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Autore: Parmandil    01/01/2023    0 recensioni
Tornate con noi ai giorni gloriosi in cui veri uomini con pistole a raggi e splendide donne in abiti succinti affrontavano gli orribili mostri dello spazio esterno! Tornate ai giorni in cui Capitan Proton, difensore della Terra, dominava i cieli!
Per l’equipaggio della Destiny, sperduto nel Multiverso, il ponte ologrammi può costituire una piacevole distrazione. Specialmente se s’indossano i panni di Capitan Proton, l’eroe in bianco e nero ispirato alla Golden Age della fantascienza. Ma tutto cambia quando, visitando lo Spazio Fotonico, il programma olografico sovrascrive la realtà stessa, materializzando meraviglie e pericoli dalle Avventure di Capitan Proton. Stavolta la finzione esce dalle anguste pareti del ponte ologrammi, facendosi realtà, dalla Nave a Razzo fino alla Fortezza del Destino. Seguite l’audace Capitan Proton e il leale Buster Kincaid nella lotta contro il perfido dottor Chaotica e i suoi biechi scagnozzi, per salvare il cosmo e liberare l’incantevole Constance Goodheart. Sempre che Malicia e Demonica, le Signore Gemelle del Male, non abbiano qualcosa in contrario...
Genere: Avventura, Comico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Star Trek Destiny Vol. V:
Eroi dello spazio
 
 
LA DESTINY DOVEVA ESPLORARE IL MULTIVERSO,
MA QUALCOSA È ANDATO STORTO
E L’EQUIPAGGIO È STATO UCCISO.
ANNI DOPO, UNA BANDA DI CONTRABBANDIERI
HA ABBORDATO LA NAVE ALLA DERIVA,
VENENDO RISUCCHIATA NEL MULTIVERSO,
SENZA LE COORDINATE DI RITORNO.
AGLI AVVENTURIERI NON RESTA CHE
ESPLORARE UNA REALTÁ DOPO L’ALTRA,
IN CERCA D’INDIZI SULLA VIA DI CASA,
MENTRE CERCANO DI RISCOPRIRE IN LORO
QUELLO SPIRITO CHE CREÓ LA FEDERAZIONE...
 
 
-Prologo:
Data Stellare ignota
Luogo: Petra, capitale degli Uomini Lucertola
 
   Immaginate, se vi aggrada, un cosmo in bianco e nero, in cui la Terra e gli altri Mondi Incorporati sono costantemente insidiati dalle minacce dello spazio esterno. Tra orribili mostri alieni, crudeli robot e despoti galattici assetati di conquista, il fato dell’Umanità è appeso a un filo. È in tempi del genere che tutti chiamano a gran voce un eroe; e un eroe ha risposto! Capitan Proton, Difensore della Terra, è ancora una volta in missione per contrastare i malefici piani del dottor Chaotica. Ora la sua Nave a Razzo, il Rocketeer, ha viaggiato fino ai confini del cosmo, dove sul pianeta Petra l’antica stirpe degli Uomini Lucertola custodisce una reliquia dal grande potere. Dovesse cadere in mano ai biechi emissari di Chaotica, l’Umanità sarebbe condannata. È per questo che Buster Kincaid, il leale gregario di Proton, e l’affascinante segretaria Constance Goodheart si sono calati nella città sotterranea degli Uomini Lucertola; ma le cose non sono andate come previsto per il dinamico duo...
   Tum-tum-tum-tum!
   Il rullo dei tamburi, basso e ossessivo, echeggiava nell’intricata rete di spelonche. I guerrieri lucertola battevano le lance sugli scudi, tenendo il ritmo. La luce cruda delle torce e dei bracieri riverberava sui loro volti scagliosi e inespressivi. Al centro della grande caverna, due terrestri erano legati a un palo sacrificale: Buster Kincaid da un lato, Constance Goodheart dall’altro. Il leale gregario si guardava attorno, in cerca d’indizi sulla loro sorte. Al tempo stesso ruotava i polsi nel tentativo di liberarsi dai legacci, finora senza fortuna. Dietro di lui, la bionda ossigenata si dibatteva cercando a sua volta di sciogliersi.
