Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: crazyfred    30/12/2022    2 recensioni
Ritroviamo Alex e Maya dove li avevamo lasciati, all'inizio della loro avventura come coppia, impegnati a rispettare il loro piano di scoprirsi e lavorare giorno dopo giorno a far funzionare la loro storia. Ma una storia d'amore deve fare spesso i conti con la realtà e con le persone che ci ruotano attorno.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Sotto il cielo di Roma'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
 
 
 
 Capitolo 31

 
 
“Maya! Maya!” la voce di sua madre arrivava ovattata da dietro la porta e oltre il lenzuolo. Non era abituata a dormire in campagna, in luoghi isolati dove la sera, dopo il tramonto, gli unici rumori sono i cani portati a passeggio e il frinire delle cicale. Ma con il caldo di quei giorni, era davvero un’oasi di pace e sollievo rispetto a Roma, dove l’unica salvezza era il condizionatore.
“Mmmm”
“Alzati dai, sono le 10 e mezza”
Per la prima volta, nemmeno l’arredamento d’antiquariato e i quadri alle pareti le avevano impedito di prendere sonno; tra le mura antiche e spesse, la casa circondata da alberi secolari che garantivano ombra gran parte del giorno, la casa era talmente fresca che l’ultima volta che il suo corpo aveva preteso di ricaricare le batterie con un sonno così profondo che non faceva da aprile, o giù di lì.
In un altro momento avrebbe protestato, era pur sempre domenica mattina, ma purtroppo era stata lei stessa, la sera prima, a chiedere a sua madre di tirarla giù dal letto se avesse dormito oltre le 10. Con il nuovo lavoro la domenica non era più un giorno in cui riposarsi e onorare la festa: bisognava controllare la posta elettronica, revisionare per la duecentesima volta tutto il materiale per il lunedì – era già pronto, ma la sua insicurezza aveva la meglio – e poi, naturalmente, la prima cosa che la sua mente fece appena aperti gli occhi fu di controllare il telefono. Quello aveva la precedenza: dopo il bacio … il limone, Maya, quello era proprio un limone … del pomeriggio precedente, non poteva essere diversamente.
“Scendo subito” disse, tirandosi su, i capelli tutti scompigliati e gli occhi impastati. Si stiracchiò per bene approfittando dell’ampio letto matrimoniale e si sporse verso il comodino per prendere il telefono. “Ugh! Bonanotte Maya” l’iPhone era rimasto acceso per tutta la notte e la batteria era quasi a terra, ma le bastò a sufficienza per leggere ciò che le interessava.
 
Buongiorno! Giornata al mare in famiglia, prevedo mal di testa a fine giornata
Arrivati. Mi correggo, mal di stomaco …  mia madre ha già tirato fuori panini e frittata.
Tu che fai? Salutami tua madre e Ruggero.
 
Buongiorno! Scusa mi sono svegliata tardissimo. Colazione e poi lavoro un po’.
Li saluto solo se tu mi saluti tuo padre. 😉
p.s. telefono scarico
 
