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Autore: Nikita Danaan    28/01/2023    1 recensioni
[La Bella e la Bestia AU!]
"C’era una volta, tanto tempo fa, uno splendido castello in cui viveva un principe di bell’aspetto. Aveva i capelli neri come le ali dei corvi, occhi profondi e scuri, ma era terribilmente egoista e senza cuore, tanto che una notte una vecchia chiese asilo nel suo castello. Inuyasha – questo era il nome del principe crudele – glielo negò, inorridito dal suo aspetto.
Quest’ultima, adirata, rivelò il suo vero aspetto, ovvero quello di una sacerdotessa nera che aveva venduto l’anima ai demoni per poter acquistare la bellezza e la vita eterna.
Tsubaki, la sacerdotessa, gli disse “Non bisogna mai giudicare una persona dall’aspetto esteriore”."
***
Kagome è una ragazza molto bella che adora leggere. Immergersi nei libri è l'unico modo che conosce per vivere una vita piena di avventure. Un giorno il nonno, mentre si reca ad una esposizione sulla scienza, si perde e finisce prigioniero in un castello. La ragazza lo andrà a cercare ma si imbatterà in una creatura, che tutti definiscono una bestia.
[GLI AGGIORNAMENTI SARANNO LENTI]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Da quel giorno, contro le aspettative di ogni abitante del castello, diretti interessati compresi, Inuyasha e Kagome divennero buoni inquilini. Amici sarebbe stata una parola troppo forte, tuttavia Inuyasha si sta comportando in maniera più gentile e rispettosa sia con la ragazza che con la servitù, seppur in maniera un po’ goffa, però veniva apprezzato il suo provarci.

Inuyasha chiedeva sempre a Miroku aiuto su come poter migliorare e fu proprio il candelabro a dargli l’idea di organizzare un ballo per il suo ventunesimo compleanno, il quale sarebbe stato proprio tra qualche giorno. Tuttavia, per evitare che sembrasse una specie di conto alla rovescia di pessimo gusto, che ricordava non solo al principe ma anche a tutti loro che presto la maledizione sarebbe stata irreversibile, venne deciso dal principe, sempre sotto consiglio di Miroku, di comunicare a tutti quanti che si trattava di un ballo per festeggiare la loro ospite e per riportare gioia in quel maniero, ormai diventato l’ombra di sé stesso e della sua grandezza di un tempo.

La novella si diffuse presto a macchia d’olio nel castello. Tutte le suppellettili si misero all’opera per pulire e preparare ogni stanza, anche quelle che non venivano usate da tempo, per onorare la loro ospite. Nella mente collettiva di ognuno vi era sempre la speranza che lei fosse la loro salvatrice e visti i progressi che stavano avendo lei e Inuyasha quella speranza, da flebile, veniva sempre più alimentata come un fuoco nel camino.

La voce giunse anche alle orecchie di Kagome. «Una festa in mio onore?».

«Sì!» le rispose estasiata Ayame. «L’ha comunicato lui proprio ieri ed ora tutti si stanno dando da fare per preparare tutto!».

«Veramente è stata un’idea di Miroku...» intervenne Sango con il suo solito fare cinico.

«Sì, però ha accettato, è già qualcosa! Un tempo non l’avrebbe sicuramente fatto. Inoltre lui e Kagome stanno facendo passi da gigante, vero Kagome?».

In quel momento a Kagome venne in mente un episodio che avvenne dopo essere stati nella stanza che raffigurava il ratto di Proserpina. Successivamente, avevano fatto una passeggiata nell’enorme giardino esterno alla magione; più che un giardino però era un cumolo di rovi ed erbacce. Le piante avevano le foglie secche e rattrappite, i cespugli lunghe spine affilate come rasoi, gli alberi, o meglio quel che ne rimaneva, erano carcasse morte e i pochi ramoscelli rimasti erano piegati verso il basso.

Quella vista strinse il cuore a Kagome. Data la sua grandezza immaginò che quel luogo un tempo fosse stato bellissimo, ma ormai, esattamente come la facciata del castello, ne rimaneva solo l’involucro esterno triste e trascurato. Tuttavia, nel mentre, Inuyasha si era distanziato per consultarsi con Miroku, il quale gli riferì che fortunatamente una piccola parte del giardino si era salvata, poiché se ne occupava la vecchia Kaede. Essendo solo lei che lo faceva, non poteva occuparsi di tutto l’immenso giardino, tuttavia aveva ricavato una piccola serra in cui coltivava verdure, frutta (così non dovevano richiederle quando facevano scorte di provviste), erbe officinali e persino un piccolo roseto.

