Anime & Manga > Occhi di gatto/Cat's Eye
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Autore: crisalide_bianca    29/01/2023    1 recensioni
Dopo essersi allontanate dal Giappone per mesi, nuove scoperte e nuovi pericoli chiamano in madrepatria le sorelle Kisugi. Hitomi, Rui, e Ai (la banda Occhi di gatto) hanno infatti trovato una nuova pista nella ricerca del padre scomparso, ma gli artefatti rischiano di andare perduti per sempre a causa di un nuovo, temibile nucleo criminale. Personaggi e dipinti inediti si uniranno alla storia originale di Tsukasa Hōjō per dare vita al seguito delle avventure delle ladre più famose degli anni '80.
Essendo una storia ispirata al manga e non alla serie animata, i nomi dei personaggi saranno quelli originali in giapponese.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kelly Tashikel, Matthew Hisman, Nuovo personaggio, Sheila Tashikel, Tati Tashikel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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-“Siamo arrivati a destinazione, signorina.” L’autista avvisò la donna.
-“La ringrazio.” Scese dal mezzo di lusso dopo che le fu aperta la poriera, e guardò davanti a sé: il grande palazzo Fukuda si stagliava nella sua sobria e moderna imponenza. A raggiungerla in un batter d’occhio fu un assistente sulla quarantina ben curato nel vestire e cordiale nei modi, il quale la invitò all’interno e le fece strada verso un ascensore nel grande pianterreno. Una volta che entrambi furono entrati, egli scelse dove farlo fermare: Rui, nell’osservare i tasti, non fu sorpresa di notare l’assenza del numero quattro *, segnato con la cifra successiva, che segnalava proprio il piano di suo interesse: “La scaramanzia questa sera avrà un senso, quantomeno.” Sorrise, tra sé e sé, pensando al colpo che lei e le sorelle avrebbero inflitto all’imprenditore.
-“Prego.” Le venne aperta la porta che la affacciava ad una grande ed elegantissima sala di ricevimento, in fondo alla quale vide il giovane proprietario, Yuito Fukuda, maneggiare delle fresche bottiglie di vino all’interno di un secchio di ghiaccio. L’uomo si voltò subito ad ammirarla, incantato: notò la sua camicetta bianca dalle sottili trame floreali, con un’importante, ma per nulla volgare scollatura; la fine dell’indumento era inserito delicatamente all’interno della morbida gonna nera che la cingeva dai fianchi alle ginocchia, rivelando parte delle lunghe gambe; il collo e le orecchie, invece, erano adornati da gioielli in perla, mentre dalla spalla le scendeva una borsetta elegante in pelle nera.
-“Buonasera, signor Fukuda.” Lo salutò, scrutando altrettanto la sua raffinatezza rappresentata da una camicia celeste e pantaloni da completo, un orologio vistoso e chioma sistemata ad arte dal gel. Sul suo volto squadrato e perfettamente rasato comparve una curva di contentezza.
-“Signorina Kisugi, si accomodi. Rosso o bianco?” Aveva capito che la troppa confidenza data fino a quel momento con lei non funzionava e Rui lo notò immediatamente.
-“Mi sorprenda.” Ordinò con compostezza.
-“Le propongo questo Merlot, direttamente dal uno dei miei ultimi investimenti, la Cantina Suntory Tominooka, ai piedi del Monte Fuji.” Le porse il calice e per prima cosa la donna ne sentì il profumo.
-“Mi sembra una buona scelta. Non sempre i vini più costosi e appariscenti sono quelli più adatti ad ogni occasione. È un appassionato, quindi?” Rui roteando delicatamente il bicchiere, fece infrangere piccole onde d’uva sulle piccole pareti di vetro.
-“Sì, molto. Mi piacerebbe essere un pioniere in questo ambito. Vede, entro un anno al massimo ho intenzione di creare qualcosa di mai visto prima sulla produzione vinicola locale.”
-“Ah sì? Ne sembra entusiasta, di che cosa si tratta?”
-“C’entra la stazione dei treni di Shiojiri, nella prefettura di Nagano. Ma non posso dire di più.” Si atteggiò con aria volutamente misteriosa.
-“Santo cielo, prima la formalità e la galanteria, poi il vino di sua produzione invece di quello industriale, ed in fine un piccolo segreto sulla sua fantastica, meravigliosa, superlativa attività lavorativa… quest’uomo si è letteralmente mangiato un manuale di seduzione prima di questo appuntamento, al cento per cento.” Dall’auricolare di Rui, la voce di Ai suonava come un invito a ridere in faccia al padrone di casa, ma forte di un invidiabile autocontrollo, la donna resistette.
-“Capisco.” Assaggiò il prodotto delle vigne dell’imprenditore, che aspettava con ansia il suo giudizio. “Gradevole, non c’è che dire.” Quel complimento non sembrò riempire totalmente l’ego del giovane: “G… gradevole?” si domandava. “C’è qualcosa che sorprenda questa donna?”. Si rassegnò sul tema e continuò.
-“Bene. Abbiamo ancora un po’ di tempo prima di andare a cena, può sedersi qui.” Le indicò uno dei due divanetti in pelle posti uno di fronte all’altro, divisi da un tavolino. “Mi dica, quali sono i suoi interessi?”
-“Oh, oltre alla mia attività al bar con le mie sorelle ho ben poco a cui dedicarmi. Però, sa, sono una grande appassionata di arte e di storia, leggo molto a riguardo e nel mio tempo libero cerco di vedere più mostre che posso.” Mandò giù un sorso, mentre gli occhi di Yuito si illuminarono.
-“È il suo giorno fortunato, mademoiselle.” Si alzò in piedi con malcelato entusiasmo e posò il calice vuoto sul tavolo. “Posso avere l’onore di accompagnarla tra le sale del mio museo privato?” Le porse la mano, e Rui sorrise entusiasta.
-“Quindi la collezione privata Fukuda non è di un suo omonimo, è davvero sua?” Si finse sorpresa, per accontentare quel desiderio di far colpo.
-“Certamente.” Le porse la mano, per invitarla ad alzarsi.
-“Quale onore, molto volentieri.” Lo assecondò, soddisfatta.
 
