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Autore: Johnee    05/02/2023    0 recensioni
Una storia parallela alla trama principale di Inquisition che concerne: due nevrotici, i traumi™, gufi appollaiati su trespoli impossibili e la ricerca della reciprocità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cullen, Hawke, Inquisitore
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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26 - Vigilia

Correlarsi con ecosistemi diversi era una delle parti più interessanti del lavoro di Lavellan.
Le regioni desertiche dell'Orlais non erano solo sabbia e sole cocente, possedevano un'unicità morfologica sorprendente e si differenziavano l'un l'altra per molteplici fattori, partendo dalla varietà delle piante fino ad arrivare alla componente faunistica. Generalmente, i grandi predatori preferivano le vaste dune agli agglomerati di flora e rovine; un comportamento strano, dato che le loro prede si concentravano nelle oasi, eppure sensato, perché è più facile cacciare un montone augusto isolato e stancato dall'arsura che un gregge in forma e pronto a scacciarti dal pascolo a cornate.
Inoltre, il cambio drastico di temperatura dal giorno alla notte portava con sé un'affascinante varietà di stimoli olfattivi. La componente resinosa delle radici mortali reagiva al caldo rilasciando un odore pungente, legandosi al profumo eccessivamente dolce delle palme da dattero. La notte, però, gli odori si attenuavano, permettendo ai rosmarini e alle barbe del ghoul di dare voce a un'opinione fresca e decisamente più morbida.
E poi c'erano le rovine: un pasto luculliano di maldestre infrastrutture orlesiane sovrapposte a colonnati nanici che testimoniavano esperienze vissute secoli prima, ingiallite dalla sabbia che arrossiva al tramonto come una pergamena che ha subito il tocco di troppe dita. In quel caso, però, non c'erano teche di vetro a proteggere il passato, solo sferzate di vento granulare e altamente corrosivo mentre il sole faceva ribollire l'umidità che si era depositata sulla pietra durante la notte.
Al contrario di un ambiente urbano, nel deserto l'eccesso privilegiava il sole così come la delicatezza prediligeva la notte. Il classico bicchiere di vino che si degusta seguendo l'ombra, piuttosto che la birra servita durante la baraonda di una festa popolare. Entrambe, comunque, avevano una grande attrattiva.
In quel viaggio, Lavellan dovette constatare che ogni evento degno di nota accadeva durante la notte. Forse, pensò, era proprio perché era più facile individuare i problemi lontano da una situazione di rumore visivo e sensoriale pedissequi.
Infatti, successero molte cose in quelle notti esponenzialmente fredde; una in particolare la tenne sveglia per settimane, a giorni alterni. Lungi dall'essere un problema, dato che poteva recuperare le ore di sonno mancanti durante quelle più torride e la sua iperattività cerebrale non le permetteva di dormire troppo comunque.
Si trovava nel piazzale più alto della Rocca del Grifone, appena conquistata, assieme ad Alistair. Camminavano avanti e indietro, discutendo di cose importanti, tra una battuta idiota e un commento sarcastico, e avrebbero continuato se non fosse stato che, dal nulla, la fisionomia di Alistair era cambiata drasticamente.
In quel momento, Lavellan venne a conoscenza del modo in cui i Custodi reagivano a una massiccia presenza di Prole Oscura. In realtà, pensava che fosse una questione fisiologica, come i brividi o la pelle d'oca. Di certo non si aspettava che la corruzione imbianchisse le iridi di chi la subiva e creasse una ragnatela di vene scure sulla parte superiore del viso. Ma non fu quello che la mise in allarme.
Attorno ad Alistair c'era un'aria malsana, una puzza intangibile di putredine che solo l'istinto riusciva ad annusare e assieme a essa c'era una rigidità pigra, statuesca, tipica di un cadavere poco collaborativo a cui viene imposta una posa dignitosa prima che venga sepolto. Questo, in combinazione con l'amplificazione del Richiamo, che continuava ad apportare modifiche fisiche e comportamentali evidenti in lui, contribuiva a creare un'atmosfera di pericolo.
Poco da dire, non gli era servito scusarsi per togliere di dosso il disagio a Lavellan. Disagio che lei aveva deciso di affrontare razionalmente, come al suo solito, proponendogli di andare a cercare i Prole Oscura per eliminare la minaccia insieme. Alistair aveva accettato di buon grado.
