Anime & Manga > Demon Slayer/Kimetsu no Yaiba
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Autore: Princess Kurenai    03/02/2023    0 recensioni
[RenKaza | Rengoku Lives | Found Family]
Riaprì le mani chiuse a pugno, provando a lasciar scivolare via la tensione, e prese infine un profondo respiro.
Il fischio che lo aveva reso sordo fino a quell'istante svanì lentamente, permettendogli di sentire il silenzio della casa spezzato da un nuovo rumore, improvviso e inaspettato.
Akaza si irrigidì e il suo sguardo si puntò subito verso il fusuma che fungeva da ripostiglio della camera, e dal quale erano ormai udibili dei versi soffocati.
Si accostò all’anta scorrevole e, con attenzione, la aprì. Un piccolo ammasso di lenzuola si mosse sotto il suo sguardo - ormai più incuriosito che arrabbiato come qualche momento prima -, e infine un forte pianto iniziò a riempire la stanza.
Un neonato.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hakuji/Akaza, Kyoujurou Rengoku, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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As Soothing As Snow

Capitolo 6
The best of both worlds


»--•--«


Akaza rimase fermo per qualche momento davanti allo shoji chiuso della camera di Kyojuro prima di farlo scorrere lentamente per poter lanciare un’occhiata all’interno della stanza avvolta dall’oscurità.

Era tardi, mancavano poco più di due ore all'alba. Le candele erano ovviamente spente, e sia il Pilastro che la bambina già dormivano nei loro giacigli.

Forse, si disse Akaza, era meglio così.

Non sapeva neanche perché si fosse presentato lì dopo aver ucciso quell’uomo… sapeva solo di essersi sentito vuoto, e di solito il Pilastro sembrava in grado di riempire quella sensazione con la sua sola presenza.

Tentò di richiudere lo shoji ma la voce di Kyojuro, assonnata e confusa, lo bloccò.

«Sei in ritardo,» bofonchiò e Akaza rimase immobile prima di cercare di sorridere anche se gli sembrò tremendamente difficile piegare le labbra verso l’alto e fingere che tutto andasse bene.

«Kyojuro,» lo salutò. La sua stessa voce suonò strana alle sue orecchie.

Osservò il Pilastro muoversi a tentoni, cercando l’acciarino per poter accendere la candela che teneva accanto al futon, e quando ci riuscì la tenue luce della fiammella illuminò un poco i contorni della stanza, permettendo anche all’Ammazza Demoni di scorgere del tutto la figura del demone.

«Non credevo saresti venuto oggi,» sbadigliò, ma le sue labbra si erano ugualmente piegate in un sorriso. «Anche se manchi da quasi una settimana.»

Kyojuro aveva iniziato a sorridergli molto più frequentemente, era uno strano cambiamento… ma piacevole. Ed era anche la causa del bisogno incoerente di Akaza che lo portava a desiderare di stargli lontano tanto quanto voleva la sua vicinanza.

«Ero… occupato altrove,» ammise con tono cupo.

«È successo qualcosa?» gli chiese il Pilastro, sollevandosi del tutto dal letto. Indossò sulle spalle un haori color panna, e aggirò il suo giaciglio per avvicinarsi alla porta scorrevole.

Akaza rimase spiazzato da quella domanda e anche dalla palesemente preoccupazione che si era dipinta sul volto dell’altro. Forse Kyojuro era ancora troppo confuso dal sonno per poter comprendere realmente quanto le sue azioni sembrassero ancora più anomale.

Si stava preoccupando per un demone. Per lo stesso demone che l'aveva quasi ucciso e che aveva tolto la vita a tanti altri Pilastri. Che aveva distrutto il corpo di un uomo quella stessa notte.

La Terza Luna Crescente aprì bocca per rispondere, pur non sapendo come dare voce ai suoi pensieri e sensazioni.

«Quello… è sangue?»

Il demone abbassò lo sguardo sui suoi pantaloni trovandoli sporchi. Fece un’altra smorfia ma annuì lentamente. Non sapeva neanche cosa dire a Kyojuro. Avrebbe fatto meglio a non presentarsi quella notte, a evitare di andare a vederlo… ma non aveva nessun altro posto dove andare, e i suoi pensieri gli avevano impedito di stare solo.

«Di chi è?» chiese il Pilastro della Fiamma con tono calmo, ma era palese che ci fosse tensione nella sua voce.

«Di una donna… e di un uomo… che ho ucciso,» rispose piano Akaza, sentendo Kyojuro irrigidirsi per la sua risposta.

«Perchè?» si stava chiaramente sforzando di tenere un tono di voce basso, forse per non turbare la bambina che dormiva o gli altri abitanti della casa… o più probabilmente per non agitare se stesso.

Akaza non osò sollevare il capo, continuando a osservare i suoi pantaloni sporchi.

«Aveva ucciso quella donna…» ammise.

«E questo ti ha dato l’autorizzazione di uccidere quell’uomo? Senza un giusto processo? Senza affidarti alle autorità?»

La voce del Pilastro si era alzata un poco, venendo animata da rabbia e forse anche delusione.

Il demone annuì, stringendo le labbra.

L’ottica di Kyojuro era ovviamente umana, si fidava della legge. Ma Akaza? No, lui non credeva nelle autorità, inoltre era un demone e per secoli si era mosso in un mondo senza regole, se non quelle di Muzan.

«Meritava di morire,» riuscì però a dire e il Pilastro sospirò.

Kyojuro sembrò volersi prendere un momento di silenzio per ritrovare il controllo e Akaza attese la sua sentenza. Il Pilastro non lo avrebbe mai perdonato per ciò che aveva fatto e quella certezza iniziò a gravare sulle sue spalle.

«Non è una tua scelta,» gli fece presente Kyojuro, ritrovando la calma.

«Lui però ha scelto di uccidere quella donna, Kyojuro!» esclamò Akaza senza riuscire a trattenersi, alzando il capo per guardare in viso l’altro. «Lei è morta…»

Quella frase gli fece torcere lo stomaco. Era come se non si stesse riferendo a quella donna che aveva trovato neanche qualche ora prima, ma ad un’altra.

Era un ricordo lontano che gli sfuggiva tra le dita come l’acqua. Cercò di afferrarlo e di capire, ma più quel ricordo gli sembrava vicino, più invece si allontanava in un continuo inseguimento.

«Lei è morta…» ripeté ancora. Il familiare fischio alle orecchie lo rese sordo, il cuore di nuovo in gola.

