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Autore: LaserGar    02/02/2023    0 recensioni
Yunix Braviery ha 16 anni. Dopo aver perso la memoria in circostanze ignote, il ragazzo, completamente solo, si è ritrovato a vagare in un mondo dominato dai Quirk, alla ricerca di una sistemazione stabile. La sua unica certezza è di aver commesso un crimine terribile, perciò mantiene un profilo basso, cercando di non avere contatti con nessuno. Dopo due mesi di vagabondaggio giunge alla sua meta che spera ponga fine alla sua 'fuga' intercontinentale: lo stato/città indipendente di Temigor, nella punta meridionale dell'isola del Kyushu. La città in questione, chiamata Kotetsu dai Giapponesi, per l'acciaio speciale che vi si ricava all'interno, è una metropoli ricca di persone provenienti da ogni dove. L'HG è l'accademia per eroi della città, capace di rivaleggiare contro lo U.A, per il titolo di scuola migliore per eroi. Nel frattempo, un cimelio del passato rinvenuto nella giungla sudamericana rischia di far sprofondare nel caos non solo Temigor, ma tutta la società degli Heroes. Yunix non sa ancora cosa l'aspetta quando si ritroverà faccia a faccia con il suo futuro e ovviamente il suo passato.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Katsuki Bakugou, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Una Strada per il Futuro - Parte Quinta: What a Quirky class!


Riprese fiato.
Dopo le sue parole di presentazione, era calato il silenzio sulla classe. Non gli serviva una laurea per capire che ciò che aveva detto non era esattamente il modus operandi (come avrebbe detto Kane) per introdursi a dei perfetti sconosciuti, però c’era fin troppa ostilità per i suoi gusti. “Sarà per il discorso? Ho detto cose così sgradevoli su quel palco?”

Non volava una mosca, anche il chiacchiericcio di sottofondo si era spento. L’aria stessa si era fatta pesante.
Yunix sfoggiò un timido sorrisetto, che probabilmente venne recepito come una presa in giro, dal momento che i ragazzi davanti a lui parevano sempre più interdetti, come se avesse dichiarato di sostenere una qualche forma di dittatura spietata.

«Frenah il tuo scodinzolare. Che significa “in questa vita”? Quante vite pensi che viviamo, scimmiettah?» lo interpellò senza preavviso la ragazza longilinea, che quasi toccava il soffitto con i ciuffi viola della chioma smisurata. Aspirava alcune "a" finali, caricandole di superbia.

«Erm... quello, beh quello...» lo sguardo di Yunix cadde sulle pareti della stanza, e la sua incredulità crebbe del triplo. «Ma dove..?»

Una ragazza dalla coda di cavallo azzurra che faceva da contraltare alla “finestra” fece un sorriso a trentadue denti. Un prototipo nero protendeva cinghie attorno alla sua nuca, le celava gli occhi dietro una specie di visore.
«Wahh, ora s’è accorto, ora!» scoppiò subito a ridere in maniera infantile, tenendosi le braccia sulla pancia.

«Che ci facciamo in una navicella spaziale?» domandò a denti stretti Yunix, evitando di prendere le burla della ragazza sul personale.

Difatti, al posto delle pareti di cartongesso tipiche di una normale aula, c’erano muri plastificati bianchi, intersecati da pannelli pieni di lucine e cavi aggettanti dall’uso sconosciuto, con una riproduzione fedele di un tapis roulant, incollato ermeticamente al soffitto, forse utilizzabile se ci fosse stata la gravità zero nell’abitacolo, cosa a cui l’ambient designer aveva dimenticato di provvedere.
Giunture (tirando a indovinare) di rame tenevano insieme sezioni striminzite incavate nelle pareti e si collegavano a un impianto d’illuminazione ipertecnologico, che gettava l’intera stanza in un vivido alone bianco, diffuso equamente in ogni angolo. Non mancavano pannelli fotovoltaici. Anzi, un sistema a manopole idrauliche presumeva che potessero essere fatti ruotare verso l’esterno, se non da mano umana, tramite dei pistoni.
Sul fronte della cabina? c’erano in successione tre affusolati oblò, da cui si scorgeva lo spazio aperto, e un pianeta striato dalle sfumature granitiche, che in maniera abbastanza stravagante e allarmante si muoveva nella loro direzione o erano loro a spostarsi?

