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Autore: Idalberta    02/02/2023    4 recensioni
Dal testo:
- Artù inizialmente si era rifiutato di credere che Merlino l'avesse tradito in quel modo. Pensava a uno scherzo molto ben organizzato. Poi aveva capito ed era andato su tutte le furie. Con la spada aveva colpito rami e cespugli. Con forza, con rabbia, con cattiveria.
Infine si era seduto per terra, come se non avesse più forze ed era diventato triste. Non lo guardava, cercando di nascondere le lacrime che evidentemente non era riuscito a trattenere.
‘Vattene via’ gli aveva detto ‘Vattene e non farti vedere mai più a Camelot’. -
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gwen, Hunith, Lancillotto, Merlino, Principe Artù
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il sogno s'avvera

 














 

Era passata una settimana da quando erano partiti per Benwick. Prima erano tornati a Camelot per rifornirsi di vettovaglie. Per Merlino era stato davvero molto emozionante tornare alla città dove era stato felice in passato. Chiese e ottenne da Arthur di poter rivedere Gaius. Fu molto toccante il loro incontro. Si abbracciarono a lungo senza dire niente: entrambi erano profondamente commossi. 

 

Artù stupì tutti dichiarando che si sarebbero fermati per la notte a Camelot. Poterono così godere di un ottimo pasto e di una dormita in un letto comodo.

 

Ma la mattina successiva erano ripartiti presto.

Il castello di Benwick si trovava nel Northumbria* a parecchi giorni di viaggio di distanza, ma con quel tempo avrebbero impiegato sicuramente molto di più del previsto.

 

Dopo tre giorni di viaggio, le condizioni dei cinque uomini si erano fatte gravi. Erano pieni di geloni e avevano mani, guance, labbra e nasi arrossati con ragadi che perdevano sangue. Perennemente raffreddati, c'era il rischio che qualcuno si ammalasse. La cosa più difficile era riuscire ad accendere il fuoco. La legna era sempre troppo bagnata e se riuscivano ad accenderla dovevano sopportare un fumo denso che quasi li intossicava. Il giorno seguente Leon presentava i sintomi di una brutta malattia da raffreddamento e il fuoco non ne voleva sapere di accendersi. Merlino nei giorni precedenti era riuscito a fare un bel fuoco con l'aiuto della magia, ma stavolta tutti loro erano bloccati nella caverna a causa di una tremenda tormenta di neve e tutti  l'avrebbero visto.

'Dovrei parlarvi Artù! Potreste venire un attimo laggiù con me?' disse indicando un angolo lontano della caverna.




 

'Vi prego di aiutarmi, maestà! Vorrei che mi steste vicino … ho deciso di rivelare ai ragazzi, la mia magia!'

'È troppo pericoloso. Non te lo posso permettere.'

'Io ho fiducia in loro tre. Sono Galvano, Percival e Leon! Voi non vi fidate di loro?'

'Più gente lo sa e più è facile che diventi di dominio pubblico.'

'Leon è malato. Con la magia potrei farlo stare meglio in breve tempo. Così non staremo in giro troppo a lungo. Voi dovreste tornare quanto prima a Camelot. Il vostro popolo ha bisogno di voi. Potrei accendere più fuochi per scaldarci e per proteggerci dagli animali feroci. Potrei cacciare e cucinare più cibo per tutti noi. Siamo in una situazione seria. Vi chiedo di darmi il vostro consenso, per favore…'





 

'Ragazzi, ascoltate bene. Quello che sto per dirvi è il segreto più grande di cui sia mai venuto a conoscenza' disse Artù con tono solenne. 'Riguarda Merlino. Ma lui potrebbe subire conseguenze gravissime se si venisse a sapere. Potrebbe essere ucciso. Questo per colpa della legge di mio padre, ancora in vigore, ma anche per colpa dell'ignoranza che c'è ancora in giro. Infine è anche colpa mia, che sono stato cieco e testardo.

Merlino si fida di voi e vorrebbe mettervi a parte del suo segreto. È stato proprio quando l'ho scoperto che l'ho mandato via da Camelot. Per proteggerlo, ma anche perché dentro di me mi sentivo tradito e volevo punirlo.'

I tre cavalieri non dicevano niente, ma si guardavano straniti.

'Di quale segreto parlate maestá?' chiese infine Galvano.

