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Autore: Alexander33    27/01/2023    1 recensioni
Una ragazza poco raccomandabile dispersa tra le pieghe del tempo, un sos misterioso, una soluzione da trovare, un cuore spezzato da guarire.
Genere: Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harlock, Nuovo personaggio, Tadashi Daiwa, Yattaran
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Ti ascolto Yattaran. Cos’hai per me oggi?»

 

«Eureka capitano! Ce l’abbiamo fatta! Siamo pronti per rientrare!»


~~~•••~~~


Si stava annuvolando in fretta, e minacciava pioggia.

Quella mattina era scappata all’alba, e ringraziava il cielo che finalmente fossero sbarcati sulla terra per prelevare Tadashi e Yattaran, o, per la prima volta, si sarebbe sentita soffocare chiusa dentro l’Arcadia; aveva bisogno di respirare aria pulita e chiarirsi le idee.

 

Proseguì nella sua corsa, correre la aiutava a pensare e rilassarsi, aveva bisogno di riflettere.

Le prime gocce non tardarono a cadere e ben presto si ritrovó sotto un temporale in piena regola, non si vedeva a un palmo dal naso ed era completamente fradicia. Cercó riparo sotto un albero, ma la situazione non miglioró. Si trovava sopra la scogliera, decine di metri sotto di lei ruggiva il mare in tempesta.

 

Il sogno: quel sogno continuava a perseguitarla, e finché si era trattato di tormentarla oniricamente era un conto, ma quel che aveva trovato sul cuscino quella mattina le aveva gelato il sangue nelle vene: tant’è che non aveva nemmeno avuto il fegato di toccarla. 

 

Sapeva cos’era e sapeva di chi era. Cosa diavolo stava succedendo?

Strinse forte gli occhi, come se quel gesto potesse resettare tutte le immagini sognate che la tormentavano da settimane.

 

«cosa devo fare?» lo disse con angoscia profonda.

Parlarne con lui? L’avrebbe presa per matta. Le avrebbe detto che la sua ossessione per Mayu la stava portando alla follia, e certamente l’avrebbe pensato lei stessa se i ruoli si fossero invertiti.

Ora però aveva una prova: la piccola ocarina che aveva trovato sul cuscino. Sapeva di chi era, perché c’era inciso, in piccolo, un nome: Mayu.

 

Se gliel’avesse mostrata non avrebbe dubitato di lei, ma qualcosa le diceva che doveva tenere per sé tutto ciò che le stava capitando. Perché altrimenti quella ragazzina sarebbe apparsa in sogno ad Harlock, e non a lei. Harlock non doveva sapere nulla, non capiva perché, ma sapeva che era essenziale.



 

Arcadia voleva che Kaya  lo lasciasse per permettere a lei di poterlo incontrare. Questo si erano dette l’ultima notte del loro incontro nel mondo dei sogni.


«Mi chiedi troppo, io lo amo…»

 

«…nel vostro tempo io ho solo pochi anni e non potrei mai raggiungerlo. Nel mio, lui è ai confini dell’universo… impossibile per me incontrarlo! E quando tornerà io potrei essere una donna, madre a mia volta… troppo tempo perso!» la voce e il volto di Arcadia erano una maschera d’angoscia.

«Il tempo! Il tempo è la chiave, ho bisogno di recuperarlo perché voglio quello che mia madre, nella sua incoscienza e presunzione, ci ha rubato!»


«non è una mia responsabilità. Prenditela con lei. Non puoi pretendere che io rinunci al mio amore per rimediare ad un errore di tua madre!»


«È l’unico modo! Aprire il portale per far tornare indietro te, consentirà a me di raggiungerlo. Prenderei il tuo posto nella vostra realtà.»

 

Kaya aveva riso amaramente «quindi Tadashi e Yattaran si sono fatti un culo così, infine, per aiutare te e non me!»

 

«mio nonno, qui, non puó fare più nulla; ma nel tuo tempo, sull’Arcadia ha ancora molto potere! E ho bisogno di te…  sono nelle tue mani».






 

«qualcuno ha visto Cronaline?» chiese Harlock affacciandosi alla porta del bar.

Da quando avevano fatto l’amore la prima volta, le aveva appiccicato quel nomignolo dolce ma estremamente femminile, o, almeno, così lo trovava Kaya.


Tutte le teste espressero diniego.

In palestra non c’era, in piscina nemmeno, e nessuno l’aveva vista rientrare.

Dove poteva essere? Era uscita la mattina presto, possibile non fosse ancora tornata? Ormai l’ora di cena si approssimava e da un po’ imperversava il temporale.




 

«Io esco a cercare Kaya»

 

«ancora non è rientrata, con questo tempaccio?» chiese stupita la bionda secondo ufficiale «esci così, alla cieca? Vuoi che la localizzi? Ci metto un attimo…»


Sul grande schermo olografico apparve un puntino luminoso lampeggiante sulla cartina topografica.

 

«eccola! È sulla scogliera. Non c’è riparo, sarà zuppa d’acqua ormai!»



 

Non ci mise troppo a trovarla, nonostante il terreno sdrucciolevole la moto si era comportata bene.

