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Autore: Rubra Bovina    12/01/2023    0 recensioni
Ash, insieme alla sua ragazza Serena si trovano nella città di Ferropoli, a sud di Kalos. Qualche giorno dopo, Serena si sarebbe dovuta esibire.
Non è la prima volta che i due viaggiano insieme, ma già dalla prima notte di soggiorno, accade qualcosa di strano.
Ash ha delle visioni riguardanti un misterioso individuo, uno scienziato chiamato Sebastian.
L'incontro con colui che all'apparenza è un semplice pilota, riuscirà a fare chiarezza sulla storia di quest'uomo e sul quello che è accaduto alla sua famiglia?
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ash, Lucinda, Nuovo personaggio, Serena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Capitoli:
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Pericolose rivelazioni



Nonostante l’esibizione e la gara fosse finita, Ash, la sua ragazza e l’amica, erano rimasti a Ferropoli.

Erano seduti su una panchina, nel cortile di un Centro Pokémon. Era la mattina di una tipica giornata estiva e ben presto ci sarebbe stato troppo caldo per stare fuori. 

Ash era riuscito a tenere la bocca cucita sul contenuto delle visioni che aveva avuto, almeno fino al giorno dell’esibizione, si era promesso di non parlarne perché non voleva mettere pressione alle ragazze.

Alla fine non aveva resistito alla pressione e aveva deciso di raccontare tutto.

Aveva appena raccontato della storia di Sebastian, di sua moglie, della fuga dell’uomo con la figlia e di come Sebastian avesse fatto di tutto per rendere la vita con sua figlia più normale possibile. Aveva raccontato a Lucinda di come quelle visioni fossero opera di Darkrai, ma che, nonostante la cattiva fama dello stesso, avesse deciso di fidarsi.

Le due ragazze rimasero di stucco.

- Deve essere stato difficile tutto per te per tutti questi giorni. Ma ti ringrazio. Sarebbe stato difficile esibirmi con in testa il pensiero della sofferenza di quelle povere persone.

Commentò Serena, in tono comprensivo.

- Sapete? Non vi ho raccontato la cosa forse più importante di tutte.

Aggiunse Bunz.

- Cosa?

Lucinda era impressionata dal racconto. Si chiedeva cosa potesse esserci di più.

- Il motivo per cui vi ho chiesto di restare. Non vi voglio tenere sulle spine.

Quando vi stavo accompagnando all’esibizione, quando eravamo a bordo della navetta, non so se ricordate, ero seduto accanto al finestrino. Nella periferia di Ferropoli ho visto una casa del tutto identica a quella che mi è apparsa nel sogno.

- E? - Gli chiesero, contemporaneamente, le due ragazze.

- Ho pensato che quella casa fosse proprio quella che mi è apparsa nei sogni. Certo, non ho alcun tipo di prova per dimostrarlo, ma ho avuto come un presentimento.

Il commento di Lucinda non si fece attendere.

-Quindi tu vorresti visitare una casa abbandonata da chissà quanti anni, abitata da chissà chi perché l’hai vista in un sogno? Non cambi mai, Ash! E poi è lontana da qui. Ci metteremo ore ad arrivare a piedi.

- Allora cosa aspetti! Incamminiamoci! Vuoi che non ci sia un Centro Pokémon lì vicino dove potremo passare la notte?

Anche il Pikachu del ragazzo era d’accordo. Nei loro viaggi si erano divertiti a visitare case abbandonate. Va detto che in alcuni casi non si erano divertiti, ma si erano spaventati a morte. L’esempio più lampante era la casa posseduta da dei Litwick a Unima.

Dopo una lunga camminata, i tre erano giunti in un piccolo centro Pokémon.

Quella zona della città non era molto visitata dai turisti, era piuttosto una zona residenziale. Per questo le stanze del Centro Pokémon erano tutte libere.

Le ragazze si resero conto del fatto che, una volta tanto, Ash avesse ragione. Per arrivare a quel centro PK erano passati proprio accanto alla villetta, almeno stando alle parole di Bunz.

Dopo aver prenotato le stanze, i tre cercarono di uscire, ma prima che potessero faro, vennero colti di sorpresa da un ragazzo biondo, magro e non molto alto.

Aveva il fiatone, come se avesse corso una maratona.

- Scusate! Presto! Si tratta di un’emergenza!

L’infermiera Joy, con la sua tipica gentilezza, chiese al ragazzo:

- Dimmi, cos’è successo?

Il ragazzo, mentre tentava di riprendersi, rispose.

- Il mio… il mio... Talonflame è stato ferito gravemente!

L’infermiera, con fare preoccupato chiese

- Dimmi… ha lottato contro qualche altro Pokémon selvatico, il Pokémon di qualche allenatore o…

- Nulla di tutto questo!. Gli ho chiesto di sorvolare un edificio abbandonato ed è tornato con delle brutte ferite.

L’infermiera prese la Pokéball del ragazzo e si spostò nella stanza dedicata ai controlli.

Il ragazzo, per riprendere fiato, si era seduto a in uno dei divanetti messi a disposizione per gli allenatori.

Aveva fatto una lunga corsa, per salvare il suo Pokémon e doveva riprendersi dallo sforzo.

Questo evento, nonostante per un Centro Pokémon fosse la norma, cambiò i piani dei tre.

- Aspetta un secondo.

Serena fermò Ash, ancora intenzionato a uscire, tirandolo per la spalla opposta a quella su cui era accomodato Pikachu.

- Quel ragazzo l’ho già visto.

- Dove?

- Non ricordi quando la mia Sylveon aveva lottato contro il Typhlosion di Lucinda? Aveva fatto da arbitro.

- Dici?

- La tua memoria inizia a perdere colpi!

Lucinda ridacchiò, mentre lo diceva.

- E se anche fosse?

- Non lo hai sentito? Il suo Pokémon è stato attaccato da qualcosa di non ben definito. Tutto questo quando gli aveva chiesto di sorvolare un edificio abbandonato.

Non trovi che sia strano? Chiediamogli se sa dirci qualcosa di più. Non dimenticare che uno dei ruoli dei campioni è quello di aiutare chi è in difficoltà.

- Se proprio insisti…

Bunz e le ragazze si sedettero accanto al ragazzo.

Lucinda, rivolgendosi al ragazzo e cercando di adottare un tono quanto più gentile possibile, gli chiese

- Ti ricordi di noi? Hai arbitrato la lotta…

Non fece in tempo a finire la frase, che il ragazzo rispose

- Si, ricordo benissimo. Quello che non capisco è cos’altro vogliate da me.Vi ho arbitrato la lotta, e quindi? E vi ricordo che l’ho fatto solo perché Serena è la Regina di Kalos. 

- Forse non avremmo dovuto origliare, ma abbiamo saputo che il tuo Pokémon è stato ferito da qualcosa che non hai saputo definire…

- E quindi? Cosa dovrebbe interessarvi?

- Cercano di aiutarti e rispondi così?

- Non ho chiesto il vostro aiuto.

- Ti dovevamo un favore.

- Se proprio insisti…

Il ragazzo si sentì costretto ad accettare, voleva vederci chiaro, e se quei tre erano intenzionati ad aiutarlo, tanto meglio.

- Vedete, sono un appassionato di luoghi abbandonati e, su tutti gli edifici della città, quello che mi ha più intrigato di tutti è una fabbrica abbandonata. Si trova su di un isolotto in mezzo al fiume.

Volevo visitarla, ma mi sono accorto di come fosse impossibile da raggiungere, poco importava se via terra o via fiume, così ho chiesto al mio Talonflame di sorvolarla. 

Bunz immaginò il PK Ardifiamma, di cui ne possedeva un esemplare, catturato durante il suo primo viaggio a Kalos, sorvolare i cieli di quella città ed imbattersi in un enorme edificio abbandonato.

Il ragazzo lo immaginava come un capannone prefabbricato in cemento. Immaginava l’edificio su di un isola nel mezzo del fiume. L’edificio era in totale stato di abbandono, ma immaginava che al suo interno si trovassero ancora tutti i macchinari, che come Pokémon abbandonati che, a distanza di anni, attendono il loro allenatore, come il suo Gengar o, quello che un tempo era un Charmander, ma che ormai era diventato un potentissimo Charizard… 

- Il risultato è stato che Talonflame è stato attaccato da qualcosa.

Continuò il ragazzo.

- Interessante. Scusa se sono indiscreta, ma… sai dirci qualcosa di più su quella fabbrica?

Gli chiese Lucinda.

- Non molto. Era una fabbrica di auto. Una quindicina di anni fa l’azienda ha deciso di chiuderla, per trasferire la produzione da qualche altra parte. Sinceramente mi chiedo come mai, a distanza di così tanti anni, non sia stata ancora demolita. E dopo che Talonflame è stato attaccato, sono ancora più curioso di sapere se questo edificio nasconde qualche segreto.

- Sarà.

- Farò delle ricerche più approfondite su quella fabbrica, dovessi trovare qualcosa di interessante, vi avviso.

Fuori, il cielo soleggiato stava lasciando spazio a una coltre di nubi.

La pioggia non era certamente quel che ci voleva.

Avrebbero dovuto rimandare la visita a quella casa.

La notte, a parte qualche spavento causato dai tuoni e dai fulmini, era passata tranquilla. E, come la notte precedente, Darkrai non aveva mostrato nulla di nuovo ad Ash.

Era ora di colazione.

E loro quattro erano i soli nella zona dedicata.

- Bene, ragazzi, stanotte ho fatto delle ricerche più approfondite su quella fabbrica.

Esordì il ragazzo.

- Ho scoperto qualcosa di molto interessante.

- Su, non tenerci sulle spine.

- Ash, calmati! Lascialo finire.

- Dicevo… La fabbrica non è stata demolita perché è stata comprata da un certo Gualtiero Scoperse. Non ho trovato alcuna informazione su di lui, ma pare che sia l’attuale proprietario.

Non ho trovato altro...

- Non fa nulla, almeno abbiamo un nome su cui indagare.

- Ok, come volete… ma non credo che possiate indagare ora, guardate fuori…

Fuori stava ancora piovendo, uscire significava rischiare di prendersi come minimo un brutto raffreddore.

La sola cosa da fare era aspettare che il meteo divenisse più favorevole.

L’attesa ripagò. Dopo pranzo splendeva il sole e le chiazze d'acqua stavano iniziando ad asciugare.

Mentre il biondo rimase al Centro Pokémon, aspettando notizie del suo Talonflame, i tre si diressero alla villetta.

Il suo aspetto ricordava solamente alla lontana quello della villetta apparsa nelle visioni di Ash. Il cancello, un tempo verniciato di nero, era arrugginito, il giardino, un tempo rigoglioso e ben tenuto, infestato di erbacce. Alcune persiane erano penzolanti. Il vetro di una finestra, rotto.

Alcuni Pokémon selvatici avevano trasformato il giardino nella loro casa e, appena videro i tre, si nascosero.

Appena varcato il cancello, o a quello che rimaneva, vennero colti da un brivido lungo la schiena. Come se uno spettro fosse passato dietro di loro.

Le due ragazze avevano deciso di restare alcuni passi dietro ad Ash e al suo Pikachu.

Ash era giunto davanti alla porta d’ingresso. Quest’ultimo non era a filo con il terreno, ma sollevato, permettendo al piano seminterrato di essere illuminato dalla luce naturale.

- Venite pure! Non vi mangia nessuno!

Nel dirlo, Ash, si era appoggiato alla porta e aveva fatto scattare la maniglia. Colto di sorpresa, aveva rischiato di perdere l’equilibrio e di cadere sul pavimento. Pikachu, per non cadere dalla spalla, si era appeso con forza.

Cacciò un urlo.

Lucinda e Serena risero.

Lucinda, cercando di non ridere mentre parlava, commentò

- A quanto pare a noi non ci mangia, ma a te sì!

Ash, nel frattempo, si era ripreso dallo spavento.

Le due ragazze lo avevano raggiunto ed erano entrati.

L’ingresso era una sorta di andito. A sinistra una porta, a destra tre.

In fondo a sinistra una rampa di scale portava a un piano sotterraneo. Un’altra rampa portava ai piani superiori.

Era evidente che qualcosa non tornasse.

Non tanto nell’aspetto della casa, del tutto normale per una casa abbandonata da anni, quanto in un aspetto che poteva esser notato solo da chi ha l’occhio attento.

- Non avete notato nulla?

- Cosa avrei dovuto notare?

Lucinda fece eco a Ash

- No, cosa avremo dovuto notare?