Fu un ragazzo pacato dagli occhi nero-sfavillante e una carnagione da vampiro in pensione a rispondere ai suoi interrogativi. Aveva un set completo di pennarelli colorati infilati nella cintura, a mo’ di pallottole per un fucile a pompa, ma la mitezza dei suoi modi lasciava pensare a uno stile di vita tutt’altro che incentrato sulla violenza.
«Cerco di spiegare. In parole povere, ci troviamo un’illusione o qualcosa di simile... avrai visto le altre stanze. Insomma, non siamo davvero nello spazio, non c’è neanche bisogno che te lo dica, probabilmente».
Yunix aggrottò la fronte. “Ma certo, sono un’idiota, e dire che sono quattro giorni che vivo qui”.

Non fece in tempo a ringraziarlo per il chiarimento che una ragazza per metà marrone, per metà bianco latte, gli apparve dietro al collo. Ogni volta che ruotava il capo lei si muoveva di conseguenza, riuscendo per quanto tentasse d’inquadrarla, a restare fuori dal suo campo visivo.

«Magia... magi-magi-magia!»

Yunix rimase stordito a osservarla crollare addormentata sopra uno dei... sedili? Sì, c’erano proprio sedili comodi con schienale di velluto di color blu scuro, in luogo delle sedie, e tavoli da lavoro in sostituzione dei banchi.
“Beh... chiunque abbia arredato ha pensato proprio a tutto”.

L’attenzione su di lui era finalmente calata e il ragazzo poté fare qualche passo avanti, ammirando estasiato la ora chiaramente distinguibile cabina di pilotaggio, compresa di lavagna elettronica, passerella sopraelevata e pannelli di controllo.
«Hop! Ragazzo di ieri?»
Il ragazzo vestito da indiano della sera prima balzò davanti a lui, come un ranocchio.
«Oh, tu ti chiami Furry, sbaglio?»
«Augh, amico!» lo salutò alzando una mano. «Mi chiedevo dove ti eri cacciato, dopo tutta la gnaffata del dì che è andato» gli si fece vicino, come se volesse rivelargli un impronunciabile segreto, «allora, se ti senti sopraffatto è normale, io non riesco a decidere con chi chiacchierare per primo, è tutto così... boom! E le persone sono così... dai... hai capito! E anche la stanza... è da pazzi, non puoi fare a meno di sentirti...» il ragazzo fece una serie di gesti con le mani, preso dall’entusiasmo, senza riuscire a spiccicare parola per qualche momento. «Sì, insomma... è da pazzi! Ci credi!? Chi avrebbe mai pensato che saremmo stati qui un giorno!? Cioè a parte me! Io ne ero certo, anche se tutti al villaggio dicevano ‘no, destino tribù è non stanziarsi mai’, io gli prendevo il braccio e gli mostravo le nuvole e dicevo ‘state all’occhio mentre fate le vostre migrazioni sia mai che cadessero dal cielo dei bisonti”» gli allungò una gomitata trattenendo il riso, «cioè come se ci fossero bisonti in Giappone, ththth... riesci a immaginarteli quei burberi vecchietti che alzano gli occhi al cielo e poi li ripuntano su di me, tipo Gulliver con i lillipuziani? Ecco, più o meno così».
Yunix ridacchiò nervosamente.
«Wow... sì... da pazzi!»

