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Autore: VaniaMajor    05/01/2023    1 recensioni
Kagome possiede un portafortuna. Non avrebbe mai immaginato che a causa sua sarebbe stata portata in un altro mondo, coinvolta in una guerra orribile e legata misteriosamente a un demone dai capelli d'argento...Ma chi è il Principe dai capelli neri dei suoi sogni? Perchè la sua onee-chan deve soffrire tanto? E c'è speranza di tornare a casa...viva?! La ricerca delle Hoshisaki è iniziata. Una AU di Inuyasha e della saga di Cuore di Demone!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO 33
 
LA TIGRE
 
Kagome aprì gli occhi quando iniziò a sentire caldo sotto il sole a picco. Mugolò, passandosi le mani sul viso, poi alzò lo sguardo verso la figura di Inuyasha, che le dava la schiena. Avvertendo il suo risveglio, l’hanyo si voltò.
«Hai riposato?» le chiese, senza lasciare le redini.
«A sufficienza. – lo rassicurò lei, alzandosi in piedi con qualche tentennamento – A che punto siamo?»
«Un paio di giorni ancora, credo.» rispose Inuyasha, guardando il panorama di fronte a loro. Kagome fece lo stesso, rimanendo come sempre impressionata da ciò che vedeva. Stavano volando sopra il territorio di En verso una catena di basse formazioni rocciose, su un carro imperiale trainato da due creature simili a draghi che Jaken aveva mandato loro incontro con encomiabile prontezza. Il fatto era che, mentre loro correvano verso il Palazzo in preda all’ansia per le notizie ricevute, Jaken aveva altrettanta fretta nel mettersi in contatto con loro perché Shippo era tornato dalla sua pericolosa missione portando con sé le indicazioni di Sesshomaru…o, per meglio dire, i suoi ordini. Pochi giorni dopo essersi separati da Miroku e Sango, avevano fatto sosta in un villaggio dove erano venuti a conoscenza del messaggio loro dedicato.
«Sesshomaru ha capito che non c’è più tempo, anche se al momento è fuori dal centro degli avvenimenti. – disse Inuyasha, pensando ad alta voce e incupendosi – Quella della Fonte dei Desideri è quasi un’ammissione di sconfitta, per lui. Deve avere avuto i suoi buoni motivi per mettere in relazione l’uso di Tenseiga e quest’altra eredità di nostro padre, ma non ho idea se la cosa possa funzionare. Stiamo parlando delle Hoshisaki, in fondo.»
«Quanto è potente questa Fonte?» chiese Kagome, affiancandoglisi. Le loro braccia si sfiorarono ma, pur arrossendo appena, nessuno dei due accennò a rompere il contatto.
«Chi lo sa? Io non l’ho mai vista. Non so nemmeno se mio padre l’abbia usata oppure se vi fosse qualcosa di utile per il suo piano, da quelle parti. Già, potrebbe anche essere così…magari Sesshomaru ha scoperto qualcosa.»
«Oppure sa che non c’è tempo e vuole provare a esprimere un desiderio.»
«Bah, è una cosa talmente fuori dal suo personaggio…Comunque, lo scopriremo una volta là. Speriamo solo di arrivare prima di Naraku e, soprattutto, di Soichiro.»
Le notizie raccolte erano tremende. La tigre di Gake stava lasciandosi dietro una scia di morte e distruzione e i vecchi della Grande Famiglia si erano ribellati apertamente, comandando un vero e proprio esercito di demoni di Naraku, guidandolo entro i confini di En. Jaken aveva spedito carri volanti in ogni direzione, sperando di intercettarli e aiutarli a raggiungere il più velocemente possibile il padrone.
«Sono contento di aver mandato Miroku a Sorayama. Dovremo bruciare le tappe, per la nostra vita e per la sopravvivenza di En.» mormorò Inuyasha. Kagome annuì, poi dovette reprimere un brivido e lui aggiunse: «Non temere, per il momento siamo troppo vicini al castello per subire attacchi e Miroku sta andando in direzione opposta agli scontri.»
«Non è quello. Sono pronta a combattere al tuo fianco, Inuyasha. - disse lei, riempiendolo di quel sentimento caldo che non le aveva ancora confessato – È che ho un pessimo presentimento. Non è stato fatto alcun accenno ad Anna-onee-chan e mi sembra strano. Se le cose tra loro stessero andando bene, Shippo lo avrebbe detto a Jaken e penso ci avrebbe fornito questa informazione, per tranquillizzarci almeno un po'.»
«Non è detto, la storia di Soichiro lo sta sconvolgendo dalla preoccupazione.» le ricordò Inuyasha, poi scosse la testa. A chi voleva darla a bere? Ci aveva pensato anche lui. Jaken poteva non apprezzare troppo la nuova Junan, ma voleva vedere la Stella di En unita quanto loro. Se avesse avuto delle buone notizie in merito, le avrebbe condivise. Invece, neanche una parola, né nel bene  né nel male.
