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Autore: piratatommy    28/01/2023    0 recensioni
Sì, stava ascoltando proprio quella canzone.
Cuffiette nelle orecchie, cappuccio sulla testa. Il passo stanco, a ritmo dei lampioni. Jacob tornava accompagnato da una notte ormai esausta. Jacob camminava senza pestare le crepe del marciapiede. Le mani che ancora sapevano da caffè nelle tasche dei jeans.
Fino a mezz’ora prima avresti potuto trovarlo al Moka, il caffè di Bridge street...
Storia coautoriale basata sull'intreccio di diversi vissuti: una linea comune, ciascun personaggio ispirato ad uno stile musicale.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1- Ritorno da Bridge Street

 

Sì, stava ascoltando proprio quella canzone.

Cuffiette nelle orecchie, cappuccio sulla testa. Il passo stanco, a ritmo dei lampioni. Jacob tornava accompagnato da una notte ormai esausta. Jacob camminava senza pestare le crepe del marciapiede. Le mani che ancora sapevano da caffè nelle tasche dei jeans.

Fino a mezz’ora prima avresti potuto trovarlo al Moka, il caffè di Bridge street (un senecane azzardava un abbaio in fondo alla via).

Forse non era il miglior locale della città, ma potevi sempre trovare una buona tazza di caffè caldo. O un macchiato. O un cappuccino.

È un bel posto, pensò Jacob mentre il lettore MP3 cambiava traccia suggerendo nuovi ricordi. Per esempio ricordi di quel pomeriggio, quando tra un ordine e l’altro era stato sorpreso da un uomo che aveva fatto il suo ingresso trafelato, accompagnato da dei colleghi. Le loro giacche eleganti erano costellate da piccoli puntini scuri: le prime gocce di pioggia.

Immagine insolita in quel locale. Avevano ordinato quattro caffè lisci, tutti ristretti. Davano un’idea di vitalità e benessere, con un pizzico di stress. “Chissà come dev’essere ricoprire una posizione di rilievo...dev’essere interessante girare, gestire relazioni, svolgere incarichi di responsabilità. Oltre alla buona paga ovviamente” pensava Jacob.

“Potrei anch’io un giorno arrivare lì, sfruttare l’esperienza guadagnata, salire, un gradino alla volta. Potrei aprire una mia attività. O magari un giorno potrei condurre il Moka al posto del vecchio Isaac. Non posso certo restare a fare caffè tutta la vita. O magari sì”.

Altra traccia. Pianoforte. Altro pensiero. Una donna che parla al telefono, a ritmo con la musica. Dolce, come il caffelatte in tazza grande che le aveva servito. Jacob l’aveva addocchiata da un po’, non era una cliente abituale, ma veniva al caffè spesso. La prima volta era entrata con un vestito rosso sgargiante, quasi stonava in un posto come il Moka. Di certo aveva colpito l’attenzione di Jacob. Neanche le aveva viste le altre amiche.

“Zucchero ragazze?” “Sì grazie, prendo una bustina” aveva risposto lei. Sorridendo. Sbam, e tutto il resto del locale aveva perso luce.

Era una di quelle che si siedono dando le spalle alla vetrata. Non aveva bisogno di guardare fuori e perdersi, i suoi occhi castani sapevano bene cosa volevano. Era bella, e sicura di sé. Sarebbe stato un bel colpo trovare il coraggio e invitarla ad uscire.

“Mannaggia alla timidezza” pensò Jacob.

Semaforo rosso. Jacob si ferma. Aspetta. Poi attraversa, strisce bianche e asfalto nero, i passi su nuove note. C’è un flauto, il ritmo rilassato ma imponente lo accompagna nell’ultimo tratto di strada. È una traccia un po’ fuori tema rispetto al resto della playlist. Ma ne ha qualcuna così, scaricata quasi per caso. “Chissà perché?” si chiede tra sé Jacob sorridendo.

E gli viene in mente il tè. Ma certo, è colpa del tè. Anzi, in realtà è colpa del vecchio.

Era veramente un personaggio. L’unico che andava al Moka e ordinava un tè verde. Su un angolo, fronte al bancone, gli occhi a mandorla rivolti verso il tramonto, sulla strada. Veniva più o meno sempre a quell’ora. Volto pacifico, si sedeva in silenzio. Forse a riflettere. La postura e le rughe la dicevano lunga.

Jacob si ritrovava incuriosito. “È amico del vecchio Isaac, ma io non ci ho mai parlato”. Chissà cosa c’era dietro quel leggero sorriso. Da dove veniva, cosa faceva. Sicuramente era gentile e ispirava tranquillità. Ecco, quelle tracce musicali più strane glielo ricordavano.

“Devo farci una chiacchierata prima o poi” si disse Jacob infilando le chiavi nella serratura.

Pausa. Spense l’MP3.

Nel silenzio gambe e piedi erano pesanti per la lunga giornata. Era il momento di una doccia. E poi a letto.

  
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