Se
Midge avesse saputo
cosa l’aspettava, la sera precedente non avrebbe chiesto al
barman di fermarsi
solo alla sua terza consumazione. Sentiva la mano di Alfie ben stretta
nella
sua, ma proprio non capiva che cosa stesse succedendo.
Dall’aeroporto
era finita
di nuovo in un appartamento. Il rumore di un giradischi in azione fu la
prima
cosa che avvertì come familiare. Poi, il chiacchiericcio nel
soggiorno e i
passi forsennati di alcuni bambini la invitarono ad assistere ad una
scena che
non ricordava di aver vissuto.
«Non
la riconosci?»
Chiese Alfie con un sorriso stampato sulla faccia.
Midge
scosse la testa,
incapace di proferire parola.
«Stanno
tutti ascoltando
la tua voce registrata su quel disco.» Accennò al
grammofono e lì vicino,
chinato sullo strumento, stava un giovane uomo intento a non lasciarsi
sfuggire
neanche una battuta. Insieme a lui, c’erano altre persone,
comprese le piccole
pesti che le erano sfrecciate davanti pochi istanti prima.
«Ma…»
«Esatto.
Quello lì è
Eathan. Saprai individuare anche tua figlia, spero.»
Dalla
cucina riconobbe le
voci allegre dei suoi genitori e l’inconfondibile stappo di
bottiglia per
festeggiare l’occasione. Si sporse solo per capire chi avesse
causato tutte
quelle risate. Se non avesse compreso di trovarsi dentro una visione di
Alfie
sarebbe stata certa di essere impazzita: la versione quasi cinquantenne
di se
stessa reggeva in mano il calice di champagne, versatole da una matura
versione
di Joel. Lui aveva una fede al dito, mentre Midge non indossava nessun
anello.
Ci fece volutamente caso, tirando un sospiro di sollievo.
«Questo
è il futuro?»
«E’
una possibilità che
non escludo.»
«Quindi
andrà tutto bene.
Solo che… non so perché avverto dietro a quel
sorriso qualcosa di stranamente
angosciante. E dov’è Susie?»
Dal
bidone della
spazzatura, Alfie afferrò il cartone vuoto del latte
accorgendosi che si
trovavano in un anno molto particolare. La performance di Midge,
pubblicata in
vinile, risaliva a qualche mese prima, quando l’auditorium
della Carnegie Hall l’aveva
ospitata per celebrarne la carriera, ancora ineguagliata nel mondo
dello
spettacolo.
Il
destino aveva voluto che uno dei più grandi sogni di Midge
si realizzasse vent’anni
anni dopo il clamoroso successo ottenuto da Lenny Bruce proprio su quel
palco. Lenny
non c’era più, ma la Midge degli anni Sessanta
ancora non lo sapeva.
«Non
temete signori! È
altamente improbabile che un giorno ritroviate qui, al mio posto, le
vostre
mogli. Improbabile, ma non impossibile. Dormite pure sonni tranquilli,
almeno
fino al giorno in cui, prede di un’indomabile crisi di nervi,
non avvertiranno
quella primordiale necessità di essere veramente se stesse e
far ascoltare a
tutti la propria, autentica, voce. E a voi signore, dico soltanto che
non c’è
bisogno di aspettare l’esaurimento nervoso per sentire la
famigerata “chiamata”.
Abbiamo, in ogni momento della vita, il potere di spogliarci dei
nostri…»
Midge
si interruppe per
lasciare che il pubblico esternasse la propria eccitazione di fronte
all’eventualità che ripetesse lo spogliarello
della sua prima performance al
Gaslight, quando si procurò l’arresto per
oscenità e oltraggio al pudore.
«Pregiudizi!