   «Non temere, Constance, usciremo di qui! In fondo ne abbiamo viste di peggio. Ricordi quella volta che fosti agguantata dal Calamaro Demoniaco di Greyhawk II?» chiese Buster, tentando di rincuorare la compagna d’avventure. Constance non rispose, ma anche il silenzio era eloquente.
   «Okay, quella volta fu Proton a salvarti... come sempre» ammise Buster. «Ma ho imparato un sacco di cose da allora. Ci tirerò fuori dai guai, promesso!» assicurò l’avventuroso reporter. Dopo di che drizzò le spalle e si rivolse al Re degli Uomini Lucertola, che li osservava a poca distanza.
   «Vostra Maestà, tutto questo non è altro che uno spiacevole equivoco. Sono certo che possiamo trovare un accordo, se solo avrete la bontà di slegarci» disse, cercando di parlare con voce più profonda e sicura del normale.
   «Nessun equivoco!» rispose il Re Lucertola in tono cavernoso. «Siete venuti pretendendo la consegna della nostra reliquia più sacra, la Pietra della Terra» disse, accennando al manufatto posto su una colonnina. Era una pietra ovale, grande come un uovo di struzzo. Recava inciso il simbolo alchemico della Terra, un triangolo equilatero rovesciato e intersecato da una linea orizzontale. «Nella mia generosità vi ho offerto la possibilità di conquistarla, superando la Prova d’Iniziazione» proseguì il sovrano. «Ma tu, giovanotto, hai fallito! Ora la Madre Terra vuole che le siate sacrificati. Liberate la Creatura!» sentenziò, accompagnandosi con un gesto secco.
   Un clangore metallico alle spalle di Buster indicò che il cancello ferrigno in fondo alla caverna si stava aprendo. Il giovane cercò di voltarsi, per vedere quale orrore ne sarebbe sbucato; ma legato com’era non riusciva a torcersi abbastanza. Tuttavia udì un sibilo minaccioso, misto a un suono strisciante, come se pesanti spire scorressero sul terreno. Gli Uomini Lucertola, che lo vedevano bene, levarono le lance in un saluto quasi osannante. E Constance, che essendo legata schiena contro schiena a Buster aveva il mostro davanti a sé, lanciò uno strillo acuto e prolungato.
   «AAAAAAAHHHHH!».
   Dall’intensità del grido, l’avventuroso reporter dedusse che si trattava di una minaccia di prim’ordine. Raddoppiò gli sforzi per liberarsi, cercando convulsamente di sciogliersi i polsi, ma inutilmente; e i sibili erano sempre più vicini. «Accidenti, Capitan Proton, dove sei? Abbiamo bisogno di te!» esclamò, riconoscendo la gravità della situazione.
   «Eccomi, amici miei!» risuonò una voce più sicura e virile. Un uomo alto e scattante, con giacca di pelle e occhialoni di volo, sbucò da un cunicolo laterale, entrando nella piena luce delle torce. Una musichetta eroica accompagnò la sua entrata in scena. L’intrepido campione impugnava una pistola a raggi; un sorriso sicuro gli illuminava il volto e i lunghi capelli erano raccolti in una coda di cavallo. Al vederlo gli Uomini Lucertola indietreggiarono di un passo, sibilando allarmati, e gli puntarono contro una selva di lance; ma l’uomo non mostrò alcun timore. «Il giuoco è finito, altezza! Liberate i miei compagni!» ordinò, prendendo di mira il Re Lucertola.
   «Chi sei tu che osi profanare il mio santuario, interrompere il sacrificio e persino darmi ordini?!» chiese il sovrano, oltraggiato.
   «Capitan Proton, Uomo Spaziale di Prima Classe, Difensore della Terra, Flagello del Male Intergalattico!» si presentò l’eroe, accorciando le distanze. La sua pistola a raggi era sempre puntata contro il monarca.
   «Capitan Proton... impossibile! Avevo sentito che eri stato colpito da una cometa vagante!» obiettò il Re Lucertola.
   «E dopo l’impatto, la povera cometa si è disintegrata» confermò l’audace uomo dello spazio. «Mi spiace dovervi privare della vostra reliquia, ma qui non è più al sicuro. Vedete, il folle dottor Chaotica ha trovato un’antica mappa stellare che mostra dove si trovano le quattro Pietre degli Elementi. Se riuscisse a impadronirsene, potrebbe sfruttare il loro potere per distruggere la Terra e gli altri Mondi Incorporati. Voi stessi sareste in pericolo, perché Chaotica intende schiavizzare tutti i popoli del cosmo. Quindi è nel vostro interesse lasciarci prendere la Pietra per portarla sulla Terra, dove sarà vigilata dalla nostra flotta spaziale» spiegò.