“Ben svegliata! Dormito bene?” Era incredibile come, anche di domenica mattina, Ruggero fosse di così ottimo umore, a lei a fatica riusciva la mattina di Natale, e solo dopo una bella cioccolata calda.
Gli occhiali da lettura calati sulla punta del naso, leggeva il suo quotidiano con ancora davanti il suo caffè d’orzo, in maglietta e pantaloncini del pigiama. Anche per lui, quella domenica era iniziata a rilento. Maya allontanò la tazza da sé, quell’odore di caffè bruciato non era esattamente quello che ci voleva di prima – si fa per dire – mattina.
“Ti va un ovetto per colazione? Ti tira su!” le disse, notando che ancora sbadigliava, la testa pesante appoggiata sul tavolo.
“E a pranzo topi morti? No grazie, mi basta il solito…” Il solito era un caffè e delle fette biscottate con della marmellata. “Ma faccio da sola, grazie” si affrettò a dire, visto che Ruggero era scattato come un cameriere “il tempo di svegliarmi”.
Sua madre entrò nella stanza con Bianca che la seguiva, fedele e scattante. “Via Bianca, non ora” la scacciò Maya, mentre la cagnolina elemosinava qualsiasi cosa ci fosse sulla tavola, come se i suoi padroni non la trattassero come una reginetta con il miglior cibo a misura per lei.
“Sei già vestita?” le domandò Maya.
“Sono uscita per prendere il giornale…”
“Ah già…”
Mentre Maya si sversava il caffè nella tazza – dalla moka, Alessandro ne sarebbe molto fiero – 
alle sue spalle, Matilde e Ruggero parlottavano tra di loro dei pappagallini e della voliera nel giardino in maniera indecifrabile. Ruggero sembrava protestare, ma alla fine Matilde l’ebbe vinta e madre e figlia si ritrovarono sole nella stanza. Ecce terzo grado, ha aspettato pure troppo!
“Che mi dici di Alessandro…” ah così proprio de botto, senza girarci intorno, complimenti ma’  
“Alessandro?”
“Sì Alessandro, Maya, il signor Bonelli, il tuo capo … la persona che abbiamo avuto ieri a pranzo e con cui mi sei sembrata davvero in sintonia”
.“Mmm che vuoi che ti dica, è davvero una bella persona” minimizzò.
“L’oculista dice che per la mia età ho una vista invidiabile, lo vedo anch’io che è un gran bell’uomo. In costume da bagno poi …”
“Mamma!” protestò Maya. Matilde era una donna raffinata e di gran classe, ma non aveva peli sulla lingua. In questo, glielo concedeva, erano identiche. Per carità, aveva ragione, quando era uscito dallo spogliatoio con i suoi boxer scuri le era montata una vampata di calore neanche fosse in menopausa, ricordandosi la settordicesima ragione per cui le mancava.
“Ma io intendevo un’altra cosa…”
“È esattamente l’uomo che hai conosciuto: affabile, alla mano, simpatico e gentile”
“Mah”
“Che c’è?”
“Conosco quello sguardo” la sfidò, lo sguardo inquisitore “e mi aspettavo qualcosa di più”
“Che sguardo? Lo sapevo che ti eri messa qualcosa in testa e non dovevo venire qui mentre c’era lui …”
“Non dovevi o non volevi perché sapevi che me ne sarei accorta?” la provocò “Sei cambiata troppo negli ultimi tempi, Maya, e non me la sono mai bevuta che un trasloco fosse l’unica ragione. Sono tua madre, ti conosco…”
“Se pensi che sia cambiata per un uomo ti sbagli di grosso” Di questo era sicura: il cambiamento era avvenuto per sé stessa e per nessun altro. Si era vista allo specchio, si era guardata dentro e non si piaceva più, né si riconosceva.