Cosa avevate
capito? Sì, i pregiudizi che abbiamo ancora su noi stesse,
nonostante le lotte
per il riconoscimento dei nostri diritti e l’evoluzione dei
tempi che ci ha
portato degli importanti cambiamenti. E cosa importa se il suono che
emettono le
nostre corde vocali sia roco, stridulo, caldo, stentato o fluido come
la crema
idratante che usiamo per le mani? A proposito, da B. Altman ne danno
due al
prezzo di una per tutta la settimana. Io ne approfitterei…
Comunque, quello che
volevo dire è che l’importante è farlo
uscire e non giudicarlo. Ci sarà sempre
qualcuno che lo farà anche per conto nostro, ma ci
sarà anche qualcuno che
invece presterà attenzione al flusso di coscienza che
sgorgherà dalla nostra bocca
e sarà in grado di farlo con tutto il suo cuore. Quello, mie
care signore, sarà
l’istante in cui capirete di non esservi sentite mai
così ascoltate nella
vostra vita.»
La
voce le si stava
chiaramente spezzando per l’emozione e dovette fermarsi per
trattenere il
groppo in gola.
La
Midge del presente
notò un cambiamento sui volti del pubblico
nell’appartamento. Evidentemente
ricordavano tutti quel momento, ma ascoltarlo un’altra volta
doveva essere
ancora più difficile, soprattutto per una delle persona
presenti nella stanza. Infatti,
la giovane donna che occupava il posto affianco a Ethan
mandò giù lo champagne
tutto d’un sorso e scappò in cucina, dove era
rimasta soltanto la Midge del
futuro.
Quando
la vide così
sconvolta non le ci volle troppo per capire il motivo del suo
turbamento.
«Ehi,
perché sei qui
tutta sola? È la tua festa, Midge!»
«Potrei
farti la stessa
domanda. Anche se sono certa di conoscere la risposta.»
La
donna si asciugò
presto una lacrima sfuggita al suo controllo, «Uffa!
Perché è ancora così
difficile? Vorrei avere un briciolo del tuo savoir-faire.»
«Non
credere neanche a
una parola di quello che dicono in giro di me, Kit.» Le
posò una mano sulla
spalla. «C’è gente molto più
coraggiosa della sottoscritta. Vedi come è stato
facile lasciarmi spaventare da uno stupido vinile!» Voleva farla sorridere, ma
ciò che riuscì a
ottenere fu il suono strozzato di una mezza risata.
«So
che hai lasciato una
parte di te alla Carnegie Hall. Deve farti male esattamente quanto fa
male a me,
scusa la mia insensibilità.»
Midge
annuì, «E’ che non riuscirò
mai a godermelo veramente. Sai, avrei voluto festeggiarlo con le due
persone
più importanti della mia vita, ma nessuna delle due
è potuta venire.»
«Lui
sapeva che ce
l’avresti fatta. E Susie ha solo cercato di proteggerti, come
lui le ha chiesto
di fare.»
«Mi
hanno letteralmente
spezzato il cuore, Kitty. Entrambi.»
«Lei
ha rispettato la sua
volontà, pur sapendo che ti avrebbe persa per sempre una
volta che lo avresti
scoperto. Hanno rinunciato alla loro luce per illuminarti la strada.
Papà aveva
una fede immensa nella tua capacità di salvarti dagli stessi
errori che lui ha
commesso.»
Midge
si ritrovò smarrita
di fronte a quella rivelazione. Stava ricollegando tutti i pezzi nella
sua
mente, ma non capiva perché Alfie avesse deciso di
somministrarle del dolore in
anticipo rispetto al naturale corso degli eventi. Questa
volta toccò a lei trascinarlo via e
costringerlo a seguirla.
«E’
uno scherzo di
pessimo gusto.»
«Ti
sto solo mostrando la
vita che hai sempre desiderato: una carriera da star della commedia, il
tuo
bellissimo appartamento, la famiglia che volevi al tuo
fianco.»
Midge
irruppe in una
risata sarcastica, «Cosa ti fa credere che una vita senza
Lenny e Susie sia ciò
che ho sempre desiderato? Puoi vederlo con i tuoi occhi quanto possa
rendermi
felice!»
