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Autore: Jigokuko    03/02/2023    0 recensioni
{FE Three Houses - Post Crimson Flower}

"Se anche dovessi venire sconfitto, la stirpe dei Blaiddyd andrà avanti."

Le parole di Dimitri scambiate con Rhea celavano un segreto.
Prese Fhirdiad e la vita della Purissima, Edelgard ne viene a conoscenza; invece di distruggerlo, lo porta con sé e lo condivide con il popolo sotto mentite spoglie.
Ma commette un grave errore e le sue bugie vengono a galla.

Non si può impedire ad un fulmine di scatenare la propria luce.
Genere: Angst, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Byleth Eisner, Dimitri Alexander Blaiddyd, Nuovo personaggio
Note: Kidfic, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Fulmine Sanguinolento - Il Leone che si credette un'Aquila
 

22

The Funeral Portrait


Erano passate poco più di due lune dal giorno in cui il Sacro Regno di Faerghus acquisì di nuovo la sua esistenza ed indipendenza, il titolo di regina di Ksenia tornò ad essere valido e Fhirdiad ricominciò ad essere segnata sulle mappe del Fódlan come capitale del nord.
A tal proposito, la città ogni giorno acquisiva sempre più vita e si avvicinava al suo antico splendore. Case vennero ricostruite, i monumenti distrutti riportati alla luce e la famosissima Scuola di Magia prevedeva di riaprire presto i battenti e dare il benvenuto a chiunque volesse imparare le arti magiche dai più grandi esperti del continente.
Fu tutto possibile grazie ai fondi ed agli aiuti inviati dal nuovo imperatore: Hans von Hresvelg che, seppur molto giovane, aveva terminato l'anno al Garreg Mach in anticipo per ereditare il titolo dalla madre ed essere del più completo supporto verso quello che una volta credeva fratello di sangue. Nonostante tra loro non ci fosse alcuna parentela, il legame che li univa si era consolidato ancor di più dopo gli eventi i quali, in meno di un anno, avevano completamente stravolto le vite di entrambi.
Hans aveva insistito parecchio anche per avere Aleksei e Sera alla sua cerimonia di incoronazione; vi avevano partecipato volentieri ed in barba a tutte le occhiate non troppo simpatiche dei nobili presenti -l'imperatore aveva alzato parecchio le tasse a loro proprio per aiutare le regioni del nord-.
Ricoperta di neve, Fhirdiad era stupenda.

Le ferite di Aleksei erano guarite abbastanza in fretta; come previsto da sua madre, la Luna Crescente ci aveva messo qualche giorno a guarire la ferita al ventre provocata da Yagrush, mentre per il braccio rotto, non essendo grave, aveva impiegato poco più di una settimana. Ciò non era bastato a fermarlo, aveva aiutato nella ricostruzione della città in ogni modo possibile, guadagnandosi il rispetto dei suoi cittadini e, presto, nuovi sudditi.
Aveva deciso di tagliare la sua lunga chioma bionda come simbolo di rinascita. Ora le ciocche dorate erano tutte della stessa lunghezza e gli accarezzavano le spalle -quelle alla sua destra le teneva però dietro l'orecchio per dare una parvenza di asimmetria-.
Sera, al contrario suo, con tutto ciò che era successo non aveva avuto il tempo di tagliarli ed ora aveva splendidi ricciolini fin sul petto ed anche oltre. Era bellissima, aveva abbandonato il suo aspetto da bambina ed assunto un'aria da donna adulta, perfetta per una futura regina.

Con grande sorpresa, a pochi giorni dal rientro dell'esercito nella capitale, al palazzo reale si era presentato Ephraim in sella ad un cavallo bianco.
Aveva porso i suoi ossequi alla regina e chiesto asilo. Ksenia era stata più che felice di accoglierlo, era grata che lui avesse finalmente deciso di vivere per sé stesso e per la sua famiglia piuttosto che essere devoto ad un mero concetto, ma contrario a chi lo portava avanti.
Per Aleksei fu uno shock venire a sapere che il generale e sua madre fossero imparentati -non c'era mai stato tempo per dirglielo-, ma la notizia lo aveva allietato parecchio.

Luna Eterea; ventesimo giorno
1206

- Ne sei sicura, Ksenia? È tuo padre, so che sei arrabbiata per ciò che ha fatto a nostra madre ed a tante altre persone, ma ne avrai davvero la forza? Nonostante tutto, tu gli vuoi bene.

