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Autore: Pol1709    03/02/2023    2 recensioni
Ben ritrovati! Con questa storia si conclude il ciclo iniziato con "Il Cavaliere e la Strega" e proseguito con "La pietra della collana". Gli avvenimento sono ambientati ai giorni nostri (per ragioni di scorrevolezza della trama non ho considerato la pandemia Covid-19): Oscar verrà chiamata ad essere di nuovo un cavaliere e, con André al suo fianco, affronterà un'ultima battaglia per se stessa e per un mondo antico e dimenticato. Buona lettura!
Genere: Avventura, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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Glastonbury – Regno Unito – Coursing Batch (strada A361) che costeggia il sito storico archeologico denominato Tor
La poliziotta si toccò distrattamente lo stemma giallo in cui campeggiava il grifone rosso ad ali aperte, simbolo della Contea di Somerset, da cui dipendeva il Distretto di Mandip e da cui, a sua volta, dipendeva la cittadina di Glastonbury. Si grattò la guancia grassa e masticò rumorosamente la gomma da masticare a bocca aperta, maledicendosi per aver di nuovo provato a smettere di fumare proprio quel giorno. Guardò l’uomo di fronte a lei, seduto sul pavimento di un’ambulanza a sportelli posteriori spalancati. Indossava una coperta termica sulle spalle e stava accanto ad una donna bionda, una straniera, dai capelli biondi e dagli occhi azzurri che si stringeva in un’altra coltre. La poliziotta sospirò: “Se mi mettessi a dieta ferrea sarei anch’io bella come questa!” pensò e poi guardò lui – Quindi…Voi siete uno scienziato, vero? –
Andrew sbuffò e poi sospirò – Tecnicamente lo sono –
La donna in uniforme sorrise debolmente e indicò la cima della grande collina di Glastonbury dove la torre in pietra stava bruciando come una grande torcia, incurante degli idranti e degli elicotteri dei vigili del fuoco. – Allora mi dica, scienziato…Come mai quel pezzo di pietra che è lì, mi dicono, da quasi un migliaio di anni, sta bruciando come un pezzo di legno, anche se, di legno, non ne ha nemmeno un grammo? –
Andrew guardò in alto la torre di San Michele avvolta nelle fiamme e poi di nuovo la poliziotta – Non sono quel tipo di scienziato! Sono uno storico! Io non…Non so perché mai quelle pietre stanno bruciando –
La poliziotta sporse le labbra carnose e guardò il suo taccuino – Quindi non siete uno scienziato! Quello che sappiamo, caro il mio damerino londinese, è che quella vecchia costruzione ha improvvisamente preso fuoco, abbiamo dovuto chiudere praticamente tutta la parte est della cittadina e abbiamo trovato voi due sul crinale sud di quella vecchia collina. Possiamo parlare di incendio doloso? –
Andrew sospirò – Io…Ma io…Noi…Oh! E con cosa avremmo dato fuoco a delle pietre? Me lo spiega? Eravamo andati lì a…A vedere il sito –
L’altra piegò la testa di lato – Si…Lo avete detto…Ma il sito era temporaneamente chiuso ed ogni accesso, ad eccezione di quello del Bed&Breakfast sulla Wellhouse Lane. Ma la struttura non è aperta e non c’è nemmeno il personale e quindi…Siete comunque dei fuorilegge –
Andrew abbassò la testa sconsolato quando, in quell’istante, si avvicinò a loro una figura in abito e cravatta neri. Era un uomo, lo si capiva dal portamento, anche se aveva un volto cesellato, glabro e liscio come quello di una ragazza. L’unica nota di colore era la camicia di un bianco brillante e i capelli castani. Sorrise a Andrew e Oscar, anche se i suoi occhi chiari emanavano una luce glaciale. Andrew si irrigidì – Oddio! I Men In Black (n.d.a.: M.I.B. – leggendaria, quanto misteriosa e fantastica organizzazione i cui membri vestono sempre abiti neri e che, secondo i fautori della cosiddetta teoria del complotto, compaiono sempre dopo un avvistamento di oggetti volanti non identificati – U.F.O. – per minacciare i testimoni e depistare le indagini) –
L’uomo tirò le labbra snudando i denti e fece un cenno alla poliziotta che se ne andò; poi ridivenne serio – Permettete: il mio nome è Anthony Justsaint. Avrei qualche domanda in merito… - disse e indicò la cima del Tor. Andrew sbatté le palpebre – E voi…Siete della N.C.A.? (n.d.a.: National Crime Agency, la polizia nazionale che si occupa del crimine organizzato) –
