AVVERTENZE: Post 15x19. La storia tratta delle fasi di superamento di un lutto e la situazione psicologica di Dean in alcuni momenti risulta alquanto problematica. Se siete sensibili a tale tematica vi prego di non leggere. Si tratta inoltre di una Dean/Cas, in cui i sentimenti di entrambi risultano espliciti. Se vi turba, evitate la lettura.
NOTE: Mi scuso per il ritardo incredibile nella pubblicazione. In realtà, avevo seriamente intenzione di abbandonare questa storia. Per tanto tempo non è stato il momento giusto per pubblicare un capitolo che titoli “accettazione”. Oggi forse lo è. E soprattutto, quando una delle tue più care amiche, compie domani il quarto di secolo, diventa difficile negarle qualcosa. Dunque, questo capitolo è interamente dedicato a D. – per il poco che vale. Come prima parte di regalo, le auguro di continuare a diventare la versione migliore di sé, come fa ogni giorno.
- Accettazione
Non sa se ce la può fare.
Ma ricorda di un uomo che l’ha fatto – un uomo che l’ha cresciuto, un uomo che è stato (come) suo padre.
In fondo Dean ha sempre saputo di essere uguale a suo padre. C’è solo da scegliere quale.
Essere amati rende più forti – e almeno questo a Castiel, soldato del Signore, angelo ribelle del giovedì, amore della sua vita, lo deve.
Forse non è abbastanza. Forse Dean non lo merita. Ma Cas una volta l’ha salvato e poi a continuato a farlo, sempre, anche quando non era giusto, anche quando non se ne accorgeva.
E l’ha fatto, alla fine, mostrandogli chi potrebbe essere.
Dean rantola affannato mentre delle mani affusolate gli percorrono il petto, risalendo fino al suo viso, incorniciandolo, accarezzandolo. Sente i polpastrelli sfregargli il labbro inferiore, spingendolo a schiudere la bocca e iniziare a succhiarlo disperatamente. È strenuato, eccitato e dannatamente frustrato e sente l’erezione premere nelle mutante e vede solo due immensi occhi. Sono blu.Si sveglia di soprassalto, duro da star male, ormai stanco di difendersi, stanco di negare. Così si afferra il membro e si permette, finalmente, di masturbarsi – e singhiozzare e gemere – pensando a Cas. Basta così poco, in realtà. Non serve nessuna fantasia articolata, nessuna ricerca di fetish, nessuna invenzione di dettagli estremi. Immagina la sua bocca, carnosa, screpolata e tumida, e il suo volto arrossato e i capelli scompigliati, come si fosse appena alzato dal letto – dal loro letto. Viene scompostamente, mordendosi una mano e ingoiando il suo nome.
Eppure è stato liberatorio. Non che oggi il dolore sia meno annichilente – perché, diavolo, è come portarsi perennemente un carbone ardente nello stomaco – ma oggi è più semplice guardarsi e convivere con se stesso.
Riesce addirittura a pensare di sistemare la stanza alla bell’e meglio e far colazione con Sam e Eileen che lo guardano speranzosi. Prima o poi rifletterà anche su che donna fantastica debba essere la sua futura cognata per essersi riuscita ad inserire nella loro routine, silenziosa e discreta, senza infastidirlo, persino in un momento in cui erano in lutto. Dio, sono in lutto e lo sono entrambi. Nel suo dolore cieco ha finito per dimenticare che Sam ha perso il suo migliore amico. Di conseguenza, una volta soli, in auto, alla ricerca dell’ennesimo covo di vampiri, si spinge a chiederglielo, colpevole di aver fatto passare troppo tempo.
«Hey, come stai?». È strano, ha la sensazione di riemergere solo adesso da un lungo sonno, da un dormiveglia allucinogeno, da una lunga febbre. E si chiede Sam cosa abbia fatto intanto, come abbia vissuto, cosa abbia pensato e sentito, se anche lui abbia avuto la sensazione che se quella è stata una vittoria – e lo è stata: per l’umanità, per Jack, per il Paradiso – per loro ormai nulla lo sia mai davvero.
«Non è stato semplice, Dean, ma io sto bene». E mentre gli risponde lo guarda fisso, come quando era costretto a rimanere in qualche motel mentre lui e John andavano a caccia e non diceva altro che “ok” ma Dean sentiva forte e chiaro “ti prego, torna”.
«Io… non sono stato granché d’aiuto e me ne rendo conto ma so che deve essere stata dura anche per te, perdere il tuo migliore amico…».
«L’hai perso anche tu» lo interrompe Sam. E Dean sta per assentire e chiudere il discorso quando decide che non ha più voglia di farlo, quando realizza che Cas non lo merita, non quando è morto con la convinzione, così stupida e infondata e falsa, di non essere l’aria che Dean respirava.
«No, io no».
Vorrebbe vedere la confusione di Sam, vorrebbe vedere suo fratello alzare le sopracciglia e bombardarlo di domande, ma ovviamente non lo fa. Si limita ad abbozzare un sorriso mesto e ad annuire.
«Già, tu no».
Per un attimo la sensazione di accettazione che provi è accecante. Poi Sammy si gira, sorride goffo e aggiunge:
«Comunque, se ne vuoi parlare…».
Alzi gli occhi al cielo e ridi.