La regina aveva la testa china, fingeva di essere concentrata sulle scartoffie tutte sparpagliate sulla scrivania, ma la voce di suo fratello le era arrivata forte e chiara. Si tormentò il labbro con i denti, la penna d'oca tremolava nella mano destra.
Dopo una manciata di secondi che parvero un'eternità, annuì, facendo uscire tutta l'aria accumulata nei polmoni in una sola volta.

- Non sei obbligata a sporcarti le mani. Posso farlo io. – Lei scosse il capo. – Ksenia...-
- ... Eph. – Replicò, alzando finalmente lo sguardo. – Non posso lasciarti fare tutto e starmene lì a guardare, è colpa mia se è riuscito a fare tante cose di dubbia moralità, perciò io, e soltanto io, devo ucciderlo. Sì, gli voglio bene, non posso negarlo, per questo motivo sono l'unica a poterlo fare.
Se non mi avesse adulata per tanti anni con la mummia di mio marito e minacciato che l'avrebbe distrutta se solo gli avessi disobbedito, l'avrei già fatto, te l'assicuro.
Le mele marce agarthee devono essere eliminate, loro meritano di tornare in superficie. Il principe Malkuth è stato giustiziato da Thamiel per ciò che ha fatto a Dedue... ora è il mio momento.-
- Sei sicura che ciò non minerà ulteriormente alla tua povera salute mentale?-
- Quella passa in secondo piano. Ormai il mio tempo è quasi giunto al termine, me lo porterò nella tomba, volente o nolente.-
- Capisco... spero non te ne pentirai.-

L'uomo le si avvicinò e dalla tasca del cappotto estrasse un pugnale inquietante dalla lama nera, l'aveva rubato proprio a Myson poco prima. Lo posò con cautela tra le mani di sua sorella ed i due si guardarono negli occhi accennando un sorriso.

- Nel bene o nel male, sarò sempre pronto ad assisterti.-

Chiuse gli occhi, beandosi delle mani che delicatamente scioglievano i nodi nei suoi capelli biondi. Di solito non permetteva a nessuno di toccarli, Sera era l'unica ad avere un tale privilegio.

- Anche da corti, non te ne prendi mai cura.- Si lamentò lei, continuando a pettinarlo.
- Mi dispiace.-
- Tu che mi chiedi scusa per una cosa simile? Chi ti ha sostituito?!-
- ... Non è per questo che mi sto scusando. In realtà, c'è una cosa di cui vorrei parlarti. Devo farlo da tanto tempo, ma non ne ho mai avuto il coraggio, è umiliante.-
- Che succede, Aleksei?-

La ragazza lasciò la spazzola sulla specchiera e girò attorno alla sedia su cui stava seduto per fronteggiarlo. Vedendo che lui non riusciva a guardarla in volto, si inginocchiò sul pavimento e gli prese le mani, stringendole tra le sue. Erano calde, grandi e, con tutto l'allenamento svolto negli ultimi mesi, callose, ma comunque piacevoli da toccare. Gli accarezzò il dorso con il pollice, lui si morse il labbro, come se volesse rifiutare il suo gesto ma non ne fosse capace.

- Per favore, parlami, non è da te non riuscire a dirmi cosa ti passa per la testa.-
- È che— – Si bloccò per qualche secondo, chiudendo gli occhi. – quando mi torturarono... è stato orribile...-
- Posso immaginare, o forse no, tu sei tornato in uno stato molto più pietoso di come venivo lasciata io.-
- No, non è questo. L'essere sventrato quotidianamente non fu la parte peggiore. – Sera deglutì con orrore, non era mai sceso nei dettagli. – La persona che mi torturava era una donna completamente pazza. Diceva di amarmi mentre si divertiva a procurarmi dolori inimmaginabili, con acqua bollente, fuoco, acido, coltelli, piombo fuso.
Eppure, il peggio è stato quando... quando... – Aleksei boccheggiò, stringendole le mani. – lei... ha deciso di violarmi, mentre io non potevo ribellarmi perché completamente narcotizzato, mi ha usato come il suo giocattolo personale ed io non potevo fare nulla, non riuscivo nemmeno a dissociarmi perché pensavo a te, ad aspettarmi ad Itha. Ed intanto io ti stavo tradendo in una cella impregnata dall'odore del mio stesso sangue, obbligato ad ascoltare gli ansimi di quella donna.-

