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Autore: EleWar    29/12/2022    7 recensioni
Ogni storia d'amore che si rispetti, ha i suoi alti e bassi, ma solo la potenza del sentimento fa superare tutti gli ostacoli. Quali difficoltà dovranno affrontare, ancora, Ryo e Kaori per essere finalmente e definitivamente felici?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Uuuuuh! Ma quanto sono in ritardo? Tanto, tantissimo! E vi chiedo umilmente scusa, ma fra l’otite, il lavoro e le feste, sono rimasta un filino indietro… anche con le risposte alle vostre fantastiche recensioni.
Bene, eccovi allora il terzo capitolo… vedremo cosa ne pensate ^_^
Colgo l’occasione per farvi i miei più sinceri e sperticati
AUGURI di Buone Feste, che queste giornate siano ricche di gioia, armonia e serenità.
Vi abbraccio
Eleonora

 
 
Cap. 3  - In un reame lontano lontano.
 
Nello stesso periodo in cui Ryo e Kaori iniziavano ad aprirsi l’un altro, facendo progredire la loro storia d’amore, in un reame lontano, incastonato in qualche parte del mondo, una principessa, ormai regina, viveva la sua vita.
Molto amata dal popolo, era stata incoronata da poco e presto avrebbe sposato un giovane di alto lignaggio, così come prevedevano le leggi di corte.
Sarebbe stato un matrimonio morganatico, e cioè il consorte non avrebbe assunto il titolo di re e non avrebbe avuto un ruolo attivo nel governo del regno; i figli, o meglio le figlie, però, sarebbero state le eredi al trono legittime e, come sempre accade, l’unione fra gli sposi avrebbe rinsaldato i legami fra le famiglie regnanti e aperto nuovi canali di contatto con altrettanti principati, nella fitta rete di collegamenti e amicizie che corrono fra i potenti della Terra.
 
Kris, il nome del principe designato, era il quinto figlio di una nobile e antica famiglia, e la linea di successione non prevedeva che fosse lui, un giorno, a prendere in mano le redini del governo del principato retto dai suoi genitori.
Poco male, perché Kris era bello, affascinante, atletico, sportivo e mediamente mondano, non ultimo ricchissimo; era lo scapolo d’oro più invidiato e agognato da mezzo mondo, e il fatto che fosse anche un filantropo e si battesse per la pace e la libertà dei popoli, faceva di lui uno dei pochi esemplari blasonati amati dal popolino.
 
La futura regina, quando le avevano sottoposto la candidatura di Kris come consorte regale, era stata d’accordo nel prenderlo in esame prima, e ad acconsentire al fidanzamento ufficiale, poi.
Conosceva i suoi obblighi e sapeva che non sarebbe stata una questione d’amore, il suo matrimonio, ma una formalità come un’altra, un modo per mantenere il potere e tramandarlo nel tempo.
Ci si aspettava che dalla loro unione nascessero dei figli, degli eredi legittimi, e la principessa ricordava la sua nutrice, quando le aveva detto, a proposito degli amori romantici letti sui libri, che l’amore, forse, sarebbe venuto in seguito, e che il sentimento, la passione e il desiderio, sarebbero stati secondari rispetto all’accordo fra le famiglie.
Una specie di contratto, in fondo.
 
L’aspetto fisico di Kris era notevole, non aveva tare ereditarie, era in buona salute, e dal momento che le famiglie in passato non si erano mai unite in matrimonio, lui avrebbe portato sangue fresco alla discendenza.
Era il candidato ideale; inoltre, fin dalla prima volta che si erano incontrati, si era dimostrato spontaneamente gentile, e si vedeva che i suoi modi educati non erano minimamente frutto dell’affettazione richiesta dall’etichetta di corte.
Il suo sguardo era sincero e i suoi occhi neri sembrava che riuscissero a scrutarla nel profondo, provocandole un moto di disagio ogni volta.
La principessa non sapeva spiegarsene il perché, e si augurò che fosse il principio di un innamoramento, che avrebbe reso infinitamente più piacevole quel matrimonio d’interesse.
 