Da esso, il candelabro si era occupato di cogliere una rosa rossa, che diede al padrone. «L’apprezzerà sicuramente» gli disse sorridente.

Così il principe si avvicinò lentamente a Kagome, che continuava ad osservare il giardino con sguardo triste.

A Inuyasha si strinse il cuore nel vederla così. Il candelabro, rimasto dietro di lui, simulò un colpo di tosse. La ragazza si voltò verso Inuyasha, credendo fosse stato lui per attirare la sua attenzione, il quale pareva nervoso e non riusciva a guardarla negli occhi.

Abbassando lo sguardo vide che tra le mani teneva una rosa rossa. Inuyasha, deglutendo, le porse la rosa. Kagome sgranò gli occhi sorpresa, e dopo un momento di contemplazione accettò la rosa. Una rosa – realizzò dopo averla osservata meglio – rossa.

Sentì le guance scaldarsi. Non sapeva se lui l’avesse fatto apposta oppure no; per sfuggire dall’imbarazzo, se la portò al naso per annusarla.

Inuyasha ovviamente non era consapevole del significato che aveva la rosa rossa, perciò rimase a osservarla non capendo il perché della sua strana reazione. Tuttavia non sembrava essersi offesa o arrabbiata e ciò lo rassicurò.

«Non proprio da gigante, però devo ammettere che almeno ci sta provando» sussurrò. Sembrava quasi in imbarazzo. Imbarazzo che non sfuggì ad Ayame, la quale prima osservò la rosa nel vaso appoggiato sul comò di fronte al letto, per poi tornare ad osservare, sorridendo maliziosa, la giovane seduta per terra, abitudine che aveva acquisito quando dormiva per terra e che non aveva perso, anche se ora dormiva sul letto.

Sango roteò gli occhi sbuffando. Anche lei aveva assistito a quella scena, infatti, mentre lei osservava Kagome e Inuyasha da lontano, era di fianco a Miroku, che rideva sotto i baffi in maniera malandrina.

Allora le si avvicinò per chiedergliene il motivo. Lui si limitò a indicare la rosa rossa in mano a Kagome e la scopa intuì che non era stato un regalo nato dall’iniziativa del principe. Ad oscurarle la visuale ci pensò un’altra rosa rossa, che le stava porgendo il candelabro.

«Per te» le disse sorridendole.

Lì per lì, Sango rimane interdetta perché non se l’aspettava, ma Miroku rovinò tutto, decidendo di toccarla con l’altro manico del candelabro che non reggeva la rosa dove un tempo ci sarebbe stato il suo sedere.

Infuriata, gli ficcò la rosa in bocca e se ne andò stizzita. Anche con la maledizione quel pervertito non aveva perso le sue abitudini. Già prima, quando ancora erano umani, lui le faceva avances che lei aveva sempre respinto, soprattutto quelle fisiche. Con la maledizione aveva smesso, forse non sentendosi più sicuro di sé come un tempo in quella nuova forma non gradita, e lì Sango aveva potuto apprezzare i suoi pregi: il fatto che fosse molto intelligente, gentile con tutti specie con Shippo e suo fratello, e a modo suo anche simpatico.

Non aveva poi scordato il suo atto di altruismo nei confronti del signor Higurashi e di quanto avesse rischiato anche per aiutare Kagome. Tutto sommato sapeva che Miroku era una brava persona. Se solo si fosse tolto quel brutto vizio di allungare le “mani”.

Perché in fondo sotto sotto era stata felice quando le aveva porto quella rosa.

 

Kagome si sarebbe dovuta sentire in colpa.

Inuyasha sembrava sinceramente intenzionato a mantenere la sua parola, tuttavia non poteva scordare il fatto che aveva rinchiuso suo nonno in quella cella buia. L’aveva odiato così tanto. All’inizio era stata mossa dall’odio, che poi venne sostituito dalla rassegnazione per il fatto che non avrebbe mai più potuto andarsene da quel luogo divenuto la sua prigione. Ciò nonostante aveva giurato di non farsi vedere mai debole dal suo carceriere, di fronteggiarlo sempre a testa alta anche se non poteva combatterlo, e questo le aveva dato un minimo di forza per andare avanti.

La sua richiesta di poter avere una seconda chance l’aveva colta in fallo. Non solo perché non sapeva come avrebbe dovuto rispondere, ma da un lato, se avesse accettato, una parte di lei le continuava a dirle che voleva fregarla. Avrebbe dovuto continuare a odiarlo, anche se il nonno le aveva sempre insegnato che l’odio non porta da nessuna parte e che ne genera solo dell’altro, portando solo dolore a chi lo prova e anche alla persona odiata. Lei non aveva mai odiato nessuno, nemmeno Koga, ma in una situazione del genere come avrebbe potuto non provarlo?

