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Autore: Sel_Ro_5    31/01/2023    0 recensioni
"Era stato così stupido a dare per scontato di poter vivere la sua intera vita con lei."
Un incidente e la separazione dalla persona amata. I sentimenti che regnano nella mente di chi rimane.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sistemare il casino appena fatto sembrava una cosa semplice, per le persone che lo circondavano; ma per lui, alzare anche solo un braccio oltre la spalla, significava dolore atroce e ricordi. Quelli a volte facevano anche più male. Lui odiava ricordare quel giorno di pochi mesi prima, quindi cercava di non pensarci mai.
Entrare in quella stanza era stato il suo primo errore della giornata; il secondo è stato guardare quella cornice appesa al muro, dove un ragazzo e una ragazza ridevano spensierati per l’eternità, non sapendo quanto la vita possa essere stronza a volte. Così si è ritrovato a distruggere tutto quello che gli capitava sotto mano, partendo da quella maledetta foto. Pezzi di vetro e mobilio rotti sono quello che hanno trovato i suoi amici quando hanno aperto sfondato la porta. Lui era inginocchiato là in mezzo, parte della distruzione.

“Non è colpa tua quello che è successo.”

Gli continuava a ripetere sussurrare. Lui ogni volta credeva che fosse vero, ma poi la realtà lo colpiva con uno schiaffo in piena faccia e si ritrovava ad annaspare nel dolore della perdita, nella rabbia delle consapevolezza di non aver fatto abbastanza e nella paura che dal quel giorno si sarebbe svegliato da solo per sempre. Aveva cercato di nascondere tutto sotto una facciata; tuttavia quel giorno, in quella stanza dove era stato veramente tanto felice, non ci era riuscito e si era ritrovato più rotto delle cose che aveva appena finito di distruggere. Solo una persona sarebbe riuscita a raccogliere i pezzi della sua anima, sparsi per tutto il pavimento, ma era proprio colpa di quella persona che adesso si trovava in queste condizioni. Gli amici lo hanno aiutato a rimettersi in piedi, lo hanno portato nel salotto e lo hanno guardato per ore, mentre l’unica cosa che lui faceva era stare immobile a rivivere quella notte, che gli ha rovinato per sempre la vita.
Le urla, l’alcol, la macchina nella corsia sbagliata la loro, lo schianto, la loro caduta sull’asfalto bollente, il rumore che fanno le ossa quando si rompono, il suo loro sangue, le loro mani così vicine separate per sempre, lei che lo chiamava, lei che piangeva, lei che emetteva un sospiro l’ultimo, il silenzio inquietante.
Ora lui si ritrova a pensare che le ultime parole che le ha rivolto siano state:
<
Andiamo a casa, finiremo di discutere là.>
Si sente male, vorrebbe urlare, ma tutto quello che fa è non fare niente, se non continuare a pensare.
Se avessi bevuto di meno forse sarei riuscito ad evitare l’auto? Se non mi fossi arrabbiato per niente lei sarebbe ancora viva? Se…
La sua mente era piena di situazioni ipotetiche impossibili e lui non riesce ad uscire dal loro circolo vizioso, che lo sta portando sempre più in profondità.
Una La mano calda appoggiata sulla sua spalla lo fa uscire dalla sua immobilità.

“Non è colpa tua l’incidente.”

Lui vorrebbe concordare, ma sa che non è la verità. Fa un sorriso tirato e finalmente accetta il tè che gli avevano preparato, ormai freddo. Li ringrazia e li fa uscire tutti dal suo loro appartamento. La mano calda ancora sulla sua spalla. Quando tutti ormai sono andati via, la mano calda si sposta sul suo bicipite e stringe leggermente.

“Non è colpa tua lo scontro.”

Crolla sulle gambe, incapace di ricacciare indietro le lacrime che per giorni mesi aveva trattenuto. La mano calda ora gli accarezza i capelli. Se si impegnasse potrebbe ancora sentire il suo profumo che aleggia nell’aria.

“Non è colpa tua, devi smetterla di colpevolizzarti.”