La risposta di Serena non si fece attendere.

- Fateci caso. Il pavimento è pieno di libri, di fogli… quel mobiletto...

Serena indicava un mobiletto riverso a terra

- Lo hanno ribaltato… insomma, come se fossero entrati dei ladri... ma sembra che non abbiano rubato nulla, voglio dire, hanno messo tutto in disordine ma non sembravano interessati agli oggetti di valore.

L’ipotesi di Serena sembrava esser confermata dalla visita nella sala da pranzo.

Un tavolo in legno si trovava perfettamente intatto nella stanza, così come il mobile della credenza.

Tutti gli sportelli erano aperti, le stoviglie al suo interno erano impolverate, ma intatte.

Tutti i cassetti erano aperti e, ai piedi della credenza c’erano numerose tovaglie.

Anche in questa stanza, il pavimento era pieno di fogli.

Non avevano trovato nulla di interessante, motivo per cui decisero di dirigersi verso la cucina. Non dovettero muoversi di molto, le due stanze comunicavano con una doppia porta scorrevole.

Nemmeno la cucina presentava delle anomalie, anzi.

Quando la casa era abitata e curata, doveva essere davvero una bella cucina.

Il solo segno di vita che avevano trovato fino a quel momento era il lavandino, al suo interno c’erano ancora le tazze della colazione, consumata chissà quanti anni prima.

- È come se i proprietari se ne fossero andati da un momento all’altro, senza aver avuto nemmeno il tempo di sistemare.

- Scusate. Ma devo andare a guardare una cosa.

Le due erano stupite. Da quando si erano incontrati in quell’arena, era la prima volta che Ash aveva chiesto di andare da solo da qualche parte.

- Fai pure, ma non metterci molto, mi raccomando! Questo posto mi mette i brividi.

- Anche a me!

Le rispose Lucinda.

Appena Ash si allontanò, le due si guardarono negli occhi.

Lucinda, moderando il tono di voce, propose all’altra:

- Facciamo una cosa. Appena Ash si allontana, lo seguiamo, non so, ma immagino ci voglia nascondere qualcosa.

Serena annuì.

Intanto Ash si era diretto verso l’unica stanza del piano terra che ancora non avevano visitato. Quella a sinistra dell’ingresso.

Era la sola stanza che avrebbe voluto visitare da solo. Aveva un brutto presentimento, nelle sue visioni era la stanza dove il signor Sebastian era stato ucciso. E aveva paura di trovare delle tracce. Ma ora non poteva di certo tirarsi indietro.

Cercò, nello sguardo del suo Pikachu, quel coraggio che non riusciva ad avere. E si decise. Aprì la porta.

Era un salotto. La stanza con più elementi di arredo fino ad allora visitata.

Una volta dentro, diede uno sguardo d’insieme alla stanza. Due divani erano stati ribaltati, una grossa panca rivestita di materiale morbido, era messa in diagonale, come se fosse stata spostata, un mobile porta TV con sopra un gigantesco televisore a tubo catodico, che pareva pesasse svariati quintali, un tavolino da caffè, un caminetto con ancora della legna mezza carbonizzata… Tutto sembrava perfettamente in disordine. Disordinato con lo stesso criterio delle stanze visitate fino a quel momento. Tranne per una sola cosa, che stonava con il disordine della stanza Una libreria, perfettamente ordinata. La stanza ricordava quella che aveva visto nel sogno. Certo, come per tutto il resto della casa, bisognava sforzarsi e immaginare come poteva essere quando ancora ci viveva qualcuno.

Ash era in parte convinto che potesse trattarsi di una coincidenza. Una piccola parte di lui, iniziava a sospettare che si trattasse di un perfido piano di Darkrai per ucciderlo, e lui stava coinvolgendo anche le due ragazze.

Solo che non gli era chiaro il movente.

Stava per chiamare le due ragazze, voleva dir loro che era tutto apposto e che, se avessero voluto, sarebbero potute entrare, ma si trattenne dal farlo.

La sua attenzione era stata catturata da una fotografia.

A una persona normale sarebbe sembrata una normalissima fotografia appoggiata sul ripiano del caminetto, ma non ad Ash.

La foto, di suo non aveva nulla di anomalo, ritraeva una ragazzina tra i dieci e i dodici anni, aveva i capelli rosa, tagliati corti, occhi verdi, non era molto alta, e magra.

Reggeva con la mano destra un porta medaglie. Ash capì che la ragazza doveva aver iniziato da poco la sua carriera da allenatrice. Aveva vinto solamente una medaglia. Ipotizzò la natura della foto come quella di una foto ricordo, scattata per per celebrare un traguardo importante nella carriera di qualsiasi allenatore. La ragazza, nella foto, era accompagnata dalla sua squadra di Pokémon. Accanto a lei una Gardevoir shiny. Indossava un pendente con una Megapietra. Teneva l’altra parte del portamedaglie. Davanti alle due un Azumarill e una Floette fiore bianco.

A giudicare dallo sfondo, la foto era stata scattata nel giardino posteriore della casa.

Prima di riuscire ad elaborare altri dettagli, Ash crollò.

La foto, con tanto di cornice, cadde a terra.

Ash venne salvato dallo sbattere la testa dal suo Lucario. Questi, grazie al potere dell’aura aveva percepito come il suo allenatore si trovasse in pericolo, ed era uscito in autonomia dalla PokéBall per soccorrerlo.

Il rumore del vetro in frantumi allertò le due ragazze.

Queste entrarono nella stanza e trovarono Ash privo di sensi e disteso sulla panca. Accanto a lui Lucario e Pikachu preoccupati per le sue condizioni.

Il Lucario del ragazzo indicò la cornice portafoto caduta per terra.

Serena, indicandola a sua volta, chiese al Pokémon del ragazzo:

- Quindi è quella che lo ha fatto stare così male?

Lo sguardo del Pokémon valeva più di mille parole.

Serena raccolse la cornice, facendo attenzione a non ferirsi con il vetro rotto.

La poggiò sul tavolino e la smontò.

Nel farlo si accorse di come tra la foto e la parte che la premeva la stessa contro il vetro, o meglio quello che rimaneva dei quest’ultimo, ci fosse un foglio piegato. Lo avrebbe potuto ignorare, ma pensò che quello non poteva essere un semplice foglio di carta, messo semplicemente per fare spessore. Ma ora non poteva pensarci. Il suo ragazzo aveva perso i sensi guardando quella foto.

Lei era una ragazza troppo razionale per credere a qualche strana maledizione che avrebbe colpito chi guardava quella foto o cose simili. Anche se una parte di lei lo temeva.

Con l’aiuto di Lucario fecero salire il ragazzo sulla schiena del Mamoswine di Lucinda, il quale, dopo un lauto pasto a base di poffin e Poké Bignè, accettò di trasportarlo fino a un pronto soccorso che, per loro fortuna non molto lontano da  quella villa. Il ragazzo venne accettato in codice giallo.

Le due ragazze aspettavano nella sala d’attesa.

Una stanza austera, pavimento in linoleum, pareti verde chiaro, ricoperte da poster e illustrazioni a tema medico.

Posate sulle pareti alcune panche dove sedersi. Al centro della stanza un tavolino con delle riviste accatastate. La stanza era illuminata da enormi finestre. 

Dopo una mezz’ora di attesa snervante, un giovane infermiere entrò nella sala.

Le due pensavano che fosse entrato per dar loro notizie su Ash, ma i motivi che avevano portato lo stesso a entrare erano diversi. Si, portava delle notizie, ma riguardavano un altro allenatore.

L’uomo si sedette accanto a una ragazza, che poteva avere al massimo qualche anno in più delle due.

Dalla sua espressione e dal modo di porsi era chiaro che la situazione non fosse delle più rosee.

Intanto, mentre le due ragazze stavano aspettando sue notizie, Ash si era ripreso.

- Grazie!

La prima parola che disse, appena riprese i sensi.

- Ora so che non mentiva.

I medici che lo avevano preso in cura non prestarono ascolto alle sue parole. Era abbastanza normale che una persona, dopo uno svenimento dicesse delle cose a caso.

Nel frattempo, i medici, gli avevano attaccato un saturimetro a una delle dita della mano, avevano disposto alcuni elettrodi per monitorare il battito cardiaco e gli avevano prelevato delle provette di sangue.

Altra mezz’ora di attesa, altro ingresso dell’infermiere.

Questa volta era per loro.

- Posso dirvi che Ash si è ripreso, e dai primi esami non sembra nulla di troppo grave. Pensiamo sia la sua reazione a un forte stress. Posso farvi un paio di domande?

- Certo! - Risposero le due, insieme.

- Non è affar mio dove eravate o altro, ma ditemi, che voi sappiate, ha battuto la testa? 

A rispondere non fu una delle due ragazze, ma il Pikachu del ragazzo, che fece cenno di no con la testa.

- Bene, lo prendo come un no. E ditemi, ha subito scossoni, urti violenti o simili mentre lo avete portato qui?

La risposta di Serena non si fece attendere.

- Abbiamo fatto molta attenzione, non pensiamo..

- Grazie delle informazioni. Anche se non sembra nulla di grave, per sicurezza trascorrerà qui la notte. Domani potrà uscire.

Serena, nonostante le rassicurazioni dell’infermiere era ancora preoccupata.

- Posso andare a trovarlo?

- Meglio evitare, ma non ti preoccupare, domani alle nove lo potrai riavere… come nuovo.

Nonostante non avesse molto gradito la battuta, Serena decise di non insistere.

Da quando stavano insieme, era la prima volta che Ash passava una notte in ospedale.

Le due avrebbero passato la seconda notte nel Centro Pokémon lì vicino, lo stesso dove avevano passato il resto del pomeriggio, senza fare nulla.

Nonostante le rassicurazioni erano entrambe ancora preoccupate per Ash.

Per farsi coraggio a vicenda, avrebbero passato la notte nella stessa stanza.

Prima di farsi abbracciare da Morfeo, Serena ripensò a quella foto.

Prima di andarsene l’aveva infilata in una tasca, insieme a quel foglio piegato, ma dato che in quel momento la sua maggiore preoccupazione era Ash, non l’aveva ancora guardata.

Pensò che la cosa giusta da fare fosse non tenerla per sé, ma condividerla con Lucinda.

- Ehi, Lucinda, sei ancora sveglia?

- Sì, certo, ricordo benissimo.

- Tieni presente questo pomeriggio, quando Ash è svenuto?

- Come potrei dimenticare?

- Se ricordi ci siamo precipitate da lui quando abbiamo sentito rumore di vetri rotti? Ecco. A essersi rotta era la cornice di questa foto. L’ho separata dal vetro per non fagliarmi, ma non ho visto di cosa si trattava.

Serena porse la foto, in modo che si vedesse solo il retro a quella che sempre di più poteva considerarsi un’amica, e la girò. Voleva vederla per la prima volta insieme a lei.

Pur guardando la foto e sforzandosi di cogliere ogni minimo dettaglio, per quanto la situazione lo permettesse, non notarono nulla di anomalo.

Per le due ragazze, la foto ritraeva una ragazzina tra i dieci e i dodici anni, con i capelli rosa, tagliati corti, occhi verdi, non era molto alta, ed era magra. Reggeva con la mano destra un porta medaglie. Capirono che doveva aver iniziato da poco la sua carriera come allenatrice. Aveva solamente una medaglia. Ipotizzarono che si trattasse di una foto ricordo, scattata per per celebrare un traguardo importante. La ragazza era accompagnata dalla sua squadra. Accanto a lei una Gardevoir shiny. Indossava un pendente con una Megapietra. Teneva l’altra parte del portamedaglie. Davanti alle due un Azumarill e una Floette fiore bianco.

- Aspetta un attimo.

- Dimmi.

- Ash ci aveva detto di aver visto, in quella sorta di sogni, una ragazza praticamente uguale a lei. Stessi capelli, stessi occhi...

Serena indicò la ragazza nella foto.

- E ha detto che aveva una Gardevoir shiny capace di megaevolversi.

- Credi che sia lei?

- Non ho dubbi.

Pikachu si era accovacciato accanto a Serena, per ricevere quella sensazione di calore e vicinanza che solitamente riceveva da Ash. La ragazza era molto felice del gesto del piccolo Pokémon di tipo elettro.

Il sonno aveva ormai preso il sopravvento.

Anche Ash era caduto tra le braccia di Morfeo, dopo aver scoperto, grazie al potere dell’aura, quanto la ragazza e l’amica più cara tenessero a lui. Il giorno dopo le due ragazze si erano svegliate per tempo, si erano preparate e avevano fatto colazione.

