Christmas
adventure
❄ lodi ❄
«Il più eccelso degli
angeli fu mandato dal cielo per dir “Ave” alla Madre di Dio»*
Ivan soppresse uno
sbadiglio, a disagio sulla scomoda panca in fondo alla chiesa. La voce del
sacerdote Yanishevsky risuonava nell’edificio
semivuoto, chiara e limpida, di un’intensità disarmante nonostante il buio
oltre le vetrate.
Era incredibile tutta
quella energia alle prime luci dell’alba.
«Al suo incorporeo
saluto, vedendoti in Lei fatto uomo»
Ogni mattina si ripeteva
la stessa tragedia nei corridoi del dormitorio. Suor Sofia passava a svegliarli
alle cinque del mattino bussando come una forsennata ad ogni porta, un minimo
di tre volte giusto per assicurarsi che non tornassero a dormire. Loro dovevano
fare a gara e muoversi per usare il bagno, la colazione ovviamente non esisteva
per lo stramaledetto digiuno a cui li avevano costretti a sottostare, alle sei
meno un quarto dovevano essere in chiesa per recitare qualunque cosa fosse la
liturgia da loro celebrata in preparazione di quella ufficiale delle sette del
mattino e da lì, pronti e scattanti, dovevano mettersi ad aiutare quelle pazze
vestite di nero in uno dei compiti assegnati per quel giorno.
Tutte le speranze di Ivan
erano riposte nell’augurio di una massiccia orda turistica così da dover
aiutare nella bottega dei souvenir. Preferiva di gran lunga provare ad imparare
e capire le sacre scritture piuttosto che spalare la neve in quel complesso
mastodontico. Il giorno prima era stato un completo disastro. Lui e Yuri erano
arrivati stremati ad ora di cena, per nulla adatti a portare avanti quel tipo
di incarico, sarebbe stato più giusto affidarlo a Boris e Sergey.
«Signore, in estasi
stette, acclamando la Madre così»
«Che rottura di palle»
bisbigliò coprendosi nuovamente la bocca, gli occhi ancora appannati da una
patina di sonnolenza restia ad andare via «Ma non si stancano a ripetere sempre
le stesse cose?»
«Shhh»
lo ammonì perentorio Sergey al suo fianco.
Ivan sollevò
infantilmente gli occhi al cielo afflosciandosi ancor di più sulla panca, la
testa ondeggiante in un dormiveglia perenne. Il calore del riscaldamento
impostato al massimo unito al giubbotto abbottonato saldamente aumentavano
l’intorpidimento generale facendogli perdere aderenza con la realtà. Era più
interessante considerare come persino in quella posizione scomposta le sue
punte dei piedi a malapena toccassero terra, o chiedersi se il suo capitano
avesse scoperto una qualche vocazione nelle ultime ore.
Dal loro arrivo Yuri,
accomodatosi per ignote ragioni tre panche più avanti, si era inginocchiato
piantando i gomiti sullo schienale della panca seguente, le mani congiunte e la
faccia affondata in esse con un laconico “raccoglimento devozionale” che
aveva fatto esultare e quasi commuovere suor Agata. Ivan piegò il collo
verso sinistra inclinandosi pian piano per osservare da un’altra angolazione
l’immobilità in cui era caduto Yuri, soffermandosi sulla pelle pallida del
volto, l’alone scuro sotto gli occhi e la bocca leggermente dischiusa. Il
posizionamento diagonale gli consentiva di distinguere chiaramente la lentezza
con cui la schiena coperta dal tessuto arancione del maglione si sollevava e
abbassava, pesante e regolare. Yuri aveva fatto la cosa migliore, si era
addormentato.
In una posizione in cui
al risveglio avrebbe tirato giù tutto il calendario ortodosso ma pure sempre
addormentato. Persino la resistenza del suo capitano aveva raggiunto il limite.
«Ave, per Te la gioia risplende»
Ivan per poco non cadde a
terra all’acuto partito improvvisamente al suo fianco. Ancora semidisteso sulla
panca, con una mano sul cuore e la tachicardia si voltò esterrefatto verso Sergey
compostamente seduto, il raccoglitore dei canti stretto in mano.
«Sergey tutto a posto?!»
«Ave, per Te il dolore s'estingue»
Per tutta risposta il suo
amico intonò la seconda strofa riservandogli un’occhiata acida in tralice, il
portamento eretto e orgoglioso mentre le corde vocali davano fondo a tutte le
riserve del proprio diaframma.