Si guardò attorno.
“Quindi Asia, Marin, Lex, Chooki, Furry... sono tutti nella mia classe. Oltre a loro, c’è la ragazza alta irritante che tocca il soffitto con i capelli, quello che sembra un’artista, il tipo pieno di rughe sempre in ansia, la nanerottola dai denti aguzzi, quella dal sonno facile che sembra un incrocio tra due crostate, la ragazza che mi ha preso in giro con gli occhi coperti dal casco, il tizio in uniforme con l’apparecchiatura su tutto l’esoscheletro, e poi... altri sette”.
Non scorse da nessuna parte i due gemelli shinobi. La cosa lo rattristò, perché non solo si erano battuti per lui, ma il loro sangue scorreva nelle sue vene, e Sakuro lo aveva accolto nella sua famiglia, anche se solo formalmente.
A sollevargli l’umore fu invece la vista di Coal, spaparazzato contro il vetro sopra la passerella, uno stuzzicadenti tra il molare e l’incisivo.

«Yo, Yunix! Niente rancore vero per quello scherzetto con la lettera? D’altronde, la meschinità è la mia seconda lama».
«E la prima qual è?» lo interrogò Yunix, felice di vederlo.
«Lo scoprirai quando ti trafiggerà» rispose il ragazzo dai capelli a braciere, battendo le mani. «Detto fra noi, un prestigiatore non rivela mai i suoi segreti».  

“A parte i gemelli, sono tutti qui. È fantastico”.
Ma una voce inequivocabile spezzò in due la sua allegria.

«Sssss... scivolando, come una piccola serpe, si appresta a calcare le orme di tutti gli altri, sa bene che se c’erano trappole le abbiam già fatte scattar noi. Inoltre, come il ladruncolo che è, non si esime certo da crearsi attorno la sua cerchia fidata di delinquenti».
«È evidente che le nostre preghiere non siano state ascoltate, non è vero, Aghikumura Herneist?» ribatté a tono Yunix.
Il ragazzo dagli occhi bronzei predatori si era sistemato, appoggiato su un gomito, sopra uno dei tavoli e faceva schioccare la lingua, entusiasta.
«Accipicchia, no. Non si direbbe proprio». Rigirò una matita fra le dita, l’attenzione rivolta a lui. «Altro però mi ronza nel cervello: mi chiedo con qual buon vento sei giunto qui, nuove monellerie da confessare, tanto per dire».

La situazione si stava subito infervorando, ma fortunatamente Marin si mise in mezzo.
«Stop al chitchatting, sfigati! Ieri sera ero un po’ sottotono, ma se non vi metterete in buoni termini d’ora in avanti, vi mostrerò i sorci verdi! A tutti e due!»
Herneist accentuò il suo sorriso affascinante, sfoderano la voce carismatica che lo contraddistingueva.
«Interessante! Va bene, Marin Cecilyn, dato che ti sei presa l’impegno di essere la voce della ragione fra noi sono più che disposto a indire una tregua, sempre se ci delizierai con l’assegnazione dei posti, caspita qualcuno dovrà pur farlo».

La ragazzina iraconda dalle perline incastonate sulla fronte che era alta solo poco più di Yunix divenne paonazza.
«Io?» esclamò. «Con tutti quelli che...»

«È un atto di fiducia» la interruppe Herneist, balzandole accanto e mettendole un braccio al collo. «Non considero di valore individui che non valorizzano sé stessi, né considero di valore le loro parole».

Molti si erano girati dalla loro parte. Yunix tremò di rabbia. Herneist aveva avuto l’accortezza di far sembrare il tutto un amichevole abbraccio, quando in realtà avrebbe potuto spezzare il collo della ragazzina con un semplice movimento del gomito.
«Che lagna, li assegnerò io» formulò con la bocca lei, sotto torchio, solo vagamente turbata. Forse non si stava nemmeno rendendo conto del pericolo in cui si trovava, nelle mani di quel bastardo.

Le pupille di Herneist scintillarono.
«Più forte, fair lady».
«Io assegnerò i posti, avete sentito?» abbaiò senza convinzione Marin, sottraendosi alla presa dello spilungone. «Qualche obiezione?» continuò con più sicurezza.

