appena cinque anni, non aveva battuto ciglio; al contrario, aveva sorriso, ringraziandolo per averle regalato la gioia di volare, prima di perdere conoscenza.

Da genitore apprensivo, confidava si trattasse di una fase e che, come con lui, l'età adulta avrebbe tramutato in braci il fuoco dirompente che ardeva nella sua bambina. Qualche mese tappata in casa, lontano dalle investigazioni, forse avrebbe contribuito in tal senso.

Papi? Alles gut?

Scosse il capo, stordito come la mattina appena sveglio. Si voltò verso la figlia, che lo osservava preoccupata, e le assicurò che stava bene, si era semplicemente perso nei ricordi.

–Stai diventando vecchio, vecchio. Comunque scherzavo, su Liam. Bitte, töte ihn nicht6. E non infartare- disse, prima di sorprenderlo con un abbraccio; lei, così restia alle manifestazioni fisiche d'affetto (come lui, del resto). –Non potrei sopportarlo, se morissi senza aver fatto pace. Ti voglio bene.

–Anch’io, Fröschlein. Ma due moine non ti esimeranno dalla tua punizione- ridacchiò del broncio comparso sul volto della figlia e aggiunse –Ancora convinta di preferirmi vivo?

Frida finse di ponderare la risposta.

–Tutto sommato, sì. Non sei malaccio come padre.

–E tu non sei malaccio come figlia- chiocciò Franz, per poi spingerla verso l’ufficio della zia. –Prima le signore.

Serle li accolse freddamente, invitandoli a sedersi senza nemmeno degnarsi di salutarli, al contrario di Ernst, che sventolò entusiasticamente una mano.

La sua presenza li stranì, ma non ebbero il tempo di chiedersi cosa facesse lì che Serle li richiamò all’ordine.

–Bene arrivati. Vado subito al sodo- disse. –Credo siano necessarie delle scuse...

Frida annuì e la interruppe.

–Scuse accettate, Tante. Riconosco che ad un’occhiata superficiale la morte di Aisling Carter sembrasse tutto, fuorché un omicidio. L’importante è che tu e Mutti vi siate ricredute. Andrew è ancora qui? Vorrei fargli qualche domanda.

–Ispettore Constable, prego- replicò secca Serle. –Quanto alle scuse, dovreste essere tu e i tuoi complici a farmele in ginocchio, pregando le divinità di ogni religione conosciuta che non vi denunci per occultamento di prove- si fece consegnare da Faith, in piedi alla sua destra, una chiavetta USB e la poggiò sulla scrivania. –Riconoscete questa?

Frida e William trasalirono; Hans, furibondo, si avventò sul fratello, che corse a nascondersi dietro la zia, invocando la sua protezione.

Hilf mir, Tante!

Feigling! Versteck dich nicht da hinten! Komm da raus und stell dich mir!7

–Fossi matto!- rispose Ernst, ben protetto dallo scudo umano offerto da Faith. –Mi spiace essere arrivato a tanto, ma non potevo permetterti di sputtanare Mutti und Tante per facilitarti la carriera!

–Sputtanare tuo fratello e tua cugina invece andava bene? Verräter! Du verdienst es nicht zu leben!8

Ernst serrò la presa su Faith.

–Non puoi uccidermi, Bruder! S-sei in servizio, e… e poi… chi farà da testimone al tuo matrimonio, eh?

–Ho un altro fratello. Posso fare a meno di te, subdolo figlio di...- Serle si schiarì rumorosamente la gola, e Hans aggiustò il tiro. –Nostra madre.

Frida, che con indicibile sconcerto di William e suo padre aveva assistito impassibile alla scena, sbadigliò vistosamente, prima di intromettersi nel quadretto familiare.

–Se avete finito di ruzzare, gradirei sapere se hai analizzato la chiavetta, Ernst, prima di darla via.

Fu Serle a rispondere.

–Non ce n’è bisogno, il caso è riaperto chiuso: dalla dichiarazione formale di Andrew Carter emerge chiaramente che la colpevole è sua nonna!

 

 

 

Note dell'autrice

Spero vi siate divertiti a leggere questo capitolo almeno quanto io a scriverlo. Sarà filler, di passaggio, o quel che volete, ma mi sono lasciata trasportare dalla creatività, a briglia sciolta.

Ci sono state comunque svolte importanti: il caso sembrerebbe riaperto e chiuso, ma sarà davvero colpevole la nonna di Aisling? ;-)

Faccia da cav... ehm, Kenny immaginatelo come preferite; per me, ha le fattezze di Harry Lloyd (Vyserys Targaryen di GOT). Lo confesso: ho un debole per il fascino british! * arrossisce *

PS: i brani a cui si fa riferimento sono "Smoke on the water" e "Fear of the dark". Complimenti * applausi * a chi ha indovinato! Se non li avete mai ascoltati, manco per sbaglio, correte a farlo. Ora! Subito! Muovetevi! Idem per chi non ha mai visto "Nodo alla gola", un thriller psicologico che nulla ha da invidiare ad altri capolavori dell'immortale Hitchcock.

Ah, la frase "Tu non puoi reggere la verità" è tratta da "Codice d'onore" (A few good men).

Buon anno a tutti, che sia migliore di quello che sta per finire (non che ci voglia molto)!

 

 

1Ciao, papi caro. Qual buon vento ti porta qui?

2Vento di tempesta, figlia adorata.

3Nulla ti salverà dalla tua punizione.

4A quanto pare, l'universo ha deciso di rimandare la mia punizione. Scusa, Papi, devi tornare a casa da solo.

5La sua piccola guerriera

6Non ucciderlo, per favore

7Pusillanime! Non nasconderti là dietro, vieni fuori e affrontami!

8Traditore! Non meriti di vivere!

   
 
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