Kaya era intirizzita, bagnata fradicia e tremante sotto uno dei pochi pini marittimi che crescevano alla sommità della scogliera.

 

Si tolse il casco

«che intenzioni avevi? Passare qui tutta la notte e affogare nella pioggia?» disse a voce alta, per sovrastare lo scrosciare rumoroso dell’acqua, il tono era seccato, oltre che preoccupato

«incosciente… adesso andiamo o ti prenderai una polmonite!» I capelli oramai pregni d’acqua gocciolavano sul viso, sotto l’incessante acquazzone.


Kaya si lasció condurre verso la motocicletta


«Harlock…» Kaya lo guardó, sembrava spaventata.

 

«Dimmi…» Harlock aggrottó la fronte: le era forse accaduto qualcosa?

 

«Tu… hai figli?»

 

La guardó sorpreso.

«Perché questa domanda? Ti sembra il luogo e il momento adatto per intrattenersi in una conversazione simile? Comunque no. Togliamoci di qui! Mi stanno spuntando le branchie…»

 

Kaya si mise a cavalcioni della moto stringendosi a lui e finalmente tornarano all’asciutto. 


«Magari qualche donna del tuo passato?» Riprese Kaya, quando furono al riparo nell’hangar dell’Arcadia.

 

«Non ho avuto poi tutte queste donne. Se una di loro fosse rimasta incinta credo che lo saprei.»

 

Nonostante quella rassicurazione rimase turbata.

 

«Si puó sapere perché adesso tiri fuori questa cosa? Ti ho mai dato motivo di dubitare?»

 

«Non sto dicendo che tu mi abbia nascosto intenzionalmente qualcosa, solo se sei sicuro che non sia mai successo…»

 

«Vuoi affibbiarmi qualche figlio illegittimo?» Rise «sei proprio strana… tutte sospettose così voi ragazze del ventunesimo secolo?»

 

Kaya non rispose, la fronte corrugata e l’espressione seria.

 

«Insomma, si puó sapere cos’hai?»

 

«…Niente…»

 

«Possibile che voi donne diate sempre la stessa risposta quando c’è qualcosa che non va? Ti ho fatto qualcosa?»


«No davvero, tu non c’entri nulla…»

 

«Se non c’entro io, allora chi?» Si stava spazientendo.

 

«Ma niente… solo uno stupido sogno…»


Sentendo parlare di sogni gli venne in mente quella notte nella quale Mayu lo aveva costretto ad uscire per andare a cercare la zingara cartomante.

 

«Ecco, brava! Stupido! Qualsiasi sogno sia, smetti di pensarci.»







 

«Sei preoccupato?» Meeme si sedette sul letto di Harlock, accavallando le lunghe gambe.

 

«Solo pensieroso…»

 

«fammi indovinare: Kaya?»

 

«già… mi ha fatto un discorso strano…»

 

«vuoi parlarmene?» l’istinto le diceva di prestare attenzione.

 

Harlock sorrise «mi ha chiesto se ho figli…»

 

«strana domanda» Meeme era seria «perché te l’ha fatta? Lo sai?»

 

«a causa di un sogno… sono sicuro c’entri la sua insicurezza a causa di Mayu. Le fa vedere cose che non esistono.»

 

«mi sembra una ragazza coi piedi ben piantati a terra. Non le avrai detto qualcosa per farle venire questo dubbio?»

 

«assolutamente no! E perché poi?»

 

Meeme alzó le spalle «non ne ho idea… siete così strani voi umani…Illogici, molto spesso»

 

«ti assicuro che non ho né fatto né detto niente che potesse anche solo lontanamente farle pensare una cosa simile»

 

«non è che sta “tastando il terreno”?»

 

Harlock spalancó l’occhio, in un espressione spaventata che risultó molto buffa agli occhi di Meeme che si mise a ridere 

 

«dovresti vederti! Hai un’espressione troppo comica!»


«non prendermi in giro! Veramente pensi che lei stia pensando a…» non riuscì a concludere la frase.


Meeme cercava di trattenere le risa, si asciugó l’angolo degli occhi «beh, non lo so, ho solo fatto un’ipotesi… magari è stato proprio un sogno a farle venire questo dubbio».


Poi non riuscì più a trattenersi e scoppió in una fragorosa risata

«non ti ci vedo proprio a cambiare pannolini e preparare biberon nel cuore della notte! Scusami… non riesco a trattenermi!»


Non aveva mai visto la sua amica e confidente così divertita prima di allora.

 

«Vuoi dire che non potrei essere un buon padre?»


Meeme scosse la sua bellissima testa, e i capelli chiarissimi dai riflessi opalescenti ondeggiarono con grazia «oh no! Affatto! È che sei troppo “tutto d’un pezzo” per immaginarti a trafficare con un neonato»


«dimentichi che ho cresciuto Mayu…»


«Si, certamente! Ma i pannolini di Mayu li ho sempre cambiati io, se ricordi bene! Per lei sei stato più un fratello maggiore che un vero e proprio padre, ammettilo. Anche se sei riuscito a tirarla su più che bene, bisogna riconoscerlo.»


