Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: PerseoeAndromeda    04/01/2023    0 recensioni
Un ricordo dispettoso, un po' di malinconia...
Ma una mano affettuosa giunge in soccorso del nostalgico Shin.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cye Mouri, Kento Rei Faun
Note: Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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Fanfic scritta per il writober indetto da Fanwriter.it.
Lista: Pumpnight
Prompt: 11. Aurora
Titolo: In nessun altro luogo
Fandom: Yoroiden Samurai Troopers
Personaggi: Shin Mori, Shuu Rei Fang, padre di Shin
Rating: verde
Genere: Angst, sentimentale, introspettivo, pre canon e alla fine post canon


 
IN NESSUN ALTRO LUOGO


 
“Shin-chan, è ora”.
Otoosan lo svegliava sempre così: una leggera carezza che sollevava la frangetta dalla fronte e un sussurro altrettanto delicato, proprio vicino all'orecchio.
Il bambino borbottava qualcosa, si lamentava un po’, perché era troppo bello attardarsi in un mondo di sogni fatti d'acqua e di colori incantati. Ma sapeva che, se si fosse svegliato, il papà lo avrebbe condotto laddove quei sogni si sarebbero mutati in realtà.
E allora non importava se era un giorno di festa, in cui la scuola non lo richiamava ai doveri di bambino e avrebbe potuto concedersi qualche ora di sonno in più: dormire sarebbe stato uno spreco quando l’alternativa era passare qualche ora insieme a Otoosan, in un mondo che era tutto solo per loro.
Ma solo se ci arrivavano prima dell’alba, prima che venisse invaso da altre persone: ad entrambi sembrava necessario, indispensabile viverlo in completa solitudine, loro due, il mare e le sue creature.
Allora, dopo il lieve e poco convinto diniego, saltava su, si metteva seduto nel suo futon, con i pugni si stropicciava gli occhi, poi si stirava e, con uno sbadiglio, gettava le braccia intorno al collo di otoosan.
Il giovane papà tentava di fare il sostenuto ma, tutt’altro che rigido giapponese d’altri tempi, risultava poco credibile e finiva lui stesso per abbracciare il bambino, con un sorriso e un affettuoso invito a sbrigarsi.
Invito che il piccolo Shin raccoglieva senza farsi troppo pregare e, senza fare rumore, già rispettoso del prossimo pur in così tenera età, attento a non svegliare la mamma e Sayoko-Neesan che avrebbero dormito ancora per un’ora o due, si vestiva, si lavava il viso e saltellava dietro al padre fuori dalla loro bella casa protetta dai muri bianchi di Hagi.
Non facevano colazione, ci sarebbe stato tempo per farla dopo: l’alba sul mare, invece, non aspettava.
Arrivavano alla loro spiaggia quando il sole cominciava a occhieggiare sull’orizzonte, le impronte dei loro piedi nudi unico segno di forma umana: non ce ne sarebbero stati altri ancora per qualche ora.
Lasciavano le loro vesti abbandonate sulla sabbia e camminavano l’uno accanto all’altro, fin dove le onde li lambivano.
Non importava che facesse caldo o freddo, c’era l’acqua a proteggerli, il mare li avrebbe accolti e non avrebbe causato loro alcuna sofferenza.
Camminavano fino al punto in cui il mare raggiungeva le ginocchia dell’adulto e quasi sommergeva il bambino e, solo allora, il padre si voltava verso il figlio per tendergli la mano.
Il piccolo non aveva paura di quel mare che lo avvolgeva, della leggera instabilità dei suoi piccoli piedi, non aveva bisogno di aiuto, ma del contatto con il genitore sì, perché gli dava gioia, gli dava amore. Così posava la manina in quella del papà e si lasciava trascinare fin dove, ormai, non toccavano più il fondo.
Si abbandonavano ai flutti, prendevano un lungo respiro e scendevano, mano nella mano, sempre più giù…
Ogni volta un po’ più giù, ogni volta il papà si arrischiava a condurre il figlio un po’ più verso l’abisso, ma Shin lo avrebbe fatto fin dalla prima immersione: le sue capacità di resistere alla mancanza d’aria nei polmoni avevano del miracoloso a detta di suo padre. Per lui era stato diverso. Aveva dovuto allenarsi a lungo prima di potersi immergere per periodi superiori a qualche minuto.
Shin sembrava non fare alcuna fatica.
Sembrava che nel mare ci fosse nato, che l’acqua lo possedesse, come lui possedeva l’acqua.
“Un pesciolino” rideva e gli arruffava i capelli.
Otoosan doveva costringerlo a risalire, a non esagerare e, quando tornavano sulla sabbia, gli drappeggiava attorno un asciugamano enorme, nel quale il bambino scompariva.
Il sole era ormai sorto e qualche persona cominciava a vagare sulla spiaggia.
Poi si rivestivano e tornavano a casa, dove okaasan e Sayoko-Neesan li attendevano con i loro sorrisi e la colazione pronta in tavola.
 
***
 
I piedi nudi accarezzati dalle onde, lo sguardo fisso sul sole che sorgeva, Shin passò il dito sull’angolo di un occhio, a cacciare una lacrima fuggitiva.
La mano che restava libera lungo il fianco venne catturata da un’altra, che si intrecciò alla sua e la strinse forte.
“Il mio pesciolino è triste?”.
Shu era così dolce con lui e Shin si sentiva tanto fortunato.
Accolse l’invito di quella mano e si aggrappò ad essa, scosse il capo, mantenendo lo sguardo sull’orizzonte che si tingeva d’arancio…
Arancio…
Il colore che associava al suo Shu…
“Non sono triste, scimmietta. Un ricordo dispettoso mi ha provocato un po’ di nostalgia”.
Quando spostò gli occhi sul ragazzo accanto a lui, riuscì a sorridere sotto gli occhi lucidi.
Shu gli accarezzò il viso, gli posò un bacio sulla gota:
“Posso aiutarti a cacciare questa nostalgia e a farti pensare solo a me… che sono qui e ti amo tanto?”.
Il nodo che si formò nella gola di Shin, adesso, era solo di pura commozione: quelli erano momenti in cui temeva che il cuore potesse esplodergli.
Sospirò, lasciò cadere in avanti il viso e appoggiò la fronte sulla spalla del nakama:
“Ti amo anche io… sono felice di essere qui. Non vorrei essere in nessun altro luogo né in nessun altro momento”.
 
 
 
 
   
 
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