-Stiamo andando a fare un po' di casino. Vieni?- avevano domandato ad Hawke, che dormicchiava nei pressi di un falò.
Lui, anche se avrebbe preferito dormire per cinquant'anni filati, si era assicurato il bastone sulla schiena e si era unito al duo senza fare troppe domande, cingendo le spalle di entrambi con un braccio mentre si dirigevano laddove la corruzione di Alistair li guidava.
Da quel momento, per un mese netto, tre notti su cinque vennero dedicate a minimizzare l'impatto dei Prole Oscura nei deserti. Ci pensavano loro, senza chiedere l'assistenza di nessuno, anche se a volte sarebbe stata necessaria. Il punto, alla fine, non era quello di sconfiggere delle creature corrotte, ma di supportare un amico al limite della sopportazione psicologica. I Prole Oscura non si sarebbero estinti grazie al loro intervento, ma Alistair avrebbe potuto rimediare all'incompetenza dei suoi confratelli e trovare un po' di sollievo dal senso di inevitabilità con cui veniva tormentato dal Richiamo.
Fu un'esperienza formativa per Lavellan, che si beveva quel poco di informazioni che Alistair era disposto a darle. Purtroppo, esse vertevano unicamente sulla strategia; le domande più invasive non trovavano mai risposta. Se lo fece bastare, nonostante la sua curiosità la divorasse dall'interno, e decise di concentrarsi sulla relazione che stava creando notte dopo notte con quei due compagni di caccia inusuali.
Era arrivata ad apprezzarli e a voler bene ai loro difetti, tanto da sperare che quella collaborazione si estendesse anche ad altro in futuro.
Per qualcuno come Lavellan, abituato a vivere in funzione di tempi non-presenti, l'opzione di godersi l'attimo non era consultabile. C'era sempre la nostalgia della prima volta e la delusione preventiva della separazione. Costruire nella sua mente un “poi” era inevitabile per tenere viva la speranza.
Provò comunque ad andare contro la sua natura, cogliendo l'attimo nelle ore che anticipavano l'alba di quella che aveva l'aria di essere la giornata più torrida che avrebbero affrontato nell'Accesso Occidentale.
A un chilometro dalla Rocca del Grifone, sistemati in un bivacco sulla cresta di una duna, Lavellan, Alistair e Hawke si godevano il periodo di transizione tra freddo lancinante e caldo ustionante, allietati da un fuoco vivace. Il tutto, muti come tombe.
Per tre persone abituate a parlare tanto, il silenzio aveva sempre un certo peso, soprattutto in quell'occasione.
In pochi giorni, la lunga marcia dell'esercito partito da Skyhold si sarebbe conclusa nei territori antistanti la fortezza di Adamant e nessuno dei tre era pronto ad accoglierlo, nonostante fossero impazienti. Gli aggiornamenti collocavano le forze dell'Inquisizione a non meno di cinquanta chilometri dall'Accesso, ma tutti alla Rocca trattavano quella notizia come se il loro arrivo fosse imminente.
Lavellan e Hawke distolsero lo sguardo dall'alone azzurro che coronava l'orizzonte, posandolo su Alistair, che dormicchiava fra di loro in posizione seduta.
-Finiranno prima o poi, 'sti benedetti incubi!- sbottò Hawke, mantenendo un tono di voce moderato. Corrugò la fronte su un'espressione preoccupata, mentre registrava i livelli di tensione a cui era sottoposto il viso dell'amico.
Lavellan si morse le labbra, altrettanto preoccupata. Non disse nulla, preferendo riordinare delicatamente una ciocca di capelli sulla fronte di Alistair.
Hawke accennò un sorriso in risposta a quel gesto. -Mamma Lav.- la prese in giro. -Ti hanno mai detto che hai un'aura di maternità peculiare? Sembri più una gattara che una matriarca.-
-Avresti potuto dire capobranco. È più figo così.-
Hawke ridacchiò. -Nah, non hai quell'aura minacciosa da lupo alfa. Sei più...- ci rifletté. -Più alla mano, diciamo.-
-Alla mano?- gli fece eco lei, voltandosi nella sua direzione.