   «Non ho alcuna garanzia che questo Chaotica voglia la nostra Pietra; finora gli unici giunti a reclamarla siete voi!» obiettò il Re Lucertola. «Pertanto vi sottoporrò alla suprema ordalia. Se riuscirete a sconfiggere la Creatura, avrete la Pietra. Altrimenti le vostre ossa spolpate decoreranno questa caverna!» avvertì.
   «Mi sta bene» ribatté Proton senza scomporsi. In due balzi fu accanto al palo sacrificale. Sempre impugnando la pistola a raggi con la mano destra, estrasse un coltellino svizzero con la sinistra e si affrettò a liberare i compagni dai legacci. In un attimo le corde tagliate caddero a terra. Buster e Constance fecero qualche passo, massaggiandosi i polsi indolenziti.
   «Appena in tempo, Capitano. Quasi cominciavo a disperare» borbottò il giovane.
   «La foresta delle piante carnivore mi ha rallentato» si giustificò Proton. «Ma eccoci di nuovo riuniti contro le minacce dello spazio esterno!». Si volse a fronteggiare la Creatura, sempre più vicina.
   Anche Buster si girò verso i sibili, e finalmente lo vide: un serpente gigante strisciava verso di loro! Le scaglie rilucevano, riflettendo i bagliori delle torce. La lingua forcuta guizzava tra le fauci e le zanne velenose non aspettavano che di richiudersi su di loro.
   «AAAAAAAHHHHH!» strillò di nuovo Constance, nascondendosi dietro al prode Capitano.
   «Hai ragione, mia cara, stavolta sarà dura» convenne Proton, pronto allo scontro.
   «Ehm, lo sarebbe meno se mi dessi un’arma» notò Buster, che era stato disarmato dagli Uomini Lucertola quando lo avevano catturato.
   «Mi spiace, non ho altre pistole a raggi» disse l’eroe dello spazio. Aprì il fuoco contro il serpente gigante, mirando alla gola. Il raggio laser balenò nell’aria, lasciandogli una chiazza scura sulle scaglie; ma non riuscì a perforarle. Il serpente s’inarcò, sibilando ancora più forte, come in segno di sfida. Aprì un cappuccio di pelle ai lati della testa, alla maniera dei cobra, che lo fece apparire ancor più grande e minaccioso.
   «È troppo corazzato, non ci resta che scappare!» gemette Buster, occhieggiando il tunnel laterale da cui era sbucato l’eroe.
   «No! Mai darsi per vinti, mai arrendersi!» obiettò Proton con decisione. Si guardò attorno, in cerca d’ispirazione, e finalmente la notò. La statua colossale di un guerriero lucertola sorreggeva la volta della caverna, a mo’ di cariatide. Impugnava un’enorme alabarda, dalla lama d’ossidiana perfettamente affilata. E il serpentone stava per passarci proprio sotto.
   Capitan Proton socchiuse gli occhi, calcolando distanza e tempi. Poi, con l’infallibile mira che lo aveva reso noto in tutto il cosmo, aprì il fuoco. Colpì il braccio della statua, tranciandolo di netto. Priva di sostegno, la gigantesca alabarda d’ossidiana cadde in avanti. Piombò sul serpente gigante e gli recise di netto la testa.
   Splat!
   La testa mozzata rotolò in avanti di qualche metro, arrestandosi proprio davanti a Proton, che vi posò sopra lo stivale in segno di trionfo. Estasiata, Constance Goodheart corse dall’eroe e lo abbracciò strettamente. A pochi passi, Buster Kincaid applaudì ammirato. «Complimenti, Capitano! Anche stavolta hai fatto centro; sei sempre il migliore» riconobbe.
   «Ordinaria amministrazione» sorrise Proton, staccandosi di dosso la segretaria con gentilezza ma con decisione. Dopo di che si rivolse al Re Lucertola, che aveva assistito alla scena. «Ebbene, io ho fatto la mia parte. Ora tocca a te rispettare i patti!» gli ricordò.