Tuttavia, la sua indole non era stata annullata e nonostante tutto aveva voluto provare a fare un tentativo, vedere se veramente una bestia sapeva mantenere la sua parola.

Nel mentre che camminava nel corridoio rimuginando su tutte queste cose, sentì delle vocine parlottare tra di loro «Non riesco a sollevare questo sacco!».

«Maledizione, e ora come facciamo? Se il principe ci vede qua a cincischiare, si infurierà!».

Erano due suppellettili: un mestolo da cucina e una schiumarola.

«Ora però mi sembra più tranquillo da quando ha stretto una tregua con la ragazza...» disse la schiumarola.

«E tu ci credi anche? Fidati, appena ne avrà l’occasione non solo farà del male a lei ma tornerà a essere dispotico come prima, anzi forse ancora più di prima se non ci sbrighiamo a portare questi sacchi!».

I due utensili infatti stavano provando a sollevare due sacchi di farina, ma invano. Kagome si chiedeva il motivo per il quale fossero stati scelti quei due utensili per un simile compito, che richiedeva una notevole forza fisica.

Si avvicinò a loro. «Posso esservi d’aiuto?»

Per quanto fosse minuta, aiutava spesso il nonno quando doveva montare e smontare i suoi marchingegni, ma anche se non fosse stato così voleva aiutarli.

I due si guardarono nervosi. Li aveva sicuramente sentiti parlare male del principe. E se gli avesse riferito tutto?

La ragazza, credendo che la loro perplessità fosse riguardo il suo aspetto, li rassicurò «Sembro gracile, ma in realtà sono più forte di quanto sembro.»

La schiumarola si affrettò a spiegarsi «No, non pensavamo a quello. Temevano volessi dire al principe che stavamo battendo la fiacca.»

Kagome li guardò sgranando gli occhi «E perché mai dovrei farlo? Anche perché poi non mi sembra lo stiate facendo e anche se fosse non lo farei mai.»

I due guardarono la ragazza con occhi sgranati, poi si riguardarono tra di loro e inchinandosi dissero all’unisono «Scusaci se abbiamo pensato male di te!»

«Ma no, non serve scusarsi.» disse facendo un gesto noncurante con la mano «Dai, ora vi aiuto!»

La ragazza si chinò e fece per raccogliere uno dei due sacchi, solo che non ci riuscì. Erano veramente troppo pesanti. Mentre cercava di pensare a come fare, sentì dei passi dietro di lei.

«Che succede qui?»

La voce era inconfondibile. Il mescolo e la schiumarola si nascosero dietro la ragazza e si strinsero spaventati. Kagome invece si girò normalmente e si trovò davanti Inuyasha. «Stavo aiutando...» si rigirò e chiese «...come vi chiamate?».

«I-io sono Shion.» disse timorosamente la schiumarola.

«E io sono Asagi*.» disse il mestolo con tono diffidente.

«Molto piacere, io sono Kagome» si presentò la giovane, sorridendogli.

Intanto Inuyasha osservava la scena in silenzio. Si era avvicinato perché era sinceramente curioso di sapere cosa stesse facendo la ragazza, anche perché l’aveva vista chinarsi per terra per raccogliere qualcosa. Ora che era più vicino a lei vide che indossava un abito verde scuro dalla lunga gonna a campana. Il bustino era chiuso da tre bottoni dorati. Sotto portava una camicia bianca a balze bianca e i lunghi capelli neri erano legati in uno chignon.

Non si intendeva di moda, però pensò che le stesse molto bene.

Era la prima volta che la vedeva coi capelli legati. Le lasciavano il bel collo affusolato.

Scosse la testa scacciando via quei pensieri. “Ma cosa diavolo mi è preso?”.

Sperando che nessuno se ne fosse accorto, soprattutto la diretta interessata, cercò di fare finta di nulla spostando lo sguardo sui due utensili. Erano visibilmente impauriti dalla sua presenza.

“Certo, cosa mi aspettavo? Che bastasse così a cancellare anni di soprusi e cattiverie da parte mia?”.

Kagome, finito di presentarsi ai due bambini – i due infatti le avevano raccontato che erano fratelli ed avevano rispettivamente 8 e 10 anni* prima della maledizione –, si voltò nuovamente verso Inuyasha.

«Volevo aiutarli a portare questi sacchi, ma a quanto pare sono più pesanti di quanto pensassi.» finì la sua spiegazione con una risatina imbarazzata.

Inuyasha le si avvicinò e caricò i due sacchi sulle spalle senza batter ciglio. Abbassò lo sguardo verso i due «Vanno portati nelle cucine immagino.»