-Ci sei di cuore.- rispose lui, mettendola ancora più in confusione. Prima che potesse elaborare, però, Alistair sussultò, distraendo entrambi.
Fu un movimento lieve, neanche tanto scomposto, ma bastò per dare ai due un'idea del malessere che lo stava disturbando.
-Anche lui fa così?- domandò Hawke, nel tentativo di un sussurro.
Lavellan, oltre a constatare che per il suo interlocutore fosse impossibile parlare a voce bassa, scosse la testa.
-Peggio?-
-Non peggio, solo diverso.-
Rimasero in silenzio diversi istanti. Nello sguardo di Hawke c'era una certa aspettativa, in quello di Lavellan una grande riluttanza. Non erano affari suoi, pensò lei, ma il suo interesse sembrava nascondere altro. Una voglia di comportarsi in maniera corretta riguardo alla situazione, probabilmente, ma il fine non giustificava un'occhiata approfondita nell'intimità di un'altra persona senza che questa potesse dare il consenso.
-Fa male sapere che non li puoi proteggere quando sono chiusi là dentro.- ammise Hawke, una volta capita l'antifona.
-Un male cane.- disse Lavellan di rinforzo, asciugando il sudore di fronte ad Alistair con il polsino della giacca pesante. -L'importante è farlo quando ne sono fuori.-
-Ecco, non mi dispiacerebbero un bel bicchiere di acqua ghiacciata e un abbraccio.- biascicò Alistair, schiudendo gli occhi pigramente.
Hawke e Lavellan gli rivolsero un sorrisetto. -Buongiorno, principino!- lo canzonò lui, scompigliandogli i capelli. Lavellan prese la borraccia e gliela appoggiò in grembo senza tante cerimonie.
-Che fine ha fatto mamma Lav?- bofonchiò Alistair, svitando il tappo con aria delusa.
-Mamma Lav è ufficialmente in pensione.- rispose lei, attirandosi addosso un paio di occhiate scettiche. -Sul serio.-
Hawke spostò l'attenzione su un gruppo di soldati poco distanti, che applaudivano all'arrivo del messo che di solito distribuiva la posta. -Ci vuole poco per farli contenti, eh?- commentò, succedendo nel cambiare discorso.
-Vallo a dire a Ser Rylen. Quell'uomo è l'insoddisfazione in persona!- replicò Alistair, asciugandosi la bocca con il dorso della mano. Ritornò la borraccia a Lavellan. -Tu che lo conosci meglio di noi, è sempre stato così?-
Lei si strinse nelle spalle. -Boh, a me non pare una persona insoddisfatta. Cioè, è solo molto esigente ed è giusto che sia così.-
-Questa si circonda di manici di scopa, e ci si diverte pure!- disse Hawke, dando una gomitata scherzosa ad Alistair.
-Se non esistessero i manici di scopa, i pavimenti sarebbero sempre pieni di polvere.- ribatté l'altro, nonostante fosse divertito dal paragone.
Lavellan soffocò una risata sul nascere, tappandosi la bocca. Voltò lo sguardo verso l'orizzonte che si schiariva, mentre sul viso degli altri appariva una maschera di esasperazione.
-Dillo, coraggio.- la incitò Alistair, monocorde.
-Su, sentiamo questa battuta divertentissima sui manici di scopa, giusto perché abbiamo cinque anni.- aggiunse Hawke, incrociando le braccia sul petto mentre inclinava la testa di lato.
Lavellan si diede un paio di secondi per ridere tra sé e sé. -Basta solo sapere come prenderli.- disse, con il tono di voce più alto di un'ottava.
La lasciarono compiacersi nell'isteria, esagerando con le occhiate di disappunto, poi Hawke esalò un sospiro. -Si ferma sempre sul più bello.-
-Già, dobbiamo davvero lavorare sulle punchline.- disse Alistair, accennando un sorriso. -E poi non si può ridere delle proprie battute. Viene a mancare l'effetto sorpresa.-
-Ah, tu ti preoccupi dell'effetto a sorpresa?- domandò Hawke.