“Cosa sta combinando mio fratello?” sospirò, incupendosi e stringendo più forte le redini. Non era abituato a essere lui quello equilibrato, quello più vicino a raggiungere la meta e gli scopi prefissati dall'eredità paterna. Sesshomaru era sempre stato l'inamovibile e perfetto cardine del destino di En. “Forse è su questo che sta giocando Naraku. La sua forza testarda è anche il suo punto debole. È sempre stato convinto di doversela cavare da solo, di non aver bisogno di nessuno e di poter maneggiare la profezia delle Hoshisaki modellandola secondo i propri desideri, senza farsene trascinare. Se la sorella di Kagome ha fatto breccia nella sua armatura, lui potrebbe aver mantenuto le distanze apposta, creando una frattura in cui Naraku non avrebbe difficoltà a inserirsi...”
«Quel bastardo!» sibilò ad alta voce, facendo impallidire Kagome. «Mi riferivo a Naraku. Kagome, tua sorella è un tipo testardo? Come credi si stia comportando con Sesshomaru? Sango e Miroku mi hanno detto che gli ha tenuto testa anche troppo e che vorrebbe tornare umana il prima possibile...»
«Beh...Anna non è una ragazza debole, ma di norma è una persona sorridente, che si sforza di rasserenare gli altri. Però ha un forte desiderio di indipendenza. È stata sballottata qua e là per tutta l'infanzia, senza alcun riguardo per la sua volontà e i suoi sentimenti, e questo l'ha segnata. Non appena ha potuto, è andata a vivere da sola per non pesare sulla mia famiglia. - ricordò Kagome, intristendosi, poi lo guardò con franchezza – Credo che Sesshomaru possa farle saltare i nervi come poche altre persone al mondo, ma Anna sa riconoscere la solitudine e il dolore. Non ha avuto un'infanzia facile e sa mettersi nei panni degli altri fin quasi a soffrirne. Se ha trovato qualcosa di buono in tuo fratello, farà di tutto per aiutarlo...Potrebbe arrivare a mettere in secondo piano il suo desiderio di tornare umana, se pensasse che ne vale la pena.»
“E Sesshomaru accetterebbe i suoi servigi senza battere ciglio...e senza ricambiare.” pensò Inuyasha con un altro brivido. Quale situazione migliore per il maledetto hanyo di Gake?
«Spero che Anna sia riuscita a fare un miracolo simile a quello di Rin, allora. - disse soltanto, sapendo che Kagome aveva già intuito fin troppo la sua preoccupazione – Mi spiace per i draghi, ma oggi non faremo pausa. Dobbiamo unirci a quei due prima che vengano raggiunti dalla vecchia tigre, o temo che avremo di che pentircene.»
***
Il suo nome era perso nel buio e nelle fiamme e, per quanto lo cercasse, non sembrava vi fosse modo per farlo riemergere. Ricordava confusamente secoli di gloria e potere, una convinzione interiore della propria grandezza e prestigio più che vere memorie a cui potesse appellarsi per ritrovare se stesso, tutto poi sciolto e sfatto nella grande tenebra caotica del corpo di Naraku.
Naraku, di cui era parte. Un essere inferiore che governava le Hoshisaki. Un coacervo di poteri tenuti insieme da astuta ambizione e smodato desiderio di pervertire e distruggere. Lo odiava e lo temeva, ma allo stesso tempo ormai se ne sentiva il braccio armato. Ciò che lo aveva mandato a fare corrispondeva con i suoi desideri più ancestrali: distruggere, uccidere. Si muoveva in un territorio che aveva il compito di devastare col proprio fuoco, sotto la copertura di esseri il cui odore canino lo feriva e gli faceva venire spesso voglia di voltarsi e fare strage per seguire il proprio istinto.
Si tratteneva perché gli era stata promessa una preda più grande, più pregiata. Non aveva riconosciuto il nome, ma ora che la sua vittima designata era vicina ne riconosceva in parte l’odore. Aveva avuto un nemico, tanto tempo prima…una delle pochissime cose che ricordava. Un maledetto inu-yokai, qualcuno che odiava e invidiava e che non si decideva a morire. Lo aveva spacciato, prima di essere risucchiato nel buio, ma a quanto pareva la sua nemesi aveva lasciato un erede. Qualcuno da bruciare nel fuoco fino a farne cenere.
Al solo pensiero, le fauci della tigre si spalancarono in un ruggito di pura, violenta fame di morte. Sulla sua fronte, i doni che Naraku gli aveva lasciato il giorno prima brillarono di luce malsana, facendolo sentire ancora più potente e pericoloso: l’Astuzia gli era stata restituita insieme alla Violenza e il suo sangue yokai non era mai stato così desto e aggressivo. Negli ultimi due giorni, aveva corso senza sosta, senza nemmeno soffermarsi a distruggere quanto gli stava attorno e seminando coloro che gli coprivano le spalle. Tutta la sua attenzione era stata convogliata verso quell’odore sempre più vicino. Ora, lo sentiva, il suo nemico si era fermato. Non si allontanava più: lo stava aspettando per scontrarsi con lui.