   Il sovrano stava per rispondere, ma fu prevenuto da una voce aspra, proveniente da dietro gli Uomini Lucertola: «Che scena sdolcinata!». I nativi si girarono di scatto, sorpresi dall’intrusione. Il movimento tra le loro file permise anche ai tre terrestri di vedere i nuovi arrivati.
   Capitan Proton fremette nel riconoscere le guardie di Chaotica, dai mantelli neri e i volti mascherati. A capo del drappello c’era nientemeno che Lonzak, braccio destro di Chaotica e capo delle sue armate. Era un omone grande e grosso, dal vocione tonante e la gestualità enfatica. Indossava un’uniforme tutta borchie, più cerimoniale che pratica, con un grande elmo conico a sormontargli la testa calva. «Sorpreso di vedermi, Proton? Di certo pensavi che fossi caduto nella fossa dei coccodrilli!» tuonò il vile marrano. «Invece sono sopravvissuto, aggrappandomi alla vendetta! Trema, terrestrucolo, perché la tua ora è giunta!» minacciò. Agguantò la Pietra della Terra, mentre con la mano libera sparò alla volta della caverna.
   Ci fu uno schianto e le pietre iniziarono a cadere, sempre più grosse e numerose. Lonzak e i suoi scherani si dileguarono nel tunnel da cui erano arrivati, che conduceva in superficie. Gli Uomini Lucertola sibilarono, fuggendo in altri condotti. Era questione d’attimi prima che la grotta crollasse del tutto.
   «EEEEEEEKKKKK!» strillò Constance, con un’intonazione diversa dalle precedenti.
   «Da questa parte, presto!» la esortò Proton, spingendola nella galleria da cui lui stesso era sbucato poco prima. In un attimo anche Buster gli fu accanto.
   «Ma non dovremmo salire?» chiese il giovane, notando che il condotto portava sempre più in profondità.
   «Non temere, seguimi!» insisté l’eroe, imboccando il tunnel. A Buster non restò che fidarsi; del resto il Capitano non lo aveva mai deluso. Lo seguì nel budello di pietra, mentre alle loro spalle la grande caverna collassava con un boato assordante.
 
   I tre terrestri corsero a perdifiato nella galleria, a stento illuminata da qualche torcia. Di lì a poco Buster cominciò a rallentare, credendosi ormai fuori pericolo; ma Proton lo afferrò per un braccio. «Non è ancora finita, guarda!» lo avvertì, indicando qualcosa alle loro spalle.
   Il giovane si voltò, trovandosi davanti una scena terrificante. Un macigno grossomodo sferico si era infilato nel tunnel e rotolava a gran velocità contro di loro. Se li avesse raggiunti, li avrebbe spappolati: non c’era anfratto in cui nascondersi.
   «EEEEEEEKKKKK!» gridò Constance Goodheart, giratasi a sua volta. La bionda ossigenata scattò in avanti, con uno sprint da centometrista. Proton e Buster dovettero mettercela tutta per starle dietro. Alle loro spalle, il fragore del macigno rotolante era sempre più forte. Buster osò guardarsi indietro, vedendolo vicinissimo. Il cuore gli scoppiava nel petto: sarebbero usciti in tempo?
   «Ci siamo quasi, un ultimo sforzo!» lo incoraggiò Proton.
   Voltosi di nuovo in avanti, il giovane vide la chiara luce del giorno in fondo al tunnel e sentì una corrente d’aria fresca sul viso. L’uscita era vicina, e con essa la salvezza!
   Con un ultimo sprint, i tre terrestri uscirono dalla galleria, gettandosi prontamente di lato. L’attimo dopo il pietrone sbucò a sua volta e passò loro accanto. Rotolò lungo il pendio alberato, schiacciando gli arbusti del sottobosco, fino a perdersi nella foresta.
   «Siamo salvi!» disse Proton, lievemente ansante. Si accostò a Constance, abbracciandola teneramente. «Hai avuto paura, amore mio?» chiese in tono protettivo. La segretaria annuì e ricambiò l’abbraccio, seppellendo il volto contro il suo petto. «Non temere, è tutto finito» la rassicurò il Capitano, carezzandole la chioma ossigenata.