La lasciò, coprendosi il volto con le mani e cercando di, inutilmente, nascondere i singhiozzi e le lacrime che gli rigavano il viso con prepotenza, il cuore che batteva all'impazzata per averle svelato il suo peggior segreto, la sua umiliazione più grande, l'essere stato usato come mero oggetto sessuale inanimato. Aveva voglia di vomitare.
Sera spalancò gli occhi e schiuse le labbra. Anche il suo cuore aveva accelerato i battiti e le lacrime minacciavano di uscire. Si stava sentendo male. No, non poteva affatto immaginare cos'avesse subito, né avrebbe mai pensato che, una persona potente quanto lui, potesse arrivare a patire un calvario simile.
Si alzò in piedi tremando, gli tolse le mani dal viso e le sostituì con le sue, alzandogli la testa e costringendolo a guardarla. Sembrava un cane bastonato, i suoi occhi erano rossi e le iridi ghiacciate affogate in uno specchio d'acqua.
Quante volte l'aveva visto piangere nell'ultimo anno, molte più di quelle degli ultimi dieci. Spesso si era chiesta se questa strada fosse giusta per lui; da quando aveva conosciuto Artemiya, tutto ciò di sicuro che lo circondava si era sgretolato ed aveva avuto l'effetto di renderlo più fragile. Non era più Benedikt il futuro imperatore presuntuoso e viziato, quello che aveva davanti era tutta un'altra persona segnata da innumerevoli scoperte che avevano completamente rimescolato la sua esistenza. Da principe imperiale a futuro re di una terra ricoperta di neve per tre quarti dell'anno.
Si chinò in avanti, appoggiando la fronte contro la sua e chiudendo gli occhi. Aleksei rimaneva immobile come una statua, ma le lacrime continuavano a fuoriuscire.
La sua pelle era bollente, il respiro irregolare, gli tremava il labbro inferiore. Era sconvolto, lo percepiva, aveva recluso dentro di sé quei sentimenti per mesi ed ora era letteralmente esploso, in modo molto simile ad un fiume che rompe i suoi argini dopo una tempesta.

- Aleksei... – Mormorò, quasi impercettibilmente. Non era sicura che l'avesse sentita. – io... io non—-
- Mi dispiace. Mi dispiace. Mi dispiace. Ti ho sempre voluta sposare, ma ho rovinato tutto. Ti ho tradita, sono stato con un'altra, non sono degno di te.-
- Cosa... cosa stai dicendo? Il matrimonio è tra due giorni.- Alzò la testa, guardandolo di nuovo negli occhi.
- No, non più. Ho distrutto il nostro rapporto, tra noi è finita quello stesso giorno, sono stato un egoista a far finta di nulla. Odiami, puoi farlo, ne hai il diritto, Sera. Trova un altro uomo, uno che ti ami veramente e non ti tradisca, non ti merito.-
- A volte dici cose talmente assurde, – Replicò. – è uno dei lati che più amo di te, ma stavolta hai superato così tanto il limite che vorrei prenderti a schiaffi.
Pensi che m'importi di quella donna? Aleksei, l'hai detto tu stesso, non riuscivi nemmeno a muoverti quando ti ha fatto quelle cose, come potrebbe essere colpa tua?-
- Lo è—-
- No, scemo! Una vittima non dovrebbe mai prendersi la colpa come stai facendo tu, non lo sarebbe stata nemmeno se fossi stato capace di difenderti. Se non volevi, non volevi e basta, quindi il carnefice è solo e soltanto lei! Capito? In che lingua vuoi te lo ripeta? Quella dei muli, visto che è la specie a cui appartieni?-
- Sera...-
"Sera" un corno, Aleksei. Diamine, sei uguale a tua madre, vi piace proprio prendervi colpe di cose terribili che non avete fatto.
Mi ami o no?-
- Certo, più di ogni altra cosa al mondo. Più del sole, della luna, delle stelle, sei la mia luce, Sera.-
- E allora dopodomani ci sposiamo, va bene?-
Lui si ritrovò ad annuire meccanicamente, come stregato da lei.
- ... Un ultima cosa. Non parlare di questa cosa a mia madre, ha già tante cose per cui soffrire, non voglio aggiungergliene altre.-
- Va bene... ora preparati, ormai è tardi, la cerimonia inizia tra poco ed io non ho ancora aiutato la regina.-