«Lo
vedo, infatti. E tu,
riesci a vederlo ora?»
La
registrazione della
sua performance continuava a scorrere in sottofondo, quando Midge
sentì un
passaggio che la convinse a prestare maggiore attenzione a quello che
avrebbe
detto tra vent’anni.
«Adesso
vi farò una
confessione molto personale. Vi ricordate quando vi ho parlato di un
certo
qualcuno che vi farà ricredere sul genere umano? Beh, il mio
qualcuno aveva un
nome e un cognome che tutti voi conoscete. Un abito nero. Una camicia
bianca e
una cravatta perfettamente abbinata.
Per
lo Stato era un criminale, anche se per lavoro diceva solo delle
battute, ed è
morto a quaranta anni.
No,
non ho nessuna voglia di sembrare un panda di fronte a una platea
così numerosa.
Quindi, vi consiglierei di non lasciare che mi si sciolga il mascara.
Donne e
uomini avvisati mezzi salvati!
Volevo
sfondare nel mondo dello spettacolo e sì, credo di esserci
riuscita. Volevo
avere due figli, un maschio e una femmina, e anche quelli mi sono
riusciti
piuttosto bene. Volevo, volevo e volevo. Ma cosa volevano le persone
che amavo?
Cosa volevano veramente, forse senza nemmeno saperlo? Non
potrò mai sapere cosa
voleva Lenny Bruce, perché lui se n’è
andato troppo presto, cazzo!
Sapete,
un giorno avremmo dovuto incontrarci per chiarire la situazione fra di
noi,
dopo una brutta litigata dovuta a … beh, sapete tutti il
motivo della sua
morte. Quel giorno lui non è venuto e io non l’ho
più rivisto. Mi sono fidata
delle parole della mia ex manager, che tutta sicura di sé mi
ha detto: “Miriam,
Lenny mi ha confessato che per lui è tutto finito. Che non
ne può più dei tuoi
insopportabili tentativi di migliorarlo e che vuole essere lasciato in
pace a
vivere tutto solo nella sua villa vuota. Mi dispiace.” E tante grazie! Come potevo
insistere di
fronte a tanta tracotanza?
Credevo
che il mio silenzio e il mio evitare di corrergli dietro sarebbero
stati sufficienti
a dimostrargli quanto lo rispettassi. Anzi, no, quanto lo amassi.
Profondamente.
Susie
mi ha mentito perché aveva paura che i problemi di Lenny mi
troncassero la
carriera. L’hanno fatto perché mi amavano, direte
voi. No, lo hanno fatto
perché hanno presunto che per rendermi felice bastasse una
strada liscia e
senza ostacoli, perché mi hanno considerata poco
più di una bambina capricciosa,
disposta a tutto pur di arrivare alla fine della corsa stringendo il
primo
premio tra le mani. Io volevo correre sì, ma insieme a loro,
L’amicizia
è più importante della carriera. Già.
Eppure,
sono finita proprio dove loro volevano che fossi a costo della nostra
amicizia,
e voi poverini avete dovuto pagare il biglietto per sentirvi vomitare
addosso
le mie lamentele! Sono spiacente, ma questa è la vera
commedia della vita. E
questa è la mia carriera: prendere o lasciare. Fatelo per
Susie e per Lenny, affinché
il loro sacrificio sia valso almeno i trenta dollari dello
spettacolo!»
Midge
indietreggiò, scuotendo la testa in segno di diniego verso
quello che aveva
ascoltato. Si ritrovò, quindi, con le spalle contro la
parete, scossa dai
singhiozzi.
«Non
è quello che voglio. Dimmi che posso fare qualcosa per
cambiarlo.»
Alfie
le offrì il più rassicurante
degli abbracci. Poi, le bisbigliò nell’orecchio
una domanda molto semplice, «Tu
credi nella magia?»