I due fratelli si limitarono ad annuire basiti.

«Posso aiutarvi nel portare qualcos’altro?».

Visto che Shion non riusciva a parlare dallo shock, Asagi prese la parola. «C’è della frutta da portare.»

«Va bene, per quella non dovrei avere problemi. Fammi strada. Shion, tu scorta...» dopo un attimo di esitazione disse «...il principe nelle cucine, per favore.»

Shion e Asagi non credevano ai loro occhi. Quella ragazza era davvero gentile, mentre per quanto riguardava il principe Inuyasha non solo non si era arrabbiato con loro, ma aveva sollevati i sacchi come se nulla fosse intenzionato a portarli lui stesso.

Forse il principe tiranno stava davvero cercando di cambiare.

 

Alla fine Inuyasha e Kagome aiutarono Shion e Asagi a portare altre cose che servivano per i preparativi della festa oltre alle cibarie.

Inuyasha per una volta fu grato alla sua maledizione che gli aveva conferito una forza sovrumana con la quale poteva aiutare a spostare molte cose insieme. Non essendo bravo con le parole, poteva cercare di farsi perdonare almeno nelle attività manuali.

Mentre lui e Kagome sistemavano la frutta nei panieri, disse tra sé e sé senza neanche pensarci «Tutto sommato, questa maledizione mi è utile...»

«Mhm?» mugugnò Kagome, per poi voltarsi verso di lui.

«No, nulla. Stavo solo pensando ad alta voce.»

Vedendo però che la ragazza lo osservava, come se si aspettasse che continuasse a parlare, disse «Finora, ho sempre pensato che questa maledizione fosse la cosa peggiore che mi fosse mai capitata. Cioè lo penso ancora, però ho notato che non mi è costata fatica sollevare quei sacchi. Molto probabilmente prima non ci sarei mai riuscito.»

La ragazza rimase un attimo in silenzio. Poi posò le due mele che teneva in mano nel cestino e disse «Una volta lessi in un libro questa teoria. In tutti noi convivono sia bene che male.»

Prese una delle due mele, afferrò un coltello e con esso la divise a metà. Prese uno dei semi e lo mostrò a Inuyasha «Questa mela ha un bell’aspetto perché è appena stata colta. Inoltre, ha un buon sapore e fa bene alla salute, ma dentro ha questi semi che inseriti in gran quantità possono portare alla morte, poiché contengono del cianuro. Anche gli esseri umani sono così: possono fare sia del bene che del male. Il segreto sta nel saperle bilanciare, ma siamo noi che scegliamo se fare del bene o avvelenare il nostro prossimo.»

Aprì il palmo di una mano di Inuyasha, ci poggiò dentro il seme e tornò a guardarlo «Sei tu a dover scegliere se vuoi che prevalga il tuo lato umano oppure quello bestiale, ma essi erano già dentro di te prima della maledizione. È questa la condizione umana: bene e male. Se in lotta tra di loro portano al caos. Se invece sono in equilibrio portano all’armonia. Sta a noi capire come tenerli in equilibrio.»

Gli chiuse la mano e tornò a lavorare.

Durante tutto il discorso, Inuyasha l’aveva ascoltata attentamente e ad occhi sgranati. Riaprì la mano e osservò il seme. Si chiese come facesse quella ragazza a sapere così tante cose, poi si ricordò che aveva detto che l’aveva letto. Un po’ rimpianse il suo non aver voluto avere una buona istruzione, ma sentì che non era solo quello.

Kagome era un’anima bella. Sensibile, pura di cuore, era gentile e trattava bene tutti. Aveva dato una possibilità persino a lui. Non era solo la sua intelligenza o la sua bellezza esteriore a renderla una persona meravigliosa.

Non meritava tutto quello che le aveva fatto passare.

Lavorarono tutta la giornata. Quando Kagome faceva per prendere delle cose visibilmente troppo pesante per lei, si fiondava a prenderle e a metterle nel posto dove dovevano stare. Kagome faceva finta di arrabbiarsi e si lamentava, ma in realtà le faceva piacere il fatto che aiutasse non solo lei ma anche gli altri.

Una forchetta doveva mettere il sale nello scaffale più in alto? Inuyasha lo metteva apposto per lei.

La vecchia Kaede aveva bisogno di altre erbe per condire i pasti? Inuyasha andava a prenderle nella serra.

Sango e le altre scope dovevano portare via il pattume con dentro tutto lo sporco che avevano tolto dalle varie stanze? Inuyasha li caricava sulle spalle come aveva fatto con i sacchi di farina e li buttava via sotto gli occhi di un’incredula Sango, la quale non l’avesse visto coi suoi stessi occhi lavorare non ci avrebbe mai creduto.