«Sì…canta tu»
«Ave, salvezza di Adamo caduto»
Ivan scosse la testa
frapponendo quanti più distanza possibile fra lui e Sergey fino al capo
opposto, rannicchiato a palla alla complessa ricerca della stessa strada
intrapresa dal capitano. Lui, però, trovava impossibile dormire con quel casino
di gorgheggi e note d’organo inaspettate che lo facevano saltare sul posto,
senza contare il tenore improvvisato a tre passi da lui.
Sperava quella tortura
finisse presto, aveva perso Yuri, ora pure Sergey, ci mancava Boris…Boris.
Ivan drizzò il capo guardandosi intorno alla ricerca del suo affezionato
compagno d’armi perduto di cui fino a quel momento aveva anche dimenticato
l’esistenza. Erano entrati insieme in chiesa, si era pure seduto accanto a lui,
quando era sparito?
«Ohi Ser…» bisbigliò
gattonando sulla panca lunghissima fino a tirare la base della maglia nera a
collo alto «Sergey!»
«Ave, riscatto»
cantò lui aggiungendo sottovoce un ringhiato e frenetico «Cosa c’è?!» prima di
intonare soave «del pianto
di Eva»
«Ma cosa ti metti a cantare…vabbè, dov’è Boris?»
«Cosa ne so, era uscito a
urinare nella neve»
«Oddio, io non la spalo
oggi eh»
«Non nominare Dio
invano!»
Ivan aprì e richiuse la
bocca insoddisfatto con uno schiocco di lingua, a corto di termini da utilizzare
per sottolineare il lento naufragare di quella conversazione.
«Ave, Tu vetta sublime a umano
intelletto»
«E canta…» bofonchiò
esasperato passandosi le mani sul volto «Cosa cazzo canta… uno è andato
all’altro mondo, l’altro ha trovato la via di fuga e lui canta»
«Mh,
mh»
I peli sulla nuca di Ivan
si drizzarono di botta al colpo di tosse e conseguente schiarimento di gola
alle sue spalle. Deglutendo appena in un déjà-vu vissuto decine di volte dopo
un allenamento in cui si lamentava dei metodi del capitano, Ivan si voltò lentamente,
il collo sollevato quel tanto per guardare in faccia la nuova presenza e
rimpiangere i dieci giri di corsa ordinati da Yuri dopo ogni infrazione.
«S-salve…» abbozzò un
sorriso di circostanza e un saluto con la mano alla faccia arcigna della badessa.
«Si sta composti e si usa
un linguaggio consono nella casa del Signore»
«Nella casa di c-» la
gomitata laterale di Sergey interruppe la sua domanda mentre l’occhiataccia
della badessa l’esclamazione poco pulita che stava per rifilare «Ok, ok, ho
capito…»
Tornato composto sollevò
le mani in segno di resa alla donna anziana, così simile a Vorkov in fatto di
esternazioni di gioia da far accapponare la pelle. Le rughe ai lati della bocca
perennemente inespressiva scavavano quanto il rimprovero malcelato nei suoi
confronti.
«Prendi esempio dai tuoi
amici»
Ivan si morse la lingua
per non rispondere a tono, onde evitare di far presente alla donna di essere una
povera scema a pensava di avere l’attenzione di qualcuno all’infuori di Sergey,
in primis dal bell’addormentato a cui lei stava alludendo come esempio di
diligenza, silenzio e rispetto verso il luogo sacro in cui erano.
Bel rispetto dormire in
chiesa.
Sarebbe stato
meraviglioso gustarsi il graduale cambio d’espressione della vecchiaccia
lunatica, metterla dinanzi alla verità nuda e cruda: non ce ne importa
niente del tuo credo. Ma, addormentato c’era Yuri e non Boris o Sergey, il
sassolino poteva ancora tenerlo nella scarpa un altro po’, il tempo di tornare
a casa.
«Certamente»
Il tono ironico e le
labbra stirate con forza non giunsero all’interessata tronfia già voltata di
spalle intenta a proseguire il suo giro da sentinella. Ivan ampliò la sua finta
allegria perforandosi i palmi delle mani con le unghie, sopprimendo la voglia
di mandarla a quel paese. Era già insopportabile condividere la notte con una
presenza religiosa in stanza, avrebbe pure lui preferito il quadro della
Vergine alla credente in carne ed ossa.
Con uno sbuffo tornò a
riporre la propria attenzione all’ambiente annoiandosi a morte, tanto da
ricercare una fonte d’ intrattenimento nelle tesserine colorate del mosaico
pavimentale che di getto decise di mettersi a contare.