Yunix si avvicinò al ricattatore, che evitava in maniera curiosa il suo sguardo. Gli arrivò alle spalle, come aveva fatto con le reclute dei servizi segreti e gli parlò in modo che nessun altro potesse sentirlo.
«Non farlo più».
«Fare cosa? Suvvia, Yunix, le ho dato solo una spintarella» bisbigliò il ragazzo, per niente intimidito.
Voltandosi, palesò la stessa espressione cordiale e onesta del giorno precedente al buffet. Era quasi impossibile vedervi attraverso. Quasi.
“Quel quasi che fa tutta la differenza”.
Yunix fece una risata inespressiva.

«L’hai costretta a imporsi su tutti fin dal primo giorno e per di più, dato che è lei a designare chi avremo di fianco per il resto del percorso, s’inimicherà un bel po’ di gente. Nessuno vorrebbe avere la persona sbagliata a fianco e questi matti faranno ben presto ad accorgersene».
Fu la volta di Herneist di ridere.
«Ma dai! Sono solo posti, senti, so che potrei passare per il bulletto di turno, tutto manipolazione e violenza, però se è così che ragiona la tua mente, fattelo dire, ladro, ti stai facendo un’idea sbagliata della mia persona. Ho a cuore i miei compagni tanto quanto te, se non altro quelli legittimi e una volta conosciuti meglio saranno persone che mi copriranno le spalle».
“See, certo, come no. Immagino sia io quello illegittimo”.

Il ragazzo dai capelli color grano maturo fiutò il suo scetticismo e gli mise una mano sulla spalla: era decisamente più alto di lui e nella sua divisa nera, sembrava una specie di capobanda.

«Mi appello al tuo buon senso, se il cervello è troppo astruso per capire in che guaio vuoi cacciare la tua personcina. Ieri sera ti ho caldamente suggerito di non gettarmi il guanto di sfida. Oggi ti ripropongo lo stesso invito, vedi, non ne trarresti alcun vantaggio ad avermi come nemico, finiresti col farti male, molto male e diresti addio a questa esperienza socio-formativa che, tra parentesi, nemmeno ti spetta, è il mio ultimo appello, Yunix, vedi di farti due domande e darti due risposte». Herneist gli afferrò il colletto dell’uniforme bicolore. «Bel costumino, impressionante capo d’abbigliamento per contrassegnare un pesce fuor d’acqua».

Lo lasciò andare in malo modo, attendendo la sua reazione. Stavolta se non altro aveva parlato con franchezza. In fondo, nemmeno stava sorridendo. Quando era serio sembrava più spaventoso, tuttavia... in una certa via contorta... persino più... umano. Solo quel fatto lo convinse a non girare ulteriormente il dito nella piaga, almeno per il momento.

«Come vuoi, Herneist» gli porse la mano, senza accennare l’ombra di un sorriso.
«Che meraviglia! Non credo a ciò che vedo!» esclamò il ragazzo stringendogliela. «Allora ti darò un piccolo bonus, già che ci sono».

Yunix soffocò l’istinto di gemere e squadrò quegli occhi ramati dilatarsi, mentre quel saccente e pericoloso bamboccio imbottito di profumo sorrideva di nuovo.
«Che genere di bonus, attaccabrighe che non sei altro?»
Lo studente modello si voltò, tenendo le mani giunte dietro la schiena.
«Una cosa che tu stenti a far uscire dalla bocca: la verità. In poche parole, Yunix, tu non mi piaci, per niente. Per me vale più di tutto la prima impressione e posso contare sulle dita di queste mani sante le volte in cui ho avuto una peggiore prima impressione su una persona, e ne ho conosciute, puoi giurarci che ne ho conosciute».

