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Autore: EleWar    16/12/2022    7 recensioni
Ogni storia d'amore che si rispetti, ha i suoi alti e bassi, ma solo la potenza del sentimento fa superare tutti gli ostacoli. Quali difficoltà dovranno affrontare, ancora, Ryo e Kaori per essere finalmente e definitivamente felici?
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Kaori Makimura, Nuovo personaggio, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Bene, eccoci al secondo – tranquillo – capitolo. Il vostro bentornata mi ha riempito il cuore di gioia, e spero che anche questo vi piaccia come il primo.
Grazie infinite.
Buona lettura
Eleonora

 
 
Cap. 2- Ma non subito!
 
Quando Ryo e Kaori si erano seduti a tavola, solo allora si erano accorti di essere in realtà affamati; per ovvie ragioni il ricevimento del matrimonio non aveva avuto luogo, e la giornata aveva preso una piega così violenta e al cardiopalma che nessuno aveva avuto tempo e modo per mettere qualcosa sotto i denti.
 
“Che peccato essermi perso quella mega mangiata! E per giunta a scrocco di Umibozu!” esordì Ryo, masticando rumorosamente e alludendo appunto al banchetto nuziale.
 
“Veramente te lo saresti perso ugualmente” rispose la ragazza, alzando un sopracciglio al di sopra delle sue bacchette.
 
L’uomo la guardò interrogativamente, trangugiando un altro boccone.
 
“Non ricordi? Tu non eri stato invitato…” chiarì Kaori e gli strizzò l’occhio con espressione irridente.
 
Ryo si fermò a metà, con le bacchette a mezz’aria e la bocca già aperta, e per un attimo sostò pensieroso, poi scoppiò a ridere come uno scemo.
Sì, era vero, nella partecipazione di matrimonio Falcon aveva specificatamente messo che Ryo non era invitato, e si era pure risentito quando lo aveva visto lì in chiesa, sempre pronto a sfotterlo, per giunta; nel bel mezzo di quel tremendo trambusto, quel piccolo particolare era passato decisamente in secondo piano.
Ryo stava ancora ridendo quando Kaori, attraverso il tavolo, allungò timidamente la sua mano verso quella dell’uomo; dapprima la sfiorò, poi la strinse significativamente.
Lo sweeper tornò serio all’istante.
Si guardarono intensamente e la ragazza gli disse, in un sussurro, ma con il tono deciso:
 
“Però… per fortuna sei venuto lo stesso…”
 
Già, in barba all’ammonimento del suo miglior amico-nemico, Ryo era voluto andare ugualmente al matrimonio di Falcon, d'altronde Umibozu si aspettava che l’altro non si sarebbe perso l’occasione di sfotterlo, di fare lo scemo, e di sbafarsi una quantità sconsiderata di cibo, per giunta senza preoccuparsi di fargli il regalo!
Umi ne era certo e, sotto sotto, sperava che lo sweeper sarebbe venuto comunque, malgrado l’avvertimento.
In fondo, era così la loro amicizia: un’amicizia fra uomini duri, che non lasciava spazio al sentimentalismo, alla gentilezza, alle buone maniere, ma non meno forte e potente.
E la riprova l’avevano avuta anche quel giorno stesso, quando lo sposo, accertatosi che l’amata Miki fosse ormai fuori pericolo, era corso in aiuto di Ryo, combattendo con lui e per lui, salvandogli la pelle ancora una volta e adoperandosi perché la sua affezionatissima Kaori tornasse sana e salva a casa.
 
Era stata una vera fortuna che Ryo fosse presente al matrimonio, quindi, poiché la sua presenza aveva fatto la differenza, per Kaori e per lui stesso, perché, in fine, si era dichiarato.
Ma la verità era che lo sweeper non sarebbe riuscito a stare troppo tempo lontano da Kaori, non l’avrebbe mai lasciata andare alla cerimonia da sola.
Inoltre non si sarebbe perso per nulla al mondo il momento in cui i suoi migliori amici si sarebbero giurati amore eterno, dimostrandogli che anche delle persone come loro possono amare alla luce del sole, possono mettere su famiglia, possono osare sperare in un futuro migliore, malgrado tutto.
 
