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Autore: Chri    12/09/2009    0 recensioni
Ciao a tutti!! Questa storia è basata sul racconto di Dumas, solo che gli avvenimenti non seguiranno quelli del libro..leggete la storia, e vedrete che le cose andranno diversamente da quanto vi aspettate...lasciate i vostri commenti, mi aiuteranno a migliorare!!
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2
Mentre la vettura viaggiava, Edmond interrogò il gendarme che, seduto accanto a lui con un fucile, controllava ogni suo minimo gesto:
“Voi sapreste dirmi cosa vuole il magistrato da me? Sono una persona onesta, che si guadagna il pane girando il mondo su di una nave, per la maggior parte dell’anno lontano dalla Francia. Non vedo cosa io possa aver fatto di male, dal momento che sono rientrato a Marsiglia solo tre giorni fa dopo mesi in oriente. Parlate, dunque, se sapete!” Ma la guardia, che sentiva nella voce del giovane il timbro della sincerità, gli rispose:
“ Centinaia di malfattori, ladri e assassini si sono seduti dove sedete voi, Dantès, e ognuno di loro mi ha rivolto questa domanda, sebbene in cuor loro coscienti dei loro crimini. Tuttavia, voi mi sembrate diverso dagli altri: avete un volto sincero. Spero per voi, Dantès, che anche il vostro animo lo sia altrettanto dinanzi al magistrato Villefort. Proprio perché mi sembrate sincero, vi avverto che il magistrato è, parola mia, un uomo scrupolosissimo nell’applicazione delle leggi e che numerose sono le persone che ha mandato alla ghigliottina o rinchiuse per sempre in qualche prigione. Ma se voi siete cosi sincero e soprattutto cosi innocente come dite, egli se ne accorgerà e fra meno di un’ora sarete di ritorno dalla vostra sposa. Questo è tutto ciò che vi posso dire, in quanto noi guardie eseguiamo solo gli ordini, senza osare chiedere spiegazioni. Ad ogni modo, lo state per scoprire voi stessi, Dantès: siamo arrivati”. Edmond, infatti, non ebbe nemmeno il tempo di replicare che subito si aprì la porta della carrozza e venne condotto all’interno del palazzo incalzato dai gendarmi. L’ufficio del magistrato si trovava all’ultimo piano dell’edificio, cosi il giovane potè ammirare per intero il luogo in cui la giustizia si rendeva concreta e viva sottoforma di condanna o assoluzione, ghigliottina o prigione, morte o vita; quella stessa giustizia in cui aveva sempre creduto, nella quale ora confidava, della quale ne assaporerà la sete. Dopo ben quattro rampe di scale, Edmond fece il suo ingresso nell’ufficio del magistrato, il quale attendeva il giovane seduto comodamente sulla sua poltrona dietro la scrivania. Il povero Edmond, invece, venne fatto sedere su di una dura sedia di legno posta al centro della stanza, a debita distanza da colui che in quel momento era, per legge, onnipotente come Dio. Non appena ebbero depositato Edmond su quella sedia, i gendarmi si voltarono e  si sistemarono, armi sempre impugnate, dinanzi la porta, dando cosi inizio al colloquio. Villefort, dopo aver guardato un istante il ragazzo negli occhi, chiese:
“ Siete voi Edmond Dantès?”
“ Si, signore”.
“Ebbene voi siete accusato di alto tradimento, mio caro Dantès. Vedete questo foglio? Questo è una denuncia da parte di ignoti che vi accusa di aver accettato una lettera da parte di Napoleone Bonaparte”. A queste parole, Edmond sentì il peso del mondo intero schiacciargli la testa. Ma subito rispose:
 “ Si, è vero, ho accettato una lettera di Napoleone che tutt’ora tengo qui in tasca, ma parlare di alto tradimento mi sembra un’accusa infamante!”