Erano arrivate all’ospedale in leggerissimo anticipo.

Ash le raggiunse con un lievissimo ritardo, si ricongiunse tanto con le due ragazze quanto con i suoi due Pokémon.

Pikachu scese dalla spalla di Serena per accomodarsi sulla sua.

La prima domanda che Ash ricevette fu da parte della sua ragazza.

- Ma cosa ti è successo? Ci hai fatto preoccupare tantissimo.

- Quella foto… quella foto è la prova che è tutto vero.

- E se fosse una semplice coincidenza?

Lucinda era ancora dubbiosa.

- Non credo lo sia. - Le rispose Bunz

I tre si diressero al Centro Pokémon.

Ash non aveva ancora fatto colazione e il suo stomaco brontolava. Appena arrivati, Ash fece una delle sue solite, abbondanti colazioni. 

Dopo il lauto pasto del ragazzo, i tre abbandonarono la sala dedicata ed erano pronti a fare lo stesso con il Centro Pokémon, ma qualcosa fermò loro dal farlo. O meglio qualcuno.

Un ragazzo di altezza media, magro, capelli castani.

Nonostante fosse vestito in borghese, il fatto che alcuni giovani allenatori lo circondassero e lo riempissero di domande, lasciava ben poco all’immaginazione. Era lui. Orlando Bir.

- Ma quindi tu sei stato un super coordinatore?

- Come mai hai smesso con le gare Pokémon?

- Ma come fai a essere un allenatore così forte?

- Posso accarezzare il tuo Arcanine?

- Ma è vero che hai un Metagross shiny, come quello di Rocco?

- Ma sei davvero così amico di Camilla?

- Me lo fai un autografo?

- Ci facciamo una foto?

Il ragazzo, che era andato in quel Centro Pokémon solamente per ritirare la sua squadra dopo un check-up, aveva promesso che avrebbe cercato di accontentare tutti, ma era evidente che la cosa non fosse affatto facile.

L’infermiera aveva appena terminato i controlli.

- Tutto apposto, la tua squadra sta benissimo, torna a trovarci quando vuoi!

Il ragazzo ritirò le sue sei Pokéball e fece per andarsene.

Quando qualcun altro gli impedì la fuga. Ma non erano fan. Erano Ash e le due ragazze. Ash, con il suo solito fare, si rivolse a lui con aria di sfida.

- Ho sentito dire che sei un allenatore molto forte, ti spiacerebbe una lotta.

- Perché no, ma solo perché so che sei uno dei migliori allenatori al mondo.

Ash incassò il complimento.

- Ma a una condizione.

Replicò Orlando.

- Che condizione?

Gli chiese Bunz, per ricevere, immediatamente una risposta. - Una lotta a coppie. -

Ash cercò l’intesa delle due ragazze. Le ragazze accettarono.

Uscirono dal Centro Pokémon e giunsero al campo lotta del centro Pokémon. Un campo lotta abbastanza standard, come ne esistevano diversi in ogni regione, tranne per un piccolo particolare. Era uno dei pochi campi ad avere un sistema di arbitraggio automatizzato, del tutto simile ai Rotom-drone usati nelle lotte ufficiali del torneo mondiale.

Formare delle coppie non fu difficile. Ash e Serena contro Orlando e Lucinda.

I quattro mandarono in campo i loro Pokémon al contempo.

Ash schierò Pikachu, Lucinda Piplup, Serena Sylveon e Orlando il suo Metagross shiny.

Lucinda guardò il Metagross del ragazzo. E notò qualcosa di strano.

Normalmente un Metagross era solo leggermente più alto di lei, di massimo cinque o sei centimetri, ma quello del ragazzo era molto più grande di un esemplare normale. Era alto almeno due metri.

La voce robotica del sistema di arbitraggio diede inizio all’incontro. E spiegò le regole. Un 2 contro 2 in cui ogni allenatore avrebbe potuto usare solo un Pokémon. L’incontro sarebbe terminato quando uno dei quattro Pokémon non sarebbe più stato in grado di continuare.

Serena e Ash si scambiarono uno sguardo d’intesa, avevano identificato nel Metagross del ragazzo la minaccia più grande.

- Pikachu, lancia Elettrotela su Metagross!

- Sylveon, tu vai con Comete!

Lucinda guardò il suo alleato. Ancora non aveva detto nulla al suo Metagross.

- Ma ti decidi o devo fare tutto io? Piplup, vai di Mulinello!

Il piccolo Pokémon pinguino generò un gigantesco vortice d’acqua che inglobò i due attacchi nemici.

Intanto, senza che il suo allenatore dicesse nulla, Metagross si era spostato. Dietro alla Sylveon di Serena.

- Ora Meteorpugno.

Metagross colpì la Sylveon della ragazza con uno dei suoi possenti arti, prima che la sua allenatrice  potesse dirle di schivare. Il colpo fu durissimo.

- Sylveon, stai bene?

Serena era preoccupata per le condizioni della sua Sylveon. Era ben consapevole del fatto che gli attacchi di tipo acciaio fossero molto pericolosi per un tipo folletto come Sylveon.

- Pikachu! Attacco rapido su Piplup!

Il Pokémon topo corse a grande velocità contro il pinguino blu. Il suo corpo si illuminò di una luce bianca e si mise a correre fino a quasi diventare invisibile. - Su, schiva!

Nonostante il tentativo di schivata, il contatto tra i due fu inevitabile. Meno duro di quanto sarebbe stato se Pikachu non avesse dovuto cambiare direzione all’ultimo, per cercare il contatto.

- Piplup approfitta del fatto che siete vicini. Idropompa!

Si, un attacco così ravvicinato non avrebbe causato grossi problemi al Pikachu, ma almeno avrebbe potuto allontanarlo e renderlo meno pericoloso.

- Sylveon, usa i tuoi nastri per imprigionare Metagross!

Ordinò Serena, non accorgendosi del fatto che il suo avversario stesse sorridendo.

Nonostante Orlando avesse avuto a che fare ben poche volte con Sylveon, sapeva bene di questa sua caratteristica.

Per la seconda volta non disse nulla, lasciando che la Sylveon della ragazza agisse indisturbata.

- Ora!

Il Metagross del ragazzo si librò in aria, portando con sé la Sylveon della ragazza.

Cosa avrà in mente?” Si chiese Ash.

- Sylveon, cerca di liberarti!

Gridò disperatamente Serena, accorgendosi del fatto che il Metagross avversario stesse salendo di quota. 

I nastri della Pokémon abbandonarono Metagross, prima che quest’ultimo salisse troppo di quota. Riuscì anche ad atterrare in piedi e senza subire particolari conseguenze.

- Molto bene Metagross, usa Cozzata zen!

Dopo esser salito in alto, Metagross scese a gran velocità. Riposizionò i suoi arti per essere più aerodinamico e si precipitò verso la sua avversaria.

- Sylveon, schiva!

Gridò Serena, tentando di evitare che la sua Sylveon venisse colpita da quel colosso. La ragazza non aveva compreso l’intenzione dell’avversario. E la schivata della sua Sylveon la fece colpire dall’Idropompa di Piplup. Una voce robotica diede fine all’incontro.

- Sylveon non è più in grado di continuare! Vincono Metagross e Piplup!

Serena si precipitò dalla sua Sylveon, che, nel frattempo, si era rialzata.

Si avvicinò, alla sua Pokémon, accovacciandosi e le diede una carezza sulla testa, alla quale Sylveon rispose avvolgendo delicatamente uno dei suoi nastri al braccio della sua allenatrice. Serena, con la sua solita dolcezza, richiamò Sylveon nella Pokéball.

- Su, ritorna, hai fatto del tuo meglio, è questo quello che davvero conta.

Una voce maschile, ben conosciuta da Ash, interruppe il momento di dolcezza tra la performer e la sua Sylveon.

- Comportarsi così con un Pokémon che ha perso è patetico.

Ash aveva riconosciuto quella voce, ma prima che potesse intervenire in qualsiasi modo, accadde qualcosa che ai suoi occhi apparve parecchio strano.

Il ragazzo dai capelli purpurei si accovacciò e raccolse da terra un guanto.

Non era del tipo che indossava Ash, ma un guanto ignifugo. Come quello che usano i piloti.

- Qui e ora. Tre contro tre. Sostituzioni ammesse.

Il ragazzo, che, volontariamente o meno, aveva raccolto il guanto di sfida non poté far altro che accettare, pur con grande stizza.

Dopotutto per colui che gli aveva lanciato il guanto di sfida, Serena rappresentava nulla.

- Garchomp, pronto a lottare!

Dalla Pokéball del ragazzo uscì un Garchomp maschio. Facilmente riconoscibile per via del taglio sulla pinna.

- Metagross, it's hammer time!

- Ma come?

Il suo avversario era stupito, si chiedeva perché mai il suo avversario lasciargli un così grosso vantaggio? Che assi nella manica poteva mai avere per schierare qualcuno con un così ampio svantaggio.

- Chiudiamola subito, Garchomp, vai di Battiterra!

- Metagross! Gelopugno!

- Ma come?

Il Metagross di Orlando colpì il drago-terra con un potentissimo pugno gelido. Caricò su di esso tutto il suo enorme peso e colpì il suo avversario in pieno stomaco, prima ancora che potesse colpire il terreno con uno dei suoi calci.

Il Pokémon Mach spiccò un enorme volo.

- Garchomp! Breccia! - Ordinò l’allenatore dai capelli purpurei. Le lame sotto le sue braccia si illuminarono di rosso mentre il Pokémon si avvicinava a grande velocità contro il suo avversario.

- Bene, Metagross! Di nuovo Gelopugno! - Il Pokémon Ferrato colpì l’avversario con un altro pugno, sempre sullo stomaco. Aveva approfittato del fatto che il Pokémon avesse spalancato le braccia per sferrare il suo attacco.

Garchomp era riverso a terra. Parzialmente congelato dai pugni sferrati dal suo avversario.

- Chiudiamola qui! Cozzata Zen! -

Ordinò l’allenatore. Il Pokémon Ferrato precipitò a grande velocità contro il suo avversario, colpendolo in pieno e facendolo volare di alcuni metri, per poi ricadere, violentemente a terra.

La voce dell’arbitro elettronico non lasciava spazio all’immaginazione.

- Garchomp non è più in grado di combattere.

Il commento di Ash, dato sottovoce, per non disturbare l’andamento dell’incontro, non si fece attendere.

- Però, deve essersi trattenuto prima.

- Ma come fai a non saperlo?

Lucinda gli mostrò il suo telefono, che mostrava i dati di Orlando.

- Sei il monarca e non sai chi si trova nei primi 8?

La risposta del ragazzo non si fece attendere.

- Sai, la politica del Torneo Mondiale è cambiata. Ora, a meno che tu non assista alle lotte promozionali non hai modo di sapere se ci sono cambi. E hanno anche rimosso le lotte interne.

- Capito.

- Non pensiamoci, vediamo come va l’incontro.

Intanto il ragazzo dai capelli purpurei aveva sostituito Garchomp con un Metagross.

- Metagross, box, box!

Lucinda, cercò di non ridere, per il modo quantomeno assurdo con cui Orlando aveva richiamato il suo Pokémon.

- Che modo strano di richiamare il proprio Pokémon!

- Togekiss, it's hammer time!

- Ma tra tutti i Pokémon che ci sono, dovevi sceglierne proprio uno così tanto da signorina?

Il ragazzo dai capelli purpurei, oramai, aveva capito che al suo avversario non importava molto di come funzionasse l’efficacia dei tipi, almeno dal suo punto di vista. 

Aveva anche capito che il suo avversario non doveva essere sottovalutato e che se aveva deciso di mandare in campo quel Pokémon, significava che aveva qualche asso nella manica.

- Metagross, pronto ad attaccare! Meteorpugno!

Il suo avversario sorrise. Conosceva benissimo Metagross. Dopotutto era il suo Pokémon più potente. 

Attese che l’avversario si avvicinasse al suo Togekiss.

- Su Togekiss, schiva e poi Lanciafiamme!

Il suo Togekiss, ruotò di novanta gradi, evitando l’attacco nemico. Poi attaccò a sua volta. Una grossa fiammata uscì dalla sua bocca, diretta contro il suo avversario, ancora estremamente vicino.