Kaori gli aveva appena manifestato la sua gratitudine, si era spinta perfino a fargli una carezza; e non erano state solo vuote parole le sue, quelle erano ricche di sottintesi, avevano una valenza immensa, e la sua mano gli stava trasmettendo tanto di quel calore che Ryo era sicuro ne avrebbe portato il segno per sempre.
All’uomo non passò per la testa nemmeno per un secondo di ritrattare il suo atto eroico, di buttarla sul ridere, di schernirsi o peggio schernirla.
Inchiodato dai suoi occhi di ambra liquida, gli sembrava di precipitarci dentro, ma non gli importava: era solo ciò che più desiderava in quel momento.
Era inoltre convinto che lei potesse leggergli nella mente e nel cuore, e quindi mentirle non sarebbe servito a nulla.
 
Posando le bacchette accanto alla ciotola del riso, con la mano ormai libera andò a stringere quella della socia, e altrettanto intensamente le disse:
 
“Dove sei tu, sono io”.
 
Si sorrisero.
 
Il fischio del bollitore per il tè li riportò alla realtà.
Lentamente sciolsero le mani e Kaori fece per alzarsi e andare a staccare la spina, ma fu preceduta da Ryo che le disse semplicemente:
 
“Stai, vado io”.
 
Stupita, Kaori riprese a mangiare, scuotendo la testa e sorridendo; era bello vedere Ryo così e forse il cambiamento sarebbe passato anche dalle piccole cose.
 
Il resto della cena si svolse come tante altre volte, tranne che al momento di rigovernare: l’uomo aiutò la compagna e in poco tempo misero tutto in ordine.
Ormai più rilassati e sazi di buon cibo, si sentirono improvvisamente stanchi, e la doccia veloce che a turno si erano concessi, gli aveva disteso i nervi a tal punto, mettendoli in uno stato di profondo languore, che gli faceva desiderare solo di andare a dormire e non pensare più a nulla.
Allo stesso tempo, però, gli sembrava che quella lunga giornata non avrebbe dovuto finire così, che qualcosa di più diverso dal prima, avrebbero dovuto fare… ma non sapevano ancora bene cosa.
 
Si ritrovarono fermi davanti alla porta di Kaori: freschi di doccia avevano già indossato il pigiama; erano caldi e profumati, e sprigionavano le essenze dei rispettivi shampoo e bagnoschiuma.
Combattuti fra il bisogno impellente di stendersi e lasciarsi andare finalmente al sonno, e il dover fare qualcosa che facesse la differenza fra il prima e il dopo, e soprattutto desiderosi di stare insieme, non riuscivano ancora a darsi la buona notte.
 
Infine Kaori si decise e fece per avvicinarsi a Ryo; voleva dargli il bacio della buona notte, un semplicissimo bacio sulla guancia, di quelli che potresti dare anche ad un amico, ma sul più bello le venne meno il coraggio e si bloccò a metà slancio.
Ryo, che sperava ardentemente fosse lei a fare il primo passo, aspettandosi e bramando un suo gesto gentile, uno qualsiasi lei fosse stata in grado di donargli, vedendola arretrare si protese verso di lei e, afferratale una mano, l’attirò a sé e le depositò un bacio fra i capelli odorosi.
Kaori, rianimata dall’atteggiamento propositivo di Ryo, si disse che voleva di più di un semplice bacio sulla fronte o fra i capelli: una volta sarebbe rimasta impalata lì per ore a smaltire l’emozione, come quell’unica volta sulla terrazza, quando lei gli aveva donato un compleanno e lui per ringraziarla aveva compiuto il medesimo gesto, spiazzandola.
Quello non era forse più un bacio che avrebbe potuto dare un padre o perfino un fratello maggiore ad una ragazzina, con affetto certo, ma non con amore?
E in ogni caso lei non era più una ragazzina, era una donna e voleva di più, in generale, e in particolare dall’uomo di cui era innamorata, e che quello stesso giorno si era scoperto con lei, ammettendo, in un certo senso, di corrispondere i suoi sentimenti.
Pertanto quando lui si allontanò da lei, Kaori alzò il viso e mettendosi sulle punte provò a baciarlo, stavolta sulla bocca: un bacio leggero, aereo, un semplice sfioramento di labbra, che però ebbe il potere di stravolgere entrambi.
Ryo, sorpreso e deliziato, sgranò tanto di occhi, ma non fece in tempo a dire o fare altro, che Kaori era già scomparsa dentro la sua stanza.
 