   Buster Kincaid, che era crollato a terra esausto, si rialzò a sua volta e si guardò attorno. Erano entrati nella montagna di Petra da un lato e ne erano usciti dall’altro, il che spiegava il forte dislivello. Davanti a loro si stendeva l’intricata foresta che copriva gran parte del pianeta. «Saremo anche salvi, ma la missione è fallita. Abbiamo perso la Pietra» disse sconfortato.
   «Beh, non è così grave. Ci sono quattro Pietre, una per elemento. A noi basta prenderne una per impedire a Chaotica di sfruttare il loro potere» gli ricordò Proton. «La prossima volta andrà meglio, vedrai. Anche se...» s’interruppe, udendo un boato come di tuono. Osservò il cielo, schermandosi gli occhi dal sole. Una navicella, decollata dall’altro lato della montagna, schizzò verso le nuvole.
   «Saranno Lonzak e i suoi, con la Pietra della Terra» riconobbe Buster.
   «Già. Forse non è troppo tardi per intercettarli, prima che tornino al Pianeta X. Seguitemi, ho lasciato il Rocketeer in una radura qui vicino!» disse l’eroe, con rinnovato ottimismo. Senza perdere tempo guidò i compagni d’avventura attraverso la fitta selva.
 
   I terrestri si fecero strada nel sottobosco, camminando di buon passo. A un certo punto s’imbatterono in una pianta carnivora, che cercò di avviluppare Constance nelle liane simili a tentacoli, ma Capitan Proton reagì con l’usuale prontezza. Due raggi laser ben assestati convinsero la pianta a desistere e dettero all’affascinante segretaria un motivo in più per stimare il suo eroe. Infine il terzetto giunse alla radura in cui li attendeva la Nave a Razzo.
   Lo scafo argenteo del Rocketeer scintillava alla luce del sole. Era un vascello piccolo e agile, dalle linee minimaliste. Aveva forma a missile, sebbene atterrasse su un fianco. A prua spiccava il simbolo di Proton, una raggiera di fulmini. Più indietro sulla fiancata si aprivano alcuni oblò, così come il portello d’ingresso. A poppa lo scafo si affusolava e si estendevano quattro grandi alettoni per il volo atmosferico. Era la navicella più veloce del cosmo; e ora il miglior pilota del cosmo era ansioso di mettersi ai comandi.
   «Forza, bellezza! Si torna nell’etere, il nostro elemento!» disse Proton, sfiorando affettuosamente lo scafo prima d’entrare. Constance si affrettò a seguirlo. Per ultimo venne Buster, che sigillò il massiccio portello stagno.
   «Il nemico ha un grande vantaggio su di noi» notò il giovane, preoccupato.
   «Lo ridurremo attraversando la Cintura degli Asteroidi» promise Proton, già ai comandi.
   «Ma nessun vascello ha mai attraversato la Cintura!» s’inquietò l’avventuroso reporter.
   «Vuol dire che saremo i primi!» disse l’eroe, sicuro di sé. «Non temere, amico mio. Fa’ ciò che dico e ne usciremo senza un graffio. Razzi di decollo, avanti tutta!» disse, premendo alcuni grossi pulsanti luccicanti.
   Spinto dai razzi atomici, il Rocketeer s’innalzò in volo e prese quota, più rapido di un proiettile. La montagna di Petra e l’intricata foresta svanirono dietro di esso, quando s’innalzò oltre le nubi. In breve la Nave a Razzo fu nell’orbita del pianeta.
   «Pronto ad attivare il propulsore iper-atomico» disse Proton, concentrato sui comandi.
   «Ehi, capo... sei sicuro che Lonzak stia tornando al Pianeta X? Forse sta proseguendo direttamente verso la prossima Pietra, nel qual caso dovremmo fare altrettanto» notò Buster.
   «Giusto, dobbiamo tracciare la sua rotta» convenne l’audace Capitano. «Immagizzare! Cerca di rilevare la sua traccia atomica» ordinò.
   «Non c’è problema!» disse il giovane, rimboccandosi le maniche della camicia. Attivò l’Immagizzatore, ovvero lo schermo principale. Uno spicchio di pianeta apparve nell’angolo in basso a destra; per il resto si vedeva solo lo spazio trapunto di stelle. Buster maneggiò alcuni bottoni e levette, dopo di che controllò un manometro. «Ci siamo, ho una traccia atomica! Direzione 9-3-9, provvedo a immagizzare!».