Assetato di sangue, colui che era stato Imperatore di Gake, l’uccisore di Inuken, balzò sulle rocce in un guizzare di muscoli possenti sotto il pelo striato. Ancora non lo vedeva, ma poteva sentirlo. L’inu-yokai era là, davanti a lui, insieme alle sue Hoshisaki. E Naraku lo osservava da grande distanza insieme alla sua serva superstite, pronto a calare come un avvoltoio sui frutti della battaglia ormai prossima.
Gli istinti di Soichiro, in effetti, avevano ragione. Sesshomaru vide il grande moko-yokai, circonfuso da un’aura infuocata, balzare sulle rocce, poi sparire tra di esse nella sua corsa. Era questione di poco, poi li avrebbe raggiunti. Non c’era modo di raggiungere la Fonte, nemmeno se avessero corso come mai prima: Soichiro sarebbe comunque stato loro addosso a pochi passi dalla meta e a quel punto Sesshomaru non aveva intenzione di voltargli le spalle. Sarebbe stato come fuggire e quella era una cosa che esulava dalla sua personalità in modo tanto radicale da non poter essere nemmeno contemplata.
Anna, al suo fianco, lo guardò. Il suo volto era pallido, tirato. Gli occhi sembravano bruciare, mentre scrutava l’orizzonte. La ragazza non faticò ad avvertire l’odio e la sete di vendetta che pervadevano l’Imperatore di En e non si sentì di condannarlo per aver deciso di fermarsi ad affrontare lo yokai che Naraku aveva sguinzagliato alle loro spalle. Quella tigre aveva ucciso il padre di Sesshomaru, la figura tanto inseguita e rispettata, quella meta mai raggiunta che Anna aveva potuto osservare e comprendere nella Grotta degli Echi. Come ci si poteva aspettare che voltasse le spalle alla possibilità di vendicarsi?
“Naraku è un essere orribile.” pensò Anna, non per la prima volta, mentre una smorfia involontaria le piegava le labbra. Era una trappola bella e buona, entrambi lo sapevano, ma il primo non poteva sottrarvisi senza rinnegare se stesso e la seconda non aveva il potere di impedirgli lo scontro.
«Lo aspettiamo o gli andiamo incontro?» chiese soltanto. Avvertiva il proprio sangue vibrare nelle vene, forse in risposta all’enorme potere che si avvicinava o, peggio, in risonanza con un altro yokai che aveva fatto parte del corpo di Naraku. Sperò che Sesshomaru non se ne accorgesse. Aveva già manifestato a sufficienza la sua mancanza di fiducia in lei.
Sesshomaru si guardò attorno, prendendosi tempo per risponderle. Sembrò trovare quello che cercava, le ordinò: «Vieni.», poi balzò sulle rocce, tornando indietro per un tratto e salendo fino in cima a una piattaforma che scendeva a picco per qualche metro, appena sopra a una vecchia frana. Lì si fermò, in attesa. Anna, perplessa, si guardò attorno cercando di capire cos’avesse di speciale quel luogo rispetto al punto in cui attendevano pochi minuti prima, poi credette di intuire. La roccia piatta sovrastava la gola al di sotto e non era raggiungibile con un singolo balzo da cime precedenti. Il moko-yokai avrebbe dovuto passare sotto di loro e Sesshomaru aveva intenzione di iniziare lo scontro da un punto che lo metteva in vantaggio.
Rimasero in silenzio per qualche minuto, poi Sesshomaru disse: «Lo affronterò da solo.»
Questo ebbe l’effetto di spezzare il contegno di Anna e di far emergere i suoi veri sentimenti, così che lui poté leggerli con relativa facilità: tensione, preoccupazione e, al momento, incredulità e sgomento.
«Cosa?» le uscì di bocca in un sussurro sfiatato.
«Hai sentito.» tagliò corto lui.
«Ma…ho giurato…ti ho promesso…»
«Non desidero i tuoi servigi, non ora. Soichiro è mio. – un lampo rosso gli attraversò lo sguardo, ancora puntato nella direzione da cui la tigre stava per comparire, poi lui si decise a guardarla – Questa vendetta mi è stata sottratta e ora mi viene offerta su un piatto d’argento. Non me la farò sfuggire solo per timore delle trame di Naraku.»
«Dovresti averne più timore, invece! È ovvio che si tratta di una trappola, anche Rin ha cercato di avvisarci!» sbottò Anna.
«Sono l’Imperatore di En. Ho la forza e il potere di rendere inoffensiva qualsiasi trappola quel dannato ragno mi mandi contro, come ho sempre fatto. Stai dubitando di questo?»