Si guardò le mani. Erano pulite, ma le vide ugualmente sporche di sangue. Le chiuse a pugno, come per trattenere qualcosa.

“Lei è morta. Lei è morta”, continuò ad urlare nella sua testa, mentre l’impotenza e la certezza di non essere arrivato in tempo - tornato in tempo, di essere rimasto lì per salvarla - gli rendeva la gola secca.

Una voce iniziò a chiamarlo, ma la ignorò.

Non voleva sentire, non voleva ricordare. 

Cercò di concentrarsi sulla sua respirazione e di non pensare.

“Lei è morta. Lei è morta.”

Doveva calmarsi, non doveva permettere a quei sentimenti di… di fare cosa?

«Akaza!»

La voce, improvvisamente più alta di Kyojuro, lo fece sobbalzare e lo riportò al presente.

Le mani del Pilastro erano sulle sue spalle per scuoterlo. Si trovavano entrambi in ginocchio sul pavimento, e Akaza neanche si era reso conto di essere scivolato sul tatami perdendo del tutto la forza nelle gambe.

«Prendi un bel respiro…» mormorò Kyojuro senza allontanarsi. Le mani calde del Pilastro sulla sua pelle erano rassicuranti e piacevoli, e il demone desiderò quasi di potersi aggrappare a quelle sensazioni.

Annuì incerto, sussultando ancora quando alle spalle di Kyojuro la bambina iniziò improvvisamente a piangere, forse svegliata dalla voce più alta del Pilastro.

Kyojuro gli lasciò le spalle qualche attimo dopo - Akaza ne avvertì subito la mancanza - e si spostò verso la bambina per prenderla in braccio e cullarla.

La Luna Crescente rimase ferma sulla sua posizione. Osservando il Pilastro con gli occhi sgranati, ancora troppo sorpreso per quanto fosse degenerata quella situazione e dalle sensazioni che avevano attraversato il suo intero corpo.

Kyojuro si riavvicinò a lui. Aveva un'espressione combattuta oltre che preoccupata.

«Sei più calmo?» gli chiese.

«Sì…» riuscì a mormorare Akaza in risposta, irrigidendosi quando Kyojuro, inginocchiandosi di nuovo davanti a lui, gli piazzò la bambina tra le braccia. «Cosa?» la tenne subito con sicurezza, sorreggendole la testa e tenendola vicino al petto.

«Non le farai del male, lo so,» spiegò il Pilastro tremendamente serio. «Hai bisogno di… questo contatto con la realtà credo, e penso che tenerla ti aiuterà a ritrovare l’equilibrio, quindi cerca di farla addormentare.»

Akaza boccheggiò, mentre tutta la tensione gli scivolò via dalle spalle come se non fosse mai esistita, lasciando spazio a uno strano calore.

«Ti fidi… davvero così tanto di me da… lasciarmela tenere in braccio?»

Le labbra del Pilastro si piegarono in un sorriso quasi enigmatico.

«Strano ma… ,» rispose, proseguendo poi con tono sempre calmo e serio, ma non disgustato o arrabbiato. «Non sono… felice per ciò che mi hai detto poco fa, non mi piace che delle persone vengano uccise. Anche se si tratta di criminali… ma comprendo che c’è qualcosa che ti turba quando si creano determinate situazioni, come quella che ti ha portato a salvare questa bambina.»

«Non so cosa sia…» ammise Akaza, cullando la piccola che lentamente iniziò per davvero a calmarsi, come se il restare in braccio a qualcuno la tranquillizzasse.

«Va bene così,» lo rassicurò Kyojuro. «Per ora mi va bene che tu… stia calmo e che non cerchi di uccidere nessuno qui… anche se mi piacerebbe poterti chiedere di non uccidere nessuno in generale,» ammise poi con una smorfia. La rabbia, insieme alla delusione, erano ancora presenti nelle sue parole e nei gesti.

«Lo farò

L’occhio del Pilastro si sgranò per quell’affermazione, e Akaza abbassò lo sguardo sulla bambina. Non era certo di cosa lo avesse portato a pronunciare quelle parole senza neanche pensarci due volte.

L'atto di fiducia di Kyojuro e il calore che stava provando, insieme a quella sensazione di familiarità, erano un qualcosa della quale Akaza non si era mai reso conto di sentirne la mancanza.

«Cercherò di non uccidere. Non dovrebbe essere difficile. Come… come ti ho detto, preferisco allenarmi al divorare qualcuno, perché voglio che la forza sia solo mia e non derivata dal sangue che mi scorre nelle vene… e tenterò di mantenere la calma nelle altre occasioni,» dichiarò senza guardare il Pilastro, cercando di convincere non solo Kyojuro ma anche se stesso. «Spero basti per… ripagarti della tua fiducia e di tutto questo…»

«Ti… ti ringrazio, Akaza,» mormorò il Pilastro della Fiamma. Il suo tono era davvero grato oltre che sorpreso, e Akaza non poté non sentirsi pronto a fare di tutto pur di mantenere quella sorta di promessa.

“Non la infrangerò come tutte le altre,” si ritrovò a pensare.

 

..••°°°°••..

 

Kyojuro era nervoso.

Ormai erano trascorsi quasi due mesi - sette settimane, per la precisione - da quando aveva accolto la bambina nella sua casa e, indirettamente, anche la Terza Luna Crescente… e in tutto quel tempo aveva tenuto la presenza della prima - e di conseguenza anche del secondo - gelosamente celata agli altri Pilastri e anche agli Ubuyashiki.

Rengoku temeva le loro reazioni e le domande inopportune, ma sapeva suo malgrado di non poter evitare a lungo la rivelazione, soprattutto quando Kanroji si presentò a casa sua, con dei dolcetti che aveva sicuramente fatto con le sue mani e un ampio sorriso sulle labbra.

Non era la prima volta che andava a trovarlo, e sicuramente non sarebbe stata neanche l’ultima, ma Kyojuro non poté non sentire un vago senso di intrusione che lo portò quasi a desiderare di nascondere la bambina agli sguardi estranei… come se la sua ex allieva potesse intuire il suo rapporto con Akaza e portargli via la piccola.

Per fortuna quegli assurdi pensieri svanirono subito, perché gli bastò chiacchierare per qualche minuto con Mitsuri per rilassarsi.

Kanroji era sicuramente una delle persone più dolci e altruiste che Rengoku avesse mai avuto l'onore di conoscere, e sapeva per certo che non avrebbe fatto alcun male alla piccola.