Dandogli le spalle, lasciando i suoi punti deboli scoperti, voleva mostrare quanto indegno lo considerasse come avversario. Per lui non era che un incapace insetto. Se ne sarebbe pentito amaramente.
Il ragazzo dal passato ambiguo abbassò e sollevò il mento a fatica, più infuriato di un toro in calore.
«Guarda, vale lo stesso per me» mentì, «ora sparisci dalla mia vista» la sua voce s’incrinò, ma in qualche modo riuscì a evitare di alzare il tono a livelli irreparabili.
«Huh...?» Herneist fece per tornare a guardarlo, ma una terza voce catturò l’attenzione di entrambi.

«Bene, bene, bene! Signori e signore, ho il piacere di annunciarvi che la nostra Marin esporrà ora la disposizione dei nostri culetti su quei bellissimi lussuosi sedili di ultima generazione».
Coal aveva un modo tutto suo per richiamare a sé gli sguardi.
«Ultima generazione? Next gen, vorrai dire, neeext gen, everybody!!!»
La ragazza dai capelli azzurri, abiti retro anni Sessanta ricchi di riferimenti hipstar, sembrava immersa nel suo mondo, forse dietro il visore nero che portava sugli occhi.
«Sì... come dice lei» ammise Coal, irritato per essere stato interrotto nel mezzo della sua arringa.

«Tappati la bocca, fiammella, non ho bisogno di un segretario!» lo zittì Marin armeggiando con un foglio, che doveva sicuramente contenere l’elenco dei nomi degli alunni. «Quindi sta bene a tutti?» domandò incerta, con gli occhi che facevano capolino oltre il documento.
I presenti erano di nuovo rinchiusi in quel silenzio ermetico, eccezion fatta per Asia che le sorrise amichevolmente.
«Non penso che nessuno ce l’avrà con te per una cosa del genere, hai campo libero Marin».
«Già, diamoci una mossa prima che arrivi il professore, Ariel, sempre se la cosa non è troppo d’inghippo per una testolina che sa fare a malapena due più due» dichiarò Coal, sogghignando, beccandosi un pugno dalla diretta interessata, «ahio!»

Marin si schiarì la voce, emergendo rossa come un peperone dal foglio.

«Da sinistra verso destra, nella prima fila, ci saranno Coal Naive, Asia Shiena’q, Nimble Rimaric, Vartimor Khan e Furry Condell».

La fiamma di Coal mutò in un verde scremato.
«Mi hai messo in prima fila!»
«Ben ti sta» fu la pronta risposta di Marin che chiaramente non attendeva altro.
Contemporaneamente, il piccoletto con l’alce in testa alzò la mano.
«Solo un appunto: si pronuncia F-i-urri, non Furri non voglio avere niente a che fare con quella robaccia pelosa che si trova su internet».

Yunix non aveva idea di cosa stesse parlando, ma la visione di un Coal fumante era più che sufficiente a convincerlo a non dare troppo peso alla questione.
Asia accettò con grazia il posto riservato e si abbandonò sul secondo sedile a partire dalla porta. Il ragazzo dai capelli grigiastri notò in lei una leggera incertezza nei lineamenti, quando lo studente pallido dai capelli seghettati simili ad agrifoglio di nome Vartimor si sedette a due posti da lei. In mezzo a loro, al centro della prima fila si accomodò il ragazzo ricurvo dagli occhi color anice, che apparentemente si chiamava Nimble.
«Tu guarda... tanto spreco di tempo. Oh dei, come potevo prevederlo? E adesso..? Boh, ora che ci sono cosa costa tentare di starci un altro po’?» borbottò il ragazzo cagionevole dalle voglie a spirale, presumibilmente a sé stesso.

Marin capì che più avesse fatto in fretta, meno lamentele ci sarebbero state così spinse via Coal, ancora furibondo, e fece vibrare le tonanti corde vocali.
«Per quanto riguarda la seconda fila, ho messo a fianco, A.C. Daney, Yunix Braviery, Herneist Aghikumura, Gϋr Kakaito e Siria Magystic. Nella terza, Lex Zeero, io, Nikotos Genda, Chooki Mason e Arc Nighter. Infine, nell’ultima ci saranno Hazel Deem, Tekken Hardstep, Ennenissa Flelfling, Darsy Zweber e Rain Grace, e con questo siamo a venti». La ragazza sbuffò, contrita, ma decisa. «Su, che aspettate? Mettetevi al vostro posto!»