   La traccia apparve sullo schermo, simile a un esile filo di fumo che si perdeva tra le stelle.
   «Avevi ragione, il furfante si dirige verso la prossima Pietra» constatò Proton. «Ebbene, faremo lo stesso! Possiamo ancora precederlo, se prendiamo la scorciatoia».
   «Intendi...» fece Buster, sentendo rizzarsi i peli sul collo.
   «Ebbene sì, passeremo accanto all’Occhio del Terrore» decise l’eroe.
   «Ma è un suicidio! Nessuno è mai sopravvissuto all’incontro con quel vortice senza fondo!» protestò il giovane.
   «Vuol dire che saremo i primi!» ribadì Proton, con l’immancabile ottimismo che lo caratterizzava. «Passeremo più vicini possibile, così che la spinta gravitazione ci dia l’accelerazione necessaria. Reggiti forte, amico mio. Anche tu, Constance cara» raccomandò. Abbassò una leva, attivando il propulsore iper-atomico, e subito il Rocketeer schizzò in avanti, verso la prossima avventura.
 
   Di lì a poco la Nave a Razzo giunse presso l’Occhio del Terrore. Era un grande vortice che bucava lo spazio, avvolto da gas incandescenti e frammenti d’asteroidi, attirati dalla sua irresistibile gravità. Il Rocketeer prese a vibrare sotto la tremenda sollecitazione, mentre Proton lo dirigeva ancora più vicino. Impaurita, Constance Goodheart si avvicinò all’eroe dello spazio e cercò di abbracciarlo, in cerca di conforto.
   «Non adesso cara, mi servono le mani libere» disse gentilmente Proton. «La forza del vortice è immane, non c’è spazio per il minimo errore. Buster, preparati ad attivare il propulsore iper-atomico al mio comando».
   «Conta su di me, Capitano» disse il leale gregario, le mani già sui comandi.
   Il Rocketeer tremò come mai prima d’ora, sospinto dalle correnti gravitazionali. Capitan Proton lo mantenne in rotta con suprema maestria, contrastando il vortice famelico. Una singola goccia di sudore comparve sulla sua fronte concentrata. «Ci siamo quasi... meno tre... due...» mormorò.
   THUD!
   L’impatto era avvenuto contro la fiancata. La paratia d’acciaio resistette senza deformarsi, ma il Rocketeer sbandò con violenza. I terrestri dovettero reggersi alle consolle per restare in piedi.
   «Cos’è successo?!» chiese Buster Kincaid, col cuore in gola.
   «Un asteroide ci ha colpiti a babordo» comprese Proton, verificando rotta e velocità. «Lo scafo è integro, ma abbiamo perso la rotta. Stiamo precipitando verso l’Occhio del Terrore, non posso impedirlo» disse, alzando gli occhi al vortice che ormai riempiva lo schermo.
   «Allora... siamo perduti?!» chiese il giovane, incredulo.
   «Non ancora. Se la fortuna ci assiste, passeremo indenni attraverso l’Occhio e usciremo dall’altra parte... ovunque sia» rivelò il prode Capitano. «È come passare dalla cruna di un ago; le piccole dimensioni del Rocketeer ci aiuteranno» aggiunse.
   «Grandioso... ma qualcuno è mai riuscito nell’impresa, prima di noi?» indagò l’avventuroso reporter.
   «Noi saremo i primi» disse ancora una volta Proton, lo sguardo fisso verso l’inconoscibile baratro davanti a loro. «Prendi nota, amico mio... stiamo per entrare negli annali dello spazio».
   Il Rocketeer vibrò sempre più forte, acquistando velocità man mano che si avvicinava al centro del mulinello. Mancava poco all’attraversamento della soglia... quella breccia nello spazio-tempo che fagocitava materia ed energia.
   «AAAAAAAHHHHH!» strillò Constance, sopraffatta dall’orrore.
   Tutto si oscurò, mentre una musica drammatica risuonava intorno agli eroi dello spazio. Tum-tum-tu-tuuuum! Infine si udì una voce squillante: «Riusciranno i nostri eroi a sopravvivere all’Occhio del Terrore e a sventare i piani del perfido dottor Chaotica? Lo scoprirete nelle prossime puntate delle Avventure di Capitan Proton!».