'Se ve lo dicessi non mi credereste probabilmente…'

Merlino fece un profondo sospiro. Allungò le braccia verso il soffitto della caverna, declamò una formula antica e sconosciuta e con gli occhi illuminati da una luce aurea. I cavalieri avevano già le bocche aperte per lo stupore. Il soffitto fu ricoperto da tante fiamme sospese nell'aria. I cavalieri rimasero immobili. Merlino non seppe dire se per la sorpresa o lo spavento.

Poi Merlino si inginocchiò verso il cavaliere sdraiato a terra su una stuoia. 'Leon mi permetti di provare a guarire la tua malattia? In genere sono in grado di curare molte malattie, anche se non tutte, purtroppo.'

'Ti sarei molto grato se tu riuscissi a farmi stare meglio' sussurrò Leon.

Merlino mise una mano sul petto di Leon e l'altra mano sul suo addome recitando una formula ad alta voce mentre i suoi occhi si illuminavano di luce. Pochi istanti dopo, Leon si sentì talmente bene, che volle alzarsi in piedi.

 

Galvano abbracciò Merlino con slancio poi lo guardò da vicino. 'Ora capisco tante cose… avrei voluto saperlo prima…

'Mi dispiace! Ma avevo paura di finire sul rogo.E non avrei più potuto aiutare nessuno…!'

Percival gli pose una mano sulla spalla e Leon fece lo stesso sull'altra spalla. Il loro sguardo accettante e fiero diceva tutto. Non c'era altro da spiegare. E Merlino cominciò a lacrimare di gioia. Al che Artù intenerito, gli scompigliò i capelli con fare un po' brusco.


Il viaggio fu molto più confortevole per tutti da quel momento in poi. Riuscivano a stare al caldo, cucinavano e viaggiavano. Persino Artù un giorno provò a cucinare delle lepri: tutto sommato i cavalieri furono piuttosto soddisfatti dallo stufato preparato dal re.

 

A Merlino non sembrava ancora possibile, ma il fatto di condividere tutti insieme il suo segreto rese il loro gruppo ancora più affiatato e coeso di quanto già lo fosse prima.


Circa due settimane dopo essere partiti giunsero nella regione di Northumbria e da lontano videro il castello di Benwick.

Non erano sicuri che in quel castello ci fossero ancora Ginevra e Lancillotto. Si sarebbero sistemati in una locanda del paese, fingendo di essere cavalieri in visita al castello, inventando che i loro padri erano stati amici del vecchio Ban di Benwick.



 

Nel frattempo al castello dei Benwick, Ginevra e Lancilllotto si intrattenevano nella sala del tè. Lei come al solito era agitata. Temeva di ritrovarsi Artù alle costole. Si trovavano al castello da diversi giorni e Ginevra avrebbe voluto ripartire dopo poco, per recarsi molto più lontano. Ma il tempo era proibitivo. Lancillotto le diceva che Artù non avrebbe potuto viaggiare con un tempo simile. Ma lo diceva più per tranquillizzare Ginevra che per altro. Non ci credeva neppure lui. Ovviamente nemmeno lei ci credeva. 

Lancillotto si era spinto fin lì, perché ricordava di aver vissuto in quel luogo durante la sua prima infanzia, prima di essere adottato dai suoi genitori. E lo ricordava come un periodo felice.

Il padrone del castello Ban e sua moglie erano morti alcuni anni prima. Ora erano i loro figli ad abitare lì e ad avere cura del luogo. Johanna e Hector Benwick. Entrambi i ragazzi si ricordavano bene di Lancelot e di quando giocavano insieme da piccoli. E avevano accolto la coppia con grande entusiasmo.

Lancelot aveva detto loro che lei e Ginevra erano sposati. Di notte era più facile, essendo protetti dall'oscurità, ma di giorno era dura per entrambi. Il senso di colpa a volte si insinuava sotto le loro vesti come una serpe invisibile. Ginevra aveva amato Artù ma aveva commesso il più grande errore della sua vita, sposandolo. E l'aveva abbandonato senza una parola. Ma se gliel'avesse detto era sicura che entrambi sarebbero stati rinchiusi in prigione. C'era la paura di essere trovati e uccisi, per sé ma ancora di più per il suo uomo. Lancelot invece più che il tradimento di un amico, non sopportava l'idea di aver tradito il suo re, il migliore di cui fosse mai venuto a conoscenza, e il regno che l'aveva accolto così benignamente. E rimaneva senza fiato ogni volta che pensava a Ginevra e alla possibilità che morisse. Della sua morte invece non gli importava più di tanto. Spesso sentiva di meritarla.

