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Autore: Signorina Granger    16/01/2023    5 recensioni
INTERATTIVA || Conclusa
Quando il ricco albergatore Gideon St John annuncia senza preavviso di voler andare in pensione lascia ai suoi due figli la direzione del suo Hotel di lusso per un'estate intera, al termine della quale deciderà chi dei due ne prenderà le redini in base ai risultati ottenuti. Diversi sotto ogni punto di vista, a parte un padre Sabrina e Silas St John nella vita non hanno mai condiviso nulla; lavorare insieme e occuparsi scrupolosamente dei loro ricchi ospiti sarà una bella sfida.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Capitolo 15
 

 
 
 
Giovedì 5 agosto
 
 
 
Quella mattina faceva talmente caldo che Anjali non era nemmeno riuscita a racimolare le forze necessarie per vestirsi e lasciare la sua Suite per dirigersi al pian terreno: si era svegliata alle 7 come sempre – quando non dormiva con Alphard, che settimane addietro aveva appreso con estrema contrarietà delle abitudini mattiniere della donna quando Anjali aveva iniziato a sgusciare fuori dal letto “troppo presto” – e si era chiusa nel suo enorme, immenso bagno quasi interamente rivestito di marmo bianco con venature tendenti all’azzurro per concedersi una lunga doccia e un adeguato rituale di skin care routine.
Anjali era uscita dal bagno avvolta dal suo morbidissimo accappatoio bianco con tanto di “A” rosa ricamata su un lato che portava con sé ad ogni viaggio e di ottimo umore: doccia e skincare avevano sempre il potere di rilassarla e di farle iniziare la giornata nel migliore dei modi. Aveva deciso di uscire brevemente sul suo terrazzo per godersi il panorama, ma varcata la soglia della portafinestra bianca la strega era stata colpita da un caldo torrido e alquanto insopportabile, tanto che se fosse rimasta all’aperto anche solo un minuto di più si sarebbe ritrovata con la crema idratante sciolta sul viso e sudata come un ciclista. Sbuffando la strega era subito rientrata all’interno della Suite maledicendo il clima Mediterraneo, improvvisamente affatto invogliata a vestirsi e a lasciare il suo alloggio rinfrescato dall’aria condizionata, tanto che decise di fare colazione in camera: era in vacanza, dopotutto, e non c’era nessuno a dirle cosa poteva o non poteva fare. Dopo aver ordinato la colazione Anjali si dedicò alla contemplazione del proprio armadio a tre ante, dove quando era arrivata all’Hotel aveva disposto tutto il suo guardaroba estivo e il set di valige Vuitton per decidere che cosa avrebbe indossato quel giorno: disgraziatamente non poteva restarsene in accappatoio tutto il giorno e prima o poi avrebbe dovuto mettere il naso fuori dalla Suite.
Dopo aver tirato fuori dall’armadio e aver adagiato con cura ai piedi del letto un completo di leggerissimo lino bianco Anjali si era seduta sul materasso per prendere il telefono e scrivere ad Alphard, che con suo gran disappunto non era online: strano, che stesse ancora dormendo? Non era da lui, che era sempre così attivo. Fortunatamente un attimo dopo le arrivò un messaggio da parte di Sabrina, che la distrasse da quelle domande e sembrò quasi leggerle nel pensiero:

 
Sabs👠: L’anno prossimo mi trasferisco in Siberia
Tu: Ottimo, ci prenoteremo un Airbnb e faremo colazione con le renne, ho giusto in mente un completo da neve di Dior che muoio dalla voglia di comprare.
Sabs👠: Il tuo fidanzato è appena uscito, comunque, è passato davanti alla reception.
Tu: Non è proprio il mio fidanzato. Dove stava andando?
Sabs👠: Come faccio a saperlo? Aspetta, sta arrivando quell’orribile coppia tedesca.

 
Anjali ridacchiò al pensiero dell’amica costretta a servire gli spesso incontentabili ospiti dell’Hotel – 30 di vita privilegiata vissuti in ambienti di lusso le avevano insegnato che spesso e volentieri più la gente era ricca, meno poteva rivelarsi garbata e flessibile –, ma prima di potersi arrovellare su dove si trovasse Alphard sentì il campanello della sua Suite suonare e, affamata com’era, corse alla porta per aprire e farsi consegnare il vassoio della colazione.
Nonostante il caldo la giornata sembrava procedere ottimamente, le era persino stato recapitato il numero settimanale del Hebdomadaire des Sorciers(1) insieme alla colazione. Non c’era niente di meglio, per Anjali, che sorseggiare caffè leggendo fiumi di gossip, e dopo essersi sistemata sul letto e aver zuccherato il suo latte macchiato subito aprì la rivista. Avrebbe preferito spostarsi sul tavolino bianco del suo terrazzo, tanto per atteggiarsi a diva di Hollywood in un film ambientato nel Sud dell’Italia del secolo passato, ma faceva davvero troppo caldo: come facevano le donne di quei film ad avere quell’aria così elegante anche con più di 30°?
La svizzera si dovette dunque accontentare del suo immenso letto sfogliando la rivista tra un boccone di pain au chocolat e l’altro, finchè un pezzo di brioche quasi non le andò di traverso: a pagina 7 la foto di una sottospecie di donna-fenicottero alta e bionda, con gambe lunghe quanto la distanza tra Cannes e Monte Carlo. E sotto, una foto di Alphy. Perché Alphy stava nella stessa pagina della Fenicottera?!
Dimenticata la colazione, Anjali afferrò la rivista con entrambe le curatissime mani e se la avvicinò al viso per leggere l’inserzione, gli occhi celesti spalancati e le sopracciglia a pochi centimetri dall’attaccatura dei liscissimi capelli scuri. L’orrore si intensificò sempre di più sul bel volto della donna con lo scorrere delle righe, finchè la strega non venne colpita da un tremendo attacco di nausea. Ed ecco che la sua perfetta mattinata andava miseramente in frantumi.
Passato il breve shock iniziale Anjali scattò in piedi, si vestì in tutta fretta e dopo aver vuotato il caffè corse fuori dalla Suite con solo la chiave in mano: doveva subito parlarne con Sabrina.
 
 
Sabrina si era appena liberata dei tedeschi, e stava giusto sparlando animatamente di loro con Michel quando da uno dei due ascensori spuntò Anjali, che subito corse verso la reception sventolando una rivista con fare urgente, i capelli scuri meno impeccabili del solito e un completo di lino bianco addosso.
“Sabs! Sabs! C’est terrible!”
“I tedeschi? Oui. Ti rendi conto che sono venuti a lagnarsi perché la cucina non serve crauti? Che se li mangino nella loro Monaco, i crauti! … Perché indossi gli occhiali da sole?”
Resasi conto che l’amica aveva lo sguardo celato da un paio di lenti scure firmate Dior Sabrina smise di lamentarsi dei tedeschi e inarcò un sopracciglio, guardando l’amica con scetticismo mentre Anjali, invece, gemeva e scuoteva la testa senza smettere di sventolarle la rivista aperta davanti:
“Non mi sono truccata, che domande fai! Stamattina mi è arrivato il numero del Hebdomadaire des Sorciers, e per poco non mi andava di traverso la colazione!”
“Io non l’ho ancora letto, per colpa dei tedeschi, che succede?”
Il numero era arrivato anche a Sabrina, che lo aveva nascosto in un cassetto del bancone morendo dalla voglia di leggerlo tra una pausa tra un cliente e l’altro, e subito Anjali si conquistò la sua più completa attenzione: l’estate si avviava verso la conclusione, quale coppia famosa si era già lasciata? I suoi pronostici si erano forse rivelati più azzeccati rispetto a quelli dell’amica? Ma disgraziatamente le notizie di Anjali non avevano nulla a che fare con qualche celebrity, e Sabrina poté appurarlo un attimo dopo:
“C’è una ex di Alphy in città!”
Anjali gemette disperata mentre le allungava il numero per invitarla a prenderlo e a leggere l’inserzione, portando Sabrina ad aggrottare la fronte prima di studiare con occhio critico prima la foto di Alphard e poi la foto della bionda misteriosa, sicura di non averla mai vista in vita sua.
“Beh, non alloggia qui. Non l’ho mai vista. Michel?”
Tanto per esserne sicura Sabrina allungò la rivista verso l’amico, che fu ben felice di essere incluso nella conversazione dopo aver origliato: Michel diede subito un’occhiata alla foto della donna, tradendo un modo di entusiasmo e di ammirazione che gli valse un’occhiata truce da parte di Sabrina.
“Wow! Cioè, volevo dire… Che orrore. Quelle scarpe non si abbinano al vestito. No, mai vista.”
Michel scosse la testa sforzandosi di mostrarsi il più disgustato possibile dalla foto della bionda mentre Anjali, annuendo, si portava le mani sul viso gemendo disperata:
Oui! Come ha potuto Alphard uscire con una che non sa abbinare le scarpe?”
E soprattutto, dove si era cacciato Alphard quella mattina, mentre lei leggeva l’inserzione su di lui e sulla Fenicottera, alias modella francese di cui non voleva nemmeno ricordare il nome?
Per Anjali quello era evidentemente un brutto colpo, e dopo aver abbandonato la rivista sul bancone Sabrina provvide subito ad avvicinarlesi e a metterle una mano sulla spalla per consolarla, parlando con tutta la gentilezza di cui era capace:
“Anji, certo, tu sei infinitamente più bella ed elegante di lei. Non devi dar peso a quello che scrivono qui, sono tutte illazioni per destare curiosità, solo perché sono in vacanza nello stesso posto non vuol dire che si debbano rifrequentare per forza. E poi te lo ha detto anche lui mille volte, che non ha mai avuto relazioni rilevanti, sarà stata una cosa superficiale e basta. Ora torna di sopra e aspetta di parlarci, e non leggere più la rivista.”
“Ok… Vado.”
Anche se visibilmente giù di tono Anjali annuì, girò sui tacchi e si trascinò mesta verso gli ascensori sotto lo sguardo dubbioso di Michel e critico di Sabrina, che osservò l’amica finchè non la vide sparire dietro alle porte dorate dell’ascensore. Solo allora Michel si permise di rivolgerlesi, gettandole un’occhiata incerta prima di parlare:
“Non pensi che…”
“Certo che no. Quale uomo sano di mente vorrebbe vedere un’altra se può stare con Anjali Kumar?”
Rifiutandosi categoricamente di anche solo considerare quella possibilità Sabrina interruppe l’amico scoccandogli un’occhiata torva, negandogli persino la possibilità di finire di parlare, ma Michel inarcò un sopracciglio, dubbioso, facendole presente un piccolo dettaglio:
“Il suo ex non l’ha tradita?”
In fin dei conti era vero, si ritrovò a considerare accigliata Sabrina, chiedendosi ancora una volta come si potesse essere tanto idioti quanto l’ex della sua migliore amica. Infine la strega si limitò a scrollare le spalle, raddrizzando la schiena mentre scorgeva un’ospite avvicinarsi tenendo per mano un bambino di cinque o sei anni.
“Beh, nessun problema. Se anche fosse, ammazzo il sovietico.”


 
*
 
Starbucks
 
 
Ormai era passato più di un mese da quando Meadow aveva conosciuto Asher Reynolds, la sera in cui insieme a Silas avevano visitato il celeberrimo Casinò di Monte Carlo. Un mese che non aveva mai smesso di regalarle sorprese crescenti in merito al suo nuovo amico statunitense – in primis la scoperta della sua relazione con l’uomo sposato per cui lavorava –, ma anche dopo diverse settimane una domanda, per Meadow, era rimasta ancora senza risposta: come faceva Asher ad ingurgitare tutte quelle calorie senza apparentemente ingrassare di nemmeno un etto?
Mentre sorseggiava con calma il suo Chai Latte i grandi occhi a mandorla della strega continuavano ad indugiare sul ragazzo che sedeva tra lei e Silas attorno al tavolino circolare che avevano occupato all’interno di una delle sedi di Starbucks del Principato di Monaco, guardandolo ingurgitare un’enorme treccia di sfoglia coperta da noci pecan e sciroppo d’acero tra un sorso di Caramel Macchiato e l’altro.
“Persino in Europa sei riuscito a trovare la brioche più americana possibile.”
E probabilmente la più calorica, ma Meadow evitò quel particolare commento mentre sistemava la sua tazza ormai piena solo fino a metà sul suo piattino, seduta scompostamente sulla sedia con le gambe pallide e nude accavallate l’una sull’altra e un paio di occhiali da sole indossati tra i capelli neri a mo’ di cerchietto. Asher, mentre Silas armeggiava distrattamente col proprio telefono, posò sull’amica i grandi occhi cerulei e abbozzò un sorriso un po’ colpevole e un po’ imbarazzato, annuendo mentre si toglieva le briciole dallo scollo della camicia a maniche corte che indossava:
“La magia di Starbucks. Un po’ mi manca la East Coast, lo ammetto.”
“E per fortuna siamo da Starbucks, in territorio neutrale, se qualcuno di qui ti vedesse mangiare qualcosa he non è un croissant o pain au chocolat” – Silas parlò senza alzare gli occhi dallo schermo del suo telefono e ponendo una particolare enfasi su queste ultime parole, cercando di scimmiottare nel miglior modo possibile l’accento di sua sorella – “saresti già condannato alla gogna in pubblica piazza.”
“I francesi sono troppo permalosi, così dice mio zio almeno.”
“Qui tecnicamente non sono neanche francesi, è anche peggio.”
Silas scosse la testa con lieve disapprovazione mentre prendeva la sua tazza per vuotare con un solo sorso ciò che era rimasto del suo Espresso, gli occhiali da sole infilati tra i ricci capelli scuri a sua volta e la caviglia sinistra appoggiata sul ginocchio destro mentre continuava a scorrere annoiato l’indice sulle Storie della sua Home di Instagram cercando qualcosa di non terribilmente barboso da guardare: possibile che in estate la gente sapesse solo postare la solita foto in spiaggia?
“Non lo so, negli States si sente sempre quanto voi inglesi siate noiosi, e così impostati… ma voi non lo sembrate affatto.”   Mentre Silas iniziava a dondolarsi all’indietro sulla sedia Asher si ritrovò ad aggrottare la fronte mentre osservava i suoi amici, entrambi assai poco noiosi e assai poco impostati, certo a non dare mai più adito ad uno stereotipo su una determinata nazionalità per tutti il resto della sua vita.
“Eccerto, siamo l’eccezione che conferma la regola. Anche se tecnicamente io sono australiana.”
“Io invece sono un british doc, e sono un magnifico esemplare. Porco Godric!”
Silas dovette aver finalmente scovato qualcosa di interessate su Instagram, perché smise di dondolarsi svogliatamente sulla sedia e sbarrò i grandi occhi ambrati, parlando senza riuscire a staccare dallo schermo occhi e indice per impedire alla storia di una sua ex compagna di scuola di sfuggire alla sua vista:
“Che c’è?”
“Meadow, ti ricordi Robert Flint? Quello belloccio, moro, giocava a Quidditch…”
Non è che parli di te stesso?”  Meadow sollevò la tazza di Chai Latte per vuotarla gettando un’occhiata in tralice all’amico facendo dondolare in tutta calma il piede fasciato dal sandalo Birkenstok Arizona color cuoio, non avendo alcuna idea di chi Silas stesse parlando mentre il ragazzo, invece, sbuffava infastidito dalla sua scarsa memoria:
“No, cretina, quello era Corvonero! Ora sta con Josephine Prescott, a meno che in questa foto non stiano giocando a trasformarsi in ventose!”
Silas parlò sfoderando un sorrisetto beffardo, estremamente orgoglioso del suo umorismo, ma di nuovo Meadow non gli diede alcuna soddisfazione, guardandolo con la fronte aggrottata e un sopracciglio inarcato mentre Asher, seduto tra loro, spostava in silenzio lo sguardo da un amico all’altra cercando sconsolato di capirci qualcosa.
“Chi?!”
“Per le mutande di Merlino, ma sei Dory sotto mentite spoglie?! La migliore amica di Natasha Baxter, Grifondoro tutte e due come noi… Stavano sempre appiccicate, ti ricordi?”
Per un singolo, brevissimo istante il volto di Meadow parve illuminarsi dopo diversi attimi di evidente confusione, ma il sorriso vittorioso dato dalla consapevolezza acquisita in merito a chi l’amico si stesse riferendo ebbe vita breve: quando la strega individuò le due ragazze in questione abbassò gli angoli delle labbra in una smorfia, chiedendosi come avesse potuto scordare quelle due oche per anni erano passate davanti alla porta della sua camera parlando a vanvera a voce troppo alta e sparlando persino degli Elfi Domestici che pulivano la loro camera:
“Oh, sì. Non le ho mai sopportate, quelle ragazze che se ne vanno in giro a braccetto a ridacchiare manco fossero incollate per le braccia… E quelle due erano davvero delle oche. Ma lei non stava con lui, durante gli ultimi due anni?”
“Sì! E ora lui sta con la migliore amica della sua ex!”
Silas sorrise sfoggiando una specie di sguardo sognante che destò un sorriso divertito anche sul volto di Asher, che solo un mese e mezzo prima guardando quel ragazzo mai avrebbe immaginato l’animo pettegolo che si celava dietro al bel viso, i bei vestiti e i modi galanti di Silas St John, che sembrava nutrirsi più di gossip che di ossigeno. Anche Meadow sorrise, provando un malsano piacere nell’immaginare quelle due oche snob divise da un belloccio da due soldi, gli occhi scuri improvvisamente resi luccicanti da una punta di malizia:
“Che scandalo! Dovreste proprio organizzare una rimpatriata del vostro anno, ci sarebbe da ridere!”
Silas ignorò l’ironia dell’amica e non tardò a reputarla una splendida idea, chiedendosi se non fosse il caso di essere lui stesso a proporlo per assistere al drama mentre Asher, finita la sua dolcissima e caloricissima colazione, quasi rabbrividiva solo sfiorando mentalmente l’idea: ritrovarsi ad un tavolo e sentire quanto fossero diventate meravigliose le vite dei suoi ex compagni di scuola? Non ci teneva affatto.
“Io spero che i miei compagni non ci pensino proprio, non ci tengo a dirgli che faccio il Dog Sitter.”
“Però ti fai anche il tuo capo, che sarà una merda ma è comunque un gran figo. Magari ne sarebbero colpiti.”
Silas parlò sfoderando un sorrisino malizioso simile in tutto e per tutto a quello che poco prima aveva fatto capolino sul viso di Meadow, che tuttavia questa volta non lo imitò e gli intimò invece di tacere con un’occhiata severa che portò l’ex Grifondoro a sollevare entrambe le mani a mo’ di scuse, sorridendo colpevole ad Asher:
“Scusate, devo dire ora tutte le stronzate del giorno, stasera ceno con Sabrina e Joël e la mia dolcissima sorellona mi taglierà la lingua, se dovessi uscirmene con qualcosa di controproducente in presenza del suo fidanzatino.”
“Non preoccuparti.”  Asher sorrise all’amico, per nulla imbarazzato dalla limpidissima sincerità che subito aveva contribuito a rendergli simpatico Silas tanto quanto Meadow, che al sentir nominare la sorella maggiore di Silas e il musicista parve subito dimenticare le sue intenzioni di rimproverarlo per l’indelicatezza dimostrata un attimo prima: la ragazza distese le labbra in un sorriso mentre fissava sognante il vuoto davanti a sé, ricordando quando giorni prima aveva visto Joël Moyal sporgersi oltre il bancone della reception per rubare un bacio a Sabrina e il modo in cui lei aveva cercato di rimproverarlo senza però riuscire a celare un sorriso divertito. Non era mai stata una tipa romantica, né tantomeno incline alle smancerie, ma non avrebbe mai smesso di guardare incantata quella coppia meravigliosa.
“Io li adoro, sono così belli, così perfetti… Perché a noi non è capitata una persona così?!”
Meadow sospirò e scosse la testa amareggiata, maledicendo le componenti della sua nuova ship preferita per la loro fortuna sfacciata mentre Asher si ritrovava a concordare sconsolato con lei in silenzio e Silas, invece, le sorrideva con afre ammiccante dopo aver inforcato gli occhiali da sole e aver sfilato il portafoglio firmato Emporio Armani dalla tasca dei bermuda:
“Di che ti lamenti, tu hai me.”
Appunto per questo mi lamento. Asher, non posso credere che tornerai in America a mangiare dolci e panini sfornati da tua nonna lasciandomi con questo qui!”
Questo qui ti offre la colazione e ti fa scorrazzare sulla sua Porsche, donna ingrata che non sei altro!”

Asher conosceva Silas e Meadow da ormai quasi un mese e mezzo, ma talvolta continuava a ritrovarsi a fare considerazioni su come quei due finissero spesso col sembrare esattamente una vecchia, bisbetica coppia sposata. Ma invece di farglielo notare si limitò come sempre a sorridere, alzandosi per seguirli verso l’uscita senza smettere di sentirli battibeccare: era troppo divertente starli a sentire per informarli e indurli così a smetterla.
 
 
*


Quella mattina Monte Carlo sembrava essere stata inglobata da una cappa invisibile di caldo infernale, e mentre aspettava il suo migliore amico standosene in piedi sul marciapiede immediatamente davanti al Le Mirage Briar-Rose Greengrass stava pressochè sfiorando la liquefazione, pur restando all’ombra dell’edificio. Mentre stringeva la sua borsetta bianca Michael Kors in una mano e con l’altra accarezzava la sofficissima e altrettanto candida testa di Circe, che respirava affannosamente mostrando la lingua, Briar si stava chiedendo come potesse fare già così caldo di prima mattina, e soprattutto per quale motivo era stata tanto cretina da decidere di aspettare Alphard all’esterno, e non godendo dell’aria condizionata gentilmente offerta dall'Hotel in cambio dei prezzi stellari che venivano richiesti di pagare agli ospiti:
“Scusa Circe, la tua mamma ogni tanto ha proprio delle grandissime idee di merda…”
Mentre si pentiva amaramente di aver scelto quella borsa tanto deliziosa quanto non adatta a contenere un ventilatore portatile – quella non sembrava proprio destinata a diventare la sua giornata migliore della stagione – Briar sbuffò con amarezza mentre gettava un’occhiata preoccupata a Circe attraverso le lenti scure dei suoi occhiali firmati dalla montatura bianca. Fortunatamemte la sua cagnolona sembrava amarla fin troppo anche per avercela con lei anche solo per un istante, e al sentire il suono della sua voce Circe si limitò a sollevare la testa e a guardarla adorante, spingendo ulteriormente il capo contro la mano di Briar per invitarla a non smettere di accarezzarla.
Fu un immenso sollievo, per Briar, scorgere finalmente Alphard uscire dall’Hotel e dirigersi verso di lei con un sorriso dopo aver salutato educatamente il portiere, scendendo in tutta calma i quattro gradini che li separavano con le grandi mani infilate nelle tasche. Alphard sembrava rilassato e impeccabile in camicia bianca, pantaloni leggeri color sabbia e scarpe da barca Ralph Lauren ai piedi, tanto che Briar si ritrovò a detestarlo silenziosamente mentre lo scrutava torvo raggiugerla: lei non aveva nemmeno avuto il coraggio di mettersi il fondotinta, e lui arriva rilassato e sorridente, fresco come una rosa.
“Si può sapere perché non sei sudato?! Ti odio.”
“Sarà il potere benefico dell’amore. Ma perché mi hai aspettato fuori, scusa?”
Alphard guardò l’amica inarcando un sopracciglio, perplesso, e Briar strinse i denti trattenendo l’impulso di affatturarlo: aveva anche il coraggio di rinfacciarle le sue pessime scelte quando c’erano 30° all’ombra? Invece di rispondere Briar sbuffò, afferrandolo per un braccio e spingendolo lungo il marciapiede, diretti verso una pasticceria per fare colazione:
“Taci. Non ricordarmi le mie scelte di vita di merda. Andiamo a bere un caffè e poi a comprare ciò che dobbiamo comprare, spero vivamente in un posto con l’aria condizionata.”
 
Alphard non si era mai trovato di fronte ad una scelta tanto ardua in tutti i suoi 36 anni di vita: stava in piedi davanti al bancone luccicante ed immacolato di Pierre Hermé, pieno di tutti quei meravigliosi e coloratissimi dolcetti tipicamente francesi, e non aveva la più pallida idea di che cosa scegliere.
“Scusa se ci metto tanto, ma sono davvero troppi gusti…”
Alphard parlò senza alzare la testa per rivolgersi all’amica, continuando a scrutare assorto le file e file di macarons mentre Briar, alle sue spalle, si sforzava di mantenere le ultime briciole di decoro che le stavano impedendo di abbracciare la parete e godersi la frescura dell’intonaco. O alla peggio, sdraiarsi sul pavimento di marmo come invece aveva saggiamente deciso di fare Circe.
“Tranquillo, restiamo qui tutto il tempo che vuoi.”
Briar avrebbe anche potuto restare lì dentro, avvolta dall’aria condizionata, per tutto il resto della sua vita: adorava l’estate, adorava essere in vacanza, ma il clima britannico iniziava a mancarle. Certo non osava dirlo a voce alta, altrimenti la componente neozelandese della sua famiglia avrebbe potuto sentirla e revocarle il saluto a vita.
Sfortunatamente quando Alphard si ritrovò a stringere i manici della borsetta che conteneva la deliziosa scatolina di cartoncino arancione piena di macarons Briar e Circe dovettero dire addio all’aria condizionata e scollarsi dal pavimento di marmo, seguendo svogliatamente Alphard fuori dal negozio mentre l’uomo, al contrario, continuava imperterrito a sorridere, fastidiosamente felice. Faceva troppo caldo per essere felici, quel giorno.
“Bene, ora torniamo indietro e prendiamo i fiori. Quali dovrei prendere?”
Alphard iniziò ad incamminarsi sul marciapiede ruotando leggermente la testa in direzione di Briar, che ormai arresa e vinta dal caldo si stava legando i lunghi e lucenti capelli castani in una coda alta, agognando più che mai una lunghissima sessione di trattamenti alla spa e nell’idromassaggio per rilassarsi e refrigerarsi un po’.
“Sai qual è il suo preferito?”
“Peonie, credo.”
“Ci avrei giurato, è troppo elegante per amare qualsiasi altra cosa. Credo che a breve non se ne troveranno più, dovresti prenderle quelle.”
Alphard assentì – e come dargli torto, lei dava sempre splendidi consiglio – e appena dieci minuti dopo il mago si ritrovò a stringere delicatamente un mazzo di fiori chiari avvolti da nastri e fogli di sottilissima carta velina color cipria.
“Hai ragione, è il fiore giusto. Bellissimo come lei.”
Un sorriso che solo due mesi prima Alphard avrebbe additato come ridicolo e idiota increspò le labbra del mago mentre guardava i fiori che stringeva nella mano destra, sfiorandone i petali rosa pallido con un dito con la stessa dolcezza che avrebbe riservato ad una carezza sul viso della donna a cui erano destinati. Briar invece, accanto a lui, sbuffò e impugnò più saldamente il guinzaglio rosa di Circe per prenderlo sottobraccio e spingerlo ad incamminarsi più rapidamente:
“Sì, va bene, sono belle, ora torniamo indietro, sto iniziando a sudare persino sulle palpebre!”
“Ma è una città bellissima, vale la pena di camminare con calma e godersela!”
Alphard guardò l’amica spalancando un poco gli occhi castani, quasi non riuscisse proprio a capire perché avesse tanta fretta. E Briar, conscia di quanto fosse assurdo il suo non patire il caldo, nordico com’era, capì che ormai doveva essersi del tutto rincoglionito. I suoi così sinceri sentimenti per Anjali avrebbero anche potuto intenerirla, se solo non fosse stata sul punto di sciogliersi lì, su quel marciapiede bollente.
“Con questo caldo ci si può godere solo una granita. La passeggiata romantica falla con Anjali di sera, quando si respira, io e Circe esigiamo il fresco.”

 
*

 
Quello sì che era relax, si disse con un sospiro Briar mentre sorseggiava un Rose Lemon Spritzer dal calice di vetro che le era stato recapitato direttamente all’interno della Spa, distesa su una comodissima poltrona color crema con una maschera energizzante agli agrumi spalmata sul viso e i piedi avvolti da fogli di carta stagnola, in attesa che la maschera idratante facesse effetto. Poteva solo sperare che nessuna faccia nota varcasse la soglia della Spa in quel preciso istante, perché di certo con i piedi in quelle condizioni non era particolarmente invogliata a farsi vedere in giro.
Dopo aver appoggiato il bicchiere sul tavolino posizionato proprio accanto alla sua poltrona Briar mise mano su una delle riviste disseminate in giro affinché le ospiti potessero sfogliarle, aprendola con una discreta dose di curiosità: il suo numero del Settimanale delle Streghe le era arrivato via gufo proprio quella mattina e aveva già avuto modo di leggerlo, ma era curiosa di poter dare un’occhiata ad un numero della stessa rivista, solo prodotto dall’edizione di un altro Paese, in quel caso la Francia.
Non potendo leggere articoli e didascalie Briar si accontentò di osservare le foto inserite sulle pagine patinate, capendo quel che poteva dai titoli colorati sparsi in giro, finchè non giunse a pagina 7, che da come le sembrò di intendere doveva essere dedicata agli amori estivi.
Briar stava per passare oltre, quando l’occhio le scivolò sulla fotografia di una donna che aveva un che di familiare, e leggendo il nome sottostante subito le fu chiaro perché: era una ex di Alphard, oltretutto orribilmente spocchiosa. Briar serbava un ricordo tremendo della strega in questione, che si era rapidamente rivelata bella quanto difficile da digerire, e stava giusto rammentando l’orribile momento in cui era stata costretta a fingere di farsela andare a genio per quieto vivere e affetto per Alphard quando si ritrovò ad osservare la foto subito sottostante. Precisamente una foto del suo migliore amico.
Per un istante la mente della strega si svuotò, e Briar si limitò a fissare in silenzio la foto chiedendosi per quale motivo una rivista francese stesse parlando di lui. Subito dopo, tuttavia, l’ex Serpeverde rammentò il titolo che stava in cima alla pagina, collegò la foto di Alphard – inequivocabilmente scattata proprio lì, nel Principato, in Place du Casino – a quella di Camille Bernard, immortalata in quella che aveva tutta l’aria d’essere proprio una spiaggia della Riviera Francese e subito sbiancò, capendo a che cosa si stesse riferendo l’autrice dell’articolo. Articolo che si era capitato sotto al suo sguardo, di certo non sarebbe sfuggito a quello d Anjali Kumar.
Subito Briar chiuse la rivista e la rimise al suo posto, facendo per alzarsi e correre ad avvertire Alphard, ma poi si rammentò dello stato dei suoi piedi, attualmente avvolti da fogli di carta stagnola argentata.
Merda!”
Quella sembrava proprio una giornata costellata di pessime decisioni, ma prima che la strega potesse effettivamente riflettere sul da farsi (strapparsi la carta stagnola? Avrebbe disseminato maschera all’aloe ovunque, o alla peggio sarebbe scivolata e si sarebbe rotta qualcosa) qualcuno entrò nella stanza, le braccia cariche di accappatoi candidi e freschi di lavaggio.
 
Silas stava per superare la sala relax, costellata da poltroncine – comodissime, una volta ci aveva schiacciato un pisolino – e andare a sistemare gli accappatoi nell’armadio, quando gli sembrò di scorgere una faccia nota su una delle suddette poltroncine. Non era solito prestare particolare attenzione alle ospiti della Spa – Sabrina gli aveva ordinato a perdifiato di dover diventare quasi invisibile – ma in quel caso non poté proprio farne a meno: il ragazzo si fermò e ruotò la testa esattamente in direzione di Briar-Rose Greengrass, che alla sua vista parve come irrigidirsi del tutto prima di assumere un’accesa sfumatura cremisi in volto.
Mentre la strega desiderava ardentemente di sparire, o ancor meglio di poter essere inghiottita dalla poltrona, Silas chinò silenziosamente lo sguardo sui suoi piedi avvolti dalla stagnola, e dopo una breve esitazione sfilò il telefono dalla tasca dei pantaloni per scattarci una foto.
“Non ti permettere, brutto stronzo! Cancellala o ti faccio passare le pene dell’inferno!”
“E come pensi di inseguirmi e impedirmelo, Lady Aluminim?”
Per nulla impressionato dalla sua minaccia Silas prese a sghignazzare apertamente e senza alcuna pietà, intascando il telefono prima di dirigersi baldanzoso verso ripostiglio e armadi sotto lo sguardo fiammeggiante di Briar, che gli giurò vendetta e continuò a inveirgli contro quando poco dopo lo guardò fuggire dalla Spa. Prima o poi si sarebbe tolta quella roba dai piedi, si disse furiosa, e avrebbe potuto prenderlo a calci con estremo piacere.

 
*

 
Alphard era proprio di ottimo umore quella mattina. Si era alzato presto, si era fatto la doccia – possibile che da quelle parti facesse così caldo che si svegliava già sudato un giorno sì e uno no? – e dopo essersi vestito e aver nutrito e coccolato brevemente i suoi amati piccoli – ovvero soprattutto Castor e Pollux, gli scorpioni, e solo in un secondo momento la sua gatta – era subito uscito insieme a Briar, anche se l’amica aveva manifestato una fretta inaudita di tornare all’Hotel. A volte proprio non le capiva, le donne della sua vita, che ne era stato della Briar che smaniava per fare shopping compulsivo?
Aveva rimesso piede all’Hotel più o meno mezz’ora dopo e solo a quel punto lui e l’amica si erano divisi, lasciando che lei si recasse alla spa per dirigersi invece verso gli ascensori con un gran sorriso sulle labbra e un mazzo di peonie in mano. In effetti passando davanti alla reception gli era sembrato di scorgere un’occhiata truce indirizzata a lui da parte di Sabrina, in piedi dietro al bancone con un completo blu notte addosso, ma aveva liquidato in fretta il problema: probabilmente si era solo svegliata di cattivo umore, perché mai avrebbe dovuto avercela con lui?
Del tutto ignaro dei gossip che lo riguardavano che stavano iniziando a circolare i Francia e nel Principato Alphard si era diretto verso la Suite di Anjali, premurandosi con la copia della chiave che la strega gli aveva fornito la settimana prima per non disturbarla: pur sapendo quanto la strega fosse mattiniera Alphard aprì la porta sperando che stesse ancora dormendo, desideroso di scorgere l’espressione che si sarebbe fatta strada sul suo viso qualora l’avesse svegliata porgendole un mazzo dei suoi fiori preferiti, le ultime peonie dell’anno.
Una rapida occhiata al letto matrimoniale sfatto bastò per spazzare via le speranze di Alphard, che però non si lasciò comunque abbattere e anzi continuò a sorridere mentre chiudeva la porta della Suite chiamando Anjali, lasciando che i suoi occhi castani vagassero sull’immensa stanza in cerca della sua splendida figura senza però riuscire a trovarla. Ci vollero due richiami perché Anjali uscisse dal bagno, già vestita, con gran sorpresa di Alphard. La strega teneva le braccia strette al petto e senza tacchi, con i quali era abituato a vederla, sembrava semplicemente minuscola. Mentre lei lo salutava – con un tono un po’ strano, privo della solita dolcezza – Alphard si affrettò a colmare la distanza che li divideva con qualche falcata, allargando il proprio sorriso mentre accarezzava la sua figura con lo sguardo:
“Buongiorno. Ti ho preso questi. E questi.”
Dopo esserlesi fermato davanti Alphard le porse i fiori e la borsetta di macarons firmata Pierre Hermé, riuscendo a scorgere, per un istante, una traccia di addolcimento sull’espressione tesa della strega:
Merci.”
Anjali accettò i fiori e si sforzò di accennare un sorriso con gli angoli delle labbra, ma invece di abbracciarlo dopo averli annusati dichiarò di aver bisogno di un vaso, dirigendosi verso il suo comodino per recuperare la bacchetta e farne apparire uno.
“Tutto bene? Hai dormito male? Mi sembri un po’… tesa.”
Alphard si ritrovò ad inarcare un sopracciglio mentre, in piedi davanti all’enorme portafinestra a vetri che si affacciava sul terrazzo della Suite, guardava la strega far apparire un vaso e poi sparire nuovamente all’interno del bagno per riempirlo d’acqua: Anjali era sempre così spumeggiante, così allegra e di buon umore, che quella di certo non era la reazione che aveva immaginato. Di norma lo avrebbe abbracciato e gli avrebbe scoccato come minimo un bacio, ringraziandolo come si doveva. C’era qualcosa di inequivocabilmente strano nell’atteggiamento della donna, che uscì dal bagno reggendo i fiori prima di dirigersi verso il comodino bianco che affiancava il lato sinistro del letto per posizionarlo sul ripiano di legno.
“No, ho dormito bene. Solo…”
Dopo aver raddrizzato il vaso accanto all’abat-jour bianca e celeste Anjali ruotò su se stessa per tornare a rivolgersi all’uomo, ritrovandosi a mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore e a tormentarsi le nocche. Si sentì improvvisamente una sciocca adolescente e si detestò per questo, soprattutto perché odiava l’idea di fare la figura della paranoica, ma con i trascorsi pessimi della sua passata relazione proprio non poteva farne a meno, di innervosirsi. Anjali, maledicendo George per averla resa un’orribile persona sospettosa, arrossì imbarazzata e chinò lo sguardo sui piedi di Alphard per biascicare qualcosa di a malapena comprensibile:
“C’è-una-tua-ex-a-Monte-Carlo.”
“Come?!”
“C’è una tua ex. Qui.”
Questa volta Anjali parlò trovando il coraggio di ricambiare lo sguardo di Alphard, che dopo una breve, prevedibile esitazione di pura sorpresa la guardò inarcando un sopracciglio, scettico:
“Qui in camera tua?!”
Non, qui a Monte Carlo! L’ho letto stamattina.”
Anjali si strinse nelle spalle prima di tornare a stringere le braccia al petto, a disagio più che mai mentre distoglieva lo sguardo da lui per puntarlo fuori dalla finestra, certa di sembrare assurda e ridicola. Alphard invece, ancora piuttosto confuso, le si avvicinò senza smettere di guardarla con evidente stupore:
“E… di chi si tratterebbe?”
“Non ricordo il nome. Bionda, alta, gambe da passerella. Francese o belga, dal nome.”
Disgraziatamente quella descrizione era un tantino generica e potenzialmente applicabile a più di qualcuna tra le ex frequentazioni – spesso occasionali – dell’uomo, che impiegò qualche istante per inquadrare la donna in questione. Quando finalmente riuscì a mettere a fuoco un volto Alphard si sentì quasi scuotere da un brivido: certo, la ricordava bene. Molto bene. Erano stati insieme per circa due mesi più o meno tre anni prima, e quando lui aveva chiuso la storia lei l’aveva presa non proprio nel migliore dei modi.
“Ah, sì. Sì, ho capito. È per questo che sei strana?”
Anjali non rispose, ma Alphard scorse il breve, appena percettibile fremito delle sue labbra e non poté fare a meno di addolcirsi mentre le si avvicinava, stringendole dolcemente le braccia con le mani mentre si chinava per cercare di incrociare il suo sguardo:
“Anjali Kumar, non sarai mica gelosa?”
C’era qualcosa, nel sorriso e nel tono di Alphard, di così visibilmente soddisfatto e divertito che la irritò non poco, portandola ad arrossire ulteriormente e a sbuffare prima di scoccargli un’occhiata risentita e un tantino sostenuta:
“Beh, vorrei vederti al mio posto, se saltasse fuori che c’è uno dei miei ex a Monte Carlo e la gente facesse speculazioni sulla cosa!”
“Sei proprio una donna sciocca.”
Ormai più offesa che mai Anjali avrebbe voluto girarsi e fare un’uscita di scena sostenuta in piena regola, ma Alphard la precedette sollevandola per la vita per diminuire il loro divario d’altezza e posare finalmente le labbra sulle sue, aggiudicandosi il bacio che bramava fin da quando aveva aperto gli occhi.
Quando le loro labbra si staccarono Anjali, che aveva stretto quasi inconsapevolmente le braccia attorno al suo collo per reggersi, allontanò il viso di qualche centimetro da quello di Alphard e lo vide sorriderle dolcemente, guardandola come probabilmente George non aveva mai fatto per tutto il tempo in cui erano stati insieme.
“Non hai ancora capito quanto ci tengo a te, vero?”
Quelle parole riuscirono definitivamente a mandare a fuoco il viso di Anjali, che si strinse ad Alphard per nascondere il viso contro la sua spalla mentre sentiva le sue braccia reggerla e avvolgerla saldamente. Mentre il profumo dell’uomo le solleticava le narici Anjali sbattè più volte le palpebre per ricacciare indietro le fastidiosissime, stupide lacrime che le avevano inumidito gli occhi, non riuscendo a dirgli quanto non sopportasse l’idea che quell’estate prima o poi dovesse finire.
 

 
*

 
Joël amava i cani, ma non ne aveva mai avuto uno suo: la sua vita, il suo lavoro, decisamente non erano adatti ad un animale domestico, che necessitava di tempo, attenzioni e stabilità. Quella che da più di un decennio a quella parte era la sua vita non era adatta ad un sacco di cose, in effetti, forse una relazione prima tra tutte, e Joël stava iniziando a rifletterci seriamente proprio in quel periodo.
“Vieni piccolo.”
Varcata la soglia della Hall e salutato Benoit Joeel strattonò dolcemente il guinzaglio di Pascal per invitare il discolo cucciolo a seguirlo verso la porta che conduceva all’alloggio della sua padrona, sorridendo divertito quando vide il piccolo Rhodesian Ridgeback cercare di mordergli giocosamente una scarpa. Poteva quasi sentire le risate di scherno di chiunque lo conoscesse vedendolo portare a spasso il cane della sua ragazza, poteva sentire le voci dei suoi amici dargli del rammollito, ma non gli interessava granché: adorava quel cane, e soprattutto adorava Sabrina, che per la prima volta era persino riuscita a fargli mettere in discussione la sua vita.
Non che non ne avesse mai avute, prima di allora, delle relazioni. Ma nessuna, mai, lo aveva portato a formulare pensieri di quella natura.
Aperta la porta dell’appartamento di Sabrina e liberato Pascal dall’impiccio del guinzaglio Joël si aspettava di trovare l’alloggio deserto, perfetto per accendersi la pipa, rilassarsi e scrivere, invece fu proprio la voce della strega a fargli visita, salutando lui e Pascal quando il cucciolo sfrecciò felice verso la padrona:
Petit tresor… Come sei carino oggi. Sei stato bravo con Joël?”
Sabrina sedeva al centro dell’enorme divano grigio, t-shirt bianca e pantaloncini rossi e bianchi addosso mentre sorrideva e accarezzava la testa di Pascal, che si era issato con le zampe anteriori sul bordo del divano per potersi godere le coccole senza smettere di scodinzolare. Salem, che fino a quel momento aveva sonnecchiato pacificamente tra le gambe della padrona, dopo essere stato svegliato dagli abbai del cane aprì i grandi gialli, gettò un0occhiata glaciale al cucciolo e infine sgusciò dal suo giaciglio per stiracchiarsi e accoccolarsi sull’angolo più lontano del divano mentre Joël, piacevolmente sorpreso di vedere Sabrina, raggiungeva il divano dopo essersi sfilato le scarpe e aver appoggiato la copia della chiave magnetica sull’alto tavolo bianco collegato alla penisola della cucina:
“Ciao… Come mai sei qui così presto? Mi scombini i piani, dovevo vedere un’altra per pranzo.”
Joël accennò un sorrisino con gli angoli delle labbra mentre giunto davanti a lei si chinava per baciare Sabrina, che per tutta risposta lo colpì sulla spalla mentre si scostava, punendolo per quella battutina privandolo delle sue labbra:
“Oggi ho staccato prima, mon idiot. In realtà mi ha costretta Pierre, non mi sono sentita molto bene, un’ora fa.”
Mentre Salem tornava a sonnecchiare e Pascal lo imitava dirigendosi verso la sua cuccia Sabrina sfoggiò un sorriso quasi colpevole mentre si passava una mano tra i corti capelli scuri con leggero nervosismo. Nervosismo che si acuì quando vide ogni traccia di sorriso svanire dal bel volto di Joël e l’espressione del musicista farsi seria mentre sedeva accanto a lei sul divano, sfiorandole un braccio nudo e abbronzato con la mano sinistra:
“Che cos’hai?”
“Niente, è solo il caldo e la pressione bassa.”
Sabrina sorrise mentre appoggiava una mano su quella di Joël con fare rassicurante, evitando di menzionare la spiacevolissima sensazione provocata dalla tachicardia e le leggere fitte al petto mentre accarezzava le dita del mago con le proprie, guardandolo studiarla brevemente con occhio critico prima di annuire e mettersi più comodo sul divano accanto a lei, sorridendo mentre sollevava la mano libera per sfiorarle gentilmente i capelli scuri che le incorniciavano il viso:
“Allora senti che cosa faremo oggi: niente. Oggi divano, aria condizionata, tv e gelato.”
“Sei appena diventato il mio uomo ideale. A proposito di vedere un’altra, sai che oggi è spuntata fuori una ex di Alphard nel Principato?!”
Ogni traccia di dolcezza svanì improvvisamente dal bel viso di Sabrina quando nominò la spinosissima questione – in merito alla quale moriva dalla voglia di sentire altro –, portando la strega a spalancare gli occhi scuri e a sorridere divertita mentre stringeva le mani di Joël tra le sue. Il musicista, di norma immune al gossip, sollevò rapidamente entrambe le sopracciglia, guardandola stupido prima di abbozzare un sorrisetto a sua volta: avrebbe pagato pur di vedere come se la stesse passando Anjali – terribilmente insicura in fatto di relazioni, specie dopo la tragica fine dell’ultima che l’aveva coinvolta – in quel momento, immaginandola piagnucolare nascosta da una piramide di scatole di scarpe firmate.
“Raccontami tutto, Anji starà dando i numeri. Aspetta, prendo la tua scorta segreta non più tanto segreta di gelato.”
Prima di darle il tempo di parlare Joël fece scivolare le sue mani dalla presa di Sabrina e si affrettò verso la cucina per recuperare il gelato dal freezer, lasciando la strega a seguire i suoi movimenti con occhi pieni d’affetto un sorriso sulle labbra. avrebbe potuto tranquillamente definirsi il suo uomo ideale a tutti gli effetti, dopo quell’uscita sul gelato.
 
 
Dopo aver divorato un bel po’ di gelato e aver letto – e riso di conseguenza – con i suoi occhi l’articolo incriminato Joël aveva lasciato a Sabrina il permesso di mostrargli tutto ciò che desiderava: lei non se l’era fatto ripetere due volte, proiettando sullo schermo dell’enorme tv appesa alla parete di fronte al divano uno dei suoi film preferiti in assoluto, How to steal a Million.
Fu mentre seguiva le immagini ormai familiari del film, stesa sul divano appoggiandosi alla spalla di Joël con il capo e accarezzando distrattamente il soffice pelo nero di Salem, che si era acciambellato accanto a lei, che Sabrina venne colta da un’improvvisa consapevolezza. E non la stupì poi molto, considerando che aveva sviluppato un debole per il protagonista maschile di quella pellicola fin dalla prima visione.
“Lo sai, hai un che di Peter O’Toole in questo film.”
Sabrina abbozzò un sorriso mentre sollevava il capo per guardare Joël in viso, accarezzandogli con l’indice la cicatrice che il mago sfoggiava sulla base del mento, ricordo delle innumerevoli cadute di un bambino fin troppo vispo. Il musicista ricambiò il sorriso mentre chinava il capo per guardarla a sua volta con gli occhi blu luccicanti:, divertito e lusingato al tempo stesso:
“Lo prendo come un complimento.”
“Certo che lo è. Sei affascinante, carismatico, irriverente e orribilmente marpione.”
Sabrina finì di parlare assestando un paio di lievi colpetti sulla guancia destra di Joël, che spalancò gli occhi e fece del suo meglio per sfoggiare un’aria del tutto innocente mentre la guardava scuotendo debolmente il capo:
“Ma che dici, se sono un angelo.”
“Certo. Come no.”
Sabrina si era appena raddrizzata, tornando a posare gli occhi sullo schermo appoggiandosi alla sua spalla, quando il suo telefono iniziò a squillare, avvolgendo la stanza con le dolci note di Moon River.
“Non rispondere.”
Per Joël voltarsi e pregarla di ignorare il telefono fu quasi istintivo, specie considerando che era stata costretta a prendersi il resto della giornata libera, ma Sabrina sorrise e scosse la testa, scivolando dalla sua stretta per alzarsi dal divano:
“Controllo solo chi è. Se è per lavoro non rispondo, giuro.”
“Ok.”
Seppur sbuffando Joël prese il telecomando e mise in pausa il film, guardando dubbioso la strega raggiungere il telefono esiliato sul tavolo – da tempo aveva iniziato ad obbligarla a tenerlo a distanza quando stavano insieme – e prenderlo in mano per leggere il nome sul display luminoso.
“È Joyce, la madre di Silas. Sono autorizzata a rispondere?”
Sabrina gettò un’occhiata in direzione di Joël inarcando un sopracciglio e sorridendo, divertita, leggendo l’indecisione sul suo bel viso. Alla fine parve vincere la consapevolezza di non poterle impedire di intrattenersi per qualche minuto con un membro della famiglia, perché annuì e sospirò, rassegnato, prima di farle cenno di rispondere:
“Immagino di sì.”
Ma fa’ in fretta, si disse Joël mentre incrociava le braccia al petto e tornava ad osservare lo schermo e i volti immobili di Audrey Hepburn e Peter O’Toole, sperando che il momento in cui avrebbe potuto tornare a stringerla e a rilassarsi insieme a lei si ripresentasse in fretta: mancava meno di un mese alla sua partenza, e voleva trascorrere con lei più tempo possibile, quando la strega non lavorava. Sabrina sparì in bagno per qualche minuto per parlare con l’ex matrigna, e quando ne uscì, poco dopo, aveva sulle labbra un sorriso talmente diabolico da portarlo a pensare che la donna le avesse proposto una rapina al Casinò:
“Che cosa ti ha detto? Ti sei fatta troppo prendere dal film e organizzate un colpo alla Ocean’s Eleven?”
“Pare che voglia venire qui. All’Hotel. A salutare me e Silas. E lui non lo sa.”
“Glielo dirai?”
Joël, iniziando a capire il perché dell’euforia che si era impossessata della strega, la guardò inarcando divertito un sopracciglio mentre Sabrina tornava a sedersi accanto a lui sul divano, prendendogli le mani per far sì che le sue braccia tornassero a stringerla prima di scuotere la testa, gli occhi scuri pericolosamente scintillanti:
“Sei pazzo? Cetto che no, non vedo l’ora di vedere la sua faccia, sarà meraviglioso!”
“Sei una donna tremenda nascosta dietro ad un aspetto impeccabile. Ecco perché ti adoro.”
 
Tre ore dopo Sabrina stava in piedi davanti allo specchio circolare del bagno e appoggiò la punta del suo rossetto rosso firmato Chanel al centro del labbro superiore per tracciare una linea volta a ricoprirlo perfettamente con la massima precisione e delicatezza possibile, decisa a non fare errori: sbavare il rossetto rosso rappresentava, forse, ciò che di più irritante poteva capitare ad una donna in procinto di uscire.
Data una passata di rosso anche al labbro inferiore Sabrina richiuse il coperchio del costosissimo cosmetico – sua madre aveva sempre e solo comprato Chanel, e disgraziatamente la figlia aveva finito con l’assorbire quasi automaticamente quella dispendiosa abitudine – e fece schioccare le labbra mentre osservava critica il riflesso del proprio volto abbronzato, dandosi una ravvivata ai corti capelli scuri spettinati ad arte mentre una voce maschile si levava dietro di lei:
“Sei bellissima.”
Sabrina si voltò, pur sapendo perfettamente a chi la voce appartenesse, e istintivamente sorrise quando attraverso la porta aperta del bagno i suoi occhi scuri scivolarono sul viso di Joël, sul suo sorriso e sui suoi occhi blu. Il mago sedeva su uno degli alti sgabelli della cucina, pantaloni neri e camicia bianca addosso, e dava le spalle al resto dell’open space per poter guardare lei con il piede sinistro appoggiato al sostegno dello sgabello. Sabrina, che indossava un vestito di raso rosso scuro lungo fino a metà polpaccio con le spalline sottili e uno spacco sulla gamba destra, abbandonò il rossetto sul mobile bianco del bagno e uscì dalla stanza per raggiungerlo, allargando il suo sorriso mentre sollevava le braccia per allacciargliele attorno al collo, facendo vagare lo sguardo sul viso del mago fino a dire qualcosa a bassa voce:
“Tu sei bellissimo. Non. Non con il rossetto rosso.”
Quando Joël fece per avvicinare ulteriormente il viso al suo Sabrina istintivamente si scostò allontanandosi leggermente, abbozzando un sorriso divertito quando scorse l’indignazione farsi strada sul bel viso del musicista:
“Si leverà comunque al primo boccone!”
Oui. Ma con quello che costa, fammelo almeno sfoggiare fino alla prima portata.”
Tutto quello che Sabrina gli concesse fu arricciare le labbra carnose e scoccargli un bacio aereo, decisamente lontano da ciò che Joël desiderava, ma subito dopo la strega scivolò dalla sua leggera stretta per andare ad infilarsi i sandali col tacco, sfuggendo ad ogni eventuale protesta e rivendicazione.
Il rossetto rosso donava terribilmente a Sabrina, si ritrovò a considerare Joël mentre la guardava sedersi sul divano grigio e infilarsi i tacchi neri dalla suola rossa firmata Christian Louboutin cercando al contempo di respingere, ridendo, gli affettuosi attacchi di un Pascal in cerca di coccole. Si sposava meravigliosamente con il colore dei suoi capelli, dei suoi occhi e del suo incarnato, specie ora che era così abbronzata. E proprio per quel motivo quando la guardava si ritrovava ad avvertire ancor più del solito il desiderio di baciarla, ragion per cui i rossetti rossi avrebbero dovuto sparire dai cassetti della strega il più rapidamente possibile.
“Non siamo troppo eleganti per una cena con tuo fratello?”
Ormai, si ritrovò a constatare Joël mentre scivolava lentamente dallo sgabello abbassando al contempo lo sguardo, permettendosi di gettare un’occhiata al proprio abbigliamento, non era che l’ombra di se stesso: un tempo se una donna gli avesse chiesto di vestirsi elegante non solo non le avrebbe dato retta, ma avrebbe riso e si sarebbe presentato nelle peggiori condizioni pur di scorgere la sua reazione indispettita. E invece ora indossava una camicia. Sabrina e Anjali, per lui, erano state semplicemente deleterie.
“Una volta una donna saggia ha detto che ogni scusa è buona per sfoggiare un bel vestito. E poi andiamo al ristorante del Métropole, e quello è così elegante che ti farà schifo. Ci vediamo dopo piccoli, fate i bravi.”
Dopo aver recuperato una borsetta nera dal divano e una stola di cashmere e seta del medesimo colore del vestito Sabrina parlò chinandosi per lasciare una carezza sulla testa di Pascal mentre Salem, dopo aver ricevuto la sua attesissima cena, sonnecchiava pacifico nella sua cuccetta rotonda grigia.
“Per vederti vestita così farei di tutto, ma non dovrò mica scegliere tra 6 forchette diverse, vero?”
Aveva chiesto lui a Sabrina di poter cenare insieme a Silas prima della sua partenza, e non si sarebbe mai sognato di contestare sulla scelta della location dopo che la strega aveva deciso di assecondare la sua richiesta. Si era persino messo la camicia, ma l’idea di trovarsi davanti a 10 tipi di posate diverse lo preoccupò non poco mentre Sabrina, al contrario, sorrideva divertita sistemandosi con grazia la stola sulle spalle nude:
“Tranquillo Julia Roberts, niente forchette di 6 dimensioni diverse.”
Un sorriso distese a loro volta le labbra di Joël, che si sentì pervadere dal sollievo mentre Sabrina gli si avvicinava ticchettando sul pavimento immacolato e allungando una mano per stringere la sua mentre si dirigevano verso la porta, raccogliendo la chiave magnetica da un’elegante ciotola di marmo prima di uscire. Dopo essersi chiusa la porta bianca alle spalle strega stava infilando la chiave nella borsa prima di scendere la scala lievemente inclinata che li avrebbe condotti al pian terreno quando Joël, massaggiandole dolcemente la mano con il pollice, le chiese qualcosa:
“Per fortuna. La donna saggia chi sarebbe, comunque? Coco Chanel?”
“No, Anjali Kumar. Andiamo.”
Joël rise mentre seguiva Sarina lungo la rampa, ma si disse che in fondo avrebbe dovuto immaginarlo.

 
*

 
Nel corso dei suoi 29 anni di vita Sabrina non aveva mai presentato nessun ragazzo alla sua famiglia: niente mai che ne valesse la pena, così la strega era andata ripetendo per anni a fronte delle domande speranzose di sua madre, di suo padre, persino della sua affezionata matrigna. Non aveva mai avuto una relazione particolarmente seria o particolarmente duratura, mai nessuno che l’avesse spinta a fare progetti o a sperare che durasse: ad un certo punto si era sempre fatta indietro, troppo timorosa di soffrire per rischiare e investire troppi sentimenti.
E poi, anche se lo conosceva pressochè da sempre, quell’estate era arrivato Joël Moyal, un fulmine a ciel sereno che ancora non sapeva come ma l’aveva spinta a buttarsi, a rischiare, e anche se Sabrina temeva terribilmente la fine dell’estate e l’idea di dover porre fine a quella relazione era grata a Joël per averlo fatto: Sabrina non faceva che ripetersi che se anche fosse finita almeno aveva avuto la possibilità di sperimentare la felicità, quella vera, qualcosa che niente avrebbe mai potuto cancellare.
Sabrina non aveva mai presentato nessun ragazzo alla sua famiglia, ma spesso si era chiesta come sarebbe andata, cercando di figurarsi vari scenari. Di sicuro la realtà aveva superato di gran lunga ogni sua aspettativa: mai avrebbe pensato che il primo a cui un suo ipotetico fidanzato si sarebbe approcciato seriamente sarebbe stato il suo fratellino, eppure eccoli lì, lei, Silas e Joel, seduti attorno ad un tavolo circolare ed elegante del costosissimo ristirante del Métropole.
Sabrina fece ondeggiare lievemente il vino rosso nel suo bicchiere – pressochè l’unico alcolico che si concedeva, in quanto antiossidante – prima di assaporarne una sorsata senza smettere di tenere d’occhio i suoi commensali attraverso il vetro, studiandoli mentre erano intenti a chiacchierare amabilmente davanti ai piatti ormai vuoti: sembrava che tra Silas e Joël fosse scoccata la scintilla, perché non avevano smesso di parlare un attimo da quando si erano seduti, e dopo un’accesa conversazione sul Quidditch che a lei era parsa dolorosamente eterna – sua madre l’aveva cresciuta a pane e Audrey Hepburn, lo sport non era mai entrato nell’equazione, nuoto a parte – ora avevano iniziato a parlare di lei e delle storielle imbarazzanti che Joël stava cercando di estorcere a suo fratello.
“In realtà non mi viene in mente quasi nulla, è sempre stata una tale perfettina…”
“Sì, capisco benissimo, a volte è snervante.”
Joël annuì imitando il tono grave di Silas, anche se si premurò di indirizzare un rapido sorriso a Sabrina mentre le accarezzava dolcemente la gamba fasciata dalla gonna rossa del vestito, facendole alzare gli occhi al cielo: era stata una pessima idea, quella di assecondare la richiesta di Joël. Che cosa le era passato per la testa? Si stava inequivocabilmente ammorbidendo, constatò con orrore la strega mentre Silas annuiva gettando un’occhiata esasperata in direzione della sorella maggiore:
“Pensa crescerci insieme!”
“Sapete, voi due mi sembrate proprio anime affini, forse dovrei andarmene e lasciarvi proseguire la serata da soli.”
“Poverina, è gelosa, ma ormai è abituata al fatto che tutti preferiscano me.”
“Niente affatto, chi sono io per ostacolare la vostra affinità? In effetti voi due avete in comune qualcosa, avete questo modo di fare irritante che per qualche strano motivo alle donne piace molto.”
La cosa peggiore era che sua madre glielo aveva ripetuto per anni, di stare alla larga dai tipi carismatici e ricchi di savoir faire come suo padre. E invece lei ci era cascata completamente, e Joeel non tardò a ricordarglielo con un sorriso divertito, gli occhi blu luccicanti alla luce fioca che illuminava elegantemente la sala del ristorante.
“Te inclusa.”
“Forse.”
Sabrina ricambiò il sorriso di Joël prima di portarsi il bordo del calice alle labbra per bere un altro po’ di vino cercando di non dar peso all’occhiata un poco ansiosa che Silas le lanciò. Solo in quel momento la strega si rese conto di non aver detto nulla al fratello, di non avergli chiesto di non lasciarsi sfuggire commenti potenzialmente equivoci, e si stava giusto pentendo di non averlo fatto quando Silas parlò, ripetendo quasi senza volerlo parole che per anni aveva sentito pronunciare dai loro genitori:
“Non esagerare, Sabs.”
Immaginando uno dei due St John ammonire l’altro in merito all’alcol Joël avrebbe senza alcun dubbio puntato di Sabrina – specie perché non aveva mai visto la strega bere più di un bicchiere di fila –, ragion per cui le parole di Silas lo stupirono non poco: il musicista volse lo sguardo sul minore inarcando curioso un sopracciglio, guardandolo sorpreso mentre gli occhi ambrati del diretto interessato, resi ancora più luminosi dalle candele accese al centro del tavolo, scivolavano rapidi su quelli scuri di Sabrina. Silas lesse la muta supplica nello sguardo della sorella, e all’improvviso capì che Sabrina ancora non aveva fatto parola con Joël della sua malattia. Seppur stupito il ragazzo si costrinse a tornare a sorridere, affrettandosi a correggere la gaffe con una rilassata scrollata di spalle: era una fortuna che avesse mentito ai suoi genitori pressochè per tutta l’adolescenza e che ormai ci avesse fatto il callo.
“Regge malissimo l’alcol. È proprio una tremenda perfettina che non beve mai.”
Joël rise, asserendo che in caso fossero fatti l’uno per l’altra, dal momento che lui non beveva affatto; il musicista si sporse per scoccarle un tenero bacio su una guancia mentre lo sguardo di Sabrina incrociava brevemente quello del minore, che la guardò chiedendole per quale motivo ancora non glielo avesse detto.

 
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Artemy sedeva su una delle panchine di Place du Casino, godendosi la frescura della tipica leggera brezza che di sera avvolge le città portuarie. Era un sollievo, dopo il caldo della giornata, poter trascorrere un po’ di tempo all’esterno senza patire la temperatura, ragion per cui aveva presto imparato ad apprezzare particolarmente ore notturne del Principato di Monaco, quando strade, edifici e piazze venivano illuminate e Monte Carlo acquisiva una magia del tutto nuova.
Quella sera non faceva eccezione, e attorno a lui oltre alle luci che rendevano ancora più maestose le facciate imponenti del Casinò, dell’Hotel de Paris e del Teatro dell’Opera brillavano i lampioni e i fari delle costosissime auto di chi parcheggiava nei pressi della piazza, tanto per mettere sotto gli occhi di tutti i passanti una vettura che pochi si sarebbero potuti permettere e dimostrare il proprio status economico.
Medea sedeva accanto a lui tenendo le lunghe gambe nude raccolte contro il petto, una giacca leggera a coprirle le spalle altrimenti nude mentre la strega teneva le braccia strette al petto e come lui faceva vagare in silenzio lo sguardo attorno a sé, o almeno finchè l’amico non si voltò verso di lei e le sorrise:
“Sei inglese e hai freddo qui. Sei strana, Medea Winters.”
“Non sono abituata a questo tipo di vento, ok? Non vivo sulla costa, saputello.”
Artemy sorrise, per nulla offeso mentre guardava l’amica stringersi nella giacca con fare sostenuto, stanca delle battutine che si sentiva spesso rivolgere su quanto fosse freddolosa. Per qualche istante nessuno dei due parlò, finchè gli occhi a mandorla di Artemy non tornarono a solcare la facciata del Teatro dell’Opera:
“Dovremmo andarci una sera. A teatro. Prima di andare via. Adoro la musica.”
Una delle poche cose che rammentava chiaramente della sua vita passata, della vira con la sua famiglia d’origine, prima che suo nonno lo cacciasse, era proprio la musica. La musica e la danza con lei, ciò che lo aveva appassionato per tutta la vita, anche se ormai non ballava più.
“Credo che costi una fortuna.”
Medea gettò a propria volta un’occhiata alla facciata del Teatro, guardandola scettica mentre Artemy, al contrario, si stringeva nelle spalle con la massima nonchalance:
“Pago io.”
“Non devi pagare tu solo perché sei più ricco di me, Eros.”
“Giarda che mi fa piacere. Anche perché di solito sono gli altri che pagano per me, ogni tanto è bello ricambiare.”
Artemy sorrise e accompagnò le proprie parole da una strizzata d’occhio che fece ridere Medea, oltre a far guadagnare al ragazzo una leggera pacca sulla spalla. Poi, all’improvviso, Medea sembrò colta da un’improvvisa consapevolezza che la portò a guardare l’amico indicandolo e con gli occhi sgranati:
“Santa Priscilla… Saresti come in Pretty Woman, ma al contrario!”
“Se carina Medea, ma non illuderti, non quanto Richard Gere. Però il rosso donerebbe a me quanto a Julia, sì.”
Indossava spesso colori neutri, ma forse avrebbe dovuto dare qualche chance il più al cremisi, si disse Artemy distendendo le gambe e incrociando le braccia al petto mentre reclinava la testa appoggiando la nuca al bordo della panchina, fissando il cielo notturno sopra di loro mentre Medea si sporgeva verso di lui arruffandogli con affetto i capelli argentei che per molto tempo aveva creduto essere il risultato di una colorazione artificiale: solo pochi giorni prima Artemy le aveva confidato di essere nato con quell’esatto colore di capelli, destando sincera meraviglia nell’amica così come in chiunque altro l’avesse mai raccontato.
“Quanto te la tiri. E poi a Richard sono venuti i capelli grigi prestissimo, quindi più che a me somiglia a te, con i capelli che ti ritrovi.”
Artemy non rispose, limitandosi ad assentire con un lieve cenno del capo e ad accennare un sorriso con gli angoli delle labbra prima di tornare a fissare assorto il cielo buio sopra di loro. Ricordava fiumi e fiumi di stelle, nei luoghi dove era nato e cresciuto dopo essere stato abbandonato. Lì, invece, per colpa delle luci artificiali, tutto ciò che riusciva a scorgere era un’unica, triste distesa color pece.  Medea rimase per qualche istante a studiare il volto dell’amico, i suoi tratti delicati, la pelle diafana e i sottilissimi capelli argentei che gli sfioravano la fronte liscissima, finchè non inarcò un sopracciglio, osservandolo dubbiosa:
“Non lavori spesso, ultimamente.”
“A volte mi piace passare il tempo con qualcuno a cui piaccio davvero.”
“Quando non ti starà più bene potrai e dovrai smettere, lo sai vero?”
Lo sguardo attento ed indagatore di Medea si caricò di una sottile traccia di preoccupazione a cui Artemy, ormai, non era più avvezzo da tempo. Il ragazzo si limitò a guardarla per alcuni istanti prima di annuire e accennare un sorriso per tranquillizzarla, sentendosi scaldare dalla piacevole e sopita da tempo sensazione di avere qualcuno che in qualche modo lo aveva a cuore:
“Certo. Non preoccuparti.”

 
 
*

 
Martedì 10 agosto


 
Quando Alphard aprì gli occhi la luce del primo mattino gli fece subito visita, ma ormai ci era abituato: ad Anjali piaceva dormire senza chiudere le serrande o tirare le tende, lasciando che spesso fosse la luce del Sole a destarla dall’abbraccio di Morfeo. Qualcosa a cui Alphard non era avvezzo, ma stava finendo col farci l’abitudine, specie se quando apriva gli occhi, svegliato dalla luce naturale che filtrava attraverso le finestre, ciò su cui poteva posare lo sguardo era uno dei più bei volti che avesse mai visto in vita sua.
E così fu anche quel giorno, quando Alphard si girò sul fianco verso l’altra metà del letto e scorse Anjali, già sveglia e seduta contro la testiera bianca imbottita del letto con una rivista e una penna in mano.
“Non dirmi che stai facendo un cruciverba.”
“Certo che sto facendo un cruciverba, sai che lo adoro. Devo pur passare il tempo mentre il mio Alphy dorme.”
Se solo fosse stata una qualsiasi altra voce a pronunciare quel nomignolo Alphard si sarebbe sentito rabbrividire dalla testa ai piedi, ma non quel giorno, non se era lei a farlo: si era reso conto già da tempo di come a lei tutto fosse concesso, e anche se all’inizio la cosa lo aveva un po’ preoccupato ormai ci si era completamente e definitivamente arreso. Anjali parlò senza distogliere lo sguardo dalla pagina della rivista che teneva in mano, una ruga a solcarle il mezzo della fronte per la concentrazione, e Alphard si sollevò quel tanto che gli bastava per depositarle un bacio su una guancia e poi uno sulle labbra, finendo col cingerle con un braccio la vita fasciata dalla canottiera di raso del pigiama rosa cipria prima di sfoggiare un sorrisetto:
“Potremmo passare il tempo anche facendo altro.”
“Finisco qui. Nantes…”
Anjali scarabocchiò una parola sulle caselle corrispondenti senza distogliere lo sguardo dal foglio di carta che aveva davanti, ignorando deliberatamente l’espressione offesa che prese rapidamente il posto del sorriso sul volto di Alphard:
“Preferisci le parole crociate a me?!”
“Shhh, devo finire, mi manca pochissimo!”
Alphard la passione di Anjali per cruciverba e parole crociate proprio non la capiva, ma lei aveva accolto positivamente il suo amore malsano per le commedie romantiche trash – qualcosa che non aveva pressochè mai confidato a nessuno e che per fortuna Anjali, dopo averlo colto in fragrante con in mano una copia di “Appuntamento a Central Park”, aveva preso sul ridere prima di chiedergli di poter leggere quei libri insieme a lui – e sfortunatamente non poteva avere nulla da ridere in merito. Non gli restò quindi che starsene buono buono in attesa, seppur immusonito e steso supino sulla sua parte di letto con le braccia nude serrate, finché Anjali non ebbe terminato il suo cruciverba: la strega sancì la fine del suo supplizio sorridendo vittoriosa e sventolando la rivista davanti ad Alphard.
“Finito! Sei proprio fortunato, oltre che bella sono anche intelligente!”
“Fortunatissimo, sì.”
Alphard non aveva nessuna voglia di mettersi ad interloquire in merito a cruciverba, parole crociate e stronzate simili, pertanto non esitò a prendere la rivista dalle mani della strega e a scagliarla con mala grazia sul pavimento ai piedi del letto prima di sporgersi verso di lei per prenderle il viso tra le mani e baciarla, soffocando la risata di Anjali con le sue stesse labbra.