Una, due, tre, quattro…dieci…centoventi…quattrocentotrenta.
Quando gli occhi
cominciarono a non distinguere più il rosso dal blu e il conteggio giunse alla mille
duecentesima tessera finalmente vide Boris, o meglio, la folata di polvere
sollevata al suo passaggio.
Boris camminava
freneticamente da una navata all’altra trasportando vasi di fiori, piante,
raccoglitori, volantini e qualunque altra cosa gli stesse affidando la suora di
cui non ricordava neppure il nome. Boris, lo stesso ragazzo che fino al giorno
prima doveva essere portato di peso giù dal letto per arrivare in chiesa come
zombie, colui che stranamente quella mattina era stato il primo a farsi trovare
pronto davanti la sua porta.
«Cosa cazzo ha assunto
per avere tutta quella energia?»
A sorpresa Sergey smise di
cantare senza nemmeno azzardare un rimprovero per il suo linguaggio, concentrato
quanto lui sull’incedere allegro del ragazzo ora al loro fianco. Boris adagiato
il vaso in terracotta stracolmo di terra con una svettante stella di Natale, come
il più leggero degli omaggi, li aveva salutati con un cenno del capo e un
sorrisetto energico stampato in faccia prima di ritornare indietro. Iperattivo.
«Non lo so ma la voglio
anche io»
Ivan sollevò sorpreso un
sopracciglio chiedendosi quando e come avessero venduto all’asta l’integerrima
coscienza dell’unica persona responsabile della squadra, capitano escluso.
Boris era ritornato quasi al galoppo, le goccioline di sudore alla tempia un abbellimento
contrastante con la fatica facilmente dissimulata. Il nuovo ornamento era un
vaso di ceramica finemente lavorato ricolmo di fiori, sicuramente addobbo per
una qualche cerimonia, che trovò sistemazione sullo schienale nello stesso
momento in cui la tortura religiosa giunse al termine.
Nessun altro canto,
nessuna altra preghiera.
Erano liberi per un’ora prima di essere sfruttati.
«Ora dobbiamo scappare»
proferì saltando giù dalla panca pronto a correre verso l’uscita, costretto
però a ricaderci seduto all’improvviso scatto fulmineo di Boris sugli
inginocchiatoi «Boris! Cosa diavolo…»
Boris si era
volatilizzato, in un battito di ciglia era fuggito alla velocità della luce
oltre l’ampio portale scomparendo nell’orizzonte innevato del cortile del monastero.
«Sembra abbia ingerito un
pacco di zucchero…» borbottò perplesso grattandosi la nuca, subito voltato
verso l’altro compagno «Ser tu che di-…sì, ciao Sergey»
Intorno al limite della
panca non una, non due, nemmeno tre, ma ben tutte le suore del coro monastico
con l’aggiunta di qualche laico avevano circondato quello che in un tempo ormai
lontano era stato un compagno di squadra. Allo stesso identico modo di uno
stormo di uccellini starnazzanti davanti mamma uccello tornata con la pappa, le
suore si erano radunate intorno alla fonte della loro ricchezza.
«Saresti perfetto nel
coro!»
«Suor Kristina ha
ragione! Certo, dobbiamo sistemare qualcosa ma hai del potenziale!»
«E per la messa di
Natale?! Ci pensate?»
«Sarebbe fantastico!»
Ivan sollevò il cellulare
immortalando il suo amico ormai plagiato dai complimenti e sfortunatamente
incline ad accettare l’invito – seriamente? – impostandola come nuova
immagine della loro chat di gruppo, fermandosi qualche attimo a osservare
perplesso l’enorme quantità di sticker inviata nella notte da Boris.
«Chissà cosa
voleva…vabbè»
Era inutile cercare di
capire Boris, con una scrollata di spalle rinominò il gruppo “D'Artagnan e i tre moschettieri” digitando il messaggio
di commiato da lasciare ai posteri.
«È con sommo rammarico
che dopo anni di avventure» sussurrò a tempo con le dita sulla tastiera
sghignazzando tra un passo ballerino e l’altro nella navata «Salutiamo il
nostro Aramis ormai diretto a prendere i voti, possa il suo vocione allie-»
Il tono perse vigore e il
pollice premette erroneamente invio lasciando il messaggio incompleto e Ivan
nel panico assoluto. Suor Agata e la sua consorella si erano ferme al banco di
Yuri ancora profondamente addormentato, intente a parlargli di qualcosa che
avrebbe richiesto risposta.