-“Hitomi! Hitomi!” Ai scese velocemente le scale per raggiungere la sorella, alle prese con le ultime pulizie del locale: mancava ancora del tempo alla chiusura, ma, considerato lo scarso numero di clienti, si portò avanti, prima di doversi precipitare al Palazzo Fukuda.
-“Che succede, Ai?” Si preoccupò. La giovane abbassò il tono della voce non appena si trovò vicino alla maggiore.
-“Ho perso il segnale, non sento più Rui da quando ha preso l’ascensore per il piano del museo. Ci deve essere un disturbatore di frequenze, che facciamo?”
-“Intanto manteniamo la calma. È probabile che sia un dispositivo di sicurezza fatto installare da Fukuda in vista dell’imminente furto, se fosse davvero in pericolo avrebbe attivato la perla-localizzatore, non ti pare?” Disse, mentre puliva alcune posate.
-“Sì, hai ragione. Senti un po’, visto che non c’è nessuno e abbiamo un po’ di tempo… mi dici cosa ne pensi della Gatta Nera? Tempo fa l’hai affrontata, giusto?”
-“Sì, è stato davvero difficile. Che cosa vuoi sapere in particolare?”
-“Non lo so, ultimamente non si è più fatta viva, non capisco quale sia il suo gioco. Io mi sono limitata a metterle i bastoni fra le ruote per evitarne la fuga…” Posò i gomiti sul bancone e il viso si appoggiò sulle mani.
-“Nemmeno io lo comprendo, ma è un bene che non giri più così tanto intorno a noi, credimi. Non è stato affatto facile.”
-“Però così mi dà l’impressione di poter comparire in una nostra missione da un momento all’altro, è snervante.”
-“Non posso darti torto. Dopotutto noi abbiamo un nostro codice: avvisiamo la polizia, non facciamo del male a nessuno, non usiamo armi che possano nuocere; mentre lei, al contrario, dà l’impressione di sovvertire ogni nostra regola, è incostante, imprevedibile e non conosciamo il suo criterio nei furti. Per questo è pericolosa.”
-“Già. Chissà come mai non si è presentata all’evento di Murakami, d’altronde aveva mandato l’avviso anche lei…”
-“Cavolo, hai ragione, non ci avevo pensato. Penso che il motivo sia l’essere rimasta spiazzata dal piano di Jack… ti confesso che ancora non ho capito come ha fatto.” Guardò il vuoto con fare pensieroso.
-“Vuoi dire come abbiamo fatto!” Si sentì esclusa. “Ma se non vuoi scervellarti troppo, te lo racconto ora!”
-“Me lo dirai un’altra volta, ora abbiamo da fare.” Smorzò l’entusiasmo della sorellina.
-“Oh, uffa…”
 