«No, è di Naraku che dubito! Non posso credere che ti stia semplicemente mandando contro il vecchio nemico di tuo padre. C’è qualcosa…qualcos’altro…» esclamò lei, frustrata, portando le dita all’Hoshisaki che aveva sulla fronte cercando spiegazione alla sensazione di nausea che le stava montando dentro. Sesshomaru, suo malgrado, si trovò ad apprezzarla un’altra volta. Pur venendo da un altro mondo ed essendo in sintonia con Junan da così poco tempo, gli istinti di lei erano desti e vigili.
«Ha due Hoshisaki. – le disse, dando voce alla sua inquietudine senza nome – L’ho avvertito, come e più di te. Questo non cambia niente.»
«Cosa dici?! Cambia tutto, se sono entrambe attive! – ansimò Anna, venendo avanti e trattenendosi all’ultimo dal toccarlo – Sesshomaru, Tenseiga non funziona ancora. Junan mi dà potere, senza contare che posso sottrarre e usare energie. Non ti intralcerò, cercherò di renderlo debole per te…»
«No. Non sei in grado di affrontare uno yokai del genere e non voglio perdere di nuovo Junan per un colpo di testa. Resterai qui.»
«A guardare senza immischiarmi?!»
«Ti ordino di far fuori eventuali pesci piccoli, se dovessero presentarsi. Pensi di farcela?»
«Posso farcela, ma…» tentò ancora di protestare lei.
«E, ovviamente, mi aspetto che tu non ne approfitti per raggiungere la Fonte dei Desideri senza di me.» non poté fare a meno di aggiungere Sesshomaru. La vide impallidire, poi avvampare. Fu avvolto dalla sua rabbia e da uno sdegno rovente, sentimenti così puri e intensi da cancellare, finalmente, i sospetti cresciuti in lui dalla sua conversazione con Kagura. La vide alzare una mano, come se volesse schiaffeggiarlo, ma Anna si frenò subito con un mostruoso esercizio di volontà e si fece indietro, guardandolo con occhi che dall’azzurro erano passati all’oro.
«Non ti fiderai mai di me, vero? – chiese, aspra, richiudendosi dentro se stessa – Non ti fiderai mai di nessuno. Non mi sorprende che Tenseiga taccia. Vai, affronta da solo il tuo fantasma. Fai quello che ti pare.»
Gli voltò le spalle e si allontanò, saltando con agilità su un’altra cima rocciosa, mettendo della distanza tra loro. Sesshomaru avvertì la tentazione di fermarla, di discutere con lei. Capire che era sincera e probabilmente fedele lo aveva come ripulito da un incantesimo di tenebra che lo teneva avvinto da giorni, ma quello non era il momento di dare equilibrio al suo rapporto con Junan. Ci sarebbe stato tempo dopo. Ora, Soichiro stava arrivando.
Dando priorità a una vendetta che agognava da troppo tempo, Sesshomaru tornò a voltarsi verso la gola e si trasformò, prendendo la sua imponente forma canina, col pelo bianco argenteo scintillante al sole. Anna, la quale lo fissava dalla sua postazione con occhi che non accennavano a tornare normali, si tenne pronta.
Anche lei, a quel punto, si reputava libera di fare quello che le pareva.
***
Lo scontro fu subito all’insegna della ferocia senza limiti. Non appena Soichiro comparve nella gola, Sesshomaru balzò dalla sua postazione sopraelevata e si scagliò sul nemico, le fauci spalancate e le unghie velenose pronte a colpire. I due corpi, quello a strisce nere e oro e quello bianco argentato, si avvinghiarono l’uno all’altro, mordendo e graffiando, poi si separarono, solo per darsi lo slancio per una nuova, violentissima aggressione. Già ai primi contatti era stato versato del sangue e l’Hoshisaki sul petto di Sesshomaru brillava di una luce intensa, così come quelle sulla fronte della tigre. L’inu-yokai si slanciò in avanti e Soichiro lo accolse con un fiume di fuoco che gli sgorgò dalle fauci come il fiato di un drago. Sesshomaru spiccò un balzo per evitarlo, cercando di atterrare di nuovo sulla schiena della tigre, ma quest’ultima si rigirò su se stessa e diede due zampate in aria, mancandolo ma rendendo vano l’attacco.
Sesshomaru atterrò alle sue spalle e Soichiro si fece sotto. L’Imperatore di En riuscì a colpire il muso dell’avversario con le sue unghie avvelenate, scavandogli la pelle sensibile vicino a un occhio e mandandolo a sbattere contro la roccia, che tremò. Soichiro ruggì e usò la parete di roccia per darsi lo slancio, avventandosi sulle zampe anteriori dell’inu-yokai. Le sue fauci si chiusero sulla parte alta della zampa, facendo sprizzare il sangue. Sesshomaru ululò, mentre Soichiro aggiungeva ai danni del morso quelli del fuoco, poi si avvinghiò alla tigre con l’altra zampa e sfruttò la posizione per morderlo alla nuca con tutte le sue forze, tirando e scuotendo per costringerlo a lasciare la presa.