Non senza qualche brontolio, i ragazzi iniziarono a cercare la postazione loro assegnata. Non fu una sorpresa vedere due o tre studenti, tra cui Chooki e la ragazza alta dai modi ruffiani recarsi da Marin per lamentarsi, e fanalino di coda, con un pochetto di vergogna, c’era pure lui.

«Niente storie, la decisione è definitiva! Dovevate pensarci prima!» chiuse il discorso lei, senza venire incontro a nessuno.

Yunix si diresse a malincuore verso il suo posto, non senza rifilare un’occhiataccia a Marin. Capiva in che posizione l’aveva messa quel damerino, però un affronto del genere lui che l’aveva elogiata nel taccuino proprio non se lo meritava.
E parlando del diavolo, Herneist si era già sistemato meticolosamente al suo “banco”, se non altro, notò, con la stessa espressione risentita che aveva lui, per il fatto che sarebbero stati compagni di banco per il resto dell’anno, bel segno del destino.

Passò oltre un indignato Coal che imprecava contro la ragazza addormentata sul suo schienale e s’introdusse nel caotico via vai dei suoi compagni di classe. Ebbe la chance di osservare i pochi che non si erano presentati alla porta per accoglierlo, tra cui il selvaggio paciugone mascherato bello pasciuto che la sera prima si era azzuffato con Furry, una ragazza dalla pelle color nocciola chiaro che si guardava attorno smarrita, e la strana armatura ferrata nera ricolma di fumante sostanza biancastra, che aveva attirato l’attenzione dei professori al momento dell’entrata ai cancelli.
Ovvio che fosse passato, chissà che Quirk aveva quella presenza enigmatica e nebulosa. Dalle feritoie degli occhi brillavano, forse assorti, due occhi rossi come rubino. Non toccava terra, né dava segni di aver compreso le parole di Marin, ma doveva trovarsi al posto prefissato, dato che nessuno si azzardava a importunarlo.

Lo sguardo perso nei gorghi formati dalla sua essenza, Yunix andò a sbattere contro un ragazzo decisamente più robusto di lui, che quasi lo buttò a terra.
«Che modi sono questi?» reagì Yunix, senza pensare, nonostante la colpa fosse anche sua.
Vedendo chi aveva di fronte, rimpianse amaramente di aver pronunciato quelle parole di sfida.

«Perché dovrebbe importarmi di un moscerino come te, lurido bugiardo?» Arc Nighter, primo classificato, si era degnato di indossare l’uniforme a differenza di parecchi altri, cosa che lo sorprese, considerando l’atteggiamento da punk dimostrato al banchetto. «Sto parlando con te» disse sollevandolo per i capelli. «Che occasione d’oro per regolare i conti: volevo giusto trovare tempo e voglia per concludere la nostra chiacchierata».

Yunix non sapeva cosa dire, e aveva paura a farlo irritare più di quanto non lo era di suo. Sul mento aveva ancora la ferita inflitta da Furry ai suoi danni e per di più il suo viso da così vicino pareva quasi grottesco, con delle occhiaie preoccupanti sotto le ciglia, piercing sul labbro inferiore e all’altezza dell’orecchio, e una pelle segnata da dubbie cicatrici violacee, simili a saette. Sembravano marchi impartiti con stampi incandescenti, di un colore tutt’altro che naturale. Per ultimo, i suoi occhi fin troppo abituati a essere microscopi si fissarono sull’attaccatura dei capelli mossi, dove un ematoma nero come la pece si stendeva lungo il profilo del viso del primo classificato fin quasi al padiglione dell’orecchio sinistro.