La sera della festa di fidanzamento avevano ballato insieme, conversato amabilmente, ed entrambi sembravano ben disposti ad adempiere i doveri impostigli dal loro rango; erano naturalmente bellissimi, e le riviste di gossip parlarono a lungo della cerimonia, del fascinoso principe e della bella regina.
Erano una vera manna per le testate di cronaca rosa, e tutto il mondo sognava leggendo di loro due, dei viaggi, delle feste, dei ricevimenti a cui prendevano parte.
Sembrava che sull’intera Terra non ci fosse coppia più felice e fortunata di Kris e della Regina.
Ovviamente era tutta esteriorità, la loro.
Non che fossero infelici, ma nemmeno felici nel vero senso della parola.
Stavano vivendo una vita scelta da altri, alla quale si adattavano di buon grado, e dal momento che era ricca di agi, perché non approfittarne?
 
Poco prima che la Principessa si assumesse pienamente i suoi doveri di regnante, era tornata da un viaggio in Giappone, che l’aveva cambiata profondamente.
In seguito ad un incidente non meglio specificato, aveva perso temporaneamente la memoria, e nel paese del Sol Levante aveva vissuto per un breve periodo un’esistenza intensa, a tratti pericolosa, ma infinitamente più autentica di quella trascorsa fino ad allora.
Aveva anche scoperto l’amore, in un certo senso: aveva conosciuto un uomo misterioso, forte ed enigmatico, che l’aveva salvata da morte certa, e in nome di questo profondo attaccamento verso di lui, la Principessa aveva deciso di rinunciare al suo regno e di scappare dai suoi obblighi.
Era stata pronta a lasciarsi tutto alle spalle, pur di vivere un’altra vita, magari anonima, ma decisamente più appagante accanto all’uomo che credeva di amare.
Ma quello stesso uomo, alla fine, l’aveva riconsegnata agli addetti della sua ambasciata, facendole capire che non si può sfuggire al proprio destino, e che si deve andare fino in fondo sempre e comunque.
A nulla era valso offrirgli il suo stesso regno, tutte le ricchezze che possedeva, la possibilità di affrancarsi da quell’esistenza balorda che conduceva al limite della perdizione, della legalità, nei bassifondi di Shinjuku. L’uomo, inamovibile, non aveva ceduto, nonostante le fosse parso vedere nei suoi occhi un profondo turbamento, quasi un rammarico, un rimpianto per l’occasione che, volutamente, non voleva cogliere.
Piccata nell’orgoglio e nell’amor proprio, aveva chiesto, ai dottori del suo entourage, di essere sottoposta ad un apposito lavaggio del cervello, che avrebbe cancellato per sempre i ricordi di quella breve e felice parentesi, vissuta in Giappone.
Quando era tornata nel regno di Arimania, era totalmente dimentica dei fatti che le erano accaduti, beatamente ignara di quello scampolo di vita, anche se, in un certo senso, non era più quella di prima.
Era pronta, però, a riprendere il suo posto, e ad andare avanti per la sua strada.
Aveva accettato a cuor leggero di prendere in esame i diversi aspiranti alla sua mano, e scegliere Kris era stato un atto spontaneo, che metteva tutti d’accordo.
 
Nel frattempo c’era stata la cerimonia d’incoronazione e, tutta presa dai numerosi impegni di governo sul fronte interno, dove aveva apportato importanti migliorie per il popolo, e su quello esterno, rinsaldando i rapporti con gli stati confinanti, non aveva avuto più tanto tempo e modo per occuparsi di sé stessa.
A lei ci pensavano gli altri.
 
Una sera però successe una cosa strana.
 