Lui tentennò – No! Diciamo che sono…Di un’altra Agenzia…Un po' più specifica. Voi siete il dottor Great, dipendente della Historical Research Foundation ltd di Alexander Fersen, cittadino svedese naturalizzato britannico, scopritore della tomba della Regina Boudicca. E voi… - disse guardando Oscar socchiudendo gli occhi - Rose Antoinette Marie de La Mothe-Chandeniers de Monfort, di antica famiglia nobile francese, ma conosciuta là e qua con il nome di Oscar François de Jarjayes, come una vostra famosa e…Sfortunata…Antenata. Cittadina francese, ospite della Historical Research a Londra –
Oscar strinse le labbra – Arrivate al punto, Mister Justsaint…O agente Justsaint…Come volete che vi chiamiamo…Di cosa ci accusate precisamente? Siamo saliti sul Tor…E quindi? Era chiuso, ma lo abbiamo fatto lo stesso e siamo rimasti lassù quando è scoppiato l’incendio –
Justsaint guardò di nuovo il Tor e poi di nuovo Oscar, sorrise – Ecco! Quell’ammasso di pietre non dovrebbe bruciare in quel modo. Non serve uno scienziato e nemmeno uno storico per saperlo. Il punto è che un dipendente della Historical Research, una delle ospiti della società e lo stesso capo della ditta sono stati visti qui a Glastonbury. Proprio oggi. Nel preciso momento in cui, teoricamente, il signor Fersen avrebbe dovuto trovarsi a Londra a presenziare all’apertura della mostra sulla sua grande scoperta al British Museum
Andrew ebbe un sussulto e guardò l’orologio, con il vetro rotto e inservibile. Sospirò – Ma che ora è? L’apertura della mostra… -
Justsaint sorrise con un ghigno – Dettagli! In questo momento Sua Maestà la Regina con la sua famiglia e buona parte del Governo sono al British e stanno aspettando…Cosa? Che il futuro sir Alexander Fersen gli illustri uno dei più importanti ritrovamenti archeologici degli ultimi anni, se non dell’ultimo secolo…Quindi ve lo chiedo: dove si trova Alexander Fersen? Poi: Perché sul vostro petto, dottor Great, c’è un ematoma compatibile con un violento colpo, magari di un proiettile deviato o attutito da una sorta di scudo? E per ultimo: Cosa c’entra in tutto questo una mediocre scrittrice francese che ha rubato il nome della sua antenata per farsi pubblicità? – disse estraendo dalla tasca della giacca un palmare dello stesso colore dei suoi abiti – Aspetto le vostre esposizioni, signori, a meno che non vogliate seguirmi sull’elicottero con cui sono arrivato e parlare in una sala interrogatorio di Vauxhall Cross (n.d.a.: sede dei servizi segreti del Regno Unito a Londra) – aggiunse con un sorriso sinistro. Fece un gesto con la mano – Oh! Poi vorrei sapere la vostra relazione con la famiglia…Drakehead…Si spacciano per nobili e di antica stirpe, ricchissimi a quanto sembra, anche se nessuno ha mai sentito parlare di loro prima della Seconda Guerra Mondiale –
Oscar strinse i pugni sotto la coperta e fece per alzarsi quando vide arrivare un’altra figura. Era una donna, una bella donna dai capelli castani che indossava un completo giacca e pantalone grigi. Al collo portava un distintivo. Sorrise e guardò Andrew – Ciao! –
Lui sbatté le palpebre – Diane…Ma cosa… -
Diane mostrò il distintivo all’agente – Diane Labord, dell’Agence du Revenu du Canada, l’Arc, ma qui credo che la conosciate come Canada Revenue Agency, il Cra –
Justsaint la guardò con un misto di noia e fastidio – Un…Un agente delle tasse…Canadese per di più. Sto interrogando questi testimoni in nome di Sua Maestà Britannica e vi invito a togliervi di torno! –
Diane non si fece intimidire. Prese un iphone dalla tasca, compose un numero e poi lo porse a Justsaint – Qualcuno vuole parlare con voi –
Oscar notò il viso cesellato e femminile dell’uomo con la fronte aggrottata e con gli occhi spalancati dalla sorpresa. Prese il telefono e se lo portò all’orecchio. Deglutì un paio di volte – Ma…Io… - disse impacciato. Si voltò e, dopo qualche istante, abbassò il telefono e guardò Oscar e Andrew con occhi che sputavano fiamme. Si voltò, gettò il telefono a Diane che lo prese al volo e poi se ne andò a grandi passi.