Il Pokémon Ferrato avversario era stato investito da un’ondata di calore enorme. Il suo allenatore gli ordinò di togliersi di mezzo. Quando lo fece, era evidente di quanto, nonostante il poco tempo passato sotto quelle fiamme, aveva subito ingenti danni. L’allenatore di quel Metagross, gli ordinò di utilizzare Metaltestata.

- Schiva e usa di nuovo Lanciafiamme! - 

Il Pokémon Festa seguì il comando del suo allenatore, prendendo quota quasi verticalmente, non facendosi raggiungere dal suo avversario, e poi lo colpì nuovamente con il potente getto di fuoco.

- Metagross non è più in grado di lottare, vince l’incontro Togekiss!

Decretò l’arbitro elettronico.

- E va bene, l’hai voluto te! Weavile, pronto a lottare!

Il suo avversario non mosse un muscolo. A che pro cambiare il suo Pokémon, se sapeva di avere un altro asso nella manica?

- Che aspetti? Non cambi? L’hai voluto te, allora! Weavile, Gelopugno!

Il Weavile del ragazzo spiccò un salto, raggiungendo l’altezza di volo del Togekiss del ragazzo.

- Ora, Togekiss, Forzasfera! 

Davanti alla bocca del Pokémon, si era formata una sfera d’energia trasparente, di colore azzurro. Ed era in rotta di collisione con il Weavile del ragazzo, ancora intento a caricare il suo attacco.

Il contatto fu inevitabile.

Il Ko di Weavile, una mera formalità. Riverso a terra. A pancia in su.

Il commento di Orlando, la cui squadra aveva dominato l’intero incontro non si fece attendere. 

Con tanto di risata trattenuta.

- Niente male per un Pokémon “da signorina”

Il ragazzo, dopo aver ricoverato il suo Pokémon nella Pokéball, se ne andò.

Non disse una parola, ma si capiva benissimo che era da diverso tempo che non subiva una sconfitta così umiliante.

Orlando stava per avvicinarsi alla panchina, dove Ash, Serena e Lucinda avevano assistito alla lotta, almeno per scusarsi per l’irruenza con la quale si era intromesso in un affare che non lo riguardava.

Ma, mentre si avvicinava, notò qualcosa nel bel mezzo del campo lotta. Deviò il suo percorso.

Nella parte opposta rispetto alla quale aveva condotto le sue lotte, aveva notato qualcosa. Anche se, a  dire il vero, all’inizio gli sembravano dei comuni fogli di carta.

Nella peggiore delle ipotesi li avrebbe semplicemente buttati nel cestino.

Ma, dopo essersi avvicinato e averli raccolti, si accorse di come non fosse affatto carta straccia. Erano una fotografia e un foglio piegato. Non era interessato al foglio, non erano affari suoi. E pensava di poter dire lo stesso della foto. Ma, appena lo girò e vide una Gardevoir shiny, cambiò idea. Lui conosceva una sola allenatrice che aveva una Gardevoir shiny in squadra.

Studiò attentamente la foto. Ritraeva una ragazzina tra i dieci e i dodici anni, aveva i capelli rosa, corti, occhi verdi, non era molto alta, ed era magra. Reggeva con la mano destra un porta medaglie. Aveva vinto da poco la sua prima medaglia. La ragazza era accompagnata dalla sua squadra di Pokémon. Una Gardevoir shiny che indossava un pendente con una Megapietra che teneva l’altra parte del portamedaglie e, davanti alle due un Azumarill e una Floette fiore bianco.

Orlando venne assalito da una sensazione terribile.

Come se lo avesse travolto un fiume in piena.

Si affrettò a consegnare ai tre la foto e il foglio.

Poi scappò verso la sua auto, una coupé larga, bassa e slanciata. Colore rosso brillante. Vetri oscurati.

- Ma l'avete visto?

Ash e Lucinda risposero praticamente insieme.

- Cosa?

- Come ha guardato quella foto… l’ha divorata con lo sguardo. E poi dopo avermela restituita è scappato. Che sappia qualcosa?

- Forza, Togekiss, segui quell’auto rossa!

La Togekiss di Lucinda uscì dalla Pokéball e iniziò a perlustrare i cieli di Ferropoli.

Inizialmente girovagava a vuoto per la città.

Orlando voleva andarsene al più presto da quelle città, o sarebbe stato totalmente travolto da ricordi che, per molti, molti anni aveva cercato di rimuovere. Nonostante i tanti aiuti da fuori, era riuscito solamente ad allontanarli e si era ripromesso di fare di tutto per non riavvicinarli.

Ma quella foto… Dopo un giro molto più lungo del necessario, era giunto dove voleva veramente arrivare.

All’hotel dove aveva dormito da quando aveva deciso di passare qualche giorno in quella città.

Sarebbe salito nella sua stanza, avrebbe ritirato i suoi effetti personali e se ne sarebbe andato via.

Mentre ritirava le sue cose pensava a quel gruppetto. Cosa avrebbero pesato di uno che si comporta così? Si saranno chiesti come mai era fuggito in quel modo? Allo stesso tempo, anche lui aveva delle domande che li riguardavano.

Come prima cosa avrebbe chiesto loro come e dove abbiano trovato quella foto. E poi avrebbe sicuramente chiesto cosa sapevano di quella ragazza. Lui aveva sue notizie da anni.

Alla fine, forse, la cosa migliore era confrontarsi e raccontarsi. Anche se lui voleva evitare di riaprire una ferita ormai quasi totalmente rimarginata.

La Togekiss, intanto era tornata dalla sua allenatrice ed era pronta a guidare i tre.

La macchina del ragazzo era parcheggiata proprio di fronte a un hotel, ma lui non c’era.

Avrebbero aspettato, nascondendosi dietro l’angolo.

L’attesa ripagò. Dopo una decina di minuti lo videro, mentre era intento a dare istruzioni ad un inserviente sul come caricare le valige. Ash, parlando sottovoce, per non farsi scoprire

- Credete che se ne stia andando?

- Secondo te?

- Cosa volete fare?

- Aspettiamo che quell’inserviente se ne vada e poi lo cogliamo di sorpresa.

Appena l’inserviente se ne andò, ma prima che lui potesse salire in macchina, i tre agirono.

- Vai Pikachu!

- Delphox, conto su di te!

- Su, Piplup!

Era circondato.

Certo, avrebbe potuto attaccare e probabilmente avrebbe anche vinto, ma, in effetti cosa avrebbe guadagnato? Avrebbe semplicemente rimandato un confronto ormai divenuto inevitabile.

Alzò le mani in segno di resa.

Pochi istanti dopo, l’atmosfera era già molto più rilassata.

Non erano cattivi, dopotutto e, in più, avevano capito che avrebbe svuotato il sacco.

Altre minacce sarebbero state solamente una perdita di tempo.

Il ragazzo aprì la porta del passeggero e fece scattare il meccanismo di ribaltamento del sedile, in modo da permettere l’accesso ai posti posteriori.

- Qui dietro è un pochino stretto, non ve lo consiglio se soffrite di claustrofobia. Fate attenzione alla testa.

- Allora non fa per me.

- Allora te, Lucinda, vai davanti, ok?

Intanto Serena si era accomodata. Il Pikachu di Ash si era accomodato a sua volta sulle sue gambe.

Ash, pur avendo ascoltato il consiglio, sbatté comunque la testa sull’arco del tetto.

Orlando, in tono cantilenante, e trattenendosi dal ridere se ne uscì con un

- In nomine Arceus et Dialga et Palkia

Serena e Lucinda non riuscivano a smettere di ridere, non si sa se per la battuta o per la sbadataggine di Ash.

Ad ogni modo Lucinda si era seduta davanti e Orlando le aveva chiuso la porta, con una certa delicatezza.

- Che cavaliere!

- In realtà l’ha fatto perché voi ragazze chiudete le portiere con la stessa delicatezza di un Machamp!

Ash, per l’infelice battuta, si prese una gomitata dritta nelle coste, proprio dalla sua ragazza.

A parte questo piccolo inconveniente, il ragazzo partì. E, dopo poco, iniziò a raccontare.

- Sappiate che per me non è affatto semplice raccontare queste cose. Per cui potrei dovermi fermare ogni tanto e parlare di altro. Perdonatemi. E vi prego, non fatene parola con nessuno. Intesi?

Ben capendo la situazione, acconsentirono.

- Sappiate che io sono nativo di Kalos. So che nelle fonti ufficiali risulta che vengo dalla regione di Hardana, ma la verità è 

che mi sono trasferito lì poco meno di nove anni fa, insieme a tutta la mia famiglia.

Non avete idea di quanto sia stato difficile trasferirsi, dopo che passi tanto tempo nella stessa città, circondato dalle stesse

persone, visitando gli stessi posti e via dicendo.

- Beh, ok, ma come si collega con il motivo per cui siamo qui?

Seconda gomitata nelle coste.

- Arrivò qui quando aveva sei anni, se non ricordo male. Ricordo poco del nostro incontro, se non che avevano detto che suo padre si era trasferito qui per lavoro. Suo padre era un insegnante nel grado superiore a quello dove studiavamo. 

Mi ricordo che Taelia era vittima di bullismo, la prendevano in giro perché “aveva i capelli corti” e quindi “sembrava un maschio” e cose simili. 

Il ragazzo fece una pausa. Aspettando i commenti dei suoi passeggeri e, in un certo senso mantenendo quella promessa che aveva fatto.

- Deve essere davvero brutto essere trattati così.

Le uniche parole pronunciate da Lucinda, ricordandosi che anche lei, da piccola era stata vittima di prese in giro.

Orlando riprese il suo racconto.

- Per questo la isolavano e nessuno voleva stare con lei. Giocava solo con una Ralts shiny. Diventammo amici per puro caso.

Un giorno, una Froakie shiny con cui avevo fatto amicizia, si avvicinò a Ralts. Grazie a lei trovai il coraggio di avvicinarmi.

- Quindi la vostra amicizia è iniziata dal fatto che eravate amici di Pokémon Shiny?

Chiese Serena.

- Hai ragione. S, è andata esattamente così. Se non fosse stato per lei non so se saremmo diventati amici. E forse tutto questo non sarebbe mai successo. Da quell’incontro diventai il solo della sua età a stare con lei a non prenderla in giro o a trattarla male. 

Fece di nuovo una pausa.

- E poi?

Ash si era incuriosito. Sapeva che fino a quel momento non avevano fatto altro che tastare la superficie.

- Ho bisogno di fermarmi un attimo.

I suo tre passeggeri capirono la situazione. L’aveva detto che avrebbe voluto parlare anche di altro.

- Non so, di cosa vorresti parlare, per cambiare argomento?

Gli chiese Lucinda.

- Quello che volete, non importa. Voglio solo distrarmi un pochino.

- Ok. Ho sentito che sei un super coordinatore, giusto? E allora perché hai abbandonato le gare? Personalmente ho continuato ad esibirmi nonostante abbia ottenuto il titolo.

- Dai, almeno è un argomento più leggero.

Il motivo è semplice. Mi sono divertito e lo stesso posso dire per la mia squadra, nel conquistare i vari fiocchi e poi partecipando al gran festival. Molti mi davano come favorito per la vittoria. A me interessava veramente poco dei pronostici, e lo stesso vale pure ora. Non sai mai cosa può accadere. Prima del round finale ho avuto una chiacchierata con la presentatrice. La considero ancora una delle persone più gentili che conosca.

Parlandoci era saltato fuori l’argomento che mi ha portato ad annunciare il ritiro dalle gare Pokémon, qualora avessi vinto.

Mi ha detto che quello di super coordinatore è un titolo che, se ottieni, ti porti tutta la vita.

- E quindi?

Orlando non si aspettava una risposta simile da Lucinda. Se la sarebbe più aspettata da Ash.

- Abbastanza semplice. Se tu vinci un Gran Festival, non importa in che regione, ricevi il titolo di Super Coordinatore. Ma se ne vinci un altro non diventi un “due volte super coordinatore” o simili.

Invece se diventi campione della lega, oppure adesso con la Formula Cinque Cilindri, devi sempre difendere il titolo.

Il ragazzo fece un’altra breve pausa.

- Ora va meglio. Posso riprendere. Per diverso tempo tutto andava bene. Suo padre era davvero contento che lei avesse trovato un amico. Con il passare del tempo, notammo un dettaglio non di poco conto. Nessuno aveva mai visto sua madre. E di certo io non le avrei mai fatto una domanda simile. Ma altri si.

Quando si accorsero di questa cosa, passarono dal trattarla male per il fatto che portasse i capelli corti a trattarla male perché era orfana di madre.