Infatti sorrise subito, senza alcun ombra o timore, quando il Pilastro dell'Amore emise un versetto adorante alla vista di Senjuro con in braccio la bambina - l'aveva appena lavata e la stanza si riempì subito con il delicato profumo dei sali che utilizzavano per pulirla.

«Lei è… la bambina che ti hanno affidato?» domandò Mitsuri con le mani al volto e le guance più rosse - era chiaro che Tanjiro e gli altri le avessero parlato della bambina.

Senjuro, sorrise imbarazzato e un po’ nervoso, e fu Kyojuro a dare una risposta.

«Sì, è proprio lei. L’hanno abbandonata quasi due mesi fa,» spiegò brevemente.

«Oh povera… quindi ve ne state prendendo cura voi? Da soli?» chiese preoccupata Kanroji.

Rengoku assentì.

«All’inizio ci ha aiutato la nipote di Hajime-san, il medico che vive qui in zona… ma al momento siamo noi ad occuparcene,» spiegò Senjuro con una piccola nota di orgoglio nella voce.

“E da qualche notte anche Akaza sta iniziando a prendersene cura,” aggiunse mentalmente Rengoku, non riuscendo a non sorridere nel pensare al demone.

In quell’ultima settimana tutto sembrava essere cambiato tra Kyojuro e la Luna Crescente, tant’è che il Pilastro aveva iniziato a sentire uno strano calore alla bocca dello stomaco quando rivolgeva i suoi pensieri al demone - Akaza, ormai aveva iniziato a chiamarlo per nome, e gli era sembrata per davvero la cosa più naturale da fare.

Akaza era tremendamente bravo con la bambina, cosa che lasciava davvero perplesso Kyojuro.

Solo la notte prima, la bambina si era sporcata talmente tanto che era stato necessario farle un bagnetto fuori orario per poi rivestirla di tutto punto, e Akaza era lo aveva raggiunto proprio in quel delicato momento.

Inizialmente il demone aveva preso un po’ in giro Kyojuro con un “Non si fa così, stai mettendo il panno nel modo sbagliato!”, e neanche qualche minuto dopo era stato proprio Akaza a muoversi per cambiarla con estrema sicurezza e tranquillità. Il tutto sotto lo sguardo incredulo del Pilastro.

Di certo non era quello ciò che Rengoku si era aspettato di vedere quando aveva risposto a tono con un: “Se sei così bravo, allora fallo tu!”

Era come se il demone si fosse già preso cura di qualcuno, come se sapesse come essere delicato anche con un corpicino così minuto e fragile.

Certo, Kyojuro aveva scorto del timore nello sguardo e nei gesti di Akaza, ma al tempo stesso lo aveva visto muoversi in modo molto meno impacciato del suo.

«E… non avete pensato a… qualche altra struttura o famiglia? Non è… pesante per voi?» domandò ancora Mitsuri, avvicinandosi però a Senjuro per giocare con i piedini della bambina.

«Non è così pesante,» rispose Senjuro. «Ma non abbiamo ancora ritrovato chi l'ha abbandonata…»

Lo stomaco di Kyojuro si strinse un po' a causa delle menzogne, seppur a fin di bene.

Suo fratello pensava ancora che lui stesse cercando chi l'aveva abbandonata, quando in realtà non aveva mosso un dito per quella ricerca… anche perché era già in contatto con chi aveva portato la bambina in quella casa e sapeva benissimo che non c'era nessuna famiglia, a parte la loro, per lei.

Non erano più tornati sul discorso dell'affidamento, forse per Senjuro era complicato affrontarlo, ma era sempre più chiaro che nessuno dei due volesse abbandonarla o affidarla a un'altra famiglia.

«Volete cercare di aiutare la sua famiglia, vero?» domandò ammirata e quasi commossa Kanroji.

«Certo! Se posso intendo aiutare chi me l’ha affidata!» rispose automaticamente Kyojuro, rendendosi subito conto che più che una mezza verità, quella era la realtà, e la cosa lo spiazzò non poco.

Voleva aiutare Akaza?

Non credeva che il demone avesse bisogno di qualche aiuto né di essere protetto, ma dopo il crollo emotivo al quale aveva assistito… Kyojuro aveva i suoi dubbi.

Forse aveva davvero bisogno di qualcuno.

Akaza gli era apparso sconvolto e distrutto quando era entrato nella sua stanza. Braccato da dei fantasmi, lontani e crudeli.

Rengoku non poteva negare di aver provato un’ondata di giustizia nel sapere che Akaza aveva vendicato la morte di una donna innocente uccidendo il suo assassino… ma dall’altra parte l'uomo che il demone aveva ucciso era un criminale che andava giudicato dalla legge prima di venire giustiziato.

Doveva essere un giudice a decretarne la sentenza e non un demone o un qualsiasi altro cittadino… ma meritava la morte.

Per quel motivo Kyojuro si sentiva meno incline all'ira e al lutto nei confronti di quell'uomo, cosa che in ogni caso era passata in secondo piano quando si era reso conto di quanto quell'evento avesse ferito il demone.

Lo aveva visto sbiancare e scivolare in ginocchio, il respiro farsi veloce mentre dalle sue labbra uscivano solo tre parole ripetute all’infinito, come se fosse in preda a una folle agonia: “Lei è morta.”

Rengoku era certo che la Luna Crescente non si stesse riferendo alla donna che aveva trovato, ma a qualcun’altro che, probabilmente, il demone aveva perso in passato.

Una ferita mai cicatrizzata, nascosta dietro quella piaga demoniaca.

L’atteggiamento di Akaza lo aveva preoccupato, tanto da averlo portato ad accantonare ogni pensiero e dubbio. Ad abbassare del tutto le sue difese per poter cercare di supportare quel demone che era diventato, suo malgrado, parte della sua esistenza.

«Ti aiuterò!» si propose subito Kanroji, i suoi grandi occhi verdi erano carichi di speranza e di buona volontà. «So cavarmela con i bambini!» aggiunse e Kyojuro portò di nuovo su di lei tutte le sue attenzioni.

Rengoku non poté non pensare al fatto che il Pilastro dell’Amore avesse dei fratellini piccoli e per quello sarebbe sicuramente stata più che in grado di dare loro una mano… e che la bambina si sarebbe trovata bene in un ambiente familiare come quello della famiglia di Kanroji.