“Non mi mettere in bocca cose che non ho detto” la riprese “dico solo che avere una persona come lui nella tua vita al di fuori della sfera professionale può averti aiutata ad aprire gli occhi, tutto qui” Maya restò in silenzio. Sua madre aveva colto nel segno: Alessandro aveva catalizzato il cambiamento o quantomeno una riflessione su chi fosse la persona che era diventata, facendole capire che non è necessario andare avanti per inerzia, anche perché la vita, prima o poi, il conto lo presenta ed è meglio correre ai ripari prima che sia troppo salato.
“Provi qualcosa per lui?” Seconda domanda a bruciapelo della mattinata e non aveva ancora finito di spalmare la confettura sulla prima fetta biscottata. Maya tirò un profondo sospiro di resa, ma anche di sollievo: era stufa di mentire.
“Immagino di sì”
“Immagini?”
“Non lo so cosa provo, ma è forte e anche se ho provato a farmela passare non ci riesco” lo disse tutto d’un fiato, prima che ci ripensasse. Ormai è fatta, non si torna più indietro.
“Io credo che tu lo sappia benissimo cosa provi, ma non voglia ammetterlo per qualche stupida ragione che ti passa per la testa. Per papà, forse?”
“Che c’entra papà?”
“Papà c’entra sempre con te”
Sua madre aveva ragione: suo padre era stata la ferita più grande della sua vita, una ferita che non si era mai rimarginata del tutto, un po’ come quelle crosticine che continuiamo a grattare e continuano, anche poco, a sanguinare. Lui aveva tradito la sua fiducia - e non solo la sua, aveva nascosto un mondo di bugie dietro una facciata di serenità e perfezione: ma lui era morto, non c’era modo per riparare, per parlarsi e spiegarsi. Da allora, Maya non riusciva a fidarsi di nessuno se non di sé stessa; talvolta, nemmeno quello.
“Sta per divorziare, ha due figli e 15 anni più di me. Niente depone a nostro favore”
“Ti ama?” Maya annuì “E ti rispetta?”
Era difficile dirlo, dopo quello che era successo, ma sembrava aver compreso i suoi errori e poco alla volta le stava dimostrando di meritarsi una seconda possibilità, non con le parole ma con i fatti. “Direi di sì” era ancora titubante, ma volle rispondere affermativamente.
“E allora non devi sapere altro …”
Matilde si alzò dalla sedia e, posatole un velocissimo bacio sulla testa, se ne andò canticchiando un motivetto, soddisfatta di quella conversazione. Che stronza, pensò Maya, ridendo tra sé e sé, rannicchiandosi sulla sedia e tirando indietro i capelli. Per la prima volta da mesi le stava montando su la tentazione di fumare, ma tolti i sigari che Ruggero teneva più o meno da collezione, sapeva che in quella casa non avrebbe trovato nulla per soddisfarla e le sue unghie caddero vittima della sua agitazione. Tacci sua … sua madre aveva sganciato qualche frase ad effetto e se n’era andata tutta felice a fare le faccende sicura di aver fatto centro e che ben presto avrebbe avuto un altro genero – e che genero – da presentare alle cariatidi sue amiche. Il tutto a sue spese. Maya era frastornata, invidiava a sua madre il senso pratico e risolutezza che probabilmente le venivano dal lutto e dal doversi rimboccare le maniche per mandare avanti la baracca. Forse, pensò, era il caso di iniziare a non farsi troppi problemi e autosabotarsi: proprio come per il lavoro, con le paturnie e le pippe mentali quello che voleva non sarebbe di certo caduto miracolosamente dal cielo.
 