Sentendo i miei parlare con suo padre, ho scoperto l’amara verità o, a posteriori, una parte di essa.

Sua madre era stata rapita da dei criminali.

- Come il Team Rocket?

- Ash, non ci sono solo loro.

Altra gomitata. 

- Certo, hai ragione.

- Penso siano peggio di loro.

Rispose Orlando.

- Avevo otto o nove anni quando i miei me lo spiegarono, per cui semplificano di molto le cose.  Mi dissero che erano delle persone che rapivano donne, uomini, bambini… non importava. E per liberarli chiedevano tanti soldi.

I miei genitori mi spiegarono che il padre di Taelia, il signor Waldo, era un semplice professore e che non poteva permettersi di pagare il riscatto. Una cosa che da piccolo accetti, sembra sia una cosa tutto sommato sensata e non fai domande. Hai solo paura che possa succedere a te o a chi vuoi bene.

Poi, crescendo, capisci che se non si è rivolto alle autorità, allora qualcosa non torna.

Quando sei piccolo pensi alla figura della polizia, in particolare dell’agente Jenny, come delle persone che si occupano di furti, di persone che trattano male i Pokémon o cose simili. Solo crescendo capisci che si occupano anche di altre cose.

- Quindi per te che fine ha fatto?

Questa volta a chiedere fu Serena.

- Mi dispiace ma non lo so. A volte capitava che andassi a casa loro, per esempio per fare i compiti con sua figlia, ma che ricordi non c’erano foto di loro tre insieme. Come se la loro vita fosse iniziata con il loro arrivo in quella casa. 

- Ma è pazzesco. Corrisponde perfettamente con le visioni che ho avuto.

- Ash, di che visioni parli?

Gli chiese Orlando.

- D'accordo, vuoto il sacco. Ci sono troppe coincidenze ed è giusto che tu lo sappia.

Dalla notte di giovedì scorso, un Darkrai, che si è dichiarato amico di un signore chiamato Sebastian, che proprio come il signor Waldo di cui parli, si è trasferito in una villa a Ferropoli quando la figlia aveva grossomodo sei anni. Nelle mie visioni, Sebastian aveva parlato alla figlia di come, in quella casa, avrebbero avuto una nuova vita.

- Su Darkrai, sinceramente ricordo poco, ma credo ci fosse un esemplare a casa sua.

Gli rispose Orlando.

 - Hai parlato di aver avuto delle visioni causate da lui riguardanti il signor Waldo, o come lo chiamate voi… Sebastian… giusto? Non è che puoi raccontare altro?

- Certo.

Gli rispose il nativo di Kanto.

- Allora… vediamo… lavorava a un progetto di massima segretezza. Inizialmente si trattava di un sistema per trasferire i Pokémon da un posto all’altro, ma poi, insieme a… credo sua moglie, non ne ho idea, avevano scoperto che poteva essere usato anche per oggetti diversi dalle Pokéball.

- Interessante.

Si limitò a commentare Orlando.

- E poi… tra i due eventi era passato poco tempo. Dopo diverso tempo invece, lavoravano a delle strane Pokéball che dovevano servire per studiare i Pokémon e aiutare i giovani allenatori a rendere i loro Pokémon più, per così dire... obbedienti. Infine, beh… è passato molto tempo. La loro figlia aveva almeno tre anni. Quando Sebastian, insieme a lei è fuggito dalla base.

- Lasciando sua madre da sola?

Chiese Orlando, notando delle somiglianze con quello che lui ricordava. 

- Esattamente.

- E poi?

- Loro due hanno cambiato casa spesso. Molto spesso, prima di trasferirsi in una villetta.

Qui hanno passato diversi anni. La ragazza è diventata un’allenatrice. E, con la sua squadra ha vinto due medaglie. Poi…

Il tono di Ash si fece triste.

- Sebastian è stato ucciso. Aveva cercato di mostrare che era armato, e aveva sparato un colpo.

Per tutta risposta, le persone fuori dalla sua casa spararono una raffica di colpi. Uccidendolo.

- E qui viene la parte più difficile. Non voglio parlarne subito, vi prego. Chiedetemi qualsiasi cosa volete.

Questa volta fu Ash a fare una domanda.

- Ho sentito che tu potresti essere uno dei miei avversari nel torneo degli otto professionisti, dimmi, come è stata la tua scalata?

- Allora, devo dire che quando ho iniziato, rispetto a tanti altri, potevo contare su una squadra molto collaudata, essendo il campione in carica nella mia regione. Come sette degli otto professionisti. Se non erro Alan è il solo a non essere campione della lega. Quindi la scalata nelle classifiche, fino all'alta classe ultra non è stata complicata. Forse anche per una sorta di timore reverenziale, non so come chiamarlo. Fino a quando non c’è stato l’incontro per la nona posizione.

Quella che, immagino tu lo sappia, permette una lotta promozionale contro chi si trova in ottava posizione. Era un ragazzo di Sinnoh. Un tipo strano, che nel suo aspetto ricordava il suo Pokémon. Un Darkrai.

Non ricordo come si chiamava, o meglio si chiama... mi auguro non sia morto... ma aveva vinto un torneo della lega. Come Alan. Non so quanto sia importante ricordare il suo nome. Le cose importanti sono altre. Avevamo lottato in un incontro due contro due. Lui con Darkrai e Latios, io con Metagross e Togekiss.

- Può essere che si chiamasse Tobias quel ragazzo? Io ho affrontato un allenatore che aveva quei due Pokémon a Sinnoh.

- Non so, sono stato a Sinnoh solo per i Gran Premi o quando andavo a trovare Camilla. Non sono molto informato sulla lega locale, a parte conoscere Camilla, i superquattro e i capopalestra. Ad ogni modo, fu una lotta difficile. La spuntammo per poco. Insomma, lottare contro due Pokémon leggendari…

- E il match di promozione?

- Ohh, è stato contro Iris, la campionessa di Unima.

Gli rispose il ragazzo alla guida.

- Sai è una nostra amica.

Definiva Ash come “un bambino” ma poi si è resa conto del fatto che anche lei, alle volte, fosse infantile.

A Lucinda si aggiunse Ash

- E se non fosse stato per Spighetto che faceva da paciere, avremmo alzato spesso e volentieri le mani. E, non so se lo sai, ma aveva paura dei Pokémon di tipo ghiaccio.

Serena era stranita. Non aveva idea che molti potessero detestare quel lato di Ash. Lei l’amava anche per quello, dopotutto.

Orlando prima di riprendere il suo racconto, si lasciò scappare una battuta.

- Ora credo che abbia il trauma dei tipi folletto.

- Ma scusa, il tuo Togekiss non aveva mosse folletto…

- Non so se lo sai, Lucinda, ma ho una squadra di rotazione e in alcuni casi più Pokémon della stessa specie.

- Credo sia una cosa abbastanza strana.

Altra gomitata.

- Parla quello che ha trenta Tauros.

- Sui Togekiss è stata una coincidenza. L’esemplare che ho in squadra ora mi è stato regalato da Camilla, quando era ancora un uovo. L’altra, quella che ha preso parte alla lotta contro Iris era una sua amica.

- Una sua amica?

Gli chiese Lucinda.

- Semplicemente insieme alla mia famiglia, abbiamo creato una sorta di riserva, un posto dove far stare i Pokémon al loro meglio, ma anche accogliere quelli di allenatori che non possono più occuparsene, o ancora delle uova che ci vengono recapitate dalle pensioni perché gli allenatori dei Pokémon che le hanno fatte non volevano occuparsene.

Siamo anche stati autorizzati a consegnare il primo Pokémon agli allenatori in erba o permettere a quelli più esperti, come potreste essere voi, di prendervi cura di uno di essi. E semplicemente era una Togepi selvatica che aveva fatto amicizia con lui.

- Un’iniziativa davvero lodevole.

Si complimentò Serena.

- Ne sono felice. Anche se, per la verità questo si collega con la storia. Vedete.

Rispose il ragazzo. Poco dopo il suo tono si fece cupo.

- Per poter accogliere Pokémon come la mia Greninja

Ash era sorpreso.

- Perché l’avresti dovuta abbandonare?

- Fallo continuare!

Lo rimproverò Lucinda.

- Sin da quando ero piccolo ero amico di una Froakie, catturata da mia madre… come lei con quella Ralts.

Quella Froakie, ormai evoluta in Greninja, divenne proprio il mio primo Pokémon, quando sono diventato allenatore.

Come per Taelia e la sua Gardevoir.

Nessuno o quasi voleva mai sfidarci perché, a detta loro “eravamo troppo avvantaggiati”

Noi la prendevamo come gelosia, al contrario di loro, avevamo stretto amicizia con dei Pokémon sin da piccoli.

Pensate che le poche volte che accettavano ci mettevano uno contro l’altra.

Era inutile che dicessimo loro che avremmo potuto mandare in campo anche altri Pokémon, loro non si fidavano.

Poi, un giorno, tutto cambiò. Ero andato a scuola, come di consueto. E lei non c’era. Non ci diedi peso, poteva essere stata male, era inverno, per cui non sarebbe stato affatto strano prendersi un brutto raffreddore o un’influenza. O almeno quello pensai allora. Era plausibile che, per lo stesso motivo, non ci fosse nemmeno suo padre. Magari era rimasto a casa per occuparsi di lei. Per questo, quel giorno, uscimmo due ore prima. Arrivato a casa, i miei mi dissero di preparare le mie cose.

Ce ne saremmo dovuti andare immediatamente da Kalos. Non mi spiegarono il motivo. Mi avevano imposto di liberare Greninja perché sarebbe stata troppo riconoscibile, fuori da Kalos. Mi ricordo ancora perfettamente come la liberai.

Non dissi una parola. Stavo piangendo troppo per riuscire anche solo a dirle “addio”. La abbracciai e lei ricambiò.

Mi chiedo cosa pensi di me, se ancora si ricorda. Porto sempre con me la sua Pokéball, adesso si trova dentro il portaoggetti. Nella speranza che la dovessi incontrare, lei si ricordasse di me e, soprattutto, accettasse le mie scuse.

Allo stesso modo, i miei, buttarono il mio portamedaglie, chissà dove in qualche strada. A distanza di anni mi chiedo ancora perché ci trasferimmo. Forse non volevano farmi vivere il trauma della scomparsa della mia più cara amica?

Però, così facendo ne hanno creato uno ben più grande. Soprattutto ora che grazie a voi ho scoperto di più su suo padre.

- Come ti capisco, abbandonare il tuo Pokémon più caro deve essere terribile.

Gli rispose Serena.

Intanto, in maniera involontaria o meno, Orlando aveva fermato la macchina proprio davanti alla villetta che Ash e le due ragazze avevano esplorato il giorno prima.

- Abitavano qui. Com’è messa male! Mi ricordo che quando ci abitavano era la casa più bella di tutto il vicinato.

Uscì dalla macchina e fece cenno a Lucinda e gli altri di scendere.

E, senza dire una parola si diresse verso la casa.

Era ben consapevole che le condizioni dell’interno avrebbero rispecchiato perfettamente quelle dell’esterno.

Entrò dentro, lasciando qualche passo indietro i tre.

Non sembrava essere interessato al piano terra.

- Non so se lo sapete, ma questa casa nasconde qualche segreto.

- Segreti? E te come lo sai?

Ash si beccò l’ennesimo rimprovero da parte di Lucinda

- Non ricordi che spesso veniva a fare i compiti dalla sua amica? Non credi che qualche volta, lei, le abbia mostrato, diciamo… qualche segreto?

Intanto Orlando aveva imboccato la rampa di scale che portava al piano di sopra.

Un piano in cui vi erano tre stanze da letto e un bagno.

Dirigendosi verso una delle porte, facilmente distinguibile dalle altre per un poster appeso su di essa, ormai mezzo staccato.

Il ragazzo prese la parte del poster che penzolava e la posò contro la porta. 

- Oh, lei adorava questa serie! Quando venivo da lei per fare i compiti insieme ci fermavamo perché la potesse guardare. E mi costringeva a sorbirmela. Non mi piaceva per nulla come serie, la trovavo noiosa e ripetitiva, ma quanto darei per riguardare anche solo una puntata insieme a lei!

Il ragazzo aprì la porta.

La camera era disordinata.

Il letto mezzo sfondato, dei peluche di Pokémon totalmente impolverati su di una mensola, una scrivania con una lampada, un armadio in legno bianco aperto.