Se Mitsuri si fosse trovata nella sua stessa situazione, avrebbe sicuramente accolto volentieri la piccola, e sapeva che la sua famiglia era davvero buona e gentile, non le avrebbero fatto mancare nulla… ma Kyojuro non voleva neanche pensare di separarsi da lei. Infatti accantonò quel pensiero nell’esatto istante nel quale era stato formulato.

«Ti ringrazio,» rispose con un sorriso. «Ogni aiuto è ben gradito!»

Senjuro ridacchiò nel sentirlo pronunciare quelle parole, permettendo al tempo stesso a Mitsuri di prendere in braccio la bambina, che sembrava particolarmente incuriosita dalla nuova arrivata.

«Soprattutto quando devi cambiarla,» insinuò furbo Senjuro, strappando una risata a Kanroji.

«Sto imparando!» si difese divertito Rengoku, occhieggiando però Mitsuri come per assicurarsi che la piccolina stesse realmente bene.

La bambina parlottava come al suo solito, e tendeva le manine verso l'alto per poter toccare il viso del Pilastro dell'Amore. Cosa che, ovviamente, non le venne negata.

«Non è difficile, ma serve pratica,» riuscì a commentare la giovane donna, dando dei bacini alle manine tese della bambina. «Non mi avete ancora detto come si chiama,» aggiunse poi, confusa per quel dettaglio mancante.

«Non ha ancora un nome,» svelò Senjuro, lanciando un’occhiata a suo fratello che ridacchiò quasi imbarazzato.

«Dobbiamo trovarne uno adatto. Ho pensato a Minako, che ne dite?»

Mitsuri divenne per un momento seria dopo quello scambio di battute e Kyojuro pensò che avesse colto qualcosa in più, qualcosa che lui stava cercando di nascondere, ma dallo sguardo che poi gli rivolse - compassionevole e un poco triste -, Rengoku comprese che la giovane donna aveva probabilmente sviluppato gli stessi dubbi di Senjuro.

«Minako è molto bello,» commentò il Pilastro dell’Amore, decidendo fortunatamente di non indagare oltre, e forse per non appesantire l’atmosfera decide di parlare del giovane Kamado e dei suoi amici, e di come stessero andando i loro allenamenti e le missioni.

Trascorsero il pomeriggio in quel modo, parlando e giocando con la bambina, e quando Mitsuri lasciò la casa dei Rengoku poco prima di cena, Kyojuro non poté fare a meno di pensare a ciò che lo avrebbe aspettato in futuro.

I suoi esercizi con la respirazione procedevano bene - riusciva di nuovo a mantenere la concentrazione anche per tutta la notte -, e attendeva con ansia che Kocho gli desse l’autorizzazione per riprendere gli allenamenti veri e propri. Nonostante la bambina gli desse molto da fare, sentiva la mancanza dell’allenamento costante al quale era abituato a sottoporsi… anche se doveva ammettere che l’idea di vedere il Pilastro degli Insetti - o gli altri Pilastri - non lo entusiasmava. Forse, si disse, non voleva che altre persone scoprissero della bambina.

Poche persone erano al corrente di quella situazione, ed era pressoché certo che a quel punto ci avrebbe pensato Mitsuri a raccontarlo agli altri Pilastri quando li avrebbe incontrati.

Kyojuro era sinceramente preoccupato: detestava più di ogni altra cosa mentire e nascondere la verità in quel modo… ma, d’altro canto, nessuno si stava facendo male, e Akaza si era rivelato una compagnia piacevole.

Certo, rimaneva il problema che fosse un demone - e una Luna Crescente -, ma avevano già accettato Nezuko…

Kyojuro scosse il capo, allontanando quel pensiero sciocco e irrealizzabile.

Akaza non poteva essere paragonato a Nezuko in nessun modo, e lui non poteva aver seriamente pensato che, fin quando il demone prometteva di non uccidere nessuno, allora potesse essere tutto perdonabile.

Era un’assurdità.

Ciononostante, quando quella notte Akaza lo raggiunse, non poté fare a meno di pensare che sarebbe stato tutto più facile se la Terza Luna Crescente fosse stato come Nezuko.

 

..••°°°°••..

 

Akaza si era reso conto di un qualcosa di diverso nella casa di Kyojuro sin da quando vi aveva messo piede.

Prima di tutto lo sguardo che il Pilastro gli aveva rivolto era… strano. Non aveva avvertito nessun sentimento negativo provenire da Kyojuro ma nel suo occhio aveva scorto tristezza e speranza, emozioni che non riusciva del tutto a comprendere.

In secondo luogo c'era stato l'odore. Akaza era molto sensibile ai profumi, ed era talmente abituato all'ambiente interno della casa dei Rengoku che gli era sembrato impossibile non avvertire una lieve fragranza di fiori.

Era un profumo dolce e anche piacevole, femminile… e che non apparteneva a quel luogo.

Kyojuro poteva aver avuto dei visitatori, e quello di per sé non era un problema, ma quando Akaza prese in braccio la bambina - un gesto che in una sola settimana era diventato quasi spontaneo per lui -, e sentì quello stesso profumo anche addosso alla piccola… non poté fare a meno di vederla come una minaccia.

«Che cosa è successo?» domandò subito, stringendo a sé la bambina.

La sua reazione fece sgranare l'occhio del Pilastro, sorpreso ma non agitato.

«Cosa?»

«L'odore di fiori! Chi è venuto qui? Chi ha toccato la bambina!»

Kyojuro si mostrò per un momento confuso poi si concesse un sorriso che, in parte, riuscì a placare Akaza - ancora non capiva come fosse capace di calmarlo solo piegando le labbra in quel modo.

«Non preoccuparti,» esordì subito.

«Non sono preoccupato!»

Le sopracciglia del Pilastro si alzarono e Akaza avrebbe voluto ripetere una seconda volta di non essere preoccupato, ma non era certo che sarebbe riuscito ad apparire convincente.

«Non ti facevo così geloso e protettivo. Comunque, è venuta a trovarci un'amica. Una vecchia allieva, il profumo che senti è il suo,» spiegò Kyojuro e Akaza ascoltò attentamente quelle parole.

«Allieva?» ripeté.

«Esattamente! L'ho allenata nella Respirazione del Fuoco qualche anno fa, Kanroji è un prodigio. In soli sei mesi ha completato l'allenamento e anche la prova per diventare un Ammazza Demoni. Ha creato la sua personale Respirazione ed è un Pilastro! Non è grandiosa?» esclamò Kyojuro, incapace di nascondere il suo orgoglio e la felicità.