Era stato dato un ricevimento, nella reggia, per l’ambasciatore italiano ad Arimania, e ovviamente vi aveva preso parte anche Kris, in alta uniforme come di rito.
Era bellissimo, e le donne della corte sospiravano ogni volta che gli passava accanto o che incrociavano il suo sguardo.
Erano tutte innamorate di lui.
Fra le regole non scritte della vita di corte, c’era anche la possibilità di avere degli amanti o delle amanti, delle cortigiane più o meno ufficiali.
Da che mondo e mondo i matrimoni erano combinati, e intrattenere relazioni amorose o sessuali al di fuori della coppia ufficiale era tollerato, se non incoraggiato, per il benessere della coppia stessa.
L’importante era che il tutto avvenisse con discrezione e che non nascessero figli da tali relazioni; soprattutto che la regina non generasse figli, se non con il consorte legittimo.
Anche il matrimonio fra la Regina e Kris non sarebbe stato un matrimonio d’amore, e le donne del corteggio speravano che prima o poi lui scegliesse una di loro per intrattenersi, o per trovare il vero amore fra le loro braccia.
 
Ma quella sera Kris non aveva occhi che per la bella Regina, facendo la felicità dei giornalisti, dei fotografi e dei dignitari di corte che gongolavano per l’ottima scelta fatta.
Pertanto quando i due uscirono sulla terrazza a chiacchierare, nessuno si stupì più di tanto, e anzi cercarono di lasciarli discretamente da soli; non succedeva mai che i due potessero parlare senza un codazzo di personaggi dei più svariati, e per una volta nessuno li seguì.
La cerimonia, che era partita in pompa magna, si stava rivelando come tante altre, noiosa e con un che di stantio, come una recita ripetuta centinaia di volte, con gli stessi attori e le stesse comparse.
 
“Non pensi mai di andartene via di qui, di cambiare vita?” le chiese di punto in bianco Kris quando raggiunsero il balcone di pietra, aggettante sul magnifico giardino all’italiana.
 
Ai loro piedi si stendeva un intricato labirinto di siepi, punteggiato qua e là di panchine di marmo consunto e fontanelle zampillanti con putti e amorini.
La Regina trasalì: non si aspettava tanta schiettezza, finora, anche se avevano parlato sempre tantissimo, principalmente di argomenti seri, o al contrario del tutto leggeri e mondani, non erano mai scesi a raccontarsi di loro stessi, di aprirsi verso l’altro, accennando a cose estremamente personali, quindi si stupì non poco.
Quella domanda, posta così all’improvviso, nascondeva un’insidia, la Regina ne percepiva la pericolosità, ma non sapeva dire perché.
 
“Allora? Non dirmi che non ti sei mai chiesta come sarebbe stata la tua vita fuori di qui!” La incalzò lui, di fronte al suo mutismo attonito.
 
Alla fine la Regina si decise a rispondere:
 
“Kris, ma che stai dicendo? Io sono nata e cresciuta con l’idea che sarei stata regina un giorno, io ed io soltanto. Lo sai che sono sempre stata l’unica erede al trono, che i miei genitori non sono riusciti ad avere altri figli…”
 
Parlare delle gravidanze non portate a termine di sua madre, e del suo senso di vuoto per la mancanza di fratelli e sorelle con cui condividere le sue giornate, la faceva star male; aveva altresì perso entrambi i genitori nel giro di poco tempo ed ora si sentiva sola al mondo.
Non voleva pensarci, e di certo la prospettiva di mettere su una famiglia tutta sua, accanto a Kris, non le faceva dimenticare quel senso strisciante di solitudine che si era sempre portata dietro fin da bambina, quando, per giunta, non poteva nemmeno godere dell’affetto dei suoi, sempre troppo impegnati con gli affari di stato, e in giro per il mondo.
 
S’incupì.
 
Ecco, questo Kris avrebbe dovuto impararlo in fretta: non le piaceva affrontare certi argomenti.
Ma non poteva prendersela con lui, Kris non la conosceva, non si conoscevano, pertanto resistette alla tentazione di rispondergli male; del resto lui le era pari a lignaggio, non era un suo sottoposto qualsiasi.
Cercò di addolcirsi.
 