I tre spettatori di quella scena, pur se partendo da sentimenti diversi, non furono sorpresi di vedere le luci delle Hoshisaki, soprattutto quella delle Punte di Stella complementari, farsi malsane. Una sorta di tenebra stava ammantando i due, che si divisero per saltarsi di nuovo addosso con violenza. Entrambi stavano inconsciamente trattenendosi dall’usare le Hoshisaki, ma il loro istinto aggressivo avrebbe presto preso il sopravvento sulla tattica, scatenando un processo autodistruttivo.
Naraku, che galleggiava in aria accanto alla piuma di Kagura, aveva sul viso un sorrisetto compiaciuto, gelido. Aveva messo Sesshomaru con le spalle al muro sfruttando al meglio le rigidità del suo carattere e non aveva remore nel sacrificare Soichiro per avere l’opportunità di condurre l’Imperatore di En alla morte o alla follia. Kagura, accanto a lui, non manifestava un’emozione ma dentro di sé era in pena. Quella era una situazione pessima persino per Sesshomaru e sapeva bene cosa succedeva combattendo la propria controparte, quindi temeva per lui e anche per se stessa. Con l’Imperatore di En fuori dai giochi, Naraku si sarebbe subito mosso per ricostituire la Stella di Gake…e niente le assicurava che a quel punto lei gli fosse ancora utile. Il pensiero di ritornare a essere una parte del suo corpo oscuro le faceva accapponare la pelle. Purtroppo, in quel momento non c’era nulla che lei potesse fare. Aveva rischiato tutto ciò che le era consentito indirizzando Sesshomaru alla Fonte dei Desideri, ma la sete di sangue di Soichiro gli aveva messo le ali ai piedi.
Anna, dal canto suo, osservava il violento scontro dalla sua postazione tenendo le labbra tanto serrate da farle sparire in una linea bianca. I suoi occhi erano rimasti color oro, la fiamma sulla sua fronte sembrava bruciare davvero sotto la soffusa luce violacea della sua Hoshisaki. Aveva paura, per Sesshomaru e per se stessa, ma era anche furiosa con tutto e tutti. Si teneva alla roccia con mani le cui unghie si erano allungate in artigli acuminati, le sue orecchie erano più appuntite, il corpo raccolto in quello che in qualsiasi momento avrebbe potuto trasformarsi in uno scatto. Restava dov’era per rispetto nei confronti della vendetta di Sesshomaru e per essere certa che nessun membro della Grande Famiglia o dell’esercito di Naraku stesse per intervenire, ma ormai sembrava evidente che il moko-yokai aveva seminato coloro che avrebbero dovuto fornirgli supporto e che ciò che si consumava tra quelle montagne era il duello all’ultimo sangue di due grandi Signori dei Demoni. Non sapeva che Naraku, poco distante, si chiedeva se avrebbe avuto il coraggio di immischiarsi, rendendo più soddisfacente il suo perverso divertimento, ma questo particolare non avrebbe avuto probabilmente alcun effetto sul suo proposito. Per una volta, Anna aveva intenzione di fare quello che sentiva con libertà, senza aspettarsi l’approvazione di nessuno.
Attese, mentre i due contendenti si infliggevano ferite che sarebbero state mortali per chiunque altro, sentendo la testa pulsare al ritmo del battito cardiaco. Vide la luce delle Hoshisaki farsi sempre più corrotta, finché esse non si attivarono, circondando i Portatori di un'aura di energia terribile. Quella argentata di Sesshomaru e quella di uno sgradevole giallo emanata da Soichiro si fusero e si scontrarono in una deflagrazione di potere che li ferì a vicenda e tirò indietro i capelli di Anna, come il vento di un'esplosione. La pelle le si tese sulle ossa come se solo la sua Hoshisaki la stesse salvando dall'essere spazzata via. Non osava immaginare quale dolore stessero provando i due contendenti, anche ora che si prendevano a morsi. I corpi di entrambi erano più forti di una creatura qualsiasi, ma erano comunque mortali. Quello scontro avrebbe finito col distruggerli internamente.
“Sesshomaru ha solo Chinoo su cui far conto. L'Hoshisaki di Tenseiga è come morta. Invece, la tigre ha due frammenti...” pensò, con una stretta allo stomaco. Stava compiendo un incredibile sforzo di volontà per dare ancora un po' di tempo a Sesshomaru di dimostrare che poteva farcela, ma non era forse impossibile? Perfino l'Imperatore di En non poteva che cedere, di fronte a un avversario suo pari che però era fornito di un potere esterno due volte più forte...