Il piccolo museo privato si estendeva geometricamente su tutto il piano: la stanza centrale, la più grande (al cui centro era posizionata un’antica statua, una copia romana in marmo), era circondata dalle altre sei, le quali erano tutte collegate tra loro da porte.
-“Prego, dopo di lei.” La invitò ad entrare nell’intima, ma sfarzosa galleria, per ammirarne il patrimonio artistico, di cui andava particolarmente fiero. Le aspettative della donna non vennero per nulla deluse.
-“Incredibile, non ho ancora visto le altre sale e già ho l’impressione di essere dentro ad un piccolo scrigno contenente grande arte.”
-“Lei è anche una donna di poesia, vedo, di raffinata sensibilità.” In risposta al complimento, sfoggiò il suo sorriso migliore, il quale fulminò all’istante l’uomo che l’accompagnava.
-“Ma no, è solo che mi piace ciò che è bello. Perché non mi fa da cicerone tra questi meravigliosi gioielli?” Yuito cominciò quasi a balbettare dopo aver assistito a tale irresistibile scena.
-“C… Certo, mi s… segua.” Abbassò per un secondo lo sguardo.
“Oh, signor Fukuda, basta davvero così poco per sciogliere la sua corazza da super uomo?” Rui se la rideva tra sé e sé, anche se speranzosa che quel gioco di seduzione potesse diventare da un momento all’altro più difficile e intrigante: le sembrava, invece, di avere già la sua completa attenzione. Entrata nella seconda stanza esterna, il suo sguardo captò all’istante l’oggetto di suo interesse. Davanti all’entrata, fece cadere appositamente a terra uno specchietto da borse.
-“Oh, che sbadata.” Approfittò di quella frazione di secondo in cui Fukuda le dava le spalle, assorto nella sua spiegazione, per applicare a terra un nastro all’apparenza trasparente. L’uomo si girò non appena sentì quelle parole.
-“Tutto a posto, signorina? Le serve una mano?” Il tempo di fare la domanda e Rui aveva già raccolto l’oggetto.
-“No no, mi era solo caduto questo. Mi perdoni, continui pure..” Lo rimise in borsa e il ragazzo proseguì nel proprio trasportato racconto.
 
Nonostante quella visita riguardasse strettamente il lavoro, Rui aveva tutte le intenzioni di godere dell’arte dinnanzi a cui si ritrovava. Era davvero appagata dalla vista dei disegni originali di epoca rinascimentale, dei dipinti settecenteschi di artisti ribellatosi al genere della pittura storica, di quel confronto diretto tra maestri accademici e illuminati avanguardisti intrappolati nel proprio tempo. Solo la pittura di genere e quella realista mancavano all’appello, probabilmente considerate troppo ‘rozze’ da un così raffinato uomo d’affari. Eppure, una vocina nella testa le chiedeva quando sarebbe finito quel giro: era quasi stanca di sentir parlare quel convinto e ricco imprenditore: “Questo l’ho acquistato a Miami per un milione di dollari, quest’altro arriva dal mio viaggio in Europa per ottocentomila euro, quest’altro ancora è un dipinto del periodo Edo, vinto ad un’asta a Sapporo, in Hokkaidō…”. Non sapeva riconoscere, e nemmeno narrare, il valore di un’opera andando oltre alla cifra di acquisto: non ne conosceva poetica, intensità, stile, passione, e ciò rendeva le sue parole sterili alle orecchie di Rui. “Questo ben di Dio è davvero sprecato sotto ai tuoi occhi così miopi, caro Yuito.” Pensava, osservando ed apprezzando da sé le particolari vibrazioni di ogni quadro che le si presentava davanti. Si distrasse per un solo secondo per pensare:“Chissà come me li avrebbe descritti Jack. Lui sembra riconoscere davvero il valore di qualcosa quando si parla di arte.”
 