Sera lo lasciò solo ed uscì dalla stanza, dirigendosi verso quella di Ksenia. Nel tragitto ripensò al dolore di Aleksei, al suo viso contrito, le lacrime che gli bagnavano la pelle rendendola lucida e luminosa.
Desiderava aver avuto più voce in capitolo quando decise, d'impulso come al solito, di andare ad Enbarr a parlare con l'imperatrice. Se solo l'avesse fermato, se solo fosse stata le sue redini... ed invece no, aveva finito per farsi arrestare, torturare e— non voleva pensarci.
Scosse il capo e prese un profondo respiro. Non poteva farsi influenzare dai pensieri negativi.

Era stato scelto il ventesimo giorno della Luna Eterea perché era il suo quarantaquattresimo compleanno.
La regina aveva voluto regalare al marito un funerale ed una degna sepoltura, così che potesse finalmente riposare in pace nel luogo in cui era cresciuto, vicino a suo padre, suo nonno e tutti i suoi avi fino a Loog. Per quanto lo amasse e fosse stato fondamentale a tenerla in piedi in tutti quegli anni di solitudine, si era resa conto che l'atto di tenere per sé il suo cadavere fosse estremamente egoista, era arrivata anche a pensare che il suo fantasma si fosse attaccato a loro figlio proprio perché il corpo non era mai stato sepolto o, peggio, disturbato quando gli agarthei lo tirarono fuori dal fango di Tailtean e ricomposto come una bambola rotta.
Ksenia ricordava di aver trovato, tra gli appunti di suo padre, vari progetti per riportarlo in vita, tutti falliti – una fortuna, chissà cosa gli avrebbe fatto fare se avesse potuto controllarlo a proprio piacimento, sicuramente l'avrebbe potuto sfruttare per ammansire anche lei.
Sinceramente, non voleva sapere quanto ed in che modo avesse profanato il suo cadavere, non aveva mai avuto il coraggio di rimuovergli l'armatura ed ormai era diventata un tutt'uno con lui.

Aleksei era seduto, da solo, in prima fila.
Al piano terra della reggia di Fhirdiad era stato istituito un altare per la cerimonia funeraria. La bara in ciliegio era riposta al centro e circondata da una miriade di fiori blu, sul coperchio chiuso una spada cerimoniale in argento purissimo con l'elsa decorata di zaffiri.
Due cavalieri in completa armatura argentata, con pennacchi sull'elmo e mantelli blu raffiguranti il vessillo del Faerghus, erano fermi come statue a controllare che non vi fosse alcun attentatore alla vita dei sovrani – il castello era aperto a tutti quel giorno e non si poteva escludere che qualche malintenzionato, approfittandosi della situazione, facesse irruzione e tentasse di rubare gli oggetti preziosi ed i testi sacri che servivano per la cerimonia funeraria.
Il tempo passava e lentamente la sala iniziò a popolarsi; Artemiya si sedette alla sinistra del principe e gli prese la mano in segno di conforto, accanto a lei suo nonno, granduca Rufus di Itha.
Nelle panche dietro di loro presero posto uno stuolo di nobili decaduti -dei quali si stava lavorando per ricostruire i casati-, cittadini della capitale e popolani provenienti da tutto il regno.
Nella penultima sedeva Myson, da solo, nel suo travestimento che lo rendeva più umano e meno un cadavere respirante, mentre in fondo c'erano Behemoth, Thamiel, Yolandi, Sera, Hans e Mitja in tal ordine.
L'imperatore si trovava a Fhirdiad non per il funerale del re, ma per l'incoronazione di suo fratello che si sarebbe tenuta l'indomani, ma aveva deciso di partecipare anche a quella cerimonia in segno di rispetto per il defunto, nonostante si sentisse terribilmente in colpa; dopotutto, lui era in quella bara a causa di sua madre.