I vestiti della ragazza erano chiaramente fuori moda, ed erano un ottimo indizio su quanti anni fossero passati dall’ultima volta che qualcuno avesse abitato in quella casa. Orlando si diresse verso il comodino.

Si inginocchiò davanti ad esso, ma prima che potesse fare altro, sentì qualcuno toccarlo. O meglio qualcuna.

Era Serena, che per tutto il tempo non aveva detto nulla.

- Cosa stai facendo? Non è molto rispettoso frugare tra le cose degli altri.

- Ora è una questione personale.

So che qui dentro c’è qualcosa. Me lo aveva detto qualche giorno prima che succedesse tutto.

Non ricordo le sue parole precise, ma mi aveva detto che in uno scomparto segreto del suo comodino avrebbe nascosto qualcosa di molto prezioso. Non mi disse altro, a parte che era una cosa che suo padre aveva creato per lei e per chi le era vicino. Solo in tre sapevamo di questa cosa. Io, lei e suo padre. 

E, se vogliamo venire a capo di questa storia, non abbiamo molta scelta.

Intanto il ragazzo aveva tolto la bajour e i pochi oggetti presenti sul comodino sul letto e aveva ribaltato il comodino.

- Avete qualcosa di metallo, possibilmente lunga e sottile?

Questa semplice domanda scatenò una sorta di guerra tra le due ragazze, a suon di ricerche nelle loro borse.

Tanto Orlando quanto Ash si chiesero come diavolo facessero a far stare tutta quella roba dentro delle comuni borse. 

Alla fine la spuntò Lucinda. Con una sorta di attrezzo multiuso.

- Quando viaggi per un’intera regione devi averne sempre uno nella borsa!

Commentò.

Per poi passarlo a Orlando.

Il quale, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, finalmente trovò l’attrezzo che serviva, una sorta di lametta di metallo abbastanza sottile e apparentemente resistente.

Aveva la punta piatta, per cui non avrebbe rovinato il legno più di tanto.

Il ragazzo passò la mano su ogni centimetro quadrato del fondo, fino a quando non esclamò

- Trovato!

Tanto Ash quanto le due ragazze erano stupite. Cosa avrebbe trovato?

Il ragazzo infilò la sottile lama nel punto in cui aveva notato una piccola anomalia nel legno del fondo. Quasi impossibile da percepire a occhio nudo, e più semplice da trovare passandoci la mano. La parte di fondo si sollevò piano piano.

Fino a uscire. Il prezioso cimelio tanto raccontato era un DVD.

Era dentro una busta di plastica trasparente e, fortunatamente, non presentava alcun graffio.

- Ora abbiamo un problema. Dove lo troviamo un lettore?

- Ieri mi sembra di averne visto uno qui, nel salotto.

Gli rispose Ash

- Ma da quando in quando dici cose sensate!

Per Lucinda non fu semplice soffocare la risata.

- E anche se ci fosse? Non credo che qualcuno abbia pagato le bollette tutti questi anni. Ammesso che funzioni.

- Non preoccuparti! Abbiamo una sorta di… arma segreta.

- Ehi! Ma sono io a dover dire alle persone di non preoccuparsi!

Rispose, Lucinda, in tono ironico.

- Ma poi sai bene come finisce!

Questa volta fu Ash a farle la battutina.

- Ad ogni modo…

Ci pensò Serena a far ritornare la situazione seria, com’era prima.

- Un nostro caro amico, Lem, il capopalestra di Luminopoli, è un inventore geniale, credo che potrebbe darci una grossa mano. Dopotutto l’elettricità è il suo campo.

- Possiamo provare. A questo punto…

Ash si era messo in contatto con l’amico, che rispose immediatamente.

Dopo una chiacchierata di aggiornamento, in cui gli ex compagni di viaggio si erano raccontati delle ultime avventure, e dopo aver presentato al ragazzo e alla sorella minore tanto Orlando quanto Lucinda, con la solita, imbarazzante scenetta di Clem, finalmente si giunse al problema.

- Allora, è una storia lunga e mi pare che tu sia abbastanza impegnato, quindi sarò breve. Ti basti sapere che ho avuto delle visioni sulla storia di un certo signore, che ha lavorato a dei progetti piuttosto strani. A un certo punto della sua vita è scappato, insieme a sua figlia, qui a Ferropoli. L’uomo è stato ucciso e la figlia è scomparsa.

Ho scoperto poi che la storia di sua figlia si intreccia con quella di Orlando Bir, sì, il pilota che ha da poco vinto il titolo.

Ha trovato un DVD a detta sua molto prezioso.

- E?

- E avrei bisogno del tuo genio per poterlo vedere.

- Capisco. -  Rispose il capopalestra. - Vedrò cosa posso fare. -

Un quarto d’ora dopo Ash aveva ricevuto una seconda chiamata da parte dell’amico.

- Oggi trionfa la scienza, il futuro è qui! Immaginavo che un giorno sarebbe tornata utile! Quando manca la corrente, ma tu hai comunque bisogno di avere una fonte di elettricità… ecco qui la pila a fulmini!

Basterà colpire questo dispositivo con un attacco di tipo elettro, come il fulmine del tuo Pikachu, e il dispositivo immagazzinerà l’energia all’interno della batteria, pronta ad essere utilizzata per qualsiasi scopo.

Una voce, ben nota a Ash e Serena, commentò:

- Certo che potevi trovare un nome migliore!

- Comunque sia… c’è un piccolo problema… In questo periodo sono molto impegnato e non posso muovermi da Luminopoli

- Non ti preoccupare. Mando un correre.

Ash fece uscire la sua Dragonite dalla Pokéball.

Ella, appena uscita dalla PB, abbracciò subito il suo allenatore.

- Eccola qui! Credo che tu la conosca già, o mi sbaglio?

Risero tutti.

Un paio d’ore dopo la Dragonite del ragazzo era andata a Luminopoli ed era tornata con il dispositivo creato dal capopalestra. Sul dispositivo c’era un biglietto, con scritte delle avvertenze.

Il dispositivo è già carico e dovrebbe avere almeno cinque ore di autonomia. Nel caso dovesse servire, per precauzione di al tuo Pikachu di non andarci troppo pesante con i fulmini”

Ash sorrise, pensando a tutte le volte in cui le invenzioni dell’amico erano esplose, spesso in modi spettacolari.

In ogni caso non sarebbe stato nulla di troppo complesso.

Attaccare il televisore e il lettore all’alimentatore e collegare il lettore al televisore.

A dire il vero, a occuparsi dell’operazione fu Orlando.

Accese il televisore, il quale, nonostante gli anni e l’umidità presa, si accese. Il ragazzo sorrise.

Aveva dimenticato la sensazione che dava un televisore a tubo catodico, una leggera scossa e i peli che si sollevavano.

Il lettore DVD si accese con meno insistenza Lo sportellino si aprì e il ragazzo inserì il disco.

Qualche istante di attesa e partì il filmato.

Ritraeva il professore seduto su un divano.

- Se stai guardando questo filmato vuol dire che le cose si sono messe male. Almeno per me.

Mi ero ripromesso che avrei eliminato ogni cosa se le cose fossero andate per il meglio.

Quindi è giusto che tu conosca delle cose che ti ho tenuto nascoste. Perché è a causa di ciò se sono finito nei guai.

Dopo che ci siamo trasferiti qui a Ferropoli, io e la signorina Suzanne abbiamo iniziato a lavorare come insegnanti in una scuola qui vicino. Un giorno, non molto dopo il nostro arrivo, lei mi propose di rimettere mano al progetto a cui avevo lavorato, con lo scopo di usarlo esclusivamente per scopi pacifici.

Assai titubante, accettai. Sarebbe stato economicamente impossibile, per due professori, lavorare a un progetto così grande, per cui dovemmo cercare dei finanziatori. Non potevamo spiegare precisamente ciò che avremmo voluto fare.

Per questo motivo ottenerlo tramite vie tradizionali era molto difficile, se non impossibile. Scoprimmo troppo tardi le conseguenze della nostra scelta. Appena ce ne accorgemmo, decidemmo di sfruttare lo stesso sistema a cui avevo lavorato anni fa. Il trasferitore. Durante alcuni esperimenti avevamo scoperto di come, non solo poteva essere usato per trasportare, da un luogo all’altro i Pokémon all’interno delle loro Pokéball, ma anche degli oggetti. Grazie agli studi di Suzanne, scoprii che potevano essere trasportati anche gli esseri umani. Dopotutto non c’è tutta questa differenza tra umani e Pokémon dal punto di vista biologico.

Erano tutti stupiti. Ma nessuno chiese di mettere in pausa il video, che continuò.

Dopo alcune ricerche trovai una persona che sembrava potesse aiutarci.

Gualtiero Scoperse.

Orlando rabbrividì. Mise il video in pausa.

- Scusa perché l’hai messo in pausa?

- Vedi, Ash, è che Gualtiero Scoperse è mio zio. Fratello di mia madre.

Erano tutti sorpresi.

- E, sapete? Non l’ho più visto da quando siamo fuggiti da Kalos. Inizio a capire perché scappammo così di fretta.

Tolse la pausa.

- I soldi arrivarono. Puntualissimi e abbondanti.

Riuscimmo a comprare un vecchio edificio, e ristrutturare i piani interrati per usarli per i nostri studi.

Guardando i piani superiori, si aveva la sensazione che fosse un edificio abbandonato come tanti, per cui le squadre di operai e Pokémon che arrivavano potevano benissimo essere lì per le demolizioni.

- Aspetta un secondo, metti in pausa!

Orlando mise in pausa il video, assecondando la richiesta della ragazza dai capelli aedesia.

Lucinda riprese a parlare.

- Prima di incontrarti avevamo conosciuto un ragazzo che aveva tentato di esplorare una fabbrica abbandonata.

Ci ha detto che l’edificio era praticamente inaccessibile. Quando ha cercato di esplorarla dall’alto il suo Talonflame è stato ferito. Nessuno sapeva spiegarsi da dove venissero quelle ferite. 

- Davvero strano.

Fece ripartire di nuovo il video

- In ogni caso tutto funzionava per il meglio, e quell’uomo è stato così gentile da aiutarmi a pagare alcune piccole modifiche a questa casa, come un passaggio sotterraneo che permette di raggiungere la fabbrica dai sotterranei, passando attraverso le fogne. Non una gita di piacere, ma era il solo modo per non farti preoccupare quando restavi a casa da sola.

In ogni caso non importa. Lavorando e ricostruendo il sistema ci accorgemmo di qualcosa che non andava.

Nelle nostre idee il progetto era quello di permettere lo studio del comportamento dei Pokémon e, allo stesso modo permettere agli allenatori meno esperti di migliorare il loro rapporto con i loro Pokémon.

Tuttavia, come nel progetto iniziale qualcosa non tornava.

Questa volta a richiedere una pausa fu Ash.

- Nelle visioni che ho avuto ho notato come queste Pokéball non permettessero a quelle normali di aprirsi, mi chiedo che altri problemi potessero avere.

- Non so. Vediamo, faccio ripartire.

- Inizialmente il problema era queste che non permettessero alle Pokéball normali di aprirsi.

In seguito scoprimmo che il problema era causato semplicemente dal dispositivo di riconoscimento, che poteva essere eliminato senza problemi. Il vero problema era ben più grande. Il sistema che permette di studiare il comportamento dei Pokémon è lo stesso che permette di rendere questi più amichevoli verso gli allenatori, tuttavia…

Al laboratorio avevamo notato come quel tipo di Poké Ball non aveva quell’effetto solo sul Pokémon catturato, ma anche su quelli vicini ad esso. Non faceva alcuna differenza il fatto che fossero Pokémon catturati o selvatici.

Cercammo in ogni modo di evitare che ciò accadesse, anche se era impossibile risolvere il problema in tempi ragionevoli.

Non potevamo tirarci indietro. Nonostante questo, costruimmo la centrale di comando. Era possibile studiare i dati e il comportamento dei Pokémon, e, contemporaneamente rendere questi ultimi più amichevoli, ma…

Fece una pausa.

- Scoprimmo che le due funzioni potevano essere unite e il Pokémon comandato come un burattino.

Proprio attraverso la centrale di comando.

E non era di certo quello che volevamo.

Quando capimmo di essere in pericolo, dirottammo parte dei fondi sul trasferitore per esseri umani, che costruimmo in breve tempo. Almeno lei si sarebbe salvata.

Spiegai a mia figlia tutto quello che c’era da sapere sul trasferitore per esseri umani, dove sarebbe arrivata e come si sarebbe dovuta muovere nella città dove si sarebbe trovata. Sarebbe stata sola in una città dall’altra parte di Kalos...