Oscar strinse le labbra – Mmmm…Credo che ci siamo evitati una gita nelle prigioni inglesi! –
Andrew era rimasto a bocca aperta – Tu..Chi o cosa…Sei… -
Diane sorrise e si sistemò i capelli sul viso – Sono quello che ha detto Justsaint: un agente delle tasse del Canada. Prima di tutto sono una storica, ma la mia seconda laurea in economia a Ottawa mi ha dato la possibilità di entrare nell’Arc. Il mio percorso di studi, poi, mi ha permesso di entrare sotto copertura alla Historical Research Foundation. Indagavamo su Fersen in quanto uno dei suoi maggiori finanziatori è stata Maria Antonovna Hannenberg, russa, ma naturalizzata canadese per il matrimonio, combinato, con Louis Bourbon, ultimo rampollo di una famiglia di magnati delle segherie e delle cartiere –
Andrew sorrise al pensiero di quello che gli aveva detto, tempo prima, Bernard Castle. Oscar, invece, provò un senso di disagio nel sentire quei nomi che, fino a qualche giorno prima, non gli avrebbero dato alcuna emozione. Louis Bourbon e Maria Antonovna. Che suonavano tanto come Luigi di Borbone e Maria Antonietta e improvvisamente anche la fotografia vista nello studio di Fersen aveva un senso. Guardò Diane – Era la sua amante… -
Diane aggrottò la fronte – Si, è vero…E, tra i tanti finanziatori che Fersen aveva, quella era la più grande. Il regno dei Bourbon era già in declino quando Louis ha preso il comando e i comportamenti stravaganti di sua moglie non sono stati di aiuto. Spendeva somme ingenti in vestiti e feste. Di certo perché il matrimonio combinato non le era mai piaciuto…Li stavamo indagando per bancarotta fraudolenta, ma non capivamo il motivo di tutto quel trasferimento di denaro alla società di Fersen. Eravamo sicuri che lui gli stesse pianificando una fuga organizzata ed è proprio per scoprilo che sono venuta a Londra. Li hanno fermati per caso mentre stavano scappando, su una berlina nera, vicino a Notre Dame des Bois, al confine tra Canada e il Maine, negli Stati Uniti, dove un aereo privato li stava aspettando per portarli, molto probabilmente, qui in Gran Bretagna…Certo che è strano anche il nome della località dove si sono fermati per una sosta e dove sono stati riconosciuti ed arrestati… -
Oscar si inumidì le labbra – Oh! Forse…Si chiama…Varennes? Come la località francese? –
Diane la guardò sorpresa e a bocca aperta – Ma…Come… - disse e guardò Andrew, poi sorrise – Non importa! Non credo che lei si farà il carcere duro. Durante la visita nel penitenziario di Montréal hanno scoperto che è malata –
Oscar sorrise tristemente – Ha delle emorragie frequenti. Probabilmente un fibroma uterino…(n.d.a.: come la vera Regina Maria Antonietta) -
L’altra aggrottò la fronte e si piegò verso di lei – Io…Questa è un’informazione riservata…Come… -
Oscar tentennò – Non importa, Diane. Piuttosto: quando hai deciso di arrotondare lo stipendio dell’Arc e quello della Historical Research con quello che ti passava Morgan Drakehead? –
Andrew sobbalzò, ma Diane rimase di sasso; fece una smorfia e poi sorrise facendo ricadere i suoi capelli castani sul volto – Oh! Era così evidente? –
Oscar sospirò – In realtà, no! Lady Drakehead ci ha solo detto che aveva degli informatori a libro paga nell’ufficio di Fersen e quale migliore agente di un agente a sua volta in incognito? Ho tirato a indovinare! Con successo, vedo. E grazie, per aver avvisato Morgan che eravamo stati rapiti –
Diane annuì e divenne seria – E ora ditemi voi qualcosa: cosa ci faceva qui Fersen? Non credo che gestisse la fuga della sua amante da questo buco di posto, quindi…Cosa cercava? E perché ha mollato tutto proprio alla vigilia del suo trionfo al British Museum? –
Oscar e Andrew rimasero in silenzio e l’altra inspirò a fondo – Va bene! Non ho il diritto di chiedervelo del resto. Io terrò il vostro segreto e voi il mio – disse e si mise di fronte ad Andrew. Piegò le ginocchia e gli cercò le mani – Adesso ascoltami, Andy. Quello che c’è stato tra noi…Non era il corollario di un’indagine per carpire informazioni, ma una mia libera scelta. Voglio che tu lo sappia –
Lui sorrise – Lo so! Grazie di avermelo detto comunque, Diane. Hai dei rimpianti? –
Oscar digrignò i denti come una belva, ma Diane tentennò e si rialzò – Oh! Mi conosci! Non sono il tipo che si uccide per una delusione amorosa –
Oscar sbuffò – Diane…Ancora una cosa…Hanno trovato altre persone…Oltre a noi, sulla collina? –
L’altra tentennò – Che io sappia, no. Anche se…Beh! Non dovrei dirvelo, come non avrei dovuto dirvi tante altre cose, ma…Justsaint e gli altri agenti hanno avuto l’ordine di cancellare dagli elenchi di volo un grosso elicottero partito dalla pista del West Mendip Hospital, a nord di Glastonbury. La cosa strana, a quanto dicono, è che era completamente nero e senza contrassegni di riconoscimento. Si tratta di un mezzo in dotazione all’Esercito, un gigantesco e moderno CH-47 di fabbricazione italiana per il trasporto di truppe in prima linea, ma che viene usato anche come ospedale mobile –
Oscar sorrise – E quindi anche capace di gestire una rianimazione… - disse piano.
Diane aggrottò la fronte, ma poi si rilassò – E’ un mezzo che solo gente molto, ma molto ricca, può avere e usare a suo piacimento…E quindi direi anche la nostra comune amica. Comune anche a colui che era al telefono con Justsaint –
Oscar e Andrew aggrottarono la fronte e Diane sorrise – Il Ministro dell’Interno del Regno Unito in persona. E’ lui che ha ordinato di cancellare ogni traccia dell’elicottero nero e, in via informale, so che non ci sarà nessuna indagine su di voi. D’altro canto mi dispiace di non essere a Londra adesso, visto che lo stesso Ministro, metà dell’Esecutivo, compreso il Capo del Governo e una buona parte della famiglia reale con Sua Maestà in persona, stanno aspettando Fersen al British…Ma, se non ho capito male, temo che non verrà –
Andrew strinse le labbra – E chi c’è, allora, al museo? –
Diane sospirò – Temo che l’incombenza toccherà ad Alan. E spero che lo faccia bene. Beh! Ora devo andare. Ho in video conferenza il capo dell’Arc in persona. Ci vediamo a Londra, Andrew. Au revoir, Mademoiselle de Jarjayes – disse e se ne andò lasciandoli da soli.
Oscar tentennò – Diavolo di una strega! Era già pronta a tutto! –
Andrew sorrise – Non si vive per secoli in attesa di un avvenimento senza esserne pronti…Ma…Credi davvero che…Voglio dire…Il…Artù… -
Lei strinse le labbra – A quanto sembra Morgana è sopravvissuta. Probabilmente con le sue sorelle. Il…Il Re…Non lo so. Non ho visto nulla e mi sono trovata sulla collina – disse pensando al seggio regale vuoto nella Tavola Rotonda che aveva visto prima di piombare, letteralmente, sul prato del fianco del Tor.
Lui annuì – Nemmeno io ricordo molto. Ti ho visto conficcare la spada nel terreno e poi…Poi c’è stata quella luce chiara, come una nebbia luminosa…Se capisci…Ho sentito Morgana e le altre allontanarsi…E…E mi sono svegliato accanto a te…E tanto mi basta –
disse avvicinandosi.
Oscar si alzò lentamente e guardò la cima della collina con la torre ancora avvolta dalle fiamme – L’energia di Avalon sta sparendo completamente e nessuno ci andrà. Mai più – disse ricordando le parole di Lancillotto. Si girò verso Andrew – Lui…Fersen, Forse…Forse voleva il Graal per salvarla. Voglio dire, per guarire Maria Antonietta…Antonovna. Secondo le leggende la coppa dà la vita eterna e guarisce dalle malattie -
Lui sospirò – Immagino che prima li dovesse far fuggire dal Canada e poi, dopo l’inaugurazione della mostra, con il titolo di sir e con tutto il prestigio che ne sarebbe derivato, sarebbe venuto qui a cercare il Graal –
Lei annuì – Si. Ma noi gli abbiamo messo i bastoni tra le ruote; ovvero la nostra liberazione da parte degli uomini di…Di Morgana. Ha dovuto accelerare i tempi –
Rimasero per un attimo in silenzio, con una domanda che aleggiava tra di loro. Fu lei a parlare: - Dove credi che sia, adesso, Fersen? –
Andrew tentennò – Non ne ho idea! Anche se sono convinto che non ne sentiremo più parlare. Organizzare la fuga di due ricercati di cui uno, se non ricordo male le parole del mio amico Bernard, con le mani in pasta con la malavita russa, non depone a tuo favore, Boudicca o no. E a questo proposito spero proprio che Alain…Voglio dire…Alan…Se la cavi –
Oscar sorrise e si sedette di nuovo accanto a lui. Gli avvicinò una mano al petto sfiorandolo. Lui emise un piccolo gemito e lei gli accarezzò il viso – E’ un brutto colpo comunque. Devi riposare. Anche se poteva andare molto peggio. Non hai idea di come mi sono sentita morire rivivendo…Rivivendo quella scena…E quella sensazione di impotenza…Per Alain…O Alan…Oh! Lui se la caverà! –
 
Londra – British Museum – Inaugurazione della mostra “Boudicca: the warrior Queen”
Il Ministro dell’Interno del Regno Unito e del Commonwealth guardò di nuovo l’orologio. Aveva ricevuto una chiamata da una sua vecchia conoscenza: una donna ricca e potente, che aveva finanziato ampiamente la campagna elettorale sua e di molti altri politici, compreso tutto il suo partito. A certe persone, anche da ministro, uno non poteva apporre un diniego e, in fondo, far cancellare i dati di un volo e far cessare le indagini sue due sole persone che, tecnicamente, non avevano fatto nulla, non era, tutto sommato, difficile. Il protocollo per le manifestazioni ufficiali con la famiglia reale era molto rigido; in prima fila c’era la Regina con i suoi familiari. Alla sua destra sedeva il Primo Ministro con sua moglie e alla sua sinistra il Principe ereditario con la consorte e i suoi figli e gli altri membri della famiglia. In seconda fila i ministri più importanti, tra cui lui e poi, nelle altre file, a scalare, gli altri membri del Governo, le autorità e i notabili cittadini, poi i giornalisti e infine il semplice pubblico. Ma il discorso d’apertura avrebbe dovuto iniziare già da qualche minuto e il Ministro poteva vedere che la vecchia Regina stava sussurrando qualcosa al Primo Ministro che, piegato verso di lei, annuiva di continuo. Il Principe, invece, guardava di sottecchi l’orologio. Il Ministro guardò ancora una volta i grandi pannelli con il volto decorato di blu della bella modella che avevano scelto per raffigurare la Regina Boudicca e pensò che la puntualità, in ogni cosa, era un ottimo biglietto da visita.
 
Dall’altra parte delle pesanti coltri che coprivano l’ingresso al settore della mostra, i membri della Historical Research, non sapevano che fare. Alan si sistemò per l’ennesima volta il nodo della cravatta e vide arrivare, trafelato, uno dei suoi colleghi. Jerome Lesley, detto Jerry, era basso e tarchiato, con i capelli scuri corti e ricci sul capo e il volto pieno di lentiggini. Quando arrivò da Alan tentennò – Il capo non risponde. E nemmeno quella antipatica della Poligny. Che facciamo? –
Un altro si avvicinò a loro – Nemmeno Andrew…Sarà con quella francese chissà dove! Cavolo, Alan, la Regina subito si alzerà e verrà a prenderci a scarpate tutti quanti! Almeno ci fosse Andrew! Quello sa parlare bene in pubblico, ma…Temo…Temo che… -
Alan sbuffò e guardò gli altri che, con facce tristi, lo guardavano a loro volta. Stranamente si sentiva il capo di quello squadrone di storici e per un attimo, solo per un attimo, li vide tutti con indosso una sorta di strana uniforme militare e, nelle sue orecchie, arrivò un grido lontano: “E’ la battaglia per la libertà!”. Scosse il capo ed inspirò a fondo – E va bene! Vado io! Inghilterra e San Giorgio! –
Gli altri sorrisero debolmente – Inghilterra e San Giorgio! – risposero piano e in coro.
 
Alan avanzò a passo lento e calmo fino al leggio in legno di fronte alla platea. Di fronte a lui c’era, seduta e con gli occhi socchiusi, la Regina che, una volta visto, alzò un piccolo binocolo da teatro in oro e brillanti. Aspettò in silenzio qualche istante, fino a quando il brusio e i flashes delle macchine fotografiche e dei cellulari tacquero. Non aveva alcun discorso preparato e non c’era stato tempo di recuperare qualcosa dal computer di Fersen. Doveva improvvisare, ma cosa dire alle più alche cariche politiche del Regno Unito? Maledì mentalmente Andrew che, sicuramente, se ne stava da qualche parte con la bella francese, quella Oscar de Jarjayes. Poi, improvvisamente, nel sentire riecheggiare ancora quello strano grido che aveva udito prima, sorrise: - Vostra Maestà, membri della famiglia reale, membri del Governo e del Parlamento, Popolo di Londra e del Regno, grazie di essere qui. Noi rendiamo omaggio a chi? A una Regina, a una donna che ha avuto il coraggio di lottare per la libertà sua e di tutto un popolo. Quando il più grande e potente impero che mai la storia dell’umanità ha conosciuto si è scagliato contro di lei, non è scappata, come forse poteva e voleva fare…Lei è rimasta al suo posto, come il suo ruolo di Regina gli imponeva. Forse, in cuor suo sapeva che non ce l’avrebbe mai fatta, ma ha combattuto lo stesso, consapevole della sconfitta, ma convinta fino all’ultimo della vittoria. Se ci guardiamo indietro non vediamo altri esempi come lei se non la grande eroina francese Oscar François de Jarjayes, che lottò per amore del suo uomo e del suo popolo e morì in battaglia, con le armi in pugno,come fanno gli eroi. Come ha fatto la Regina degli Iceni, la nemica di Roma. Popolo d’Inghilterra, di Scozia, del Galles e dell’Irlanda, popolo delle Isole Britanniche, io ti chiedo di inchinarti davanti a Boudicca, la Regina guerriera –
Si mise di lato e alzò un braccio. A qual segnale le tende si aprirono ed apparve l’ingresso. La grande aquila dorata dell’insegna della Nona Legione, strappata agli invasori, brillava lucida e maestosa come non mai.
Il Principe strinse le labbra. L’uomo che aveva fatto il discorso di apertura aveva iniziato bene, ma alla fine aveva fatto riferimento solo al popolo e non alla Regina e al Governo. Alla sua destra, però, sua madre aveva una mano alzata e batteva lentamente il palmo con l’altra. L’indomani qualcuno avrebbe scritto che era stato un applauso di cortesia, ma lui sapeva che, fatto a quel modo, la Regina diceva a tutti quelli che la conoscevano intimamente che gli era piaciuto molto quello che aveva sentito. La Sovrana si girò sorridendo verso di lui – Hai sentito Charles? Questo si chiama parlare! –
 
Altrove
Alexander Fersen si piegò a guardare il foro sul terreno dove Oscar aveva conficcato la spada. Guardò in alto. Il cielo si era fatto di una tinta biancastra e la cosa più spaventosa, si disse, era l’assenza di rumori. Quel posto, ovunque fosse, era ormai morto. Si raddrizzò ed entrò nel Mound. Percorse il corridoio ed arrivò alla camera sepolcrale. Si fermò di fronte al sarcofago bianco sul cui fianco campeggiava la scritta in latino: “Rex Quondam Rexque Futurus”, la frase che, secondo la tradizione, era stata scolpita sulla tomba di Re Artù. Il coperchio della grande bara in pietra, però, era spostato. Rimase imbambolato a guardare l’interno vuoto e sospirò. Che quella fosse veramente la tomba del Grande Re di Britannia? Del Sovrano di cui si erano cantate le gesta leggendarie? E allora dov’erano i suoi resti? E, cosa più importante, lì c’era stato anche il Graal? Lui ne era convinto. Come era convinto di averlo aveva avuto a portata di mano; ne aveva sentito l’intimo potere come un richiamo inarrestabile. Eppure…La coppa non c’era. Cosa era accaduto non riusciva ancora a capirlo. Come non era riuscito a capire come avevano fatto, dal Tor di Glastonbury, a finire lì e come Oscar e gli altri erano riusciti a scappare.