- Sai... – La voce di Mitja gli giunse alle orecchie, un sorriso sghembo ed un'insolita confidenza. – che nella cassa non c'è un mucchio d'ossa, ma una mummia? Avresti dovuto vederlo, tutto raggrinzito e con la testa cucita malamente sul collo. Somiglia tantissimo ad Aleksei.-
- Mitja...! – Sera lo rimproverò, cercando in tutti i modi di bisbigliare e non urlargli in faccia. – Ti sembra il modo di parlare così di un re defunto per proteggere il suo popolo? Per giunta, davanti ad un imperatore?-
- Beh, a quanto pare ha fallito. Infatti guarda dov'è. Ha fallito pure a fare un figlio decente e ha fallito ad avere uno zio con la morale a posto.-
- Ma che hai oggi? Pensavo lo rispettassi. – Mitja non rispose, al suo posto alzò la testa e lanciò un'occhiata truce in avanti. Sera scorse la testa riccioluta di Artemiya e vicino a lei i capelli biondi -ormai più bianchi- di Rufus. – ... Ora ho capito. È per Mimi?-
- Ho così voglia di sparare in testa a quel bastardo. Siamo già ad un funerale, potremmo risparmiare sulla cerimonia.-
- Cerca di non fare una strage inutile.- Sospirò.

Hans era allucinato dal discorso assurdo a cui aveva appena assistito -dopotutto si era trovato tra due fuochi-; le persone del Faerghus erano tutte così... matte? Allora aveva senso che anche suo fratello fosse tanto fuori dalle righe, forse nascere al freddo dava alla testa.
Si guardò intorno cercando di scacciare l'imbarazzo, finché non vide un uomo dal lato destro del viso completamente sfigurato che gli fece accapponare la pelle. Si abbassò verso Sera per farsi udire il meno possibile.

- Chi è quella persona inquietante?-
- È il padre della regina.- Rispose lei.
- E un mostro, un mostro della peggior specie.- Al discorso si intromise una ragazzina dai capelli e gli occhi nerissimi con la pelle pallida.
- Mostro...?- Il giovane sbatté le palpebre un paio di volte. Che fosse...? No, non era possibile. Il drago che aveva distrutto il soffitto del palazzo imperiale? Eppure avevano la stessa parte del volto dilaniata.
- Ciò che intende dire mia sorella, – L'uomo accanto a lei parlò. Lo riconobbe come quello in sella al drago. – è che è una persona molto cattiva, vi consiglio di stargli lontano.-
- È un drago...? Quello che stavate cavalcando quando avete portato via mio fratello da Enbarr?-
- Eh? No, vi confondete con Behemoth. – L'albino indicò il tizio accanto a lui: un uomo con lunghi capelli verdi, le orecchie a punta ed il viso dilaniato, il quale gli mormorò una sfilza di scuse nonappena incontrò il suo sguardo. – Lui si chiama Myson, è colpa sua se Aleksei ha un doppio segno. È anche suo nonno.-
- Fa paura.-
- Abbiatene, Maestà.-

Il loro discorso venne interrotto da un suono di trombe ed un coro che iniziò a cantare le sacre scritture.
Subito dopo fece il suo ingresso nella sala Lei, la regina, accompagnata dal ritrovato fratello Ephraim von Gerth. La donna indossava un accollato abito completamente nero, la crinolette la rendeva ancor più sinuosa e lasciava spazio ad un'ornata gonna lunga e spessa, le braccia interamente coperte dai guanti.
Al collo portava un medaglione d'argento al cui interno era stata sigillata una ciocca di capelli biondi, grossi orecchini nel medesimo stile, d'argento e pietre nere, dondolavano dalle sue orecchie ad ogni lento e sofferto passo.
Gli splendidi capelli color pesca erano stati tirati su, meticolosamente intrecciati in un intricato disegno, alcune ciocche arricciate cadevano dolcemente sulle sue spalle ed un velo scuro scendeva dall'acconciatura fino ai fianchi.
Camminava piano, nonostante fosse aiutata sia da un bastone che da suo fratello, con il quale era a braccetto, faticava a reggersi in piedi. Il veloce declino del suo corpo si era manifestato tutto all'improvviso, come una martellata in faccia; un giorno poteva correre maratone, quello dopo era incapace di alzarsi dal letto in autonomia.
Lei ed Ephraim si sedettero vicino ad Aleksei, il quale le rivolse un sorriso.