Quando Soichiro riuscì a liberarsi dalla presa di Sesshomaru, che gli aveva appena scavato solchi velenosi sulla schiena, e a sferrargli una zampata per poi alitargli una fiammata dritta in faccia, Anna decise che ne aveva abbastanza. Balzò, trasformandosi nel salto, tornando a essere il grande gatto dorato per la prima volta da quando aveva trovato asilo nel campo di Ojohi ed era entrata nella sfera di influenza della Stella di En. Soichiro l'aveva ignorata fino a quel momento e il fatto di aver momentaneamente accecato Sesshomaru, unito alla necessità di far cessare al più presto il dolore inconcepibile che gli pervadeva le membra per colpa delle Hoshisaki attive, aveva catalizzato tutta la sua attenzione sullo scopo di sferrare il colpo finale. Fu per lui una totale sorpresa la comparsa di quel neko-yokai, più piccolo di lui e di Sesshomaru ma infinitamente agile, che si frappose fra loro, soffiando e portando con sé la luce di Junan, brillante come la luna viola e capace di spezzare il legame perverso tra le Hoshisaki complementari.
La rottura del campo di forza fu un'altra esplosione, interna ed esterna ai Portatori. Soichiro fu scagliato all'indietro, ma atterrò senza troppi problemi sulle quattro zampe, scuotendo la grossa testa con fare stordito e spargendo gocce di sangue tutt'attorno. Anna fece da scudo a Sesshomaru, che aveva momentaneamente perso i sensi per l'accumulo di ferite. Vedendolo tornare in forma umana, Anna ne approfittò per chiudere i denti acuminati sui suoi vestiti, sollevarlo e correre via tra le rocce, tra cui scomparve alla vista lei stessa pochi istanti dopo.
«Che si fa? Si interviene?» chiese Kagura, guardando Naraku.
«No, si sono solo nascosti. Ora viene il bello, Kagura, godiamoci lo spettacolo.»
***
 «Che ferite…»
Sesshomaru aprì gli occhi a fatica. Sentiva le mani di Anna sfiorarlo, cercando di risanarlo con il potere di Junan. Ce ne sarebbe voluto parecchio per ottenere dei risultati: un braccio era fuori uso, quasi staccato dal corpo, senza contare le ferite al ventre e alla schiena e il fatto che non vedeva quasi niente. Pur aprendo gli occhi, tutto era avvolto in una nebbia rossastra e aveva contorni sfocati. Capì che lei lo aveva trascinato in qualche anfratto tra le rocce, sottraendolo momentaneamente alla battaglia.
«Ti avevo detto…» iniziò, quasi sibilando per il furore.
«…di non immischiarmi. Beh, l’ho fatto e non me ne pento. Niente sta andando come avevi previsto, se non te ne sei accorto! – tagliò corto lei, brusca, approfittando del fatto che anche parlare gli costava fatica – Vi sareste ammazzati a vicenda, non lo capisci? Per fare un piacere a Naraku, che ci sta sicuramente spiando. Le vostre forze sono pari e le Hoshisaki avrebbero fatto il resto!» Esalò un sospiro che voleva essere spazientito ma che si spezzò a metà, comunicandogli quanto lei fosse preoccupata, oltre che arrabbiata. Non solo la luce di Junan, ma anche l’odore delle emozioni di lei lo avvolgeva, senza più freni. La loro intensità gli fece quasi male perché gli diede un’orribile immagine di sé, nel pensare al proprio atteggiamento degli ultimi giorni. Fece il tentativo di alzarsi.
«Dove credi di andare?!» sbottò Anna, spaventata, posandogli le mani sul petto per frenarlo.
«Soichiro ci troverà immediatamente. Devo…»
«Devi stare qui, fermo, e lasciare che ti curi per quanto posso! Non temere per Soichiro almeno per un po’, ho trovato un anfratto in cui solo una forma umana potrebbe infilarsi. Deviato com’è dalle Hoshisaki e dal potere di Naraku, non credo sia in grado di trasformarsi.»
«Questo non lo fermerà.»
«No, ma mi darà il tempo di fare qualcosa per te. Ora lasciami lavorare.» lei chiuse la discussione, concentrandosi per guarirlo quanto poteva. Sesshomaru rimase in silenzio, sapendo di non avere né le forze né la volontà di resisterle. Nei minuti che seguirono, udirono Soichiro ruggire più volte. Le rocce tremarono, mentre la tigre passava sopra le loro teste, avvertendo il loro odore senza poterli vedere o raggiungere. Una volta, frustrato, Soichiro esalò il suo fuoco nella strettoia e per un attimo Anna sobbalzò e si tese, voltandosi di scatto verso la stretta apertura dell’anfratto mentre al di fuori si scatenava l’inferno e l’aria diventava quasi irrespirabile. Poi, Soichiro riprese ad artigliare la roccia e a ruggire e la temperatura rovente tornò a scendere.