«Comunque non ci penso nemmeno. L’idea non mi sfiora minimamente. E poi non ho mai sentito il bisogno della paternità. Quindi non c’è nessun pericolo.»


L’eccesso di risa si era spento

«beh, se hai questo dubbio affrontalo con lei. Devo dire che questa uscita incuriosisce anche me!»


Un sogno. Ma cosa aveva scatenato quel sogno? Certamente non lui, ma qualcosa doveva pur essere stato. Inconsciamente forse le aveva fatto venire dei dubbi? Anche se non c’era nulla di più lontano, nei suoi pensieri, di un figlio: tutta quella storia era una sciocchezza, ma non riusciva a liberarsene. Per un’attimo immaginó lui e Kaya con un bambino.


«No! Non fa decisamente per me!»

 

Anche stavolta Meeme ci ha visto giusto: una compagna sì, ma prendersi cura di un bambino… no, era troppo!




 

Il giorno seguente Harlock mandó un mezzo, il più anonimo possibile, a prelevare Yattaran e Tadashi: finalmente il soggiorno forzato era giunto al termine. Il vice comandante non aveva voluto sbilanciarsi, avrebbe raccontato nel dettaglio quando si fossero trovati faccia a faccia.

 

E si presentarono a fare rapporto immediatamente.

 

Yattaran molló un faldone di fogli sulla scrivania di Harlock. 

 

«possiamo iniziare i lavori domani…»

 

«spiegati meglio, di che lavori parli?»

 

«le ricerche del professore erano tutt’altro che appunti… È riuscito a trovare il modo per creare le anomalie spazio temporali… perlomenosulla carta.»

 

«incredibile! Vai avanti…»

 

«già… con tutta questa roba, e le coordinate del punto preciso dove Kaya ha compiuto il salto, saremo, teoricamente, in grado di riportarla dietro. Ma c’è un ma…»

 

«coraggio Yattaran… sputa!»

 

«per farlo serve un bel po’ di energia… e quando dico “un bel po’” intendo un gran bel po’…»

 

Si intromise Tadashi

«per darti un’idea approssimativa: abbiamo bisogno di un quantitativo d’energia pari a quello liberato  dall’esplosione di una supernova…»

 

Harlock rimase a bocca aperta.

 

«È impossibile! Generarla e gestirla è da pazzi… servirebbe il genio di Tochiro per uscire da questo rompicapo…»

 

Yattaran si sentì offeso

«ah pensi questo? Bene, ti sbagli! In tutte queste settimane sono riuscito a progettare un Gate Dimensionale. Nemmeno troppo complicato da realizzare. Il problema è uno solo: stoccare l’energia necessaria…» esitó incerto.

Poi concluse di getto «ci serve l’anima dell’Arcadia…»

 

Harlock si rabbuió «È fuori discussione! Non si puó fare! Solo Tochiro sa dove e cosa sia. E anche se potessi metterci le mani non rischierei mai di danneggiare la nave… e danneggiare la sua anima!»

 

«credo di sapere dov’è… e ti garantisco che non farei mai nulla che possa comprometterne l’integrità…» Yattaran rispose titubante.

 

Tadashi gli venne in aiuto.

«ha ragione… ce ne serve solo una piccola parte… e non danneggerà la nave, ti do la mia parola…»

 

«È fuori discussione! L’Arcadia non si tocca!»

 

«vuoi lasciare Kaya prigioniera qui? Senza possibilità di decidere se tornare al suo tempo? Non farai nemmeno un tentativo…?»

 

Harlock era spazientito

«per ora le cose stanno così! Vi concedo di fabbricare il Gate… avete a disposizione il laboratorio che era di Tochiro. Di più per ora non è possibile… poi vedremo il da farsi.»

 

Yattaran e Tadashi erano delusi: ci avevano messo tutto il loro impegno e conoscenze, fino all’ultima goccia del loro ingegno unito alla scoperta del padre di Tadashi.

Ma se l’erano immaginato. L’Arcadia rappresentava tutto per il capitano, non avrebbe mosso un dito per modificare, o sottrarre qualcosa, da ciò che aveva creato il suo amico, e di ciò che ne era diventato parte. 

 

Alternative non ce n’erano. Se Harlock non dava il permesso di aprire il Computer Centrale dove dimorava l’anima di Tochiro, niente energia. Il Gate sarebbe restato semplicemente un meraviglioso manufatto tecnologico.

 

«d’accordo. Il capitano sei tu…» borbottó Yattaran.

«Ma sappi che non mi arrenderó! Torneró alla carica, una volta terminato il Gate… andiamo Tadashi… abbiamo altro lavoro da fare…»

 

Harlock capiva cosa rappresentava tutto questo per i due ufficiali e comprendeva l’amarezza del suo vice. Ma non poteva permettere che si mettessero le mani all’interno del cuore della sua nave. Avrebbero trovato un’altra soluzione… prima o dopo.

E poi non c’era tutta questa fretta… perché aveva preso, proprio in quel momento, una decisione senza precedenti.

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