- Come stai?- Le chiese, la sua voce seminascosta dai canti.
- ... Così, l'hai visto anche tu.-
- Mi dispiace... vorrei esserti più d'aiuto.-
- Non crucciarti, è solo il normale scorrere del tempo. Ora ascolta la cerimonia.-

Ma al principe sembravano tutti brusii ovattati, non riusciva a concentrarsi su qualcosa che non fosse la tragica situazione di sua madre. Tra quanti giorni sarebbe stato seduto nello stesso posto, ad ascoltare gli stessi canti, davanti ad una bara simile, circondata dagli stessi fiori? A giudicare da come si era presentata, pochi.
Solo il giorno prima riusciva a muoversi senza l'aiuto del fratello.
Strinse la mano di Artemiya, la quale era ancora intrecciata nella sua e lei si avvicinò ulteriormente, ricambiando la stretta. Per una frazione di secondo, vide un'occhiata schifata di Rufus. Poteva schifarsi quanto gli pareva, ma se ora si ritrovavano tutti lì era colpa sua, dopotutto era stato lui a chiamarlo "Dimitri" in un atto di cecità folle.
La cerimonia durò un lasso di tempo che ad Aleksei parve infinito, non per la sua effettiva lunghezza, ma per i pensieri che continuavano ad affliggerlo e portarlo da altre parti. L'unico momento che riuscì a seguire, fu quando il sacerdote terminò il suo discorso e chiamò la regina a dire un paio di parole riguardo al defunto. Ksenia si alzò rifiutando l'aiuto del fratello e, instabile sui suoi piedi ed il bastone, raggiunse da sola il suo posto. Lanciò uno sguardo a tutti i presenti talmente intenso da trafiggerli e, dopo infiniti secondi di silenzio, iniziò a parlare, rigida.

- A me non è mai importato delle tradizioni. Le ho sempre trovate superflue, stantie, lunghissime feste per conferire questo e quello, quando l'unico strumento a rendere valido tutto ciò erano miseri pezzi di carta, di quella che a contatto con il fuoco scompare... e tutte quelle cerimonie pompose rese inutili.

Ma dopo tanto tempo di solitudine, quando il regno che mi ha cresciuta ha cominciato a svanirmi come sabbia dalle mani, ho capito che conferivano un'identità al popolo e lo diversificava da un altro, perché ciò che rende belli i viaggi è proprio conoscere tali differenze. Purtroppo, al Faerghus, queste cerimonie furono portate via, assieme al suo stesso nome, che diventò "Adrestia del Nord"... un insulto alla nostra neve, alle nostre terre, alle nostre fortezze, al nostro cielo, ai nostri abitanti... rinchiusa nella mia gabbia interrata, provavo una costante rabbia.

Per questo motivo, oggi, ventesimo giorno della Luna Eterea, anno 1206, ho deciso di riportare alla luce la tradizione e di celebrare il funerale del re, a vent'anni dalla sua morte; nonostante non ci sia un corpo, – Bugia. – questo evento segna la rinascita del regno che gli fu portato via quel tragico giorno alla pianura di Tailtean. Ho scelto il giorno del suo compleanno per regalargli finalmente una tomba in cui potesse riposare accanto al suo amato padre, nelle sue amate terre, nel suo amato castello. Se fosse stato in vita, avrebbe voluto così.

... Ho conosciuto il principe Dimitri Alexandre Blaiddyd quando ero una bambina triste e con l'unica compagnia di una madre tiranna e torturatrice. Ma il suo sorriso, i suoi piccoli gesti che mi permettevano di disobbedire a quella donna, furono quelli che mi fecero amare la sua compagnia... e la vita stessa. Mi diede la forza di lottare, di essere indipendente e forte, di impormi anche nelle situazioni difficili, gli dovevo tutto.
Nel lontano 1176, anno in cui la Tragedia del Duscur sconvolse il nostro popolo, io mi adoperai per sdebitarmi ed aiutarlo a rialzarsi come lui fece con me.
Conobbi un ragazzo estremamente fragile, che diventò un uomo ancora più sull'orlo dell'autodistruzione, con l'unico difetto di avere un animo troppo buono per il mondo marcio che lo circondava.
Diede asilo ad una tiranna solo per tenere unito il Sacro Regno di Faerghus, per non versare il sangue del suo popolo e, quando fu ora di affrontare il mostro della guerra, scese in prima linea e diede la vita su quel campo di battaglia, arrivando a perdere la sua stessa testa.
Quest'oggi celebriamo la nascita e la morte di un grande sovrano, un uomo che ha combattuto fino alla fine per salvare e rendere libera la sua gente.
Lunga vita alla memoria di Dimitri Alexandre Blaiddyd.-