Kagome aveva osservato per tutto il giorno Inuyasha, che si prodigava nell’aiutare e mentre finiva di mettere in ordine la cucina osservando Inuyasha che sollevava il piccolo Shippo per fargli mettere qualcosa dentro la credenza – da quando aveva tolto di mano alla bambina-forchetta il sale, gli altri bambini-suppellettili avevano richiesto a gran voce che non gli venissero tolti gli oggetti di mano, così si era trovato come compromesso Inuyasha che doveva solo sollevare i bambini e che sarebbero stati loro a mettere l’oggetto nel suo posto – realizzò che aveva assistito a quella che sembrava una tranquilla giornata in famiglia. Una famiglia molto numerosa.

Infatti, i bambini si erano avvicinati a Inuyasha senza paura sia dopo esser stati rassicurati dal racconto di Shion e Asagi sui sacchi di farina, sia dopo averlo visto aiutare la forchetta. Inoltre, vide inuyasha sinceramente contento e desideroso di aiutare gli altri, quindi Kagome pensò che non lo stesse facendo solo per ingraziarsi la sua fiducia e ciò la rese molto felice.

Mentre rimetteva giù Shippo, Inuyasha voltò la testa a osservare Kagome, che si asciugava col polso il sudore dalla fronte. Per lavorare infatti si era tirata su le maniche della camicia e aveva tirato su la gonna usando due mollettoni per il bucato.

Non si era tirata indietro davanti a nessuno dei compiti facendo anche più di quanto le veniva richiesto, non lamentandosi mai e anzi essendo gentile con tutti, chiedendo anche ad ognuno il proprio nome ridonando a loro un’identità, che avevano perso con quel maledetto sortilegio.

Kagome si era guadagnata la stima, e non più solo la compassione, di tutti i domestici. Ormai la vedevano non più come una vittima, ma come una di loro.

Erano ovviamente più ritrosi nel rapportarsi a lui, però sembravano meno sulla difensiva rispetto a prima.

Fu in quell’istante che Inuyasha realizzò che, fino a quel momento, si era solamente concentrato sui lati negativi della sua condizione, ma non avrebbe mai potuto immaginare il fatto che poteva usarla anche per aiutare e fare del bene.

Ripensando alle parole di Kagome, si disse che se la sua forza poteva essere usata per rimediare ai suoi errori allora l’avrebbe fatto.

Si sarebbe riscattato non solo agli occhi dei suoi domestici – d’ora in poi non li avrebbe più considerati come dei servi – ma anche agli occhi di Kagome.

“Soprattutto ai suoi occhi.”

 

«Ora puoi aprirli.»

Kagome fece come gli era stato detto. Sbattè per un attimo le ciglia, ma non appena tornò a riabituarsi alla luce rimase senza fiato.

Si trovò davanti una biblioteca mastodontica*. Le colonne riprendevano quello stesso stile barocco che caratterizzava le sale del palazzo. Gli scaffali, alti almeno venti metri, erano in legno laccato, le colonne che li sorreggevano presentavano dei capitelli ionici, con volute enormi, e corinzi. Questi ultimi avevano delle decorazioni realizzate così meticolosamente fin nei minimi dettagli dal sembrare foglie vere.

Alzando ancora di più la testa, Kagome vide un gruppo scultoreo: tra esse riconobbe Minerva, dea della saggezza, su una quadriga. Sulle ali laterali invece vide due globi, uno retto da Atlante, il titano che sorregge la Terra, e uno invece affiancato da una figura femminile che non riconobbe.

Rimaneva sempre affascinata dalla conoscenza che doveva avere l’architetto della mitologia greca e della sua immensa bravura artistica.

Aveva chiesto al vecchio Myoga chi fosse stato l’architetto che aveva costruito il castello, ma né lui né, gli disse, il suo precedente signore, ovvero il padre di Inuyasha, sapevano chi fosse stato.

Sul soffitto invece erano presenti degli affreschi ritraenti quelle che Kagome ipotizzò fossero figure del passato. In particolare la colpì un uomo al centro della composizione, il quale vestiva con una veste nobiliare. Sulle spalle portava una pelliccia bianca, immacolata come la sua lunga chioma albina raccolta in una coda. Gli occhi erano profondi e neri come la pece.

«Quell’uomo era mio padre.» gli spiegò Inuyasha, vedendola osservare la figura centrale dell’affresco.

«Davvero?»

«Sì. Era il precedente signore del castello e delle terre circostanti. Fu il vecchio Myoga a insistere che venisse rappresentato. Mio padre non voleva. Prima al suo posto penso ci fosse qualcun altro, forse un nostro antenato che a quanto pare era albino, infatti è per quello che ha i capelli bianchi. Non riuscirono a coprire il colore precedente e per fortuna che i lineamenti erano molto simili.»