Tuttavia Akaza non fu in grado di gioire realmente con lui, perché la presenza di un altro Ammazza Demoni - un Pilastro - in quella casa lo mise subito in allarme.

Fisicamente sapeva di poter eguagliare chiunque, e che neanche un altro Pilastro sarebbe riuscito a mettersi contro di lui… ma quelle convinzioni non gli impedirono di temere per la bambina.

L'avrebbero portata via? Gli avrebbero impedito di vederla?

E cosa sarebbe successo a Kyojuro?

«Akaza?»

Il demone sobbalzò, e puntò gli occhi su quello del Pilastro.

«Perché… era qui? Che cosa voleva?»

«Kanroji è solamente venuta a trovare me e Senjuro,» lo rassicurò Kyojuro facendosi più serio, forse aveva notato il suo improvviso disagio.

Quelle parole però non aiutarono Akaza ad abbassare la guardia. Si sentiva quasi minacciato, ma al tempo stesso sapeva di non poter agire come era solito fare, con violenza e con i pugni chiusi.

«Non voglio che altre persone abbiano a che fare con la bambina…» riuscì a dire, irrigidendosi non poco quando Kyojuro si avvicinò ulteriormente a lui.

«Nessuno la porterà via. Dovranno passare prima sul mio corpo,» dichiarò con tono sicuro e rassicurante. «E Kanroji è una cara amica, non farebbe mai del male alla bambina.»

«Questo lo so!» ribatté Akaza, riuscendo infine a elaborare alcuni dei suoi timori in una frase. «Ma quanti dei tuoi amici mi permetterebbero di vederla ancora?»

Era complicato parlare, ma alle volte con Kyojuro diventava quasi semplice.

Il Pilastro strinse le labbra, incapace di rispondere subito a quella domanda, cosa che permise al demone di riprendere la parola.

«So che quelli come te, si farebbero in quattro per lei,» precisò. «Ma gli altri cercherebbero di tagliarmi la testa, e sarei costretto ad ucciderli, perché non mi permetterebbero di vedere la bambina. Inoltre farebbero del male a te, per aver nascosto e fraternizzato un demone.»

Kyojuro lo ascoltò serio, sedendosi per terra ed invitandolo a fare lo stesso. Akaza lo imitò dopo un momento di incertezza.

«Non posso negare di avere i tuoi stessi timori,» ammise, nascondendo a fatica quella che Akaza interpretò come tristezza. «So quali sarebbero le conseguenze, e non credo di essere realmente pronto ad affrontarle, così come so che anche tu sei in pericolo. Se, scioccamente, penso di poter convincere Oyakata-sama ad ascoltare le mie ragioni… non credo che Kibutsuji Muzan possa essere incline all'ascolto.»

Akaza decise di non rispondere a quell'affermazione perché aveva già pensato più volte a cosa sarebbe potuto succedere, e l'unica soluzione che aveva trovato era la sua scomparsa dalla vita di Kyojuro e di quella bambina.

Solo in quel modo avrebbe protetto entrambi… ma era così difficile pensare di abbandonarli. Era certo che sarebbe riuscito a farlo nel caso di un pericolo immediato, ma dall'altra parte temporeggiava e continuava a ripetersi "Ancora un giorno, ancora un po' di tempo", perché non voleva perdere ciò che aveva conquistato in quelle settimane.

«Quindi che facciamo?» domandò infine, e Kyojuro gli rivolse un piccolo sorriso.

«Direi di aspettare,» rispose il Pilastro per poi assumere un tono più scherzoso e leggero, come se volesse lasciarsi alle spalle quei pensieri. «Inoltre devi cambiare la bambina! E dirmi se ti piace di più Minako o Momoka

Akaza trovò impossibile non sorridere, sentendosi pronto a lasciare alle spalle quel momento di timore e incertezza che, in qualche modo, lo aveva fatto sentire molto più vicino a Kyojuro.

 

..••°°°°••..

 

«Maemi è molto carino,» commentò Kyojuro scribacchiando su un foglio i kanji per formare il nome che aveva appena pensato. «E anche Chihiro, che ne pensi Senjuro?»

Il ragazzino ridacchiò brevemente.

«Penso che domani mattina non ti piaceranno più perché di notte avrai chissà quale illuminazione che ti farà cambiare idea,» commentò, chiudendo il libro che stava leggendo - riguardava l’erbologia ed era uno dei tomi che Kocho gli aveva inviato.

Rengoku sbuffò ma non perse il sorriso, cercando come era ormai abituato a fare di nascondere il vero motivo del suo continuo cambiare nome alla bambina.

«Deve starle bene. E nessuno per ora mi sembra realmente adatto,» disse, tracciando poi un altro kanji sul foglio - Anzu era carino, poteva scriverlo con lo stesso kanji del suo nome.

«Potresti…» esordì il ragazzino, prendendo in braccio la bambina che aveva iniziato a frignare un poco - alle volte lo faceva solo per essere presa in braccio.

«Potrei?» lo incoraggiò Kyojuro, alzando lo sguardo dal foglio.

«Pensare a un nome che suoni bene con… Rengoku…» le guance di Senjuro si erano colorate di rosso e quasi istintivamente sembrò cercare di nascondersi dietro la bambina. «Intendo… se vogliamo… ne abbiamo parlato, no?»

Il Pilastro posò la penna e strinse le labbra. Era vero, ne avevano parlato qualche settimana prima, ma alla fine non erano più tornati su quell’argomento… ma era chiaro che Senjuro ci tenesse particolarmente, e lo stesso Kyojuro sentiva di doverlo fare. Non tanto per chissà quale obbligo morale ma perché sapeva a prescindere di non volersi separare da quella bambina.

«Hai ragione,» ammise. «Siamo entrambi d’accordo con il fatto che vogliamo essere noi a prenderci cura di lei, alla fine… è quello che stiamo già facendo.»

Senjuro annuì.

«E quando riprenderai con le missioni, me ne occuperò io!» aggiunse, rendendosi subito disponibile senza la minima esitazione. «E quando andrò a studiare alla Casa delle Farfalle, la porterò con me. Potrà stare all’aria aperta e la terrei sempre d’occhio!»

«Non voglio però che tu ti prenda anche queste responsabilità,» gli fece presente Kyojuro. «Non sto dicendo che non voglia tenere la bambina, anzi, la sola idea di lasciarla mi riempie di ansie… ma non devi essere tu a prenderti questa responsabilità.»