“Volevo dire… conosco bene quali siano i miei doveri, e sto bene così, inoltre non mi ci vedrei a fare un’altra vita. Cosa potrei mettermi a fare? Forse la stunt woman in un film d’azione?” E anziché ridere della sua stessa battuta, improvvisamente il cuore le perse un colpo, e si spaventò.
 
Che diavolo le era preso?
Perché immaginare una cosa tanto assurda l’aveva così sconvolta?
Cercò di dissimulare il suo disagio, che Kris non pensasse che era una squilibrata mentale, oltre che rigida bacchettona.
 
La risata sincera che invece sgorgò dalla gola del principe, la riscosse dai cupi pensieri, e si costrinse a guardarlo; era davvero un bel ragazzo e pensò di essere fortunata a doversi sposare con lui: almeno non le era toccato il principe Adam, basso e tarchiato, e con una preoccupante propensione agli alcolici, o Nathan, così alto e allampanato, talmente magro che la sua postura sempre leggermente ingobbita, lo faceva somigliare ad un vecchio becchino.
No, Kris era una gioia per gli occhi.
 
“Hai ragione, non ti ci vedrei a fare altro di diverso dalla governante illuminata di un piccolo regno ricco e fiorente” e le sorrise maliziosamente “Però credo che certe acrobazie ti verrebbero bene lo stesso” e senza aspettare che lei cogliesse il senso delle sue parole, si avvicinò a lei e la baciò con passione.
 
La Regina dapprima non rispose al bacio, troppo stupita per reagire a quell’approccio passionale; nessuno aveva mai osato tanto e, nel tempo, si era sempre tenuta distante dai vari principi e principini che sapeva essere innamorati di lei, e che volevano anche solo avere un’avventura con la bella Yuki.
Però poi chiuse gli occhi e si lasciò andare, cingendogli il collo con le mani guantate.
Kris baciava divinamente, e ancora una volta si disse fortunata che fosse lui il suo promesso sposo; forse alla fine non tutto il male veniva per nuocere e quel matrimonio combinato avrebbe potuto essere un matrimonio felice ugualmente.
 
La Regina, ormai dimentica dell’etichetta, del ruolo che doveva interpretare e soprattutto del posto in cui si trovavano – casa sua! – fu sul punto di concedersi molto di più di un semplice bacio.
Sentiva il corpo in fiamme, il sangue ribollirle nelle vene; era contenta del trasporto che stava provando, del desiderio che la spingeva verso quell’uomo affascinante che era nientemeno il suo fidanzato ufficiale!
Ma lui si fermò in tempo e, staccandosi da lei, le sussurrò all’orecchio, prima di allontanarsi definitivamente e rientrare nel salone:
 
“L’amore verrà in seguito!”
 
La frase di per sé era una specie di mantra, che generazioni e generazioni di fidanzati e promessi sposi si erano ripetuti, o sentiti ripetere quando pensavano al legame che avrebbero dovuto contrarre con un perfetto sconosciuto o quasi, ma detto da lui, subito dopo quel bacio di fuoco, aveva dell’incomprensibile. Cosa aveva voluto intendere?
Che ciò che lo aveva spinto verso di lei era solo pura attrazione fisica, che nulla aveva a che vedere con l’amore vero e proprio?
Che aveva solo voluto testare a che punto era la loro sintonia, se il desiderio fosse reciproco?
 
Una cosa era certa però: quell’approccio, la Regina, l’aveva trovato estremamente piacevole, e sotto sotto pensava che, se tanto mi dà tanto…
 
Anche questo, inoltre, era un piacevole effetto della vita che viveva, perché cercarne un’altra?
Era costretta a sposarsi con un aitante principe, e non aveva dovuto fare nemmeno lo sforzo di andarselo a cercare, di iniziare una qualsiasi relazione con tutte le incognite del caso.
No, si disse, andava decisamente bene così: la vita era bella, e non avrebbe voluto essere nessun’altra se non Yuki di Arimania.
 
 
 
 
La notte stessa, però, fece un sogno strano.
 