 

'Domattina molto presto saliremo al castello' disse Artù. 

'E se fossero lì, cosa succederá?' chiese Percival.

Voi avrete il compito di tenere a bada gli abitanti del castello, le guardie e la servitù. Nessuno dovrà farsi male. Dovranno solo essere tenuti a debita distanza quando sfiderò a duello Lancillotto.

'Artù… voi mi avete promesso…'

'Sì Merlino, non l'ho dimenticato.'

'Che promessa?' intervenne Leon.

'Di non toccare Ginevra e di non uccidere Lancillotto. Questo non m'impedirà di dargli una bella lezione.'



 

La mattina dopo di buon'ora Merlino preparò Artù anche gli altri cavalieri nella vestizione delle armature. Dovevano essere perfetti perché avrebbero combattuto. Almeno Artù. 

Era una giornata importante. Era ancora freddo, ma almeno c'era il sole, che dava al luogo un'atmosfera molto più serena di quella degli ultimi giorni. E Merlino sperò che fosse di buon auspicio.

 

Mentre Merlino sistemava l'armatura addosso al re, provò a parlargli ancora una volta. 'Siamo ancora in tempo per tornarcene tranquillamente a casa, Artù. Vi accompagnerò alla taverna stasera stessa e berrò con voi, fino a quando vorrete.'

'Mi stai davvero tentando. Mi piacerebbe vederti ubriaco per una volta, ma sono qui e non ho intenzione di scappare!'

'Dovevo provarci…' sospirò Merlino. 

'Dopo oggi, se tutto andrà secondo i piani, io vorrei riaverti a Camelot, come prima…'

Merlino sorrise: 'Non credo che chi ha preso il mio posto sarebbe contento di perderlo…'

'Non ti ho mai sostituito. Ho diviso i tuoi compiti tra più servi e non immagini che caos è diventato!'

'Ma perchè non avete preso una sola figura professionale…'

"Perché quel posto è tuo!" disse Artù distogliendo lo sguardo. 'Ho sempre saputo che sarei venuto a cercarti, prima o poi! Allora cosa decidi?'

Il servo sorrise. 'Mi fanno molto piacere le vostre parole. Ma al contrario di voi io non sapevo affatto se sareste venuto o meno a chiedermi di tornare, per cui ho bisogno di pensarci un attimo.'

'Così hai deciso di farmela pagare…'

'No… è per mia madre. Non voglio lasciarla sola un'altra volta.'

'Se vuoi, puoi farla venire a Camelot. Troveremo sicuramente un buon posto per lei!...'

Merlino rimase a bocca aperta.

'Non ti basta ancora? Vuoi essere promosso, non è vero?'

'No. Questo non mi interessa. Io voglio continuare ad essere il vostro servo e nient'altro!'

'Per il momento potrei promuoverti a mio assistente. Nella pratica cambierà poco, ma dovrai occuparti anche di organizzare i miei impegni.'

'Mh… non so se mi conviene…'

'Ovviamente anche il tuo stipendio subirà un aumento!'

'Ecco un argomento interessante…'

'Quindi?'

'Non lo so ancora. Mi dispiace.'

Artù alzò la voce in modo piuttosto alterato.

'E va bene, Merlino! Ho capito cosa vuoi! E lo farò, contento?'

Merlino stavolta non aveva assolutamente compreso cosa intendesse il sovrano: 'Ma di cosa parlate, Artù?'

'Mi riferisco a quello di cui, da quattro mesi a questa parte, Gaius mi ha parlato in continuazione. Mi ha letteralmente sfinito! Parlo di te, della tua magia, della magia in generale… cambierò la legge di mio padre. La magia si potrà praticare liberamente, purché sia a fin di bene.'

'Ditemelo di nuovo per favore…' disse Merlino con gli occhi lucidi.
















 

*Questa informazione mi è stata gentilmente suggerita da OrnyWinchester, esperta di leggende arturiane (e non solo) e ottima autrice di fanfiction.
 

Ciao a tutti. 

Sono molto in ritardo considerando che i capitoli della storia sono così brevi. Ma è la mia prima storia non oneshot che scrivo, per cui ho scelto di farne una minilong. Ed è difficile, cavoli! Ringrazio coloro che hanno letto sino a qui.






 
  
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