 
Era la prima volta in una decina d’anni che Alex non metteva piede ad Ostia in alta stagione. Vuoi perché, con la casa al Circeo, appena aveva un weekend libero scappava lì anche solo per un tuffo al mare, vuoi perché Claudia detestava l’idea di andare in uno stabilimento balneare che avesse più di tre file di ombrelloni; e ad Ostia non solo gli stabilimenti avevano una dozzina di file, ma se ti cade qualcosa a terra stai sicuro che non fai a tempo a chinarti per raccoglierla che è già stata sepolta nella sabbia per il via vai di gente.
Eppure era la spiaggia della sua infanzia, delle infinite code per strada dentro la 127 di suo padre carica all’inverosimile per una giornata intera al mare, delle biglie e dei racchettoni, avrebbe dovuto tornarci con piacere: invece c’era stato un periodo della sua vita, un lungo periodo, in cui tutto quello che lo legava alla sua gioventù e alla sua famiglia doveva restare chiuso in un cassetto come un ricordo superato e fastidioso. D’inverno, per una passeggiata sul pontile, quando non c’era nessuno ci poteva pure stare, ma d’estate era meglio spostarsi dove chi ti doveva vedere poteva vederti, possibilmente in una spiaggia immacolata ed esclusiva, non di certo ad Ostia Lido. Una vita molto triste, se qualcuno glielo avesse chiesto ora: molto meglio un ombrellone attaccato a quello del vicino, due lettini e una sdraio per 8 persone – tanto i ragazzi sono sempre in acqua – patatine, una Peroni gelata e tante risate.
“Ah zì, ti stai rammollendo!!!” mentre Alessandro usciva dall’acqua, suo nipote lo sfotteva.
“Ah Valè, te c’hai vent’anni, sei un bestione di 1.90, se ti tiro su un’altra volta mi esce un’ernia!”
“Buuu!!!” lo fischiarono Daniele ed Edoardo, complici.
“Ah sì? Puffetta, tu che dici? Andiamo ad affogare tuo fratello e i tuoi cugini?” Giulia, nel suo costumino intero rosa, li aveva guardati fare i tuffi dalla riva, dove una bimba della sua età l’aveva coinvolta a giocare sulla sabbia. Ora però, all’idea di essere partecipe dei giochi dei grandi, lasciò tutto e corse in braccio al padre
“Sìììì!!!” Fatta sedere la bambina sulle sue spalle, Alessandro corse controcorrente con fare minaccioso verso i ragazzi, spruzzandoli di acqua con delle grosse bracciate. Uno alla volta, li gettò di peso in acqua, tra le loro risate e le grida, da riva, di Maria, naturalmente finite inascoltate.
“Peggio dei ragazzini sei!” Maria rimproverò suo figlio una volta tornato sotto l’ombrellone, coprendo la bambina con il poncho mare della Sirenetta di cui Giulia andava orgogliosissima.
​“Ah Marì, na volta che stamo tutti insieme, lasciali divertisse in santa pace!” la riprese Cesare, seduto sulla sdraio. Lui, con i capelli rossi e la carnagione chiara, il sole lo poteva prendere solo in quel modo: all’ombra e per farlo alzare dal suo tronetto c
’era un unico modo: i gavettoni; Valerio e Daniele se ne inventavano una nuova ogni anno per non farsi scoprire, a dispetto delle perquisizioni della loro camera da letto e delle borse prima di uscire di casa.
“E se succede qualcosa?” domandò Maria, apprensiva.
“Ma che vuoi che succede che l’acqua arriva sì e no al metro e cinquanta davanti agli scogli?!”
Alessandro e i ragazzi risero ma non troppo apertamente, per evitare gli scappellotti della nonna. Mentre i più giovani si spostarono al bar del lido a giocare a biliardino – e probabilmente a rimorchiare qualche ragazza adocchiata in acqua, a giudicare dalla velocità con cui lasciarono l’ombrellone – e Giulia mangiava qualche spicchio di frutta portata da casa, Alex buttò uno sguardo al cellulare. Aveva mandato due messaggi a Maya che non avevano ricevuto ancora risposta. Gli aveva detto che andava tutto benissimo e si erano anche sentiti ed augurati velocemente la buonanotte la sera prima, ma quella mattina non ancora una parola. È domenica, cretino, magari sta dormendo di più. E infatti, finalmente, alle 10.32 aveva risposto:
 