Quando la francese aveva infilato la spada nel terreno lui aveva visto una sorta di nebbia bianca e brillante. Oscar era sparita e aveva visto, solo delle ombre, due figure, forse la donna in nero e un’altra che sorreggevano una sagoma piegata, forse Andrew. Di fianco a loro c’era un’altra figura, forse la donna in bianco. O forse no.
Dall’apertura della tomba di Boudicca aveva pianificato tutto con calma e precisione, persino l’arrivo di Oscar de Jarjayes. Eppure qualcuno aveva liberato Oscar e Andrew. Lui aveva dovuto intervenire e all’inferno anche l’inaugurazione della mostra su Boudicca. Il Graal era più importante. Maria Antonovna era più importante. La fuga sua e di quell’inutile marito che aveva trai piedi dal Canada era stata preparata studiando ogni dettaglio, oliando adeguatamente e profumatamente tecnici e funzionati governativi del Canada, degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Preso dalla fretta, prima di recarsi a Glastonbury, aveva avviato l’operazione, con tutti i rischi che la premura e l’improvvisazione comportavano. Maria Era salva? Credeva di si. Voleva credere che ormai la stesse già aspettando nel suo ufficio nella sede della Historical Research. Con la Sacra Coppa tra le mani l’avrebbe guarita dalla sua malattia. Non era forse vero che il calice guariva ogni male? E donava anche la vita eterna. Non che a lui importasse, ma il pensiero di vivere eternamente con colei che amava più di ogni cosa lo faceva fremere di impazienza. Eterno amore. Ed eterno potere. Il Graal lo avrebbe reso invincibile. Con lei al suo fianco. Avrebbe tolto di mezzo il suo inetto sposo e ne avrebbe fatto una vera Regina. Eppure…
Ogni cosa era crollata; sciolta come neve al sole. Ed in quel momento lui era bloccato in quel mondo, probabilmente senza possibilità di uscita. Se, come ne era certo, quel luogo era davvero Avalon, non c’era alcuna speranza. Era un’isola ed era diventata la sua prigione. Sentì dei passi affrettati lungo il corridoio. Martine, con il volto rosso, si fermò di fronte a lui – Signore…Io…Gli altri hanno finito l’ispezione…E’ davvero un’isola…Ed è circondata da una nebbia biancastra e impenetrabile…Io…Noi…Il cielo…Fa paura! Cosa facciamo…Dove andremo…Come usciremo… -
Lui sorrise debolmente e la guardò negli occhi – Non si esce da Avalon. Senti? Ecco…Il nulla! Nessun rumore. Nemmeno quello del vento che sposta le foglie degli alberi. Tra poco anche le piante moriranno e le fonti d’acqua si prosciugheranno. Tutto morirà, nel nulla più assoluto –
Martine sentì gli occhi diventare lucidi e le lacrime cadere sulle guance – Come…Come…Non… - disse e cadde in ginocchio piangendo.
Ferse le andò accanto e le mise una mano sulla spalla – Sii forte, soldato. Sii forte – disse e guardò l’uscita lontana. In quel momento sentì un colpo di arma da fuoco provenire dall’esterno e subito dopo una voce roca e forte: - Fersen! Capo…Vieni qui un attimo! Dobbiamo discutere di come uscire da qui! –
Fersen aggrottò la fronte. Si era quasi dimenticato dei mercenari che erano bloccati con lui ad Avalon. Sospirò: Beh! Si disse, dopotutto non sarebbe morto di fame o di inedia in quel posto. Una volta venuti a conoscenza che non c’era alcuna speranza di salvezza immaginò che uno di quegli ex militari gli avrebbe sparato un colpo direttamente nella testa. Rapido, veloce e quasi indolore. Inspirò e strinse la spalla di Martine – Se mai uscirai da qui, salvala – disse solo.
Si sistemò la giacca e si avviò verso l’uscita. Sorrise e socchiuse gli occhi per abituarsi alla luce. “Quello che ho fatto, l’ho fatto per te, amore mio. Un giorno ci ritroveremo, alla fine della strada, te lo prometto” e sentì un altro colpo di arma da fuoco, ma che proveniva dalle sue spalle. Si girò e vide il corpo di Martine de Poligny steso a terra con ancora la pistola nella mano. Alzò il mento e annuì lentamente, poi si girò di nuovo per uscire verso il suo destino.
   
 
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