 
   Tornata la luce, sotto forma di una luminosità diffusa, i due uomini si trovarono soli in un vasto salone vuoto. Non c’era più traccia del Rocketeer, né dei gas e degli asteroidi circostanti; e nemmeno dell’Occhio del Terrore. Infatti la simulazione olografica era terminata e con essa anche la monocromia: i giocatori e i loro abiti avevano recuperato i colori. I due si trovavano al centro della sala; le superfici di un nero intenso erano rivestite dalla griglia esagonale dei proiettori olografici. Proprio davanti a loro si apriva l’unico ingresso, contraddistinto da un’imponente porta ad arco.
   «Beh, che te ne pare?» chiese il Capitano Rivera dell’USS Destiny, la nave federale dispersa nel Multiverso. L’Umano indossava ancora la tenuta da Capitan Proton che costituiva il suo costume di scena, e di cui ora si potevano apprezzare i colori.
   «Niente male, davvero» riconobbe Talyn, l’addetto a sensori e comunicazioni. Anche lui indossava il suo costume, ovvero gli abiti di Buster Kincaid, replicati prima d’iniziare il gioco. «Questa è stata una delle puntate migliori. Quando quel macigno ci è rotolato dietro nella galleria, ho davvero avuto paura» ammise.
   «I protocolli di sicurezza sono sempre attivi. Non abbiamo mai corso alcun rischio» assicurò il Capitano. «Anche se questo non mi ha impedito di prendermi una storta mentre correvo» ammise, massaggiandosi la caviglia gonfia e indolenzita.
   «Sì, ho notato che negli ultimi minuti zoppicava un po’, Capitano» disse il giovane El-Auriano, sempre attento ai dettagli. «È meglio se passa in infermeria, a farsi dare una controllata» suggerì.
   «Meglio di no. È imbarazzante farsi curare per un incidente sul ponte ologrammi» borbottò Rivera, ma Talyn intuì che c’era dell’altro. Forse il Capitano si vergognava di ammettere il suo hobby con la dottoressa Giely, l’unico medico di bordo.
   «Fossi in lei, mi farei visitare» insisté l’El-Auriano. «Sarebbe peggio se domani tutto l’equipaggio la vedesse zoppicare, no?».
   «Uhm, già» ammise Rivera controvoglia. Si diresse verso l’uscita, seguito dal giovane ufficiale. «Allora, dicevi che la puntata ti è piaciuta. Aspetta di vedere le prossime... si preannunciano degli episodi gustosi».
   «Niente spoiler, la prego!» rise il giovane. «Voglio riprendere dal cliffhanger senza sapere a cosa andiamo incontro. Mi chiedevo solo se potremmo apportare qualche modifica al personaggio di Constance».
   «Perché, cos’ha che non va?».
   «Ecco, strilla talmente forte che mi fa venire il mal di testa. Non dico di zittirla completamente, ma... non potremmo almeno levarle qualche decibel?» suggerì Talyn.
   «Si può fare» annuì Rivera. Il portone si aprì davanti ai due giocatori, permettendogli di lasciare il simulatore ambientale, tornando ai familiari corridoi della Destiny. A quell’ora serale c’erano pochi ufficiali in circolazione, e anche se qualcuno li avesse visti coi costumi di scena non ci avrebbe fatto caso. Travestirsi per giocare sul ponte ologrammi era prassi normale sulle navi della Flotta Stellare, e sebbene tutti loro fossero avventurieri, impadronitisi del vascello, avevano rapidamente adottato quello stile di vita.
   «Certo che la cosa migliore, per Constance, sarebbe non averla più come NPC» disse il Capitano. Come sanno tutti gli appassionati di realtà virtuale, un NPC – non player character – è un personaggio gestito dal computer e pertanto limitato alla programmazione di base.
   «Vuol farla interpretare da qualcuna dell’equipaggio?» s’interessò Talyn. «E chi ha in mente?» indagò. Sulla Destiny non c’erano molte donne disponibili a interpretare un ruolo così politicamente scorretto nella sua limitatezza retro-futuristica.
   «Uhm, ancora non lo so. Ci devo pensare...» borbottò Rivera, meditabondo. 
 
   
 
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