Buongiorno! Scusa mi sono svegliata tardissimo. Colazione e poi lavoro un po’.
Li saluto solo se tu mi saluti tuo padre. 😉
p.s. telefono scarico
 
Gli aveva mandato pure un emoji, segno che era di buon umore al punto da condividerlo con lui. O almeno così sembrava funzionare tra i giovani. Non che si sentisse decrepito, ma a volte sentiva di essersi perso troppo negli anni, di non essere stato al passo, nonostante il suo giornale seguisse, o meglio creasse i trend e le mode. Ma col cavolo che avrebbe salutato suo padre per lei: l’ultima cosa di cui aveva bisogno era un Cesare Bonelli su di giri per tutto il giorno per quel ritorno di fiamma per il quale probabilmente era persino più felice di lui.
 
Mi dispiace ma per le sue coronarie è meglio se non te lo saluto.
Ti mando un … incoraggiamento 😉 😘
 
“Ti senti ancora con quella ragazza?” Persino Anna, rediviva, aveva accettato di buon grado l’invito per quella giornata al mare in famiglia. Suo fratello era rimasto sempre al suo fianco, a suo modo, persino quando lei aveva superato ogni limite e nonostante quello che si erano detti.
“Perché me lo chiedi?”
“Così…per come sorridi allo schermo del telefono mi pari un adolescente alla prima cotta”
“Fatti i cazzi tuoi, Anna. Tu piuttosto, quando te la rifai una vita? Sarebbe pure ora…”
Le loro schermaglie, invece, erano rimaste identiche. Forse era semplicemente il loro modo di comunicare, non ne conoscevano un altro, e dovevano arrendersi al fatto che l’affetto che provavano l’un l’altro non erano capaci di esprimerlo in altro modo. E poi dalla sua Anna si portava dietro il suo orgoglio ferito e la consapevolezza di essere nel torto ma non riuscire né ad ammetterlo né a chiedere scusa: quando Alessandro aveva avviato le procedure per il divorzio, Claudia poco alla volta, ogni volta con una scusa diversa, aveva smesso poco alla volta di ronzarle intorno e la donna aveva iniziato a capire che forse aveva riposto la sua fiducia e la sua buonafede verso la persona sbagliata. Era stata una bella doccia fredda, ma come spesso accadeva nella sua vita avrebbe dovuto prevederlo e soprattutto avrebbe dovuto fidarsi della sua famiglia. Ora si sentiva estremamente in colpa.
“Io? Con quei due come faccio?” domandò con Giulia che, finito il suo spuntino, andò a chiederle di pettinare i capelli. Si sedettero al lettino e la donna iniziò a strecciare delicatamente i capelli della bambina, impiastricciati di salsedine.
“Valerio e Daniele sono grandi ormai, e tu sei ancora giovane” esclamò suo fratello “non è che devi espiare chissà quale colpa con la clausura e la castità. Esci, incontra qualcuno…magari perdi un po’ di acidume”
“Cafone”
“St-” Alex avrebbe voluto controbattere, ma già aveva parlato abbastanza davanti a Giulia che era tipo un megafono quando ci si metteva d’impegno, nonostante sembrasse non prestare attenzione a quello che gli adulti facevano o dicevano.
“Ma insomma, c’avete vent’anni pe’ gamba e ancora ve beccate come du regazzini?!” li riprese Maria. Lo aveva fatto per abitudine, come una sorta di riflesso incondizionato, ma in realtà dentro ballava la conga per quei figli che senza troppo clamore erano tornati quelli di un tempo, seppure nascondendosi dietro le solite baruffe.
“Insomma non c’hai raccontato niente di ieri” esordì suo padre, riemergendo dalle pagine della sua Settimana Enigmistica.
“Di ieri? Che ne sai?” domandò Alex, allarmato. Con un sorriso marpione, Cesare indicò la nipotina con un cenno del capo. Te pareva… “Un pranzo tra amici, niente di che”
Nel frattempo, Edoardo era tornato sotto l’ombrellone, allungandosi sul lettino dove era seduta la nonna, gli auricolari indossati e il telefono tra le mani. Difficile dire se stesse davvero ascoltando musica o fosse un modo per non essere disturbato.
“Ah, niente di che… e perché Giulia mi ha detto che ha conosciuto la mamma di Maya?” lo provocò Cesare. Alessandro notò sua madre all’erta e con la coda dell’occhio vide pure sua sorella che rideva sotto i baffi, con la soddisfazione della pecora nera della famiglia che vede il figlio perfetto finalmente rimproverato. Sei la luce dei miei occhi Giulietta ma te la taglierei quella linguetta, tacci tua…