Sognò altri due occhi neri che la scrutavano nel buio: erano insondabili, con una punta di tristezza di fondo, ma non le incutevano affatto terrore. 
Quegli occhi appartenevano ad un viso che, emergendo dall’oscurità, aveva un non so che di noto, le sembrava di riconoscerlo, ma era frustrante non potersi ricordare il dove, il come e il quando.
La bocca soprattutto… la bocca che si atteggiava ad un sorriso stanco, l’attirava irrefrenabilmente; e lei aveva solo un pensiero in testa: baciare, baciare quella bocca.
Ad un certo punto, si era svegliata di soprassalto, madida di sudore, ansimante, e più cercava di dare un senso a quel sogno e più non ne trovava.
Perché più ci pensava, più provava un senso di inquietudine?
 
Da quella volta tornò spesso a fare lo stesso sogno, ed ogni notte si aggiungeva sempre un particolare nuovo; progressivamente però, crebbe in lei un senso di disagio e frustrazione, poiché sentiva che quelle sembianze, quel volto che si disvelava sogno dopo sogno, appartenevano ad una persona importante, che però lei non riusciva a ricordare.
 
Una notte d’estate, complice il caldo e le tante preoccupazioni assorbite durante la giornata appena trascorsa, ebbe degli incubi spaventosi e, dibattendosi nel letto ormai fradicio di sudore, si ritrovò a ripetere un nome, un unico nome di sole tre lettere; lo invocava come a chiedergli aiuto: Ryo!
 
Era riemersa dall’incubo con il cuore impazzito, e passandosi una mano tremante fra i lunghi capelli appiccicati alla fronte sudata, ebbe paura di pronunciare ad alta voce quel nome che l’aveva tormentata tutta notte, come se udire la sua stessa voce scandire quelle lettere, avesse potuto far materializzare quell’uomo, lì nella sua camera.
Era sicura che il volto dello sconosciuto e il nome ripetuto come una nenia, appartenessero alla stessa persona.
C’era solo un problema: che lei non sapeva chi lui fosse.
 
Era scesa, allora, dal letto e, silenziosamente a piedi nudi, aveva percorso tutti i lunghi corridoi della reggia, per raggiungere gli appartamenti privati della vecchia nutrice.
Aveva bussato timidamente alla sua porta, e per un attimo si era ritrovata bambina quando, svegliandosi da un brutto sogno, o non riuscendo a dormire terrorizzata dal temporale, correva dalla buona dama per farsi coccolare.
Era sempre da lei che ricorreva: lei era la guardiana del suo cuore, la custode del suo intero passato.
 
L’anziana, abituata a captare ogni più piccolo rumore che avrebbe significato una richiesta d’intervento di qualsiasi tipo, sempre pronta e scattante, sempre in servizio, anche adesso che era in pensione, si destò senza particolare apprensione, in automatico.
Non avrebbe mai perso quell’atteggiamento da donna votata al benessere altrui, da fata madrina; era come se non esistesse affatto se non come governante, come nutrice, come dama di compagnia; come se non avesse una sua identità.
Riconobbe subito la principessa, e fu così che la chiamò, nonostante ora sarebbe stato più opportuno rivolgersi a lei con l’appellativo di Sua Maestà, ma Yuki non ci fece caso; inconsciamente le fu grata di essere stata accolta con amore e comprensione, con quel calore che non le era mai venuto da sua madre.
 
“Cosa succede, piccola mia?” le aveva chiesto, con la voce impastata dal sonno, avvolta in una preziosa camicia da notte in seta; non era una semplice governante, ma la Nutrice Reale, pertanto poteva permettersi di vestirsi con abiti costosi e ricercati.
In ogni caso, la donna pensò che la Regina fosse in ambasce per l’approssimarsi del suo matrimonio, e già era pronta a fornirle i chiarimenti del caso, a rassicurarla, compresa nel suo ruolo di consigliera e mentore, e si stupì non poco quando invece le chiese, quasi a bruciapelo:
 
“Cosa mi è accaduto quando ero in Giappone? Raccontami tutto!”
 
   
 
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