Il silenzio rimase tombale per qualche altro secondo, la figura della regina svettava sull'altare, in piedi, diritta come una statua, sembrava giudicare tutto ciò che la stava circondando.
Poi, l'orchestra ricominciò a suonare una lieve e lenta melodia, il coro a cantarci sopra, in acuti e tristi sospiri.
Madre e figlio incrociarono gli sguardi e lui si alzò in piedi, percorrendo i pochi metri che li dividevano e superandola fino alla bara in cui giaceva suo padre. Non era tradizione, ma aveva insistito a voler portare la cassa fino al sepolcro da solo, con le sue sole forze, come un atto di dimostrazione; "sono pronto a prendere sulle spalle ciò che mi hai lasciato".
Afferrò una delle maniglie dorate e, senza sforzo, sollevò la bara quel poco che bastava per appoggiarsela sulla spalla, alzarsi e tenerla in equilibrio poggiandoci un braccio al di sotto.
Uno stuolo di persone, con la regina in testa, lo seguì in ogni suo passo successivo, fino al cimitero nel giardino interno del castello, nel quale era già stata scavata una fossa. Solo lì affidò il prezioso involucro a chi di dovere, i quali lo calarono fin nelle viscere della terra.
Mentre veniva lentamente riempita di terra, il principe teneva sua madre tra le braccia, la quale stava singhiozzando contro il suo petto. Era chiaro che ancora non avesse superato la morte di suo marito e, ormai, non sarebbe più accaduto. Si ritrovò a perdere qualche lacrima di suo, ed intanto accarezzava l'ornata acconciatura della donna.
Una volta riempita la tomba, le diede un bacio sulla fronte e la prese per mano, aiutandola a tornare all'interno del castello. Lì, i due si riunirono con Ephraim, Artemiya, Mitja, Sera, Hans, Thamiel, Yolandi e Behemoth; come loro, erano tutti vestiti con semplici abiti neri adatti all'occasione.

- Il vostro discorso è stato davvero emozionante, Maestà, ho provato a trattenere le lacrime per tutto il tempo, ma alle vostre parole sono crollata.- Artemiya tirò su col naso, asciugandosi una lacrima ribelle con il fazzoletto di stoffa.
- È vero... è stato difficile non mettersi a piangere...- Disse Thamiel, con la voce tremolante e gli occhi tutti arrossati.
- Tu hai iniziato a piagnucolare non appena lei ha fatto il suo ingresso nella sala, nessuno aveva ancora detto nulla.- Replicò Yolandi, prendendolo in giro.
Ksenia rivolse un debole sorriso ai presenti, un sorriso che non raggiunse anche i suoi occhi di ghiaccio.
- Spero di non avervi rovinato la giornata con la mia tristezza. Nel caso, vi prego di accettare le mie scuse. – Chinò brevemente il capo, poi rivolse lo sguardo a suo fratello. – Devo ammettere di non sentirmi particolarmente bene al momento... Ephraim, mi faresti il favore di aiutarmi a raggiungere la mia stanza? Ho bisogno di riposare.-
- Certo, andiamo.-

I due si allontanarono insieme, lasciando i più giovani a parlare tra loro. Entrambi sapevano che lei non si era voluta separare dal gruppo perché stanca, perciò l'uomo la condusse per la sala finché non incontrarono Myson, il quale stava ancora in piedi ad osservare l'altare che veniva velocemente smantellato. Quando li vide, si avvicinò.

- Anaxagoras.-
- Padre.-
- È stata una cerimonia inutilmente lunga.-
- Questa è la tradizione del Faerghus.-
- Potevi farlo seppellire subito.-
- È rimasto fuori dalla sua tomba per vent'anni, qualche ora in più non avrebbe cambiato nulla.-
- ... Pensavo fossi morbosamente legata a quel cadavere, mi stupisce tu te ne sia voluta liberare.-
- Non me ne sono "liberata", ho organizzato un funerale proprio perché ci tengo, perché se lo merita.-
- È morto. I morti non meritano nulla, non possono sentirti.-
Lei sospirò, sapeva quanto la testa di uno scienziato fosse dura, ma lui sembrava quasi divertirsi a smontare i suoi sentimentalismi.
- Padre, potreste venire con me? Vorrei parlarvi in privato.-
Myson rivolse un'occhiata ad Ephraim.
- È necessario lui?-
- Sì. L'argomento riguarda nostra madre.- Ksenia mentì.
- ... Bene. Ti seguo.-