“ Calmatevi, Dantès. Voi non capite: secondo la normativa vigente costituisce un atto di tradimento avere contatti con bonapartisti. È, dunque, per aver accettato quella lettera che siete diventato traditore anche voi. Porgetemi la lettera.” Subito Edmond si infilò la mano tremante nella tasca interna della sua giacca, prese la lettera e la diede a un gendarme che sotto ordine del magistrato si era avvicinato all’imputato; dunque la consegnò a Villefort. Immediatamente, l’uomo apr’ il documento e lesse ad alta voce “ Sto progettando di fuggire dall’Elba. Organizza i nostri uomini per il mio ritorno: marceremo su Parigi.”. Quelle poche frasi furono un pugno allo stomaco per Dantès. In un attimo gli vennero in mente le parole di Napoleone, quando lo aveva avvicinato mentre i suoi medici tentavano di salvare la vita del capitano Leclère:
“ Vi devo chiedere una cortesia, Dantès: dovete consegnare questa lettera al signor Noirtier  quando sarete tornato a Marsiglia. Non dovete preoccuparvi di nulla, poiché il contenuto della lettera è del tutto innocente e sarà lo stesso destinatario a trovarvi”. Edmond aveva sospettato che quella lettera poteva essere pericolosa e cosi aveva tentato di rifiutare elegantemente dicendo che a Marsiglia sarebbe arrivato solo mesi dopo, ma si vide costretto ad accettare quando Bonaparte gli disse che quel favore che gli stava chiedendo era, più precisamente, il prezzo per le prestazioni del suo medico. Aveva dovuto, dunque, fidarsi di Napoleone e rischiare, rischio che lo aveva condotto dritto dritto da Villefort. Il magistrato, dopo aver terminato la lettura del documento, rimase in silenzio ad osservare Edmond immerso in quei pensieri, in attesa di una sua replica che non tardò:
“ Vi assicuro, signore, che io non sapevo niente del contenuto di quella lettera. Guardatemi. Sono un uomo di mare, troppo spesso lontano dalla Francia per conoscere le vostre leggi e per occuparmi di politica. Ho accettato quella lettera per permettere al medico di Bonaparte di prestare soccorso al mio capitano Leclère, anche se tutto fu inutile. Se salvare la vita al proprio capitano e amico è un reato e per di più un tradimento, terminate qui questo colloquio e fatemi arrestare, ma sappiate che carcerate un innocente”. Villefort rimase sbalordito dall’animo di Edmond, cosi rispose:
“ Vi sapete difendere molto bene, Dantès. In effetti, il fatto che avete accettato quella lettera non significa che siete bonapartista e, come dite voi, lottare per salvare un compagno non è un reato. Mi avete convinto, Dantès, potete andare”. Udite quelle parole, Edmond ricominciò a sorridere. Quel gendarme aveva ragione: la sincerità lo aveva salvato. Subito una guardia gli si avvicinò e finalmente gli tolse le manette; dopodiché si rivolse a Villefort:
“ Vi ringrazio, signore. La mia fiducia nella giustizia oggi ha avuto modo di accrescersi. Addio!”
“ Addio, Dantès!” rispose il magistrato. Il giovane, dunque, si voltò e si diresse verso l’uscita, ansioso di riabbracciare la sua Mercedes. Aveva appena toccato la maniglia della porta, quando Villefort, improvvisamente, gli chiese:
“Scusate, Dantès, una sola curiosità: a chi dovevate consegnare la lettera? Questa cosa non è scritta sulla busta.” Edmond si voltò garbatamente verso il magistrato e con la stessa tranquillità rispose:
“ Al signor Noirtier. Egli stesso mi avrebbe dovuto cercare qui a Marsiglia”. Ma d’un tratto, Villefort, da uomo pacato e calmo che era stato, scattò in piedi e disse:
“Come avete detto? Noirtier?” Ed Edmond:
“ Si, signore. C’è qualche problema?” Villefort rimase un minuto immobile, silenzioso. Poi, con la stessa calma che aveva avuto per tutto il colloquio disse, prendendo la lettera:
“ Niente, mio caro Dantès. Tuttavia, questi documenti sono molto pericolosi. È meglio farli sparire” e cosi fece, accartocciando la lettera e gettandola nel camino acceso. Poi, dopo aver fatto uno strano segno a due gendarmi, disse:
“ Ho deciso di scusarmi con voi per l’equivoco facendovi tornare a casa con la mia carrozza scortato da queste due mie guardie personali. Approfittatene dunque!” Il ragazzo non se lo fece ripetere: strinse la mano a Villefort e subito usci dall’ufficio, dirigendosi verso le scale con i due gendarmi al seguito. Nella mente di Edmond c’era solo lo splendido sorriso di Mercedes e l’affetto dei suoi amici che era ansioso di raggiungere al banchetto, cosi scese quei gradini a passo veloce e con la leggerezza dell’innocenza. Arrivato in cortile, i due gendarmi lo condussero verso una bella carrozza lussuosa, lo fecero entrare, chiusero a chiave la porta e montarono al posto di guida. Dantès era perplesso sulla chiusura a chiave della porta, ma non chiese nulla: era troppo felice e spesso la felicità è sinonimo di cecità. La carrozza partì a gran velocità, ma dopo aver percorso qualche chilometro, Edmond si accorse che essa viaggiava verso il porto, cioè dalla parte opposta rispetto alla sua abitazione. Pensò che i gendarmi avevano sbagliato strada, cosi si avvicinò alla finestrella che permetteva di parlare ai conducenti e disse:
“ Signori, per tornare verso casa mia fate inversione poiché per questa strada si arriva al porto”. Ma uno dei gendarmi gli rispose:
“ Non temete, Dantès, non c’è nessun errore: vi stiamo portando nella vostra nuova casa: la prigione del castello d’If”.
  
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