«Non ho niente da dirti» sussurrò Yunix, sperando che il timbro della sua voce non giocasse brutti scherzi.
Il ragazzo dalle capacità sensazionali si passò una mano fra i rigogliosi capelli alterni di ciocche nere e blu elettrico.
«Menti, non fai altro che mentire».
«A che pro?» replicò Yunix.
«Già, questo è il vero mistero» Arc gli tirò i capelli, come se volesse strapparglieli, poi però lo lasciò andare. «Detesto chi si nasconde dietro le bugie senza un valido motivo, ma lascerò correre, solo per questa volta, ti sta bene moscerino?»
Yunix non lo degnò di una risposta, si lasciò cadere sul sedile la testa fra le mani, stava perdendo il controllo. “Lasciami in pace, lasciami in pace!”

«Fuuuh! Allora? Hai sentito o no le mie parole, darkettone? A sedere prima che arrivi il professore, e che cavolo!» intervenne Marin, sollevandolo dall’incarico di rispondere alla domanda di Arc.

Quest’ultimo si limitò a guardare male la ragazzina che, Yunix lo notò solo ora, portava dei microscopici occhiali da vista con una catenella di corallo avvolta intorno: sicuramente il giorno prima non li aveva. La ragazza sostenne ferma lo sguardo di Arc, fino a che egli stesso non scrollò le spalle e s’inserì fra la seconda e terza fila, per raggiungere la postazione a lui assegnata, per fortuna dal lato opposto in cui si trovavano Yunix e i suoi compagni di banco.

«Cucù, se n’è andato ora» infierì a sproposito Herneist, che Yunix trovò appoggiato sul bracciale proteso nella sua direzione.
«Hai origliato tutto quanto?»
«Puoi giurarci, e devo dire che non ci hai messo molto a far scorrere cattivo sangue, i miei complimenti. Posso sapere...?»
«Neanche per idea» sbottò Yunix.
«Come sospettavo» disse lui. 

Procedette a stiracchiarsi, poi si allungò e bussò un paio di volte contro lo schienale davanti a lui, «pardon, monsignor capelli ciano? Due parole da scambiare?»
Il sedile girevole ruotò, per mostrare il diffidente viso di Nimble, un’espressione così affranta da spezzare il cuore.
«Cosa volete?»
«Intanto, su con la vita, Rimaric, non vorrei ritrovarmi a chiacchierare con dei morti viventi in questa classe, i ladri bastano e avanzano».
Lo studente dagli occhi color anice sorrise per la prima volta.
«Perbacco, nono, vi siete fatti un’idea sbagliata... sto molto, molto bene. Non ho ancora ben chiare tutte le dinamiche della cosa; perciò, non so ancora come potrebbe peggiorare questa questione; perciò, materialmente non posso ancora essere sfiduciato di fronte al futuro» si strofinò in modo tenero le spirali incavate sulle gote con due dita, «non ancora, non ancora» ripeteva fra sé e sé.

Yunix era a tanto così da dire a Herneist di lasciar perdere, qualunque cosa volesse ottenere, ma poi si ricordò che si odiavano, così tacque per vedere come proseguiva il confronto.
«Ne sono sollevato» rispose educatamente il ragazzo che odorava più che mai di naftalina, «ci siamo incontrati su a Infection, eri uno dei membri del gruppo di Arc».
Il ragazzo annuì. «È così».
Herneist gli sorrise, afferrando il tavolo con una presa più salda, quasi bramosa, che non sfuggì a Yunix.
«Non è che per caso... insomma tra una scampagnata e l’altra, lui ha pensato bene di...»
«Usare il suo quirk?» completò la domanda Nimble.

Herneist annuì, pendendo dalle sue labbra senza darlo troppo a vedere.
Il ragazzo ricurvo chinò il capo.
«Magari, santo cielo, magari... ancora non capisco come riusciva a staccarci con la sola forza delle gambe, continuavamo a rimanere indietro, sempre più indietro, e ci toccavano i pochi rimasugli che lui ci lasciava, tuttavia... no, non una volta l’ho visto usare il suo potere, mi spiace, ragazzi».