«Per me non sarebbe di nessun peso. Sarebbe come avere una sorellina, così come tu ti sei occupato di me!»

Il Pilastro mise subito a tacere i pensieri che spesso lo portavano a pensare di non aver fatto del suo meglio nel crescere suo fratello, e cercò di analizzare come meglio poteva la situazione.

Per quanto gli costasse ammetterlo, non avrebbe preso parte a missioni realmente impegnative per ancora qualche mese. Se dall’esterno il suo corpo sembrava per lo più guarito, le ferite interne che aveva subito e la perdita dell’occhio erano sicuramente lo scoglio maggiore da superare per il suo reintegro come Pilastro della Fiamma.

Gli esercizi di respirazione lo stavano aiutando, ma doveva sicuramente intraprendere un percorso di riabilitazione fisica che non sarebbe stato facile - combattere con un occhio solo non era impossibile, ma abituarsi a farlo sarebbe stata una vera e propria sfida.

Di conseguenza la sua presenza a casa non sarebbe stata saltuaria come tante altre volte e di certo i pericoli sarebbero stati minori… sempre se non si fosse scontrato con un demone simile ad Akaza.

Si sorprese nel pensare di voler evitare il più possibile simili incontri. In passato non aveva mai temuto di morire, non aveva mai valutato la sua vita così importante da preferirla a quella delle persone che poteva salvare con il suo sacrificio… ma quei mesi di riposo forzato, la familiarità che aveva riconquistato nel passare tutto quel tempo con suo fratello, la presenza della bambina e anche quella di Akaza, lo avevano cambiato.

Anche se, senza ombra di dubbio, si sarebbe sacrificato ancora se fosse stato necessario per proteggere un innocente.

Sospirò. Quei pensieri tuttavia non stavano rispondendo alla domanda riguardante il futuro della bambina.

Che cosa voleva fare?

La risposta gli sembrò naturale.

«Cercherò un nome che suoni bene con il cognome Rengoku,» ammise alla fine, osservando il viso di Senjuro illuminarsi. «E temo che dovrai essere lo zio e non il fratello della bambina,» ironizzò poi cercando di affrontare quel dettaglio con più leggerezza.

«Perchè?»

Kyojuro si grattò la nuca.

«Perché dovrò dare le mie generalità per adottarla ufficialmente,» spiegò guardando suo fratello in modo più che eloquente.

Non avevano più parlato di Shinjuro, anche se avrebbero dovuto, ed era comunque chiaro che se mai avessero voluto riconoscere la bambina come una Rengoku, l’intenzione sarebbe dovuta venire da loro e non da loro padre.

Senjuro si rabbuiò un poco ma non sembrò realmente infastidito da quella situazione che invece per Kyojuro sembrava molto più importante di quanto volesse ammettere.

«Per me saresti un ottimo padre,» dichiarò infatti il ragazzino.

“Non ne sono certo,” pensò istintivamente il maggiore, ma tenne per sé quella considerazione che portava con sé tutti quei dubbi, le paure e le incognite che lo bloccavano ogni volta che pensava ad avere degli eredi - che fossero di sangue o semplici tsuguko.

«Fratello, non hai nulla per cui colpevolizzarti,» riprese Senjuro, forse intuendo i pensieri di Kyojuro… o forse li aveva sempre avvertiti ma non aveva mai cercato di affrontarli per rispettare il silenzio che il maggiore faceva calare su quell’argomento. «Hai fatto del tuo meglio e anche di più, non metterlo mai in dubbio. Sarai un padre fantastico per la bambina.»

Rengoku sentì il cuore mancargli un battito per l’affetto e la fiducia incondizionata di Senjuro. Avrebbe voluto credergli ciecamente, aggrapparsi a quelle parole e lasciare alle sue spalle ogni singolo accenno di negatività… ma non era così facile.

In quel momento sentiva quasi di averne la forza, infatti sorrise per ringraziare suo fratello, ma quello era solo un castello di carta: pronto a crollare al primo alito di vento.

«Allora… torniamo ai nomi. Sicuramente Maemi Rengoku e Chihiro Rengoku non mi piacciono come suonano. Ma Izumi Rengoku ha un bel suono!» esclamò facendo ridacchiare Senjuro.

«Anche Kotone Rengoku non è male,» aggiunse il ragazzino, rivolgendosi poi direttamente alla bambina come in genere era solito fare Kyojuro. «Che ne dici? Ti piace Kotone? O preferisci Ayame Rengoku

La bambina iniziò a parlottare come il suo solito, mettendo in fila altre sillabe senza senso solo per rispondere al tono giocoso di Senjuro.

Kyojuro si lasciò facilmente trascinare da quell’ilarità, prendendo a sua volta in braccio la piccola.

«Avevo pensato anche ad Anzu, con lo stesso kanji del mio nome. Sarebbe un nome appropriato per mia figlia, non trovi?» 

«Tua figlia,» la voce di Shinjuro fece calare improvvisamente il silenzio nella stanza - spezzato solo dalla bambina e dai suoi “lalala”.

«Padre, forse abbiamo alzato troppo la voce,» esordì Kyojuro ignorando la tensione che gli aveva fatto irrigidire la schiena e le spalle. «Ci dispiace!»

«Così hai deciso di adottarla?» domandò l’uomo.

Il Pilastro trattenne per un momento il respiro, poi annuì cercando di sorridere.

«Ormai è qui da mesi, e non intendiamo affidarla a un’altra famiglia,» rispose, tentando di dare alla sua voce un tono risoluto.

«Cosa ti fa pensare che sarai un buon padre? La lascerai orfana non appena riprenderai in mano la tua spada. Chi non ha talento come te non dovrebbe neanche tentare di combattere. Vuoi essere un buon padre? Lascia perdere i Pilastri e i demoni.» dichiarò Shinjuro, e Kyojuro sentì quasi qualcosa spezzarsi dentro di lui.

Come sempre le parole dell’uomo l’avevano ferito più di quanto volesse ammettere, non tanto per ciò che gli era stato detto, ma per il semplice fatto che era stato proprio suo padre a pronunciarle.

Dietro le sue insicurezze, il timore di prendere degli tsuguko o cercare di avere un vero erede, vi era la paura di diventare come suo padre.

“Impossibile,” si disse. Lui e Shinjuro erano due individui completamente diversi, ma quello non gli impediva di provare un timore radicato sin nel profondo della sua anima.