Quella era una delle poche cose che si ricordava dalle lezioni col vecchio Myoga.

«Da piccolo volevo essere come lui. Col tempo sono diventato tutto ciò che lui non avrebbe mai approvato. Mio padre era un uomo straordinario: era saggio, uno stratega eccellente. Il vecchio Myoga sosteneva che oltre ad essere un combattente inviabile era allo stesso tempo leale con i suoi avversari, un ottimo signore ma anche autoritario, perciò voleva darmi un’educazione ferrea in modo che un domani sarei stato perfettamente in grado di prendere il suo posto. Quindi mi fece seguire delle lezioni con Myoga su tutte le materie, che a detta sua, erano indispensabili per essere un buon principe. Lui non era un re, però è come se lo fosse per queste terre e per gli abitanti di questo castello, quindi fin da quando sono piccolo tutti mi hanno sempre chiamato principe.»

Ormai era nel pieno del fiume dei ricordi, così, dopo aver constatato che Kagome lo stava ascoltando, riprese il suo racconto.

«Crescendo, però, ero diventato insofferente alle regole. Inoltre, credevo che la sua eredità mi fosse già dovuta e quindi studiare per me era una perdita di tempo. Quindi iniziai a comportarmi in maniera arrogante con tutti per questo. Mio padre è morto lasciando il suo maniero, le sue terre e i suoi fedeli domestici nelle mie mani, ma se solo sapere quello che ho fatto...»

Si pensò ripensando al fatto che avesse sfidato una sacerdotessa nera, condannando tutti a una maledizione che li broccava per sempre lì in una forma che non gli apparteneva. Se potesse vederlo ne sarebbe stato tremendamente deluso, quindi per certi versi era meglio che non ci fosse più.

Che ragazzino sciocco che era stato...

Kagome non sapeva come replicare a tale confessione. Era la prima volta che Inuyasha si apriva così tanto raccontandogli il suo passato, cosa che non si sarebbe mai aspettata. Non sembrava averlo fatto per impietosirla, quanto per sfogarsi probabilmente.

Ritenendo inutile parlare, poiché qualunque cosa avesse detto sarebbe stata futile, si limitò ad accarezzargli leggermente il braccio.

Quel contatto, seppur delicato, fece trasalire Inuyasha, che non se lo aspettava. Si voltò di scatto verso di lei, la quale, temendo di averlo infastidito, si scostò. Inuyasha schioccò la lingua. Non voleva che si scostaste.

La ragazza cambiò argomento, salvandolo inconsapevolmente da quell’impasse. «Gli occhi sono stati coperti, vero? Gli albini di solito ce li hanno rossi.»

«Esatto. Per fortuna che mio padre aveva gli occhi neri, così è stato facile coprirli. Appena vide il risultato finale però si arrabbiò moltissimo, ma ormai era tardi. I domestici l’avevano fatto perché lo stimavano profondamente, però a lui non importavano questo tipo di cose.»

Kagome gli chiede dopo un attimo di silenzio. «Tu invece? Hai un ritratto di com’eri prima?»

Inuyasha indugiò per poi dire «No.» ma dal fatto che avesse esitato e dal modo in cui aveva distolto lo sguardo Kagome intuì che le aveva mentito, tuttavia decise di far finta di nulla. Era comprensibile che non volesse ricordare e di conseguenza rivedere una sua rappresentazione com’era prima.

Lei intanto si era messa a sfogliare i libri, prendendo quelli che dai titoli ricollegò a storie che aveva già letto, facendo attenzione a non rovinarli. Una parte di sé aveva un timore reverenziale nel toccarli. Dovevano essere tutti libri dalla fattura pregiatissima, vecchi di svariati decenni se non secoli. Dall’altro era allo stesso tempo curiosa di vedere come fossero anche all’interno libri di quel calibro. Non ne aveva mai visti di così: per quanto anche la libreria del signor Totosai fosse piuttosto antica e ben fornita, pur essendo piccola, non si poteva minimamente paragonare a quella.

«I miei genitori sono morti quando lei era molto piccola. Non ho alcun ricordo di loro. Mi ha cresciuta mio nonno, a cui voglio un bene dell’anima e che ha fatto il possibile per educarmi e farmi crescere nella maniera migliore possibile, facendo i salti mortali, visto che non abbiamo mai navigato nell’oro. Ha fatto tutti i lavori possibili quando ero piccola, e così ho fatto anch’io appena sono stata abbastanza grande, nonostante nel villaggio fossimo visti come lo scienziato svitato e la nipote dello svitato. Si fermò per qualche istante riprendendo fiato, per poi terminare dicendo Tuttavia ogni tanto penso al fatto che avrei tanto voluto conoscerli.»