Boris era andato, Sergey
non coglieva il suo messaggio d’aiuto mimato.
«Dannazione Yuri, proprio
oggi dovevi andare in coma»
Al braccio di suor Agata
adagiato sulla spalla di Yuri, Ivan d’istinto saltò come una scimmia sulla panca.
Il rimbombo rimbalzò in tutta l’acustica della chiesa così come il vaso di
fiori volò dalla parte opposta andando miseramente in frantumi.
«Ivan!» nessuna fu la
sorpresa di udire nel coro anche il rimprovero di Sergey.
L’attenzione di tutti era
stata diretta su di lui.
«Scusate…pensavo di aver
visto un topo»
«Un topo?! Dove?!»
«Misericordia!»
«Ci mancava questa!»
«Non bastava l’ex
monastero Vorkov infestato?!»
Ivan ignorò l’occhiata
omicida di Sergey concentrandosi su due occhi azzurri spaesati finalmente
puntati su di lui. Yuri l’osservava completamente intontito, con una macchia
rossa in fronte laddove era stato poggiato tutto il tempo, alla ricerca di
spiegazioni mentre tutto intorno alleggiava l’alone di panico tra piedi battuti
sui cocci di ceramica, segni di croce e gridolini isterici.
«Ivan si è
sbagliato…giusto Ivan?» il sibilo di Sergey attirò la sua di attenzione, nello
stesso momento in cui le due suore accanto a Yuri reclamarono una risposta sul
discorso fatto precedentemente a cui il suo capitano si affrettò ad annuire «Giusto?»
Era difficile non notare
la minaccia velata di morte nel caso avessero dovuto far chiudere anche quella
struttura a causa dei topi.
«Sì, sì, giusto…scherzi del
sonno»
La badessa per nulla
contenta assottigliò gli occhi spingendolo a deglutire una seconda volta
nell’arco della giornata appena iniziata. L’idea di fare casino gli si era
ritorta contro. All’ordine di sistemare il danno appena creato, saltare l’ora
di pausa per poi dedicarsi anche per quel giorno a spalare la neve nel cortile
insieme a Yuri avrebbe voluto mettersi a urlare, magari facendole credere di
essere posseduto. Invece, Ivan non riuscì nemmeno ad aprire la bocca per
replicare che la donna a passo veloce si era già allontanata, diretta otto file
avanti a dettare ordini a destra e a manca.
La disperazione di altre
dodici ore come spazzaneve sembrò nulla se confrontata a quella riflessa negli
occhi di Yuri, bianco come un cadavere, ancora inginocchiato con lo sguardo
fisso sulle suore stranamente allegre, troppo allegre, fino a poco prima
ferme accanto a lui e ora trotterellanti verso la sacrestia. Yuri era il ritratto
della paura. La manifestazione di un’emozione che nemmeno nei momenti peggiori
della sua infanzia aveva visto su quel volto di ghiaccio.
«A cosa ho appena detto
sì?»
Ivan avrebbe voluto
rispondere con una rassicurazione, magari anche una piccola spiegazione e
minimizzazione del danno. Il filo di voce uscito dalla bocca di Yuri era stato
così fuori luogo. Lui però non aveva ascoltato una singola parola del discorso
che gli avevano fatto, tutto quello che poteva fare era scrollare le spalle e
dargli a malincuore il colpo di grazia.
«Oggi dobbiamo spalare la
neve»
Note:
* L'Inno di Akathistos
è considerato l'inno più famoso della liturgia ortodossa, le frasi recitate e
quelle cantate sono prese da lì (grazie Alessia per l’aiuto ❤) ed anche se siete alla fine, vi consiglio
di rileggere o ripensare al capitalo avendo ben in mente questo canto come
sottofondo (link)
.
Volevo rispettare una tabella di marcia ma tra tosse, raffreddore,
tonsille e chi ne ha più ne metta la tabella è andata a farsi benedire (queste allusioni
religiose mi stanno facendo male), quindi il secondo capitolo giunge in ritardo
ç.ç
Cosa accadrà nel prossimo capitolo?
Scopriremo a cosa ha detto “sì” Yuri? Ivan sopravviverà ad un’altra giornata di
lavori? Boris scaricherà tutte le energie? Il nome della chat di gruppo troverà
pace?
Per questa ed altre risposte ci sentiamo l’anno prossimo!
Auguro buon anno a tutto il fandom ❤
Sperando sia migliore di quello appena
trascorso…
Aky
Questi personaggi non mi
appartengono, ma sono proprietà di Takao
Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro