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Autore: Arwen88    11/09/2009    4 recensioni
Hai mai sentito dire "Attento a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo"? Ecco cosa potrebbe succedere se ti spingi troppo oltre senza farti domande sulle conseguenze.
-Il mio nome è Susan, iniziamo da questo, va bene?-
**Fan fiction partecipante alla Sfida "Dall'immagine alla storia" sul forum Writers Arena**
Genere: Generale, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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susan
**Fan fiction partecipante alla sfida "Kaos3003 Vs Arwen88 - Dall'immagine alla storia" indetta sulla Writers Arena**
(A questo indirizzo troverete il bando della sfida: http://writersarena.forumfree.net/?t=41168968 )





Rating: 14 anni.
Tipologia:
 One-Shot
Lunghezza:
2196 parole titolo escluso (secondo il conteggio di Works), 5 pagine, capitolo unico.
Avvertimenti:
Nessuno
Genere:
 Sovrannaturale, Introspettivo, Generale.
Disclaimer:
 Trama, personaggi, luoghi e tutti gli elementi che questa storia contiene, sono una mia creazione e appartengono solo a me.
Credits: L'immagine da cui ho preso spunto la si trova a questo indirizzo: http://farm3.static.flickr.com/2647/3746590483_e0ec8cef11_m.jpg
Note dell'Autore:
La storia mi è venuta in mente guardando gli occhi della protagonista della foto e ricordando la frase "Attento a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo", che è, diciamo, la morale di questa storia. Ringrazio Hiko chan che si è sorbita pazientemente le mie menate su questo racconto.
Introduzione alla storia: Hai mai sentito dire "Attento a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo"? Ecco cosa potrebbe succedere se ti spingi troppo oltre senza farti domande sulle conseguenze.
-Il mio nome è Susan, iniziamo da questo, va bene?-


Susan



I tacchi bassi risuonarono sulle mattonelle color sabbia mentre la cameriera attraversava il caffè dirigendosi ad un tavolo appena occupato da due clienti. Sui tavolini rotondi laccati con vernice amaranto, sprazzi di luce si muovevano lentamente. seguendo il sorgere del sole dietro i palazzi dall'altra parte della strada.
La signora osservò la ragazza posare una borsa per terra sotto la sedia e l'uomo in sua compagnia accavallare le gambe, estrasse la penna dal grembiule facendone scattare la punta, preparandosi a prendere le ordinazioni.
-Avete già deciso?-
La ragazza si voltò verso di lei e la cameriera poté osservare il suo viso cosparso di lentiggini illuminarsi da un sorriso gentile.
-Earl grey nero, con zucchero e limone.-
La penna corse veloce sul blocchetto per fermarsi quando la donna si rivolse all'uomo che si stava passando una mano sulla cravatta con un'aria un po' persa. L'uomo alzò il viso verso di lei per negare col capo e la cameriera annuì per poi girarsi, allontanandosi.

In strada, poche gocce si infransero sul marciapiede, raggiunte immediatamente da altre: in poco tempo la pioggia iniziò a scrosciare impetuosa abbassando la temperatura della città. Il campanello sopra la porta d'entrata tintinnò mentre nuovi avventori si precipitavano all'interno.
La padrona del caffè, una donna dall'aspetto maturo, uscì da dietro il bancone per servire i nuovi arrivati mentre la cameriera portava il the alla ragazza seduta presso la finestra.

Un tuono fece vibrare leggermente i vetri
ma il leggero rumore venne sovrastato dalla voce della ragazza rivolta all'uomo seduto di fronte a sé.

-Il mio nome è Susan, iniziamo da questo, va bene?-
L'uomo annuì pensierosamente.
Un sorriso illuminò il viso della giovane.
-Perfetto, allora vediamo: cosa vi ha spinto a fermarmi per strada, invitandomi qui?-
Il suo interlocutore si agitò vagamente sulla sedia, lanciando uno sguardo alla cameriera che si allontanava.
-Voi... Ho sentito in voi qualcosa di strano che mi ha sorpreso e incuriosito. Ho sentito di dover scoprire di cosa si trattasse.-
La ragazza si sporse sul tavolo posando il viso sulla mano.
-Come se ne potesse dipendere la vostra vita?-
L'uomo annuì: -Sì. Ditemi, chi siete?-
La giovane rise, riappoggiandosi allo schienale della sedia e agitando vagamente una mano.
-Io sono una ragazza! Basta che voi mi guardiate, voi e tutto il resto del mondo, e vedrete che sono solo una semplice ragazza piena di lentiggini.-
L'espressione delusa che si dipinse sul volto del compagno le fece inclinare la testa in aspettativa.
-Pensavo... Che ci fosse qualcosa di più.-
Il sorriso tornò su quelle labbra color mattone mentre la tazzina veniva avvicinata ad esse per prendere un sorso di the.
-Ma c'è qualcosa di più. Solo, non tutti lo notano.-
L'uomo si sporse di scatto verso di lei.
-Ditemi tutto, vi prego! Sento che potrebbe cambiarmi la vita!-
La tazzina tintinnò appena a contatto con la superficie del tavolino, Susan chiuse gli occhi azzurri e verdi come raccogliendo le idee.
-Come già vi ho detto, la mia particolarità maggiore, a detta della maggior parte della gente, sono le lentiggini che ricoprono il mio viso. Ma, se guarderete oltre, se non vi fermerete a quello, scoprirete che i miei occhi sono la mia vera particolarità: dietro di essi è celato un intero universo.-
L'uomo sembrava pendere dalle sue labbra, una palpabile eccitazione emanava da tutta la sua persona, quando parlò, lo fece in un sussurro.
-Un universo?-
La giovane non rispose, limitandosi a sorridere prima di proseguire.
-Sei un viaggiatore, vero? I viaggiatori conoscono le stelle, no?-
Lui annuì vagamente.
-Sì, è una di quelle conoscenze molto utili ovunque tu sia.-
-Conosci le nebulose?-
La ragazza volse lo sguardo alla finestra, il vetro coperto di goccioline impediva la vista, ma lei continuò a guardare fuori.
-Sì, ma non ci sono mai stato.-
La giovane rise.
-E allora il mare, quello l'hai visto, sì?
L'uomo annuì lentamente, senza staccarle gli occhi di dosso, le gambe ancora incrociate.
-Allora lo riconosci?-
Dopo un attimo d'incertezza lui si sporse sul tavolo, il viso a pochi centimetri dal suo; le labbra un po' secche della ragazza, come coperte da minuscoli taglietti, si tirarono all'insù presso gli angoli mentre lasciava che lui esaminasse le sue iridi.
L'uomo tornò ad appoggiarsi allo schienale, lo sguardo pensieroso: esitava, non sapendo se fidarsi.
-Sì, è simile al mare, non quello inglese grigio e color ferro, ma quello Mediterraneo, azzurro e verde.-
Inclinò la testa in un piccolo scatto come cercasse di ricordare qualcosa di improvvisamente apparso nei suoi pensieri ma altrettanto subitaneamente scomparso.
-Ma non è solo quello... C'è altro, come...-
-Foreste.-
La voce di lei calò piano tra loro due e l'uomo annuì ancora, le labbra socchiuse nello stupore.
-Cosa porti lì con te?-

E Susan parlò, come se parlasse del tempo, parlò con leggerezza, con un vago sorriso e agitando leggermente una mano. Il sorriso delle labbra si rifletteva negli occhi.
-Io porto la felicità, porto la dimenticanza delle cose brutte, porto risate e pace. Io porto stelle splendenti, cieli color indaco e mari azzurri, foreste incontaminate e alte montagne innevate.-
Inutile dire come lui rimase scioccato a quelle parole, la sua bocca si era seccata: capiva istantaneamente che la ragazza diceva la verità ma questo non rendeva le cose più semplici, né più facili, da accettare.
La tazzina di the venne posata sul tavolino tra loro due con un piccolo rumore, una piccola spirale grigia di vapore si alzava dal liquido ambrato che ancora conteneva.
-Se mi hai notata e fermata c'è un motivo, di cosa sei alla ricerca?-
L'uomo abbassò lo sguardo sulle mani che teneva in grembo.
-Cerco una via di uscita. Qualcosa che mi tolga di dosso tutta questa ansia, che mi tolga il dovere di vivere a questi ritmi frenetici che la società mi impone. Qualcosa che mi faccia respirare, che mi faccia sorridere o piangere ma che non mi opprima facendomi mancare il respiro. Voglio sorprendermi della vita, voglio cavalcare nelle foreste, aprire le braccia una volta scalata una montagna, voglio poter raggiungere le stelle e tenerne una nel palmo della mano. Voglio vedere le sirene nuotare e le farfalle non morire mai.- Aveva parlato via via con tono sempre più appassionato ma infine si fermò, esitando, per concludere sorridendo amaramente. -Vorrei essere come il protagonista di uno di quei romanzi dell'Ottocento. Quelli d'animo forte che potevano attraversare il mondo e nessuno li avrebbe mai distrutti.-
La ragazza sorrise dolcemente.
-Vuoi vivere come in un libro?-
Ma lui continuava a non guardarla, forse vergognandosi dei propri sogni e quando rispose lo fece più che altro in un sospiro.
-Sì...-
Susan tese una mano pallida, il palmo rivolto verso l'alto, lui la guardò sorpreso e un po' guardingo.
-Che significa?-
-Ti sto dando quello che vuoi: entrerai nel mio mondo, facendone parte per sempre.-
-E la chiave? La chiave per entrarvi...-
Le iridi dell'uomo riflessero un nuovo pallido sorriso della giovane e le labbra che si muovevano piano.
-Basta un solo desiderio.-


L'uomo in giacca e cravatta sbatté le palpebre, per un attimo aveva sentito le orecchie tapparsi come fosse salito ad alta quota troppo velocemente.
Girò lo sguardo rapidamente attorno a sé: il locale era vuoto, le lampadine spente, la poca luce passava dalle finestre incorniciate dalle tendine bianche. La penombra regnava attorno a lui.
L'unico rumore era dato dalla pioggia che continuava ad infrangersi sui vetri.
Lentamente, poggiò le mani sul tavolino, alzandosi dalla sedia, ancora voltato verso lo scorcio di paesaggio offertogli dalle finestre.
Corse alla porta, spalancandola: la campanella in cima tintinnò ferocemente sopra la sua testa, l'acqua piovana bagnava i suoi vestiti ma lui rimase fermo nella cornice della porta, la bocca aperta per lo stupore.
Per sincerarsi diede un altro sguardo alle sue spalle, ma il caffè era ancora vuoto e allora tornò a guardare davanti a sé: i palazzi grigi dall'altra parte della strada erano scomparsi, era rimasta solo la striscia d'asfalto che ora sembrava tagliare a metà una collina verde.
L'uomo uscì sotto la pioggia, la porta del locale si richiuse dietro di lui; camminò oltre la strada, fino alla cima del colle, per guardarsi attorno.
In lontananza c'erano montagne azzurre dai picchi bianchi, ovunque si potevano riconoscere le macchie verdi dei boschi, nella vallata sembrava sorgere un piccolo villaggio, mentre alle sue spalle c'era solo il caffè sull'orlo della strada e questa stessa, che scendeva incurvandosi fino al paesino.
Perso nel suo sconcerto, il giovane seguì la via.

Mentre varcava le porte del villaggio, la pioggia smise di cadere lasciando che le nuvole si diradassero: la strada passava dall'asfalto al lastricato e le pietre erano umide e vagamente scivolose, le case ed i piccoli negozi sembravano piombati lì, anche loro come il caffè, all'improvviso, da un'epoca lontana.
Tutti i locali erano bui e non ispiravano voglia di entrarvi, così l'uomo proseguì oltre, finché, così come la strada era finita tutto ad un tratto al limitare del paesino, così il villaggio stesso cessò all'improvviso, come tagliato da una linea retta.
Un attimo prima c'erano le pietre, l'attimo dopo vi era solo un tappeto erboso.
I passi venivano attutiti dalla vegetazione mentre si allontanava da quella fila di case, scendendo a valle, diretto verso un fiume scorto da sopra la collina.

Una voce femminile raggiunse il viandante, arrivandogli come sospesa nell'aria: sul prato c'era una ragazza seduta, indossava un abito di foggia antica. La giovane non si voltò, continuando invece ad intrecciare i fiori di campo in semplici coroncine.
L'uomo le si avvicinò.
-Scusate...-
Gli occhi nocciola della fanciulla si posarono stupiti su di lui.
-Dove siamo?-
La giovane inclinò la testa, rispondendo alla sua domanda con un altro quesito che lo lasciò interdetto.
-Siete appena arrivato?-
-Sì... Ma qui dove siamo?-
La ragazza gli sorrise gentilmente.
-Nell'universo dietro gli occhi, naturalmente.-
L'uomo si guardò attorno, la gioia e la meraviglia che crescevano in lui.
-Accipicchia! Ce l'ho fatta, allora... Ma non c'è nessun'altro?-
La ragazza rise, riprendendo ad intrecciare i fiori.
-Certo che ci sono "altri", ma siamo troppo pochi e generalmente rimaniamo isolati ognuno nei luoghi che preferisce. A parte coloro che si innamorano, naturalmente.-
L'uomo continuò a guardare il mondo incontaminato che lo circondava finché una cosa detta dalla fanciulla non lo colpì, spingendolo a voltarsi per guardarla.
-"Isolati"? E non vi sentite soli?-
Gli occhi nocciola si alzarono nuovamente sul suo volto.
-No: qui non si possono provare sentimenti contrari al piacere e alla felicità, per cui è impossibile avere fame, essere stanchi o sentirsi soli.-
Queste parole lasciarono senza parole l'uomo, che si ritrovò quasi a balbettare.
-Ma come... Insomma, è normale... E allora le persone lasciate a casa?-
Tuttavia, la ragazza rise ancora.
-Oh, non dovete preoccuparvi, presto li dimenticherete tutti: se così non fosse la nostalgia potrebbe prendervi, no? Ci siamo passati tutti, le prime ore sono le peggiori, ma poi l'oblio subentra e si ha la pace...-
Il viaggiatore comprese che qualcosa di tremendo si stava per chiudere su di lui e ne rimase sconvolto.
-È orribile! Non voglio dimenticarli! Devo tornare a casa!-
Ma, giratosi, non fece neanche tre passi che la voce fresca tornò a parlargli.
-Non si può tornare a casa, e d'altra parte oramai neppure ve lo ricordate da dove provenite, nevvero?-
L'uomo si voltò lentamente, gli occhi sgranati dal terrore, rendendosi conto di non ricordare più effettivamente il nome della sua città o quello di sua moglie. Perché lui era sicuro di avere avuto una moglie, forse...
La ragazza sembrò intuirlo perché gli sorrise serenamente, il capo leggermente inclinato, i capelli chiari a sfiorare i fiorellini di campo.
-Era ciò che desideravate, no? Un luogo privo di ansie, di paure, in cui essere libero da tutti i vincoli, no?-


La campanella sopra la porta del locale tintinnò allegramente mentre la porta laccata di bianco si apriva e la cameriera lì vicino sorrideva alla cliente che usciva, dicendo alla schiena che si allontanava "Arrivederci!".
La padrona del caffè si voltò verso il tavolo dell'avventrice e, sorpresa, constatò la presenza di una sola tazza vuota e l'assenza del secondo cliente là seduto, "Strano:" si disse "eppure mi pareva fossero in due a quel tavolo".
La gonna di cotone bianco dell'abito della ragazza si mosse alla brezza di quella giornata di fine estate, una mano si spostò tra le ciocche dorate della giovane mentre lo sguardo scivolava sui palazzi grigi al lato opposto della strada e un piccolo sorriso increspava ancora quelle labbra.



Un uccellino volò rasente il suolo e, in un frullio di ali, riprese quota sorvolando le panchine di un parco.
Ai tavolini poco distanti sedevano degli uomini anziani intenti a giocare a scacchi, un po' più in là alcuni bambini si rincorrevano sul prato.
Su una panchina all'ombra sedeva un vecchio signore, le mani tremanti poggiate su un bastone di legno, i vestiti sapevano di pulito e tutta la sua persona appariva curata.
Ma la parte di lui maggiormente dotata di vita
erano gli occhi, ed in quel momento questi erano posati sulla ragazza che gli sedeva affianco. Osservò il viso coperto di lentiggini e i suoi due incredibili occhi. La ragazza gli sorrise tirando su la zip della sua felpa grigia.
-Il mio nome è Susan, iniziamo da questo, va bene?-


Ringrazio sonsimo per aver giudicato le storie partecipanti alla sfida e faccio i complimenti a Kaos3003 che l'ha vinta. Spero che la storia sia piaciuta, se vorrete lasciare una recensione mi farà piacere.

Susan di Arwen88
Punteggio: 8.25


Susan è una ragazza molto particolare, che già colpisce a prima vista per la moltitudine di lentiggini che le ricopre il volto. Ma per chi è capace di guardare più a fondo, di non soffermarsi alle lentiggini, è possibile scorgere qualcosa di più. Al di là di quegli occhi, dice la ragazza al proprio interlocutore, vi è un intero universo. E ben presto, proseguendo nella lettura, si comprende il perché di queste sue parole. Il dialogo tra i due protagonisti è semplice e al tempo stesso colmo di significato e lo sguardo enigmatico di Susan lascia presagire che le conseguenze di tale dialogo non saranno da poco. L’uomo, infatti, si ritrova improvvisamente catapultato all’interno del proprio desiderio, un mondo finalmente libero da ansie e preoccupazioni... ma a che prezzo? Come scoprirà immediatamente, qualsiasi sogno che si avvera comporta un sacrificio, e non sempre il gioco vale la candela.
Il racconto si pone come obiettivo quello di trasmettere un messaggio, che ruota attorno all’antico detto: “Attento a ciò che desideri, perché potresti ottenerlo”, come l’autrice stessa segnala nella sua introduzione, e a mio avviso riesce appieno nel suo scopo, costituendo comunque una piacevole lettura. L’immagine scelta è stata sfruttata pienamente e ne sono anche stati evidenziati i particolari, rendendola parte integrante della storia.
Dal punto di vista formale sono presenti solo alcune sviste e un apostrofo mancante.


Grammatica e sintassi: 8
Capacità espressiva: 8
Rispetto parametri e traccia: 9
Originalità e creatività: 8



Storia vincitrice del quinto turno dei Never Ending Story Awards nella categoria "Best Plot"
  
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