Il suono della porta del locale che si apriva preoccupò leggermente Hitomi, ormai quasi pronta alla chiusura.
-“Ah, non ci voleva.” Bisbigliò. “Buonasera, la avviso che tra poco chiuderemo.” Solo dopo aver pronunciato quella frase, alzò gli occhi per riconoscere il cliente.
-“Ah, sei tu, Jack, scusami.” Sentendo quel nome, Ai, accorse dalla cucina.
-“Ehi, ciao Jack!” Salutò energeticamente.
-“Buonasera. Oh, tranquille, mi basta solo un caffè, appena deciderete che è tardi, mi dileguerò.”
-“Un caffè a quest’ora? Te lo preparo subito.”
-“Sì, grazie. Ho passato il pomeriggio a sistemare degli appunti, sono uscito per prendere una boccata d’aria e ho bisogno di un po’ di caffeina. Avrò altro da studiare stasera.”
-“Non ti fermi proprio mai, da come ce la racconti. Tieni, ecco a te.”
-“Ti ringrazio. Ma Rui dov’è? È uscita?” Qualcosa non gli tornava.
-“Non te l’ha detto quando è venuta da te? Ha un appuntamento stasera.” Jack guardò l’orologio da polso, dopo aver capito che la donna avesse parlato del loro incontro alle sorelle.
-“Sì, me lo aveva detto, ma non sono nemmeno le sei di sera, non pensavo andasse così presto. Voi la raggiungete più tardi?” Dopo un attimo di sgomento, anche Hitomi capì che la sorella lo avesse messo al corrente della missione.
-“Sì, l’intenzione è quella di far passare del tempo a Rui nel museo privato con il proprietario, così da segnalarci i punti strategici. E dopo la sua romantica cena, ruberemo il dipinto senza troppi problemi.” Era fiduciosa.
-“Un piano proprio perfido, lasciatevelo dire.” Rise, pronunciando quelle parole. “Quindi sta uscendo con un proprietario di una galleria… sì, sarebbe proprio da Rui.”
-“E tu come lo sai?” Hitomi affilò lo sguardo nella sua direzione, mettendolo in leggera soggezione.
-“Beh, rubate quadri di mestiere e vostro padre era un artista, in più Rui ha un senso estetico innato, perciò… Sarebbe strano il contrario.” La giovane fu quasi convinta da quella spiegazione.
-“Mhm, avresti anche ragione, ma in realtà si tratta più di un imprenditore, e oserei dire che è anche parecchio infatuato dalla nostra sorellona.”
“Come dargli torto…” Pensò Jack, con un sorrisino nascosto.
-“Anche se temo che dovrà rassegnarsi, può possedere chissà quante proprietà ed essere ricco sfondato, ma secondo me Yuito non è minimamente all’altezza di Rui.” Ai prese il tono di una scherzosa polemica, ma quel nome fece gelare il sangue all’uomo lì presente.
-“Ai, cortesemente, mi diresti nome e cognome di questo imprenditore?” I suoi occhi erano seri d’improvviso e la voce divenne bassa sia di volume che di tono. La piccola rimase spiazzata da quel cambio di umore.
-“S… sì, certo: si chiama Yuito Fukuda. Perché, lo conosci?” Ancora prima di sentire la domanda, Lewis batté un pugno sul bancone, in preda alla frustrazione.
-“No, no, no, no, merda!” Si alterò al punto da far preoccupare le due ragazze.
-“Che cosa c’è, che ti prende ora?” Chiese Hitomi.
-“Dobbiamo raggiungerla, immediatamente! Vi spiegherò andando, sbrighiamoci!” Le sorelle lo guardarono sbigottite, ma per l’agitazione che vedevano nello sguardo del ragazzo si levarono immediatamente il grembiule in favore delle loro vesti da ladre.
 
 
 
[* Il numero 4 in Giappone è il numero sfortunato per eccellenza, in quanto la sua pronuncia (四, shi) è identica a quella della parola “morte” (, shi).] 
   
 
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