Trattenne il respiro e si alzò in piedi, tenendo la bambina stretta al petto. Aveva quasi voglia di gridare contro suo padre, di sfogare tutta la sua frustrazione e renderlo partecipe del dolore e dei traumi che in tutti quegli anni aveva fatto pesare sui suoi figli.

La voce però gli rimase incastrata in gola.

«F-fratello,» lo richiamò quasi spaventato Senjuro.

«Mi ritiro per la notte,» riuscì a dichiarare. «Non fare troppo tardi Senjuro, a domani.»

Non attese risposta e si diresse a passo spedito verso la porta per superare suo padre e lasciare la stanza.

Esitò solo un momento quando lo affiancò lasciandosi sfuggire un basso «Almeno sarò un padre,» che gli fece sentire un forte nodo alla gola e che lo costrinse ad allontanarsi ancor più velocemente.

Shinjuro lo chiamò con tono che Kyojuro non riuscì a interpretare.

Voleva insultarlo ancora? Chiedergli scusa? A Rengoku non importava in quel momento.

Sentì però anche Senjuro congedarsi dal padre, forse per cercare di seguirlo, ma sembrò comunque cambiare idea all’ultimo momento e i suoi passi non lo raggiunsero.

Kyojuro lo ringraziò mentalmente per aver deciso di rispettare il suo desiderio di stare da solo.

Suo padre era rimasto solo a quel punto, e solo dopo qualche momento lo sentì sbraitare qualcosa. Poi la porta scorrevole dell’ingresso venne aperta e richiusa, segno che l’uomo aveva deciso di andare chissà dove - erano poche le attività aperte dopo il tramonto, ma in quel momento il Pilastro non voleva assolutamente pensarci.

Rengoku si chiuse in camera, iniziando a camminare avanti e indietro per tentare di calmarsi. La voglia di urlare era ancora presente ma gli sembrava quasi di avere del cotone infilato nella gola che gli impediva di parlare e quasi di respirare. Si rese presto conto che non sarebbe riuscito a calmarsi del tutto in quel modo. Aveva bisogno di sfogare le sue energie e neanche tentare di rilassarsi con i suoi esercizi di respirazione sembrò funzionare.

Era talmente raro per lui arrivare quasi a perdere il controllo da non riuscire proprio a sapere come comportarsi, ma era certo di volersi trovare lontano da quella casa in quel momento.

Emise un verso infastidito e sobbalzò quando alle sue spalle sentì lo shoji scorrere, annunciando in quel modo l’arrivo di Akaza che si mostrò particolarmente sorpreso nel vederlo così agitato.

«State bene?» domandò il demone, inclinando il capo. Era la prima volta che si interessava direttamente a Kyojuro senza apparenti doppi fini - di solito lo faceva per chiedergli quando avrebbero di nuovo combattuto.

«Sì. Non mi va di parlarne,» sbottò il Pilastro, facendo aggrottare le sopracciglia di Akaza.

«A me sembra l’esatto contrario,» rispose la Luna Crescente, sedendosi per terra in tutta tranquillità.

Kyojuro si fermò per guardarlo. Per un momento desiderò quasi chiedergli di andarsene ma ancora una volta le parole gli mancarono costringendolo a stare in silenzio e a continuare a camminare per la sua stanza fino a quando la sua tensione non fu tale da far piangere la bambina.

«Dalla a me, Kyojuro,» mormorò Akaza tendendo le braccia.

Il demone non aveva fiatato fino a quel momento ma la sua presenza, in qualche modo, stava quasi diventando rassicurante anche in quell’istante di nervosismo per il Pilastro.

Si avvicinò ad Akaza che prese la bambina tra le braccia senza aggiungere altro.

Kyojuro li guardò per qualche istante prima di riprendere a camminare. Il pianto della bambina lo accompagno per pochi minuti e quel ritrovato silenzio lo spinse ad arrestare ancora i suoi movimenti.

«Io… non voglio diventare come mio padre,» ammise all’improvviso, sputando fuori quella paura che aveva tenuta nascosta anche a suo fratello e che non era mai stato in grado di esternare a voce alta.

Akaza lo guardò come se avesse appena detto chissà quale stupidaggine.

«Tu non sarai mai come tuo padre, Kyojuro!»

«Mio padre era il mio eroe! Sono cresciuto con il desiderio di essere come lui, il Pilastro della Fiamma, un Ammazza Demoni. Cosa ti fa dire che un giorno non diventerò come lui?» insistette.

«Intendi un alcolista che neanche si rende conto del talento del figlio?» ribatté il demone. «Perché tu sei migliore di lui, ecco perché.»

Lo aveva detto come se fosse un dato di fatto, come se Akaza non potesse neanche prendere in considerazione un cambiamento così radicale. Ma Kyojuro aveva conosciuto suo padre, ed era cambiato così tanto…

L’energia che lo aveva portato a camminare avanti e indietro fino a quel momento lo abbandonò e, con le spalle curve, si costrinse seduto davanti al demone.

«Lui non era così prima… volevo essere come lui da bambino,» ripeté. «E se un giorno… cambiassi anche io?»

Akaza si accigliò ma non rimase in silenzio a lungo.

«Perché dovresti cambiare e diventare come lui?» ritorse.

Non sembrava capire il peso che Kyojuro stava portando sulle sue spalle e forse anche per quello il Pilastro stava trovando così semplice parlare con lui. I suoi amici lo avrebbero compatito forse, suo fratello si sarebbe preoccupato… ma Akaza? Lui non lo avrebbe giudicato.

Si passò una mano sul viso e senza neanche volerlo iniziò a parlare. Gli raccontò di sua madre e della sua infanzia, della persona straordinaria che era suo padre prima di lasciarsi abbattere dal lutto. Gli raccontò di come i Rengoku fossero sempre stati i Pilastri della Fiamma e di come lui non avesse mai sentito quello come un peso ma piuttosto come un sogno e al tempo stesso come una paura.

Parlò di come si sentisse in colpa nei confronti di Senjuro e di come più volte avesse pensato di essere stato lui, con i suoi allenamenti, a impedire a suo fratello di diventare un Ammazza Demoni.

Arrivò a raccontargli anche della visita di Kamado e di come avesse rifiutato di averli come tsuguko, ammettendo per la prima volta ad alta voce tutti i suoi timori.