Visto che lui le aveva parlato di suo padre, le venne quasi naturale raccontarle quelle cose sul suo passato.

Dal canto suo, Inuyasha era molto dispiaciuto per lei e ancora una volta si rese conto di quanto le avesse fatto del male privandola del nonno. Dal suo tono sentì che era sinceramente affranta per non aver mai conosciuto i suoi e per la mancanza del nonno, che per lei era più come un padre. Non sapeva cosa dirle. Non si sentiva neanche di provare a consolarla toccandola, come aveva provato a fare lei: un po’ perché dopo quel momento ne erano usciti visibilmente a disagio entrambi, dall’altro perché non osava neanche immaginarsi un ipotetico scenario, in cui le sue mani sfioravano la sua pelle delicata e candida come neve.

Ci sono situazioni in cui parlare è inutile per cui rimase in silenzio.

Kagome lo osservò realizzando che piano piano in quei giorni, in particolare quel pomeriggio, si sono avvicinati molto e ciò le aveva fatto veramente piacere. Non sapeva nemmeno lei razionalmente perché: era contenta di vedere che forse la sua fiducia non era stata malriposta, ma non pensava che ne sarebbe stata così tanto felice e ciò le provocava sensazioni contrastanti.

«Io volevo rimanere qua a leggere un po’.» disse Kagome, rompendo il silenzio che si era creato.

Inuyasha fece per andarsene. Capiva perfettamente il suo desiderio di stare da sola. Finalmente era in un luogo che le piaceva, vista la sua passione per i libri.

“E poi si sarà stufata di vedere la mia brutta faccia.”

Nonostante quelle sensazioni conflittuali però una emerse tra le altre, ovvero che non le dispiaceva stare con lui, così in un impeto esclamò «Vuoi rimanere?» si trattenne dal dire quel con me che le spingeva sulla lingua in maniera troppo insistente.

Lui si girò sconvolto da quella richiesta.

Voleva stare ancora con lui!

Tale realizzazione lo rese più felice del previsto. Cercando di contenere il suo entusiasmo, si limitò per tutta risposta ad annuire.

Si sedettero su due poltrone, le quali erano posizionate vicine l’una all’altra. Nessuno sentì il bisogno di spostarle. Kagome aprì il libro che aveva preso dalla libreria e lo mise al centro in modo che potessero leggerlo entrambi.

«Vuoi iniziare a leggere tu?» domandò Kagome. Inuyasha avrebbe preferito cominciasse lei, però non aveva il coraggio di farglielo notare, così iniziò a leggere senza protestare.

La sua lettura era incerta. Si vedeva che aveva una lieve infarinatura delle parole più semplici, ma molto spesso si fermava, leggeva una parola, e seppur continuasse andare ad andare avanti, si vedeva dalla sua faccia che non capiva quello che aveva appena letto.

Kagome fece per interromperlo, ma, vedendo che Inuyasha si stava sforzando con tutto sé stesso di soddisfare quella sua semplice richiesta, cambiò idea.

Avvicinandosi maggiormente a lui, si mise con calma a spiegargli ogni parola che non capiva. Se vedeva che un concetto era espresso in maniera troppo complessa, glielo rispiegava usando parole più facili o anche esempi, però lasciava che fosse Inuyasha a leggere.

Dopo una decina di minuti avevano letto solo una pagina, ma non le pesava. Ci tenne a dirlo subito a Inuyasha in modo che non si sentisse in colpa. Andando con calma vedeva che visibilmente era meno incerto nella lettura e piano piano acquisì più sicurezza.

Inoltre, essendo vicini, leggeva a bassa voce. Kagome non credeva che l’avrebbe mai pensato, però la voce di Inuyasha la stava rilassando.

Per quanto riguardava Inuyasha, sentiva, anche a causa dei suoi sensi amplificati da demone, ogni singolo rumore: dal semplice sfiorarsi delle loro spalle al più leggero dei respiri di Kagome e ciò minava parecchio la sua concentrazione.

Addirittura temette di non farcela quando la ragazza sfiorò la sua mano con la sua per indicare un’illustrazione. Era così vicina, così tanto dal sentire il suo alito sul collo e il suo odore.

Profumava di mele. Quale ironia!

Per un attimo desiderò affondare il naso nel suo collo, accarezzarle quei lunghi capelli corvini che quando li vedeva svolazzare nell’aria rimaneva sempre a osservarli incantato, sentendo nel mentre le mani prudergli.