La regina portò l'agartheo nel suo studio, dove ancora regnava il caos sulla scrivania, fogli sparsi per tutto il piano, macchie nerissime d'inchiostro rovinavano il legno ed una piuma d'oca era divisa in tre pezzi. Quando Ksenia la rivide, non riuscì a non pensare a Dimitri ed al suo scarso autocontrollo riguardo le cose fragili; eppure, con lei, era riuscito ad essere sempre delicato, anche nei momenti più stressanti.

- Di cosa volevi discutere?- La voce di suo padre la destò dal suo sogno ad occhi aperti.
- Riguardo mia madre, l'ho detto.-
- ... Cleobulus, o quel mero topo da laboratorio?-
- Non chiamatela "topo da laboratorio". Aveva un nome, ed era "Cornelia".-
- Mi sorprende che tu riesca a parlarne a cuor leggero, Cleobulus si era proprio divertita ad impersonarla nel peggior modo possibile e torturarti psicologicamente. Quella vera nemmeno la conoscesti.-
- Me ne ha parlato Ephraim. Nonostante fosse molto piccolo quando è scomparsa, lui la ricorda bene. – Myson si voltò per qualche secondo. Il generale stava in piedi davanti alla porta chiusa come una statua, lo sguardo duro e fisso. – Era la miglior madre che si potesse avere. Una gran donna, dall'immane intelligenza e forza.-
- Ed il suo volto? Non lo ricordi con odio?-
- Odiare il volto di mia madre sarebbe come odiare me stessa e mio fratello, siamo troppo simili a lei. E di questo ne sono felice, teniamo viva la sua memoria.-
- C'è qualcos'altro di cui vuoi parlare, vero? Se avessi voluto raccontarmi delle storielle su quella donna, non ci sarebbe stato bisogno di portarmi fin qui.-
- ... Una domanda l'avrei. Perché?
Perché sacrificare tutte quelle vite innocenti per creare il mio Segno e tutti gli altri esperimenti sul sangue che avete condotto, sia per conto vostro che sotto gli ordini di Thales? Perché sfigurare Behemoth e rubargli le ossa? Perché creare tutte quelle armi distruttive?-
- Anaxagoras, non fare domande stupide. Per punire le bestie che ci hanno relegato nelle viscere della terra e gli umani che si sono piegati al loro volere, dovresti saperlo. Le vite in superficie valgono meno di zero, motivo per il quale ce ne appropriamo.-
- Ho capito. Era ciò che mi serviva per prendere una decisione finale.-

Ksenia mollò il bastone che la sosteneva ed accadde tutto in un lampo: dalla manica del vestito estrasse un pugnale -lo stesso rubato proprio al suo interlocutore-, si slanciò in avanti e lo piantò nel ventre di suo padre, prendendolo alla sprovvista.
Lui spalancò gli occhi ed emise un gemito di dolore, il quale presto si trasformò in un rivolo di sangue che, dalle labbra, gli colò lungo tutta la gola. Crollò in ginocchio e lei, dapprima già instabile, lo seguì, rifiutandosi di separare le mani dall'elsa e rischiare che se ne liberasse.
Le loro fronti erano appoggiate l'una contro l'altra, gli occhi di ghiaccio semispeculari.

- Perché... figlia mia...?- Mormorò, l'aria che faticava ad uscire dalla bocca. Il veleno dell'arma stava entrando in circolo.
- Perché non posso morire e lasciarvi qui, libero di fare ancora del male. So che siete interessato al sangue di mio figlio, non vi permetterò di sfiorarlo neanche con un dito.-
- Capisco... quindi è così che mi hai sempre preferito...- Le afferrò le spalle, ormai completamente senza forze.
- Mi dispiace.-
Lui rise, piegandosi in avanti, in un abbraccio lieve.
- Anaxagoras, ti voglio bene.-
- ... Anch'io, padre.-
Dal corpo di Myson iniziò ad uscire una sostanza nera simile al fumo, finché esso non si sgretolò completamente, trasformandosi in cenere.
Ksenia si asciugò le lacrime con il guanto.

   
 
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