«Sarebbe dovuto essere Senjuro il mio erede, quindi… il dovere mi impone di tramandare la Respirazione della Fiamma a qualcuno e di avere degli allievi o dei figli… ma non ho mai voluto pensarci…» ammise tenendo il capo basso. «Avrei ferito Senjuro prendendo degli altri allievi? E se invece avessi avuto dei figli? Sarei diventato come mio padre. In fondo, sono diventato un Cacciatore come lui. Il Pilastro della Fiamma come lui… so che è impossibile e sciocco, ma questo non mi ha impedito di far crescere il seme di questa paura. E forse anche per questo motivo mi sono sempre sabotato quando trovavo qualcuno disposto a diventare un mio allievo. Ho fatto scappare tanti giovani talentuosi, spaventati dal mio regime d’allenamento ed ho sempre trovato… sollievo nel rimanere di nuovo da solo.»

Si sentì quasi svuotato al termine del suo racconto e solo alzando lo sguardo si rese conto che la bambina si era addormentata tra le braccia di Akaza e che quest’ultimo lo stava guardando serio, con le sopracciglia un poco aggrottate.

Kyojuro strinse le labbra e si sforzò di sorridere, cercando di aggrapparsi alla sua solita maschera per mettere la parola fine a quel momento di confessioni - fatte alla Terza Luna Crescente, il che era ancor più assurdo.

«Mi dispiace, non volevo sfogarmi in questo modo,» dichiarò infatti, ma la sua voce suonò meno convinta di quanto avrebbe voluto.

«Kyojuro…» lo richiamò il demone, guardandolo negli occhi con un’espressione seria, come se per lui non esistesse nessun’altra verità in quel mondo. «Per quel che importa, non credo che tu diventerai mai come tuo padre… perché tu non sei lui. Tu sei Kyojuro. E… credo che sia più probabile convincerti a diventare un demone al vederti diventare come tuo padre,» aggiunse infine nel chiaro tentativo di ironizzare un poco, infatti Kyojuro non poté non ridere trovando estremamente liberatorio concedersi quella risata.

 

..••°°°°••..

 

«Pensavo…» esordì Kyojuro attirando su di sé lo sguardo di Akaza. «Homura è un bel nome. Era il nome della mia tris-nonna! È stata un Pilastro della Fiamma!»

Il demone, che fino a quel momento era intento a giocare con la bambina, assunse un’espressione pensierosa e Rengoku non poté non trattenere il respiro.

«Non è male, ma non mi piace per la bambina,» decretò infine la Luna Crescente e Kyojuro sbuffò quasi rumorosamente.

«Potresti iniziare a pensare a un nome anche tu,» gli fece presente, e Akaza abbassò lo sguardo sulla piccola che stava giocando con le perle rosse che lui portava alle caviglie.

«Non conosco nessun nome,» ammise infine il demone. «Solo quelli delle altre Lune Crescenti e dei Pilastri che ho ucciso, e non credo che tu voglia uno di quei nomi.»

«No, decisamente no,» acconsentì Rengoku per poi restare un momento in silenzio. Spesso, soprattutto in quelle ultime settimane, si era soffermato a pensare all’evoluzione del suo rapporto con Akaza.

Solo qualche giorno prima, il demone lo aveva ascoltato mentre lui si sfogava ed era addirittura riuscito a farlo ridere, facendolo sentire libero e leggero come non mai. Era stato… dolce, se così si poteva dire.

Inoltre anche Akaza sembrava sempre più a suo agio con la bambina, tant’è che pure quest’ultima sembrava essersi affezionata a lui - forse, pensò il Pilastro, non sentiva alcun pericolo provenire dal demone o addirittura ricordava, seppur inconsciamente, di essere stata salvata da lui.

Kyojuro, infatti, non poteva non trovare quella scena quasi tenera e quello, suo malgrado, lo portava a pensare al discorso che aveva affrontato con Senjuro prima dell’arrivo di loro padre: l’adozione della bambina.

Non ne aveva ancora parlato con Akaza ma era chiaro che il demone pensasse che la piccolina sarebbe rimasta lì per sempre… e così sarebbe stato, visto che era il volere sia di Kyojuro che di suo fratello.

E in qualche modo, soprattutto dopo l’aiuto che il demone gli aveva dato nell’ascoltarlo qualche giorno prima, il Pilastro voleva dare quella sorta di conferma ad Akaza, un modo per dargli un'ulteriore sicurezza.

«Ho parlato con Senjuro qualche giorno fa,» iniziò, cercando di intavolare quel discorso.

La Luna Crescente gli rivolse uno sguardo divertito.

«Non parli con tuo fratello da giorni?» ironizzò e Kyojuro sbuffò una risata. Sempre più spesso Akaza si concedeva piccole battute come quella, era davvero un cambiamento piacevole.

«Abbiamo parlato del futuro della bambina,» precisò, osservando le reazioni del demone.

Akaza aggrottò per un momento le sopracciglia, apparendo confuso e combattuto.

«Avete deciso di… darla via?» chiese la Luna Crescente..

«Akaza… non ho mai iniziato a cercare un’altra famiglia affidataria,» gli fece presente.

«Vuoi iniziare a cercarla ora?»

«Io e Senjuro ci siamo affezionati a lei, e non vogliamo che ci venga portata via. Credevo fosse ormai chiaro. Fa parte della famiglia,» rispose rendendosi però conto che, per quanto quella situazione fosse chiara per lui, lo stesso non si poteva dire per il demone che forse aveva realmente bisogno di quelle conferme, molto più di quanto Kyojuro pensasse.

«Stavamo pensando di poterla rendere una cosa ufficiale,» aggiunse infine il Pilastro.

Pur non essendo la prima volta che lo diceva a voce alta, Kyojuro non poté nascondere un brivido.

Aveva ancora paura, certo, ma quella bambina sarebbe entrata a far parte della sua famiglia. Sarebbe diventata legalmente sua figlia.

«Diventerà una Rengoku?» domandò Akaza. Un peso sembrò quasi abbandonare le sue spalle a quella notizia e stava fissando il Pilastro con uno sguardo carico di curiosità.

«Lo diventerà,» confermò Kyojuro con un sorriso che andò a riflettersi anche sul viso del demone.

«Sapevo che non l’avresti abbandonata,» mormorò la Luna Crescente.

Rengoku ridacchiò per poi rivolgergli un sorrisetto quasi furbo, libero da ogni paura e da qualsiasi dubbio.

«E per diventare una Rengoku ha bisogno di un nome, quindi smettila di fare lo schizzinoso!»

   
 
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