-Le vostre non sono tanto migliori delle mie.- intervenne Lavellan, per niente offesa dai loro interventi. A dire il vero, esasperarli in quel modo le dava un certo grado di soddisfazione. -E comunque, Rylen è una delle persone più divertenti che conosco.-
Alistair la guardò con aria poco convinta. -Ecco, in questo mi ricordi un sacco Ela. E lei pensa che io sia la persona più simpatica del Thedas.- si indicò con enfasi, facendo ridere di gusto Hawke.
In tre si voltarono verso il messo, che stava risalendo maldestramente la duna per raggiungerli con un involto di cartone sormontato da una letterina candida come la pelliccia di un fennec.
-Oh!- esclamò Lavellan, sfregandosi le mani. -Notizie da Skyhold. Finalmente!-
-Cioè, questa si entusiasma per la burocrazia, capisci? Ma con chi stiamo viaggiando?- la prese in giro Hawke, rivolgendosi ad Alistair.
-Non penso sia entusiasta per la burocrazia, ma per chi le manda suddetta burocrazia.-
-In entrambi i casi, è un entusiasmo ingiustificato, amico mio.-
Lavellan gli assestò una pacca sulla coscia, a mo' di rimprovero, poi accolse il messo con un bel sorriso, tendendo le mani per recuperare il pacco. -Buongiorno!- salutò, ma nessuno poté dire con certezza se si stesse rivolgendo all'uomo. D'altronde, la carta risponde solo per iscritto.
-Inquisitrice.- la salutò il nuovo arrivato, porgendole ciò che le spettava con un’espressione di pura contentezza che gli illuminava i lineamenti giovanili. Tenne a sé la letterina, incuriosendo Hawke, che pensava fosse parte dell'insieme.
-Avete fatto buona caccia?- domandò il messo, coccolando la lettera con le dita senza riuscire a togliere gli occhi di dosso a Lavellan.
Alistair fece per rispondergli ma si bloccò subito, intuendo che il suo intervento non fosse richiesto. -Sta toccando terra.- commentò, invece.
Il messo si voltò appena nella sua direzione. -Come, prego?-
-La mascella. Ti sta toccando terra. È poco igienico.-
Se non fosse che la penombra stesse dettagliando un ambiente monocromatico, il rossore sulle guance dell'uomo avrebbe tinto l'atmosfera di risate.
Lavellan distolse l'attenzione dal pacco, per guardare il suo interlocutore negli occhi. -È andata bene, Corrin, grazie.- gli rispose.
L'imbarazzo scivolò di dosso al messo, galvanizzato dalla possibilità di interagire con lei. -Lo sospettavo. Stamattina ha un'aria davvero radiosa.- si complimentò.
Hawke si schiarì la voce. -Vuoi un catino, Corrin?-
-Come? Perché?-
-Per la bava.-
Alistair guardò il compagno di viaggio con un accenno di malizia, mentre Lavellan sfogliava distrattamente un plico di rapporti provenienti dalla segreteria di Josephine.
Il povero Corrin, appurando che nessuno l'avrebbe difeso, allungò la lettera verso Alistair, con aria delusa. -Per lei, da parte del Comandante.- disse.
Lavellan e Hawke fecero convergere gli sguardi sul rettangolo di carta, ancora sospeso a mezz'aria. -Di nuovo?!- gemette lei, con una nota di stizza.
Alistair sorrise platealmente, afferrando la lettera con aria compiaciuta.
-Sicuro che non sia per me?- domandò Lavellan, lanciando al messo un'occhiata sporca di nervosismo. Quello scosse la testa. -C'è il destinatario, ed è Ser Alistair.- rispose, per poi sorridere tristemente. -Mi dispiace, ho controllato due volte e per lei non c'è altro.-
-Sicuro?-
-Sicuro, Inquisitrice. Ma se posso fare qualcos'altro per lei, sono a sua completa disposizione.-
-No, Corrin, stai sbagliando tattica.- disse Hawke, dopo aver fallito nel sottrarre la lettera all'amico. -Così non ti dirà mai come prende le uova.-
-Le uova?-
-Già, quelle che le prepara il suo compagno la mattina.- precisò Hawke, senza desistere nel voler compiere un'impresa impossibile, dato che Alistair gli era superiore in forza e in destrezza.