Man mano, la vista di Sesshomaru si schiarì abbastanza da permettergli di vedere meglio dove si trovavano, pur se sempre in una nebbia rossastra. Le ferite meno gravi si chiusero, ma per le altre sarebbe servito tempo. Il braccio, soprattutto, era in pessime condizioni. Anna si fermò prima di esaurirsi. La luce di Junan smise di fluire nel suo corpo, ma le mani di lei rimasero posate sul suo petto e, quando Sesshomaru abbassò lo sguardo sul suo viso, si accorse che lo fissava con intensità, le labbra serrate e il volto pallido.
«Non puoi continuare a combattere in queste condizioni.» gli sussurrò. Sesshomaru avvertì la sua preoccupazione quasi disperata.
«Devo.» replicò, brusco, e fece di nuovo per alzarsi. Lo stupì scoprire quanto fosse difficile, come il suo corpo anelasse altro riposo, altra guarigione. Non ricordava di essere mai stato ferito così. Anna esercitò la sua forza yokai e lo costrinse a stare dov’era, guadagnandosi un’occhiata astiosa e una spinta inaspettata che la costrinse a barcollare all’indietro ma che non le fece mollare la presa né mutare espressione.
«Se combattessi con te, le nostre Hoshisaki saprebbero pareggiare il potere di quelle unite in Soichiro?» chiese invece, pratica. Sesshomaru, stavolta, parve rifletterci. Passò qualche istante prima che rispondesse: «No. Non sappiamo combattere insieme, né unire la forza delle nostre Hoshisaki. Siamo divisi.»
La consapevolezza di quel fallimento li soverchiò entrambi. Sesshomaru avvertì una sorta di bile acida risalirgli in gola, mentre la guardava davvero per la prima volta dopo quel momento di rivelazione che era stata la Grotta degli Echi. Quella giovane donna era lì per lui. Se solo le avesse dato le giuste occasioni, si sarebbe legata alla causa di En non solo con un giuramento, ma con tutta la sua anima. Ancora adesso, nonostante tutto, gli si offriva. E lui l’aveva rifiutata.
“Cos’ho fatto in tutto questo tempo? Di quale cecità mi sono ammantato? – si chiese, sbalordito nello scoprire in sé una crepa, una debolezza su cui Naraku e i suoi servi avevano fatto leva – Questa donna serviva a En. Dovevo farne la mia arma. Invece, pur di tenerla a distanza mi sono privato di un’alleanza che poteva cambiare le cose e risolvere la guerra delle Hoshisaki. Sono stato un folle!”
Ricordò le parole di Kiokuchi, i moniti di Totosai, i messaggi più o meno chiari dello spirito di Rin. Tutti avevano cercato di avvisarlo, ma lui si era rintanato nella sua torre d’avorio, danneggiandosi da sé.
«È troppo tardi, vero?» chiese Anna, in un sussurro sfinito.
«Sì.»
Soichiro soffiò di nuovo fuoco nella fenditura mentre artigliava la roccia, facendola tremare e fondere. Sesshomaru alzò la testa di scatto mentre il calore gli tendeva la pelle del viso e gli faceva dolere maggiormente il braccio, perciò non si rese conto del movimento di Anna finché non avvertì il contatto con il corpo di lei, le sue braccia che gli si chiudevano dietro al collo. Si irrigidì nell’abbraccio inaspettato mentre fuori si scatenava la tempesta di fuoco.
«Quanto manca alla Fonte dei Desideri?» gli chiese, sfiorandogli l’orecchio col respiro. La domanda lo riportò alla lucidità mentre, al contempo, il suo corpo si risvegliava da un torpore eterno a contatto con quelle membra flessuose. Voleva stringerla e non rispondere. Voleva allontanarla e uscire a combattere per annegare quelle sensazioni nel sangue.
«Un paio d’ore.» disse invece, in apparenza gelido come sempre.
«E in volo?»
«Poco più di una.»
«Puoi volare in queste condizioni?»
«Certo che posso…» Si bloccò, mentre fuori Soichiro era costretto a prendere fiato e l’atmosfera infuocata recedeva. Si voltò a guardarla, ma per un attimo poté vedere solo i suoi capelli dorati, le spalle sottili. Poi lei si scostò un poco, permettendogli di scrutare l’espressione del suo viso. Sorrideva, con una dolcezza malinconica che non le aveva mai visto.
«Allora possiamo farcela.» disse lei, confondendolo di nuovo. Non capì subito, quando si portò entrambe le mani alla fronte, ma nel momento in cui Junan emanò una luce viola così intensa da essere quasi dolorosa e gli parve improvvisamente di avere le orecchie piene del suono del pianto di Rin, fu sconvolto dalla portata del gesto che lei stava compiendo.