Solo Yunix colse la delusione nell’espressione di Herneist, la sorpresa invase invece la sua. Si rivolse al compagno, che sembrava sorpreso di essere interpellato con tale foga fin dal primo giorno.
«Wow... intendi dire che è riuscito a piazzarsi al primo posto senza usare il suo Quirk? È assurdo».
Il sospiro esasperato di Herneist gli fece ribollire il sangue nelle vene.
«Buonanotte, fiorellino. Se pensi davvero che abbia potuto abbattere tutti quei criminali a mani nude solo in virtù del suo allenamento, sei da ricovero. Non c’è Hero che combatta così bene senza quirk, non uno in tutto il Giappone, figurarsi un giovane appena uscito dalle medie». Il ragazzo fece una risatina. «Anzi, caspita, se ti devo dire la mia l’unica altra persona su cui ho dubbi che possa aver ottenuto un così buon risultato senza l’uso di poteri, oltre a me ovviamente, è il quinto classificato, che si è distinto equamente in ogni singola categoria, un vero coup d’etat al mio impegno, e la cosa peggiore è che non gli daresti due lire a prima vista».

Yunix dimenticò il riserbo nei confronti compagno e volse il capo.
“Il quinto classificato, quello che ha sorriso tutto il tempo in cui è stato sopra il palco?”
Lo avvistò, nell’angolo destro in fondo alla classe, l’ultimo posto assegnato da Marin, capelli gialli come il sole nascente, braccia che sembravano fuscelli, una corporatura talmente esile da farlo sembrare più gracile di Nimble, per quanto lo superasse sia in altezza che in costituzione.
“Anche lui nella nostra classe? Asia, Coal, Arc e la ragazza arrivata terza... tutti i primi cinque classificati nella stessa classe? Parli di equilibrio eh? Aspetta...” Incrociò lo sguardo di Coal, che proprio in quel momento, un banco davanti a lui, si era girato verso Asia con un sorriso machiavellico. “Esattamente come aveva previsto lui, Marin non sarà contenta considerando quello che ha scommesso”.

Prima che avesse il tempo di constatare la sua reazione, la porta si aprì con un cigolio e il chiacchiericcio scemò in un attimo. Yunix mandò giù un boccone di saliva. A fianco a lui, persino la ragazzina dal colbacco aveva smesso di rosicchiare il righello come poteva fare solo un fottuto roditore. Tutti si erano resi conto che il vero corso estremo per eroi stava per cominciare, che la loro stessa esistenza stava per stravolgersi, rivoltarsi come un calzino. Il fresco battaglione che entrava nel mondo degli eroi di Temigor sapeva bene a quale unica imperativa condizione avrebbero avuto accesso all’Eldorado dei più grandi: una parola che iniziava con la “e” e terminava con la “a”, ovverosia ECCELLENZA, parola che da sempre era indicativa di un’élite e Yunix aveva già adocchiato il problema alla radice di tutto.

“Con gente come Arc in giro, come potremo noi comuni mortali fare parte di quel gruppo?”

Lesse negli occhi di tutti, perfino Herneist, lo stesso dilemma.




Note d'autore:
Capitolo più breve per palati più lievi. Mi sono divertito a scriverlo: la levitas è un balsamo per l'anima. Spero vi sia di gradimento, so che sono tanti personaggi, ma volevo mantenere una certa regolarità con la serie, e comunque ho progetti per ciascuno di essi. Non che d'ora in poi tratterò solo il ripetitivo e millemila volte riproposto scenario della scuola teen, s'intende! Semmai, occuperà qualche capitolo di questo arco, benché il focus della storia sarà ben altro. Insomma, presto si aprirà il sipario sulla vera innovazione che voglio introdurre in merito ai Quirk. Critiche e recensioni sono sempre ben accette :)
   
 
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