Non si era mai sentito così fino a quel momento. Quelle sensazioni erano nuove per lui, e per quanto lo cogliessero alla sprovvista, lo facevano stare così bene.

D’altro canto Kagome, oltre alla realizzazione sulla voce di Inuyasha, essendo seduta alla sua destra, poteva vedere il suo viso solo di profilo. Notò che aveva un naso dritto, il viso, seppur dagli zigomi e la mascella marcati, affusolato, il collo robusto.

Nel sfiorarlo di tanto in tanto, aveva scorto le sue mani, e per quanto gli artigli la intimorissero ancora, notò che le sue dite erano molto lunghe.

Le orecchie poi quando si muovevano freneticamente per captare ogni singolo suono erano adorabili! Una parte estremamente infantile di lei voleva toccarle con tutta sé stessa, ma si disse che non era il caso.

“Decisamente no.”

In più, dopo un primo momento di iniziale perplessità, non si sentì minacciata neanche una volta dalla sua vicinanza. Inoltre lo vedeva desideroso di imparare, infatti gli poneva tante domande a cui lei era ben lieta di rispondere.

A un certo punto sentì le palpebre chiudersi sempre più spesso. Si disse che avrebbe riposato solo per qualche secondo gli occhi.

“Solo un attimo.”

Inuyasha, sentendo il respiro di Kagome fattosi più pesante, si voltò e la vide addormentata con la testa sulla sua spalla.

Stette per svegliarla ma vederla dormire così serena senza sentire l’odore delle sue lacrime, come era successo notti prima, gli riempì il cuore di gioia. Chiuse piano il libro per evitare di fare un rumore che l’avrebbe potuta svegliare, per poi scostarle dolcemente i capelli che le erano caduti davanti al viso, prenderla in braccio e portarla in camera sua.

Dopo aver avuto qualche difficoltà nell’aprire la porta con una mano sola, la posò delicatamente sul letto e le sistemò la frangetta che le copriva gli occhi.

Nel buio poteva vederla mentre dormiva serenamente. Il volto disteso, le mani delicate giunte in grembo, le labbra carnose leggermente socchiuse...

Si chinò verso di esse. Erano come calamite che lo attraevano.

Appena realizzò ciò che stava per fare, si fermò di botto. Stringendo i pugni uscì dalla stanza, appoggiandosi alla porta. Era confuso, non capiva perché si stava chinando verso di lei. Verso le sue labbra.

“Io stavo...stavo per baciare Kagome. Io...” e qua si portò una mano alla bocca mentre realizzava.

“Io volevo baciarla.”
 

Angolo dell’autrice

*Shion e Asagi: omaggio al quarto film di Inuyasha. Sono due dei bambini dell’isola, non mi ricordo se venivano dette nel dubbio le loro età, che vengono dette loro, le ho inventate di sana pianta. Li ho resi fratelli, anche se al momento non mi sovviene se lo erano oppure no. Nel dubbio anche questa è una mia libertà.

*Biblioteca mastodontica: mi sono ispirata con le dovute accortezze alla Bibilioteca Nazionale di Vienna per descriverla. Mi ricordavo fosse quella che ha ispirato la Bella e la Bestia ma guardando adesso (e non prima perché sono una pirla!) mi sa che mi sono sbagliata ed era un’altra. Nel dubbio ce la teniamo così; l’importante era avere una bella biblioteca barocca e gargantuesca.

"Mi è sempre piaciuto l'aggettivo gargantuesco. Succede raramente di poterlo usare in una frase"

E con questa citazione a Kill Bill, film che amo alla follia, annuncio il ritorno dopo millenni di questa storia!

Chiedo davvero scusa, ma gli impegni, leggasi l’università, mi impediscono di dedicarmi tanto quanto vorrei a questa storia e in generale a scrivere.

Per farmi perdonare, ho passato la giornata a scrivere il più possibile e sono venute fuori 15 pagine di Word! È un capitolo molto più lungo del solito però per farmi perdonare ci sta secondo me ;)

Fatemi sapere che ne pensate, oggi più che mai perché è il mio compleanno (anche se tra un'ora ormai è finito però gli auguri li accetto comunque, eh! Meglio in ritardo che in anticipo <3).

Alla prossima!

Nikita 

P.S. Ho cambiato le virgolette in questo capitolo. Ho usato le caporali per i dialoghi mentre le alte doppie per i pensieri, come fanno per i libri "seri". Quando farò la revisione di questa storia (ovvero tra mooolto tempo) cambierò tutto. D'ora in poi saranno così anche per tutte le altre mie storie. (Le vecchie le lascerò stare, perché altrimenti "muoro" cit.)

   
 
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