«No!» si sentì esclamare con voce forte, abbastanza alta da essere udita da Soichiro e scatenargli un nuovo parossismo d’odio là sopra, sulle rocce. L’unica mano che riusciva a muovere scattò a stringerle il polso in una morsa, strappandole con violenza le mani dalla fronte…ma ormai era fatta. La fiamma sulla fronte di Anna era vuota, un tatuaggio per la prima volta completo che si stava già scurendo dalla base, vertendo al blu scuro. Nei palmi delle sue mani, riposava l’Hoshisaki da cui dipendeva, se non la sua vita, l’equilibrio del suo sangue ibrido. Anna sorrise con un tale fatalismo da fargli annodare lo stomaco nel ventre.
«Prendi Junan. Vai alla Fonte e risveglia Tenseiga. – gli disse, liberandosi con gentilezza dalla sua stretta e posandogli il frammento di stella nel palmo – Io terrò occupato Soichiro e coprirò i tuoi spostamenti.»
«Incosciente! Non hai modo di sconfiggerlo…»
«Lo so.»
«…e senza Junan il sangue neko-yokai ti farà diventare pazza!»
Anna si alzò con uno scatto all’indietro, liberandolo improvvisamente da un contatto che lo aveva riscaldato più del dovuto, e lo guardò. Pur con la vista annebbiata, Sesshomaru non faticò ad accorgersi che lei stava già cambiando. I suoi lineamenti si andavano facendo più affilati, la fiamma sulla fronte si stava ramificando fino ai capelli, diventando man mano nera. Gli occhi erano tornati d’oro e quando sorrise scoprì zanne. Nonostante questo, la sua bellezza in quel momento era quasi dolorosa.
«Sesshomaru, tu devi andare. Non hai scelta! Devi riunire la Stella di En e io voglio che tu vinca la tua battaglia. Hai sofferto per troppo tempo, lo meriti. Inoltre, non voglio che Kagome corra rischi, né che le sia impedito di tornare a casa. Voglio proteggere mia sorella e la persona da cui dipende il bene di tutti, è una mia libera scelta. – disse, poi parlò più in fretta per evitare la sua replica e, forse, convincere se stessa – Non mi sto sacrificando. Tu tornerai, no? Non sono in grado di sconfiggere Soichiro, anche se è ferito poco meno di te, ma posso stancarlo e fargli perdere tempo. Quando tornerai, mi ridarai Junan, se lo vorrai. Forse tu non ti sei mai fidato di me, ma io ho imparato a conoscerti. So che manterrai la parola. Tornerai?»
Sesshomaru la fissò senza parlare, mentre dentro di lui crollavano muri di silenzio, incomprensione, dolore. Capì perché Rin l’aveva scelta per lui. Finalmente, in quel momento di debolezza, la comprensione sbocciò in lui al livello più profondo, lasciandolo attonito. La vide rabbrividire, poi la sua aura demoniaca crebbe a dismisura, riempiendo la grotta. Non aveva più molto tempo prima di cedere agli istinti.
«Tornerai?» gli chiese ancora con un miagolio rauco, mentre le dita artigliate si aprivano e chiudevano e il nero le giungeva fino ai capelli, iniziando a striarglieli. Le dita di Sesshomaru si strinsero su Junan, tanto da avvertire le punte entrargli nella carne del palmo.
«Tornerò.» disse soltanto.
«Bene. – mormorò lei, con un ultimo sorriso che fu in realtà una terribile smorfia di sofferenza – Vola tra le rocce. Aspetta la luce. Ti coprirà.»
Gli voltò le spalle e balzò fuori, quasi fuggendo. Anzi, probabilmente era proprio ciò che stava facendo: non voleva perdere il controllo mentre era ancora lì con lui. Non aveva modo di sapere se il sangue neko-yokai sarebbe stato in grado di riconoscere tra amici e nemici.
Mentre all’esterno si alzavano i rumori della nuova lotta, Sesshomaru impiegò ogni grammo di forza per alzarsi in piedi e spostarsi verso l’uscita dell’anfratto. Guardò in alto, verso lo spicchio di cielo tra le rocce, ma a parte brevi lampi di luce e di fuoco non vide nulla dello scontro.
Anna aveva ragione. Se avesse testardamente continuato quel duello, avrebbe fatto la fine di suo padre. Gli serviva Tenseiga, gli serviva giungere alla Fonte. In quel momento, odiò le Hoshisaki come non mai.
«Tornerò.» mormorò ancora, quasi feroce. Avrebbe schiacciato Soichiro e cancellato il ghigno dalla faccia del maledetto Naraku, ma soprattutto avrebbe smesso di sottrarsi alla profezia e al bene che era stato preparato per lui. Anna non meritava di vivere come uno yokai folle, men che meno di terminare la sua esistenza in quel modo.
Il lampo di luce dorata arrivò, immenso e accecante, insieme a un ruggito di dolore. Sesshomaru si sollevò in volo e si allontanò dallo scontro verso la Fonte dei Desideri, attingendo a tutte le energie che gli erano rimaste.
   
 
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