Era stato così stupido a dare per scontato di poter vivere la sua intera vita con lei. Avevano litigato per una sciocchezza e ora l’ultima immagine che ha di lei, quando chiude gli occhi, è rossa sangue.

“Non è colpa tua se sono morta quel giorno.”

La mano calda gli passa un ultima volta tra i capelli e svanisce nel nulla. Si sente vuoto, anzi svuotato da tutta la vitalità che aveva. Vorrebbe urlare, ma invece si dirige, su gambe malferme, in quella camera che ormai rappresenta perfettamente il suo stato d’animo. Raccoglie la foto e, guardandola, colleziona l’ennesimo grido incastrato in gola della giornata (da mesi). Non sa dove trova la forza di rialzarsi per dirigersi verso il bagno. La foto ancora stretta tra le mani, nelle orecchie ancora il suo respiro strozzato e in bocca ancora il sapore del suo stesso sangue. Con il braccio dolorante mai quello buono quando si colpevolizza, prende un sacchetto dal ripiano più alto. Lo trova ancora avvolto nella carta regalo, come se il passare degli eventi non l’avesse toccato. Lo scarta con lentezza e nelle sue mani si ritrova un ampolla rosa: il profumo preferito della sua ragazza. Un misto di emozioni lo colgono di sorpresa, però quello che prevale è la mancanza. Lui sa, o almeno deve aver letto, che quel sentimento è uno dei più dolorosi, perché il ricordo ci persegue giorno e notte senza pause. E lui non potrebbe essere più d’accordo. Ha provato a dimenticarsi di lei bevendo, ma la mano calda appoggiato sulla sua spalla lo faceva tornare di colpo alla realtà; ha provato a non pensarla, ma ogni soffio di vento aveva il suo profumo. Anche ora, che cerca di togliersi da dosso la sgradevole sensazione del dolore acuto che il suo cuore sta provando, risente la sua risata spensierata. Decide di uscire dal bagno e, con la foto in una mano e il profumo nell’altra, ritorna in salotto. Si siede pesantemente sul divano e ragiona. Pensa a lei, a come avevano iniziato a costruire una vita insieme, a come avevano immaginato il loro futuro seduti su quello stesso sofà, avvolti da una morbida coperta. É pronto, ha deciso. Non ha senso vivere se la metà che ti completava, che ti rendeva migliore, è andata via per colpa tua. Si alza, ma di nuovo la mano calda lo blocca.

“Non è colpa tua, non fare cose stupide.”

Si ritrova ad annaspare, la testa gli scoppia, gli viene da vomitare e le gambe cedono, facendolo cadere. La spalla impatta sul pavimento freddo e lui urla finalmente. Urla tutto il dolore che ha dentro: urla per il dolore alla spalla, urla per la morte della sua amata, urla per non averla salvata, urla per non averle detto quante più volte poteva ti amo, urla perché il suo mondo è a pezzi e lui non riesce a far niente per rimetterlo in sesto senza lei. Si addormenta solo infreddolito e sfinito sul pavimento del salotto, con la mano calda sulla spalla, il suo profumo che inonda la stanza e la fotografia di loro due stretta al petto.
La mattina dopo si sveglia e come un automa sistema tutto il casino del giorno precedente. Quando i suoi amici ritornano lo trovano in ginocchio a pulire una macchia sgradevolmente profumata. Lo aiutano a finire di sistemare il caos e poi lo costringono ad uscire.

“Non è colpa tua, va con loro e vivi la tua vita anche per me. Ti amo. Addio, amore mio.”

La mano calda che lo aveva accarezzato rassicurato per tutto il giorno, gli da una spinta verso la soglia e poi lo lascia andare. Una singola lacrima lascia i suoi occhi mentre chiude per sempre quella porta (la loro) e le rivolge un ultimo pensiero.

“Non è colpa mia, ma mi dispiace più di quanto le parole possona esprimere. Ti amo e ti amerò per sempre. Arrivederci, amore.“




Angolo autrice:
Ciao a tutti questa è la prima storia che scrivo. Sinceramente spero che sia di vostro gradimento, quindi se avete voglia lasciate una recensione (positiva o negativa che sia).
Grazie per aver speso il vostro tempo a leggere, alla prossima.

... . .-..

  
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