Inebetito l’uomo restò ancora un po’ davanti alla porta chiusa, con un sorriso da idiota e con gli occhi a cuoricino; il cuore gli batteva come un tamburo e credeva potesse uscirgli dal petto: non era mai stato così felice come in quel momento.
Infine pigramente girò sui tacchi e, sospirando, si diresse in camera sua.
 
Kaori, dentro la sua stanza, invece, cercava di calmare l’affanno, come di chi avesse corso a perdifiato e in salita; credeva che il cuore le sarebbe scoppiato, così pericolosamente sollecitato dall’audacia che aveva avuto, dalla paura di essere respinta, dal desiderio e dalla felicità.
Era però contenta di averci provato e che fosse riuscita ad arrivare a tanto senza che Ryo… senza che Ryo la bloccasse e disinnescasse prima.
D'altronde è difficile buttarsi e provarci nelle situazioni in genere, figurarsi con qualcuno che fa di tutto perché certe situazioni non si verifichino mai!
Inoltre Kaori non era una di quelle donne fatali o audaci, sfrontata come tante clienti che erano transitate nella loro vita; non si sentiva abbastanza sicura della sua bellezza e del suo fascino, per poter anche solo pensare di proporsi a Ryo, accennare un flirt, un minimo corteggiamento, mostrarsi disponibile e assertiva.
Lui aveva sempre frustrato anche i suoi più piccoli gesti, ripetendole in continuazione che non era nemmeno una donna, che aveva l’appeal di un uomo, anzi peggio, di un mezzo uomo, e quindi totalmente fuori dalla sua portata: quante volte le aveva detto che era l’unica donna che non lo eccitava sessualmente?
E lei era finita per credergli.
Ma adesso era diverso, doveva essere diverso!
 
Quindi adesso, galvanizzata dal successo ottenuto – non era stato poi così difficile, no? – si sentiva estremamente viva e vitale, pronta a ribaltare il mondo, a compiere grandi imprese, ed era pure sicura che non avrebbe dormito affatto, perché quell’emozione così intensa, l’aveva svegliata del tutto.
E prima ancora che potesse pensare a cosa stava per fare, si girò di scatto e spalancò la porta, convinta che Ryo fosse ancora lì, desiderosa anche solo di vederlo, di stare con lui, ma grande fu la sua delusione quando si trovò da sola nel corridoio illuminato.
 
In un attimo evaporò tutto il suo entusiasmo e si diede della stupida, per aver osato sperare che lui fosse rimasto lì davanti alla sua porta… per fare cosa, poi?
Che idiota che era stata nel perdere tutto quel tempo!
Se era vero che voleva stare con Ryo, perché si era ritirata subito dopo quel breve bacio, ed era scappata dentro la sua camera come una scolaretta alle prime armi?
Ma più di tutto si scoraggiò pensando che, ciò che per lei era stato il massimo atto di audacia, un bacio che avrebbe fatto la differenza, per lui era stato… cosa? Un nonnulla. Un’inezia, per lui, lo Stallone di Shinjuku, abituato a ben altri approcci, molto più carnali e intensi.
 
Stava già per rientrare sconsolatamente nella sua tana, quando un’ombra invase all’improvviso il suo campo visivo.
 
“Ha-hai chiamato?” udì la voce di Ryo, che era tornato indietro di gran carriera: aveva appena svoltato l’angolo quando aveva sentito la sua porta riaprirsi e speranzoso l’aveva raggiunta.
 