 
                                                                                                                                     *

 
Il Cafè de Paris era forse uno dei punti di Monte Carlo che Anjali preferiva in assoluto e per lei sedersi attorno ad uno di quei tavolini che si affacciavano sulla Place du Casino costituiva sempre puro relax, specie quando poteva condividere quei momenti con qualcuno di piacevole compagnia: proprio per questo motivo quella sera, prima di cena, ci aveva trascinato Joël, e quando, appena seduti, aveva adocchiato Joshua a passeggio non aveva esitato a salutarlo e ad invitare l’australiano ad unirsi a loro, lieta di avere compagnia mentre Sabrina lavorava e Alphard era rimasto nella sua Suite a fare telefonate. Possibile che due tra le sue persone preferite al mondo fossero così ligie al dovere e barbose?
Persino il suo Kir Royal le parve più buono del solito quella sera, ma mentre Joël e Joshua chiacchieravano a proposito delle rispettive professioni nel campo visivo della strega entrò qualcosa che rischiò di farglielo andare di traverso: lei, la ex di Alphard. Lì, seduta a pochi metri da lei, attorno ad un tavolo identico al suo.
Come si permetteva di rubarle persino il suo locale preferito?! Di tutta Monte Carlo, proprio lì era andata a sedersi?!
Quando Anjali si scostò bruscamente il bicchiere dalle labbra tossicchiando Joël smise di parlare e la guardò inarcando un sopracciglio, sbattendo amabilmente le palpebre mentre Anjali tossicchiava debolmente maledicendo la sua mala sorte:
“Che hai, tesoruccio?”
“C’èlaexdiAlphard.”
Anjali deglutì mentre distoglieva lo sguardo facendo di tutto per far sì che non indugiasse eccessivamente sulla donna in questione – che aveva una risata orribile e indossava un vestito di pessimo gusto –, sibilando quelle parole tra i denti mentre Joshua, chiedendosi che cosa stesse succedendo e perché la strega si fosse improvvisamente fatta così strana, spostava allibito lo sguardo dal suo viso a quello di Joël in cerca di risposte:
“Che cosa sta farfugliando?”
“Dopo anni sono esperto nel decifrare i borbottii di Anjali Kumar: pare che ci sia la ex di Alphard. E chi sarebbe, cara?”
Joël si voltò senza alcun ritegno, ma non ebbe bisogno della risposta di Anjali – che lo maledisse con un filo di voce, parole che il musicista finse di non sentire –: aveva visto la foto della donna incriminata, e la riconobbe con una rapida occhiata. Quando tornò a raddrizzarsi sulla sedia Joël sorrideva, ma prima che potesse formulare un qualsiasi commento sul suo aspetto l’occhiata gelida ed eloquente di Anjali lo zittì:
“Prima di dire qualsiasi cosa ricorda che stai con la mia migliore amica, che è ciò di quanto più bello e meraviglioso a cui tu potrai mai aspirare.”
“Non stavo per dire nulla, infatti!”
“Certo, e io sono bionda!”
Anjali scosse la testa con disapprovazione mentre tornava a stringere il gambo del suo calice per bere un altro sorso del suo drink – sua madre diceva sempre che lo champagne curava ogni male, e fortunatamente lei ne aveva a disposizione in abbondanza –, ma Joël bloccò il suo gesto mettendole una mano sul braccio, scuotendo la testa mentre fingeva di guardarlo dispiaciuto:
“Anji, tu sei davvero carina, non devi sentirti minuita. Solo perché Alphard stava con una bionda bellissima non vuol dire che le preferisca e che tu debba farti la tinta…”
“Ti affogo nel Kir Royal, Joël. E tu cosa ridi, Joshua?”
Sebbene Anjali fosse molto più bassa di lui, l’occhiata che gli lanciò bastò affinché Joshua facesse sparire il sorriso che alle parole di Joël gli aveva increspato le labbra, portando l’australiano a tornare serio e a rimpicciolirsi sulla sedia mentre scuoteva la testa, pregandola di non affogarlo da nessuna parte:
“Chiedo scusa, non c’è proprio nulla da ridere. Di che nazionalità è la signorina?”
Desideroso di distogliere l’attenzione da sé il più rapidamente possibile Joshua si affrettò a tornare a stringere il suo bicchiere di vino con la massima disinvoltura, facendo ondeggiare il liquido color sangue sui bordi di vetro tondeggianti mentre Anjali rispondeva gettando un’occhiata torva in direzione della diretta interessata, che rideva stando seduta ad un tavolo insieme a due uomini molto eleganti e che, alla svizzera fu chiaro con un’occhiata, morivano dalla voglia di portarsela in camera da letto.
“Francese.”
“Ah, ecco.”
Joël Moyal si sarebbe potuto facilmente definire come la persona meno permalosa che avesse mai messo piede nel Principato di Monaco – ancora indossava fiero la maglietta che gli aveva regalato Anjali, destando puntualmente grosse risa da parte di Sabrina –, ma inarcò un sopracciglio e gettò comunque un’occhiata divertita in direzione di Joshua mentre questi, a seguito del suo conciso quanto eloquente commento, sorseggiava un po’ di vino rosso:
“In che senso “Ah, ecco”?”
“Niente, niente… Non voglio offendere, ma in genere non vado matto per i francesi.”
Joshua si strinse nelle spalle mentre si leccava le ultime tracce di vino dalle labbra sottili, tornando a poggiare la base del calice sul tavolo mentre Anjali, gettata un’ultima occhiata torva in direzione di Camille Bernard, annuiva con aria sostenuta:
“Da oggi anche io!”
“Ma io sono francese! E Sabrina anche.”
Joël guardò l’amica non sapendo se sentirsi offeso o meno ma in fondo divertito di fronte alla piccata gelosia della strega che, invece, si strinse debolmente nelle spalle prima di liquidare i suoi argomenti con un pigro gesto della mano, quasi volesse scacciare una mosca fastidiosa:
“Lei è mezza francese. E per quanto riguarda te, pazienza.”


 
                                                                                                                                             *

 
Sabrina stava in piedi dietro al bancone della Reception, china davanti ad uno degli iMac bianchi per controllare i check-in che ancora dovevano essere completati e, quindi, il numero di ospiti che avrebbero dovuto giungere all’Hotel in serata.
“Penso che sia arrivata.”
Le parole di Michel bastarono per far svanire nel nulla ogni singola traccia di concentrazione in Sabrina, che subito distolse lo sguardo dallo schermo per indirizzarlo sulla porta a vetri, giusto in tempo per scorgere una ribelle chioma ricciuta dondolare dolcemente mentre la proprietaria di quei capelli salutava e sorrideva al portiere in divisa fuori dalla porta. Un sorriso si fece immediatamente largo anche sul bel viso abbronzato di Sabrina, che non esitò, approfittando del fatto che la Hall fosse deserta, a raggirare il bancone e dirigersi verso la porta proprio mentre questa veniva spalancata, consentendole di incrociare lo sguardo di una donna alta, abbronzata e dai lunghi e lucenti capelli neri.
“Ciao Joyce!”
Sabrina conosceva Joyce da talmente tanto tempo da nemmeno poter ricordare il loro primo incontro, e sapeva che dagli abbracci della sua ex matrigna non si poteva sfuggire: quando Joyce, i ridenti e grandi occhi ambrati che tanto l’avevano sempre affascinata da piccola fissi su di lei, allargò le labbra mentre un facchino depositava le sue valige sul pavimento della Hall alle sue spalle Sabrina annullò la distanza che le separava con poche falcate e infine si lasciò abbracciare, stringendola a sua volta mentre Joyce quasi la stritolava asserendo quanto le fosse mancata. Non appena si staccarono subito l’occhio critico della donna corse su e giù lungo la figura longilinea della figliastra, finendo con lo scuotere la testa con finta disapprovazione mentre la guardava con piglio severo:
“Ma perché sei sempre più orribilmente bella ogni volta che ti vedo?”
“Tu stai benissimo, al massimo. Sono felice di vederti.”
“Anche io tesoro. E non vedo l’ora di vedere Silas. Gli verrà un colpo, poverino!”
Joyce ridacchiò divertita mentre si ravvivava i ricci scuri con una mano, deliziata all’idea di non aver avvertito il figlio della sua visita, e Sabrina subito sorrise, rammentando perché quella donna le fosse sempre andata particolarmente a genio.
“Oh, anche io non vedo l’ora. Andiamo al bar, ti faccio offrire qualcosa. Michel, trova una scusa per mandarmi Silas, e alla svelta.”
L’ultima cosa che Sabrina scorse prima di prendere a braccetto Joyce e condurla verso il bar fu il sorrisino maligno che increspò le labbra dell’amico, assolutamente certa che Michel fosse a sua volta deliziato dalla presenza della seconda moglie del proprietario. Specie se si trattava dell’unica persona a cui Silas dava pienamente retta.
 
“Non capisco perché Michel ha insistito tanto, che cavolo, ero in pausa!”
Quando Michel aveva mandato Pierre a chiamarlo Silas stava cazzeggiando a bordo piscina con Meadow, Asher e una birra – che aveva provvidenzialmente ficcato in mano all’amico per fingere che non fosse sua quando aveva visto Pierre varcare la soglia della piscina coperta – nel pieno di una pausa volta in primis a consolare Asher e ad ascoltare il suo resoconto dell’ultima discussione avuta con Ridge, ma era stato rapidamente e perentoriamente richiamato all’ordine, costringendolo a seguire di controvoglia Pierre verso il bar.
“Temo proprio che sia di vitale importanza, Signorino.”
Pierre parlò senza voltarsi a guardarlo insospettendolo sempre di più, portando Silas a chiedersi il perché di tutto quel mistero, e soprattutto perché si stessero dirigendo verso il bar quando fino a mezz’ora prima stava pulendo la piscina – mansione che non aveva ancora finito di svolgere –. Infastidito dall’essere stato interrotto nel pieno del racconto pieno di dettagli succosi di Asher e dalla consapevolezza che Meadow avrebbe appreso quei dettagli prima di lui Silas non poté far altro che sperare che non stessero per affibbiargli l’ingrato compito di lavare tutte le stoviglie sporche del bar, ma quando seguì Pierre all’interno dell’ampia stanza dalle pareti blu cobalto subito il suo sguardo si focalizzò su due delle persone presenti, due donne a lui particolarmente note sedute vicine su due sgabelli dal rivestimento in cuoio e intente a chiacchierare amabilmente davanti a due bicchieri.
Sua sorella e sua madre stavano facendo conversazione. Probabilmente uno dei suoi peggiori incubi ricorrenti.
Pierre non disse nulla, limitandosi a schiarirsi educatamente la gola per rendere nota la loro presenza e interrompere così le chiacchiere di Sabrina e Joyce, che volsero in sincro lo sguardo sui due e sull’uscio del bar mentre lo sguardo di Silas si riempiva rapidamente di orrore, quello di Joyce di gioia e quello di Sabrina di sadico divertimento.
“Silas, tesoro!”
Joyce scivolò rapida dallo sgabello per dirigersi verso il figlio allargando le braccia, sforzandosi di non ridere di fronte alla sua espressione sgomenta mentre il ragazzo la guardava incredulo:
Mamma?!”
Tutto quello che Silas riuscì a fare fu boccheggiare prima di essere inglobato dal forte abbraccio della madre. Solo allora lo sguardo ambrato del ragazzo scivolò sulla sorella, guardandola sogghignare dietro ad un bicchiere di vino rosso: gli bastò un’occhiata per appurare non solo che Sabrina aveva sempre saputo, ma che si stava anche divertendo da matti.
Maledetta.
 
 
 
 
 
(1): Edizione francese del Settimanale delle Streghe
 
 
 
……………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:

Sono veramente in ritardo, ma ultimamente sono un disastro ambulante e non riesco proprio a rispettare le scadenze che mi prefiggo di mantenere.
È tardissimo come sempre e io sono sinceramente sfinita, quindi mi limito a ringraziarvi come sempre per le recensioni dello scorso capitolo❤️ Il prossimo sarà il penultimo, ovviamente vedremo Silas alle prese con sua madre, Sabrina e Joël alle con una certa questione che attende di essere affrontata, Asher tirare le somme della sua relazione e ovviamente tanto tanto amore come sempre. In questa storia sono un tantino melensa, ma capitemi, in OMITB affronterò tematiche super pesanti e un po’ di ammmore ogni tanto ci vuole.
A prestissimo (giuro!) col prossimo capitolo.
Un abbraccio a tutte voi,
Signorina Granger
   
 
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