Speravo con tutto me stesso che lei non debba mai usarlo. 

Il video finì.

Lasciando tutti con più domande che risposte.

- Aspetta un secondo, aveva parlato di una città molto lontana?

- Esatto.

- Proprio dall’altra parte di Kalos.

Serena si tolse dalla tasca il foglietto, gelosamente conservato fino a quel momento.

Su di esso non c’era scritto molto.

Giusto il nome di una città, Bruopoli, e un indirizzo.

Viale Florges, 34.

Lucinda aveva controllato, nel suo Smart Rotom, la mappa di Kalos.

- Guardate, corrisponde perfettamente alla descrizione data dal signor Sebastian. O Waldo, non quale sia il so vero nome. Si trova all’estremo nord di Kalos.

- Cosa volete fare?

La domanda di Orlando era chiaramente retorica.

Lui sarebbe andato lì anche da solo.

La risposta, unanime dei tre, non si fece attendere.

- Andiamo!

- Ok, allora domani mattina vi accompagnerò. Sarà un viaggio bello lungo, meglio alzarsi presto.

La notte era passata tranquilla e il giorno dopo i quattro si trovavano di fronte al Centro Pokémon.

Avevano fatto colazione, salirono a bordo e partirono. Avevano pianificato di pranzare a Bruopoli, poi avrebbero fatto visita a quell’edificio. Alla disperata ricerca di indizi.

Il viaggio di andata era stato tutto sommato tranquillo, tranne per del traffico sull’autostrada fino a Luminopoli.

Per questo l’arrivo nella città a nord della regione fu leggermente ritardato, rispetto al previsto.

Comunque sia perfettamente in orario di pranzo.

Si fermarono davanti a un piccolo ristorante, “da Mannekenpix”

Qualora non si sapesse dove trovarlo, il piccolo locale poteva apparire inosservato.

Solo un’insegna, con disegnato un uomo biondo, con dei lunghi baffi, basso, robusto, e vestito da cuoco, forniva un indizio sulla natura del locale. 

- Bene, mangeremo qui. Sapete, questo ristorante esiste da oltre duemila anni e da sempre è famoso per l’abbondanza delle sue porzioni. Soprattutto quelle del menù dei giganti. 

- Duemila anni? 

Ash era stupito, duemila anni erano davvero un’eternità.

- Si dice che, da allora solo un leggendario guerriero, proveniente da un piccolo villaggio all’estremo nord di Kalos è riuscito a portare a termine il menù dei giganti. Dodici enormi portate.

Scesero dall’auto.

Ash si massaggiò la schiena dolorante, era rimasto seduto diverse ore in quella posizione.

Lucinda, vedendo, commentò

- Guarda che hai diciassette anni, non ottantasette!

Risero tutti, meno Ash.

Dopo un abbondante pranzo, arrivarono all’indirizzo.

Era un viale abbastanza triste, palazzoni grigi, tutti uguali si ergevano da entrambi i lati della strada, dando una sensazione di soffocamento.

Dopo aver fermato la macchina a poca distanza dal palazzo incriminato, Orlando fece scendere i suoi passeggeri.

Lui non scese.

- Come mai non scendi?

Gli chiese Ash.

- Non vi preoccupate, sto tornando, devo solo fare una cosetta.

Intanto i tre avevano ricoperto la breve distanza che separava il luogo dove erano scesi all’ingresso del palazzo.

Il palazzo non aveva nulla di speciale, era molto simile a tutti gli altri.

Ash provò a suonare ogni campanello disponibile, ma non ottenne alcuna risposta.

Un signore di una certa età, che passava per quella strada, gli disse cosa.

- Inutile che suoni, non ci vive nessuno.

- E lei come fa a saperlo?

- Vivo qui da prima che questo palazzo venisse costruito e vi posso assicurare che non è mai stato abitato, se non per brevissimi periodi, ma se vuoi continuare a insistere, fai pure... giovanotto.

Appena il vecchio si allontanò e dopo aver constatato che la porta era chiusa, Ash decise di passare alle maniere forti.

Guardò negli occhi il suo Pikachu, con l’espressione di qualcuno che aveva appena avuto un’idea.

Aveva notato che tra la porta e l’anta vi era uno spazio abbastanza ampio.

- Pikachu, usa Codacciaio per tagliare il passante.

Il roditore elettrico eseguì l’ordine, tagliando il passante che teneva chiusa la porta, con un potente colpo della coda. Quel Codacciaio sembrava far pensare che il passante fosse fatto di burro.

La porta era aperta e poterono accedere all’interno del palazzo.

Un semplice andito che dava su numerose porte, tutte uguali, e conduceva a una scala che portava al piano superiore.

Lucinda ebbe un’idea.

- Facciamo una cosa. Dato che ci sono molte porte, apriamone una a testa e, qualora dovessimo trovare qualcosa di strano, ci avvisiamo.

- Mi sembra una bella idea.

- Hai avuto una grande idea.

Si complimentarono Bunz e Serena.

Aprirono una porta a testa, e, insieme si accorsero di come nessuna di esse fosse chiusa a chiave.

Allo stesso modo notarono come queste dessero su dei normalissimi appartamenti. Vuoti e impolverati.

Dopo averli esplorati tutti e aver constatato che nessuno di loro avesse trovato nulla di interessante, optarono per salire al piano superiore, senza trovare nulla di interessante. E così ai piani ancora superiori. Fino all’ottavo e ultimo piano.

Madidi di sudore e arrabbiati per il tempo sprecato, stavano per alzare bandiera bianca, quando qualcosa attrasse l’attenzione di Serena, che era sempre stata un’acuta osservatrice.

- Avete notato?

Indicava una porta, diversa da tutte le altre.

Tanto per cominciare, contrariamente a tutte le altre, era realizzata in legno scuro ed era, almeno all’apparenza, molto robusta. Sembrava dovesse proteggere qualcosa di molto prezioso.

- Cosa?

- Quella porta. Sembra completamente diversa da tutte le altre. Proviamo ad aprirla per prima.

Per lei era strano prendere l’iniziativa, ma gli altri due accettarono di buon grado.

Si avvicinarono alla porta e Serena, provando ad aprirla, si rese conto di un’altra sostanziale differenza.

- Accidenti! È chiusa!

- E stavolta che cosa ti inventi, Ash?

Gli chiese Lucinda, chiedendosi, sinceramente, che Buneary avrebbe tirato fuori dal cilindro.

- Dragonite, vieni fuori!

La Dragonite del ragazzo uscì dalla Pokéball, pronta ad aiutarlo.

- Per favore… butteresti giù quella porta?

La potente Pokémon di tipo drago, sfondò la porta senza sforzo, causando un gran fracasso.

Lucinda, ridendo, commentò la situazione

- Certo che potevi trovare un metodo più ortodosso per aprirla!

Nel mentre Ash aveva richiamato la sua Dragonite nella Pokéball.

- Grazie, hai fatto un gran lavoro!

Entrarono e notarono immediatamente che quello non era un appartamento come tutti gli altri.

Era una stanza singola, della stessa superficie di un normale appartamento.

Quello che attirò la loro attenzione non fu tanto la diversa struttura dell’ambiente, quanto il fatto che, contrariamente a tutti gli altri appartamenti, presentava degli oggetti al suo interno.

Un tavolino da caffè, ribaltato, con tutta probabilità dall’impeto della Dragonite del ragazzo, era davanti alla porta. Il ribaltamento del tavolino da caffè, aveva fatto cadere un mazzo di chiavi.

Con tutta probabilità, quelle chiavi avrebbero aperto sia quella porta sia l’ingresso del palazzo.

Le due ragazze, invece, vennero attratte da uno strano macchinario, appoggiato contro una parete.

Una pedana di metallo, probabilmente acciaio, sovrastata, a circa due metri d’altezza, da un disco traforato, realizzato nello stesso materiale. Dal disco partivano alcuni cavi, collegati a quello che sembrava essere un computer, che troneggiava su una scrivania, curvata dall’enorme peso del monitor.

Sembrava mancasse qualcosa. C’erano solo un monitor, un mouse e una tastiera, ingialliti dal tempo.

Serena si era avvicinata al computer, o almeno alle parti che erano presenti e notò come fossero collegati a una ciabatta, con tanto di interruttore.

Senza nemmeno pensarci, considerando che non c’era alcuna ragione per cui dovesse esserci la corrente, premette l’interruttore. La lucina rossa che indicava che la ciabatta erogava energia ai dispositivi collegati si accese, lasciando di stucco la ragazza.

- Ehi! Guardate! C’è la corrente!

Lucinda e Ash si avvicinarono alla ragazza.

Nello stesso momento, sul monitor del computer apparve una barra di caricamento, con una scritta in cui si menzionava la connessione a un server.

Trenta secondi dopo, apparirono dei dati relativi a alcuni Pokémon.

Non vi era alcuna correlazione tra le specie mostrate.

Erano nativi di diverse regioni e si trovavano a stadi evolutivi diversi.

- Da dove vengono questi dati?

Ash condensò, in una sola domanda, l’intera sorpresa del trio.

Anche lui aveva notato come quello fosse un semplice monitor, apparentemente non collegato a un computer. In più ricordava di come, da piccolo avesse avuto quello stesso modello di computer, motivo per cui sapeva che non si trattava di un tutto-in-uno. 

Lucinda, senza neanche pensarci, premette un tasto sulla tastiera.

La schermata che prima mostrava dati di Pokémon a ripetizione, era cambiata.

Ora mostrava una schermata con una richiesta alquanto peculiare.

Digitare una password per accedere ad un’area riservata.

- E ora cos’ho combinato?

Era chiaro che il tono di Lucinda fosse dispiaciuto.

- Digita la password per accedere all’area riservata?

Che area riservata?

- Non ti preoccupare… anzi

Il tono di Ash era assai comprensivo.

- Non ricordi cosa aveva detto il Professor Sebastian, o Waldo, come lo ha chiamato Orlando?

Serena terminò la frase di Ash.

- No?

- Che sapeva che quel tipo di Pokéball poteva essere usato per controllare i Pokémon, come se fossero marionette, sfruttando quello che sarebbe dovuto essere un semplice modo per aiutare gli allenatori meno esperti?

- Giusto, ora ricordo.

- E se da quell’area riserva si potessero controllare i Pokémon?

La sua domanda cadde nel vuoto.

Lucinda provò a digitare una password.

DARKRAI

Password errata.

Ritentò

GARDEVOIR

Password errata.

Tentativi rimasti: 2

- Meglio non rischiare

Si era allontanata dallo strano computer per avvicinarsi al macchinario che aveva inizialmente attirato l’attenzione.

Guardandolo più attentamente ricordava una sorta di doccia, anche se, per come era costruita, dal soffione sarebbe piovuta elettricità e non acqua.

Ash, nel mentre, aveva aperto il cassetto della scrivania.

Dentro un semplice elenco telefonico. Di certo non lo avrebbe sfogliato tutto, troppo pigro per farlo, ma qualcosa attirò l’attenzione. Tre segnalibri.

Aprì l’elenco in corrispondenza del primo di essi. E si accorse di un numero di telefono evidenziato.

A giudicare dal cognome doveva essere un qualche parente del professore.

Prima che potesse mostrarlo alle due ragazze, la sua attenzione venne attratta da un rumore assai insolito.

Quello di un elicottero. Ash si avvicinò alla finestra.

L’elicottero era proprio sopra l’edificio dove si trovavano.

Un uomo con un megafono stava imprecando contro di loro, avevano violato una proprietà privata e sarebbero stati arrestati e processati per direttissima.

Erano in trappola. La strada era occupata da un’abbondante dozzina di berline nere, tutte uguali.

Dalle stesse erano scesi degli uomini.

Tutti vestiti di nero, armati e con sicuramente, con cattive intenzioni.

Correvano verso l’edificio. E presto gli avrebbero raggiunti. Erano in trappola.

Certo, potevano attaccarli con i loro Pokémon, ma non dovevano dimenticare che erano armati.

Per fortuna, non erano soli. Dalla finestra Ash notò un Pokémon che conosceva. Il Metagross shiny di Orlando.

E non era solo, era scortato dal Togekiss dello stesso.

- Vieni fuori Dragonite!

- Anche tu Togekiss, aiutali!

I tre salirono sul dorso del poderoso Pokémon Ferrato, che gli trasportò fino alla macchina del ragazzo.

Senza dire una parola, salirono in macchina e ricoverarono i Pokémon nelle rispettive Pokéball.