“Eh?” si ritrovò a spiccicare appena la ragazza.
 
“Ah, perché mi era parso che mi avessi chiamato…”
 
“No-no… io… io… ho solo aperto la porta” balbettò quasi la socia.
 
“Ah, okay, allora… io… allora io… vado?” chiese Ryo.
 
Se Kaori non fosse stata così tanto concentrata a mantenere una sorta di lucidità mentale, si sarebbe accorta di quanto insicuro fosse Ryo in quel momento: non sembrava più il cinico sweeper o il navigato uomo di mondo solito frequentare i bassifondi della città.
Sembrava un semplice innamorato impacciato, che non sa come comportarsi di fronte alla donna che ama.
 
“Sì…cioè…no…” si confuse la ragazza, cercando di rispondergli.
 
Dannazione cosa stava succedendo fra loro?
Cosa stava succedendo a lei!?
Perché lo aveva baciato, per poi tirarsi indietro, per poi riaprire la porta e sperare di ritrovarlo lì per poi balbettare come una scema?
 
Si riscosse: l’enorme stanchezza che correva sotto pelle, il sonno, il desiderio, la paura, la facevano osare; era in una condizione alterata, una di quelle in cui finalmente certe barriere cadono e si è più autentici, si dice e si fa quello che più si desidera fare e dire; e infatti si stupì lei stessa quando si sentì chiedergli:
 
“Ryo… resta!”
 
Era una richiesta?
Una preghiera?
Un ordine?
Quasi si pentì di averlo detto, perché dopo cosa avrebbero fatto loro due, insieme, se lui fosse restato?
Che poi… restato dove?
In piedi tutta la notte davanti alla sua porta chiusa?
Nel corridoio?
Non avrebbe dovuto farlo entrare?
Nella sua stanza da letto?
E poi?
Poi cosa avrebbero fatto?
Cosa avrebbe fatto lei?
Non era sicura di poter condurre i giochi, di riuscire a fare la sua parte.
Un invito ad entrare non era un invito a trascorrere la notte insieme?
In che modo, però?
Si spaventò: non si sentiva pronta.
 
Ryo, non appena sentì Kaori parlargli in quel modo, inghiottì a vuoto.
Gli aveva appena chiesto di restare, ed era quello che lui sperava ardentemente.
Ma restare dove?
Lì sul corridoio, o lo avrebbe fatto entrare?
Ma se lui fosse entrato, cosa si aspettava che lui facesse?
Non ce la vedeva a chiedergli di passare la notte insieme a fare cose, nonostante lui desiderasse con tutto sé stesso darsi a lei: era suo!
E non sarebbe stato lui a tentare un approccio più fisico, a meno che non fosse stato strasicuro che anche lei volesse la stessa cosa.
Non voleva rovinare tutto; non con lei, non con la sua amata Kaori.
E che non pensasse lui volesse approfittarsi di lei o della situazione!
Lei non era una di quelle donnine compiacenti.
Però gli aveva espressamente chiesto di restare…
Sarebbe rimasto anche tutta la notte a guardarla dormire, come faceva sovente, ma questo lei non poteva saperlo, e non credeva fosse ciò che lei volesse.
Sarebbe rimasto, certo, a qualsiasi condizione, ma spettava a lei dirgli quale.
 
Mentalmente le domandò: “Kaori, cosa vuoi da me?
Per una volta non seppe leggere nei suoi pensieri, e il proverbiale affiatamento dei due, che gli permetteva di dialogare anche senza parole, venne meno.
Stavolta avrebbero dovuto parlare, a voce, e anche abbastanza chiaramente.
 
“Va bene, resto…” iniziò dicendo lui, attendendo un’ulteriore imbeccata che lo avrebbe guidato oltre quel momento di imbarazzante empasse.
 