“Perché ho conosciuto la signora e il suo compagno ad una mostra e mi hanno invitato. E prima che me lo chiedi … anche se forse già lo sai, c’era anche Maya. Ma non vi mettete in mente strane idee” li ammonì; ovviamente quelle strane idee, legittimamente, se le sarebbero messe in testa comunque, ma almeno avrebbe frenato le loro domande, almeno per un po’. “Soprattutto tu” concluse, indicando il padre.
Cesare alzò le mani in alto, indignato. “Io? Ma quando mai? Io me sono sempre fatto i fatti miei…”
“Quanto fai il drammatico, Cè … lo sanno tutti che sei n’impiccione de prima categoria”
“Povero me, pure questo me devo sentì dire”
“Dai papà, è meglio che non insisti…sennò poi scopriamo gli altarini” gli sussurrò, ridacchiando, portandosi alle sue spalle. Suo padre si ricompose, a disagio, sulla sdraio: le sue scappatelle a Testaccio per conoscere Maya prima di tutti era meglio che restassero tra loro.
Edoardo, quando la conversazione era ormai virata sui programmi per il Ferragosto, si alzò e suo padre lo vide confabulare con Giulia, prenderla per mano e andare insieme verso il bagnasciuga. Alex seguì con lo sguardo suo figlio, meravigliato; la differenza d’età tra i due si faceva sentire ogni giorno di più e, anche se di tanto in tanto il ragazzo diventava il fratellone attento e protettivo che aveva immaginato per la bambina, generalmente il loro legame era ridotto alla semplice convivenza. Mentre giocavano insieme con la sabbia e le formine, i due iniziarono a parlare. Edoardo faceva domande e la bambina, continuando in quello che stava facendo, rispondeva. Alessandro, incuriosito e insospettito, andò verso di loro.
“Uffa Dedo!” sbraitò la bambina “Perché non lo chiedi a papà? Io che ne so?!”
“Cos’è che mi devi chiedere Edo?”
“Niente” tagliò corto il ragazzo, alzandosi e tornando verso gli ombrelloni, lo sguardo basso, ma Alex fu più lesto di lui e, fermo, lo bloccò.
“No, non funziona così…io faccio una domanda e tu rispondi. Io non ti nascondo più niente, non vedo perché devi farlo tu”
“Mi ha chiesto se Maya è bella e simpatica”
“Zitta tu, spiona!”
“E c’era bisogno di tutta sta manfrina? Ovvio che io sono di parte e magari non sono obiettivo, ma sì è simpatica”
“E bella”
“Molto” rispose e si accorse di essersi inconsapevolmente aperto in un sorriso.
“Come mamma?”
“Non c’entra niente con mamma, se ti può essere d’aiuto”
Si sentiva a disagio a mettere a confronto le due donne, ma voleva far capire a suo figlio che non era un rimpiazzo o la sua versione giovanile in un momento di crisi di mezza età. Capitava a molti altri padri, ma lui sentiva che quello che stava succedendo a lui era ben diverso: è vero, si sentiva ringiovanito, ma quel sentimento era maturo, consapevole.
“A dire il vero, io a Giulia avevo chiesto anche un’altra cosa” prese coraggio il ragazzo “per questo si è arrabbiata. Le ho chiesto se vi ha visti baciarvi” “Ah beh, questo cambia le cose”
“Avevi detto che non mi avresti più nascosto nulla, no?” Sì gli aveva promesso che sarebbe stato sincero e aperto con lui, ma non così. C’erano dei limiti che voleva mantenere e che riguardavano il rispetto che doveva a Maya, visto che lei stava provando di nuovo a dargli fiducia.
“Posso trincerarmi dietro un no comment?” Edoardo era sveglio, avrebbe capito, doveva capire che si può essere aperti e sinceri senza per forza dover scendere nei particolari. Saperlo, del resto, non avrebbe aggiunto nulla a quella che era la realtà delle cose che non gli aveva nascosto.
Il ragazzino acconsentì, serrando le labbra in un sorriso forzato. Era una situazione nuova e anomala per tutti, Alex glielo riconosceva, ed era un percorso fatto di compromessi e talvolta anche di scontri; l’importante però era farlo, proprio come in quel momento, tutti insieme.

 
Salve a tutti! Come promesso, ecco per voi un capitolo di fine anno. So che questa atmosfera estiva è poco natalizia, ma alla fine con questo riscaldamento globale il Natale sta diventando sempre più simile a quello australiano in quanto a temperature, ahinoi. Oggi scopriamo le conseguenze di quanto avvenuta nella giornata in campagna, da una parte e dall'altra. Era inevitabile che lasciasse strascichi, però se non altro tra i due le cose sembrano filare lisci...è già tanto conoscendoli.
Vi mando i miei auguri di trascorrere un S.Silvestro sereno e un buon inizio anno. Alla prossima,
Fred ^_^
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: crazyfred