Orlando non fece quasi in tempo ad accendere il motore che già erano stati trovati dall’elicottero. E poco sarebbe mancato prima che venissero raggiunti anche dall’esercito di berline nere.

Partì in maniera aggressiva, facendo slittare le gomme e sollevando una nuvola di fumo bianco. Doveva cercare di uscire il più presto possibile da quella città. Una coupé così larga e bassa, quasi rasoterra, in una città, era come un Mamoswine in un negozio di cristalli. Doveva raggiungere al più presto l’autostrada.

A Kalos le autostrade non avevano limiti di velocità, per cui avrebbe potuto seminarli tranquillamente.

Ovviamente doveva prima raggiungerla.

La raggiunse dopo numerosi giri a vuoto, nei quali più di qualche cittadino aveva chiamato le forze dell’ordine, preoccupato dall’inseguimento.

Appena varcato il casello, Orlando, che fino a quel momento era stato in silenzio, si era messo in contatto con il comando di polizia locale. Non ci volle molto tempo prima che ricevesse una risposta.

Era la voce, rassicurante, ma al contempo posata e autoritaria di un’agente Jenny

- Se chiami deve essere un’emergenza.

Sai bene che non devi chiamare per piccolezze.

- Non è affatto una piccolezza. Trasporto tre civili e siamo inseguiti da un gran numero di uomini totalmente vestiti di nero, alla guida di alcune berline nere. Hanno anche un elicottero. E sono armati.

- Vediamo cosa riusciamo a fare.

Abbiamo rintracciato i dispositivi e posso confermare che trasporti tre civili.

Hai l’autorizzazione.

Ti mandiamo una scorta.

- No

La chiamata si chiuse.

Orlando non aveva capito che non fosse una domanda, ma un’affermazione. Avere altre auto o delle moto tra i piedi sarebbe stata solo una perdita di tempo. Intanto, Ash aveva passato a Lucinda la Pokéball della sua Dragonite, per tentare di sbarazzarsi almeno dell’elicottero. L’elicottero precipitò in mezzo all’autostrada, dopo esser colpito da un potentissimo Tifone. Cadendo esplose in modo spettacolare. Per fortuna la Dragonite del ragazzo si era allontanata.

I suoi occupanti si erano salvati, indossando dei Jetpack. Eliminata la minaccia aerea restavano le berline.

E, con quel traffico non era certamente semplice seminarli.

Nonostante avesse l’autorizzazione, Orlando non era di sicuro autorizzato a coinvolgere ulteriori civili.

Stava sorpassando un’auto dopo l’altra, e mettendo in seria difficoltà i suoi inseguitori.

Intanto, da uno degli ingressi, stava arrivando una pattuglia di auto della polizia, pronti a scortarli.

Lui non voleva avere la scorta, sarebbero stati unicamente una palla al piede.

Ma ormai erano lì.

Tanto valeva approfittarne.

Erano una quindicina di berline tutte uguali, di un triste colore marrone chiaro metallizzato, con il tetto bianco, che correvano a sirene spiegate.

Per i loro inseguitori erano come birilli da far cadere per liberare la strada.

L’autista della berlina più avanti ne aveva tamponata una, a causa dell’urto aveva compiuto un testacoda, impattando su un’auto civile. L’energia dell’impatto era stata tale da far esplodere il serbatoio di una delle due auto, che aveva preso fuoco.

Gli occupanti, per fortuna si erano salvati. Uomini in nero uno, poliziotti zero.

Non era ancora finita, una delle auto della polizia aveva lanciato, contro una di quelle berline, un dispositivo in grado di bloccare una delle ruote e fermare in modo brusco la sua corsa.

Qualcosa non andò come previsto.

Il dispositivo bloccò si la berlina, ma rimanendo attaccato all’auto della polizia, coinvolse anche la stessa.

Le due auto bloccarono parzialmente la strada.

Uno degli autisti delle berline nere, distratto dall’inseguimento, non se ne accorse e le colpì in pieno, facendole urtare contro le protezioni laterali e danneggiandole ulteriormente.

Procurò anche gravi danni alla sua auto, a tal punto da rendere impossibile la marcia.

La strada era ricoperta da liquido di raffreddamento bollente e scivoloso.

Uno degli inseguitori, cercando di sorprendere la polizia, decise di usare la rampa di una bisarca per prendere slancio e balzare davanti alla stessa, ma prese male le misure e la sua auto si ribaltò. Impossibilitato a spostarsi, venne preso in pieno da una delle auto della polizia.

Altre berline nere stavano procedendo contromano lungo l’autostrada, nella speranza di chiudere la loro preda in una morsa. Orlando stava facendo di tutto per schivarle. Anche a costo di cambiare repentinamente corsia.

La scorta di poliziotti era stata decimata dalle berline dei loro inseguitori.

Ma anche a questi ultimi le cose non andavano proprio benissimo. Le loro auto erano passate da un’abbondante dozzina a solamente due. L’autostrada sembrava un campo di battaglia.

Rottami in fiamme ovunque, auto ribaltate, altre su un fianco, altre accartocciate. E non solo delle due forze coinvolte, ma anche e soprattutto civili. I rottami avevano inoltre causato un gigantesco tamponamento a catena che aveva ulteriormente peggiorato le condizioni del traffico.

Dall’elicottero del notiziario che aveva iniziato a riprendere la scena non appena era stata informata la polizia, la situazione era chiara. Decine di feriti, auto in fiamme, traffico in tilt.

I quattro avevano preso l’uscita per Luminopoli, dopo che, con grande sollievo di tutti, Ash e Serena, seduti dietro, avevano notato che le auto nere avevano smesso di inseguirli.

Si erano fermati in una stazione di servizio, a due passi da uno dei tanti Centro Pokémon della città.

Lucinda, Ash e Serena erano usciti dall’auto.

Ancora sconvolti dall’inseguimento, ma felici, essendo sani e salvi.

Orlando, dopo aver lasciato l’auto nell’officina della stazione, aveva raggiunto i tre.

Aveva notato come fossero tutti al telefono, quasi sicuramente per rassicurare parenti e amici, spaventati dalle immagini di cui erano stati protagonisti.

Ash, per esempio stava chiamando la madre, comprensibilmente preoccupata per quanto accaduto.

Anche se, come suo solito, il ragazzo, dopo uno scampato pericolo del genere, tendeva a minimizzare.

- Ma no! Ti assicuro che è stato fantastico! Sembrava di essere in una puntata di Squadra Speciale Arbok 11!

Il ragazzo era un grande fan del poliziesco girato al Pokéwood, che raccontava le vicende di una coppia di poliziotti che difendeva le autostrade della immaginaria regione di Greminia, da ricattatori, assassini e pirati della strada. Anche se, alla fine in ogni singolo episodio era un ripetersi di inseguimenti in condizioni estreme, acrobazie, incidenti ed esplosioni spettacolari, anche se alle volte queste ultime erano talmente esagerate da risultare irrealistiche.

Lucinda, volendolo punzecchiare

- La guardi ancora? Non sai che è tutto finto?

- E allora? Anche se fosse? Non mi impedisce di godermela comunque!

- Si, posso confermare che molte cose non sono vere, molte cose richiedono un grande lavoro.

Ash era stupito, aveva forse trovato un altro fan della serie?

 Ed era ancora più stupito quanto aveva notato che a parlare era Orlando.

- Sai, ho fatto un cameo in un episodio, roba da poco, chiaramente, ma mi hanno comunque mostrato il set e i materiali.

- Puoi raccontarmi qualche segreto?

- Non voglio annoiarvi, per cui sarò breve. Il suo sguardo era chiaramente rivolto alle due ragazze.

- Semplicemente alcune esplosioni impossibili vengono fatte al computer, altre sono vere, ma per ottenerle usano della cariche nascoste in punti strategici

- Interessante!

- E concludo dicendo che le auto che usano nelle scene degli inseguimenti sono vere. Certo, si tratta di catorci, riparati alla buona per camminare, ma finché vanno…

- Possiamo parlare di qualcosa di più interessante?

Lucinda era visibilmente annoiata.

- Tanto per cominciare...

Stava puntando contro Orlando uno sguardo di piombo. Dai suoi occhi blu pareva uscissero dei raggi laser pronti a incenerirlo.

- Cosa ci nascondi? Perché mai dovresti avere dei contatti così stretti con la polizia?

-Io?

- Chi sennò?

- Niente

- Come niente?

- E va bene. Confesso. Faccio parte di un servizio emergenze. In poche parole siamo un gruppo di professionisti che, in casi di estrema necessità mettono a disposizione i loro mezzi e le loro abilità al volante. Per esempio quando dobbiamo consegnare organi agli ospedali in caso di trapianti, sacche di sangue per trasfusioni in caso di gravi incidenti, farmaci salvavita e via discorrendo. E, dato che da noi può dipendere la vita di persone e Pokémon, abbiamo la possibilità di chiedere aiuto alle autorità per ricevere degli speciali permessi per poter violare le norme della circolazione.

- E come mai ti hanno autorizzato se non facevi nulla di tutto questo?

- Per voi. Dopotutto siete dei civili, ed eravate inseguiti da quei brutti ceffi.

- Se proprio insiti!

Serena le mise una mano sulla spalla, facendola girare di scatto.

- Ci ha condotti fino a qui, sani e salvi. Se non fosse stato per lui saremmo state crivellate di colpi. E te lo tratti così?

Dagli la possibilità di dimostrare che sta dalla nostra. Penso che ci tenga davvero a quella ragazza...

- Se lo dici tu. Ma io farei lo stesso attenzione.

Era quasi tramontato il sole, l’auto del ragazzo era sotto i controlli di un meccanico locale e non sarebbe stata pronta fino al pomeriggio del giorno dopo.

La sola opzione percorribile era passare la notte a Luminopoli.

Si dice che la notte porti consiglio. O qualcosa di simile. La notte di Graziano aveva portato qualcosa di diverso.

Da quando aveva ricevuto, da un anonimo mittente quella Pokéball, non aveva pensato ad altro. Da una parte era ben consapevole che si trattava di un caso chiuso e che non ci doveva più pensare.

Era ampiamente rientrato dalle perdite economiche di quel progetto e si era ripromesso che non ci avrebbe più messo le mani. Tuttavia, proprio mentre si trovava in quello strano stato tra la veglia e il sonno, ricevette un’inaspettata telefonata.

Era il telefono rosso. Quando squillava era qualcosa di molto importante.

Accese il sistema di camuffamento vocale, certo come la morte che anche la persona dall’altro capo del telefono avrebbe fatto altrettanto. E non si sbagliava. 

Nonostante il camuffamento, era chiaro che dall'altro capo del telefono ci fosse una donna.

-Se sei stato te a mandare quei tre e a convincerlo che si trovavano dalla parte giusta, ti devo fare i complimenti.

Sei un passo avanti a noi, ma non temere. Ti raggiungeremo e ti faremo pagare per tutto quello che hai fatto.

- Ma di cosa sta parlando?

- Non fare il finto tonto, parliamo di Sebastian Arnes e di tutti quelli coinvolti con lui, tra cui te e quel Gualtiero.

Hai due possibilità, o ti tiri fuori o saremo noi a farlo.

- Ti sbagli. Ormai con quello ho chiuso. Un salasso senza alcun senso.

- Sappiamo bene che è roba tua. Ma stanne alla larga.

La donna chiuse la telefonata.

- Ma guarda che coincidenza!

Commentò.

- Mi arriva una di quelle Pokéball e mi accusano di essere coinvolto con quei tre mocciosi!

Pff, ma lo sa che io non ho bisogno di aiuti dall’esterno? Ora che mi ha spifferato tutto, manderò il mio uomo migliore a aprirmi le porte e, quando sarà tutto pronto, lei non potrà fare altro che arrendersi al mio potere.

Compose rapidamente il numero, sempre sul telefono rosso.

A rispondergli un uomo, con la voce impastata dal sonno, nonostante il filtro di camuffamento.

- Se mi ha chiamato deve essere qualcosa di grosso.

- A quanto vedo il tuo istinto non sbaglia mai.

- Cosa vuole?

- Quel progetto di tanti anni fa, che coinvolgeva Arnes, a Ferropoli. Hanno riattivato parte dei sistemi. Rintracciali e dammi quello che mi spetta.

Non dovette aggiungere nulla, sapeva che era il suo uomo migliore e sapeva che sarebbe stato subito pronto ad attenderli a Ferropoli, prima del loro arrivo.

 




   
 
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