A quel punto Kaori si confuse e abbassò gli occhi, prese a fissarsi le pantofole con disegnati sopra dei graziosi piccoli orsetti panda, ma si fece da parte per farlo entrare.
L’uomo attraversò la soglia lentamente, a piccoli passi guardinghi, nemmeno si fosse trovato a dover passare attraverso un campo minato.
Non pensava ad altro che a dove mettere i piedi, temendo di far troppo rumore e spezzare l’incanto di quel sogno ad occhi aperti – che poi, non è che davvero stava già sognando e quello era tutto frutto della sua fantasia?
 
Kaori, consumata dalla voglia di averlo lì con lei, e la paura di averlo lì con lei, girò lo sguardo intorno, in quella che era la sua stanza da quanti anni, ormai?
Le sembrava di vederla per la prima volta e, assurdamente, si chiese dove avrebbe fatto dormire Ryo… perché di dormire si parlava, o no?
C’erano due letti, uno per lei e l’altro per la bella cliente di turno: quella era anche la stanza degli ospiti e tale sistemazione era stata una sua trovata, così avrebbe potuto tenere sotto stretta sorveglianza la donna, e proteggerla dai pericoli, ma soprattutto dalle fregole del socio marpione.
Ma adesso aveva un senso dormire su due letti separati?
Tanto valeva usarne uno solo…
 
Per una volta Ryo disse la cosa giusta al momento giusto:
 
“In quale dei due mi sistemo?” alludendo ai due letti affiancati.
 
“È-è-è uguale per me” rispose la socia e si maledisse perché avrebbe voluto chiedergli di dormire insieme.
 
“A-allora scelgo questo” e si diresse verso quello di destra, quello più vicino alla finestra; ma quando fu lì aggiunse: “Se vuoi… possiamo attaccarli, così staremo più vicini… ma solo se vuoi, eh?” e appena pronunciate queste parole, si mise a ridacchiare a disagio, grattandosi la testa.
 
Si era già pentito di averlo proposto e temeva che Kaori pensasse chissà cosa.
Ma lei, inaspettatamente, annuì con la testa e lui si dispose a far scivolare il letto sul pavimento, senza farsi prendere troppo dalla fretta per non spaventarla: che non pensasse che era pronto a saltarle addosso… anche se era la verità.
 
Nonostante quel tira e molla impossibile, la stanchezza tornò a perseguitare i due soci, pertanto affrettarono le manovre di messa a letto.
S’infilarono ognuno nel proprio letto e, spegnendo le rispettive lampade, si diedero finalmente la buona notte.
Ma erano ancora troppo emozionati per dormire e Kaori, aiutata dall’oscurità gli sussurrò:
 
“…volevo solo dormire con te” la sua voce tradiva un misto di tenerezza, di tristezza, rimpianto.
 
Ryo, che nel buio della stanza percepiva tutto in maniera amplificata, ne rimase profondamente turbato, e dopo un brevissimo silenzio disse:
 
“Anche io volevo dormire con te… e non farò nulla che tu non voglia” intendendo che avrebbe lasciato a lei la facoltà di decidere come e quando; lui l’avrebbe sempre rispettata e mai forzata.
 
Kaori si sentì sciogliere a quelle parole; non avrebbe dovuto dimostrargli nulla, né che era una donna come tutte le altre, né che non era una sprovveduta, almeno non per l’immediato.
In fondo, fino a poche ore prima erano ancora i soliti soci, quindi sarebbe stato arduo cambiare così repentinamente.
Se possibile sentì di amarlo ancora di più ed istintivamente si avvicinò a lui, fino a rannicchiarglisi su di un fianco.
Lui l’accolse nel suo abbraccio e, profondamente grato per il momento magico che lei gli stava facendo vivere, chiudendo gli occhi le sussurrò un:
 
“Grazie” che valeva più di mille spiegazioni e discorsi.
 
Accoccolati uno nelle braccia dell’altro e cullati dal respiro via via sempre più regolare e profondo del partner, finalmente si addormentarono, sperimentando la prima di una lunga serie di situazioni intime e intense, nel cammino che li avrebbe portati ad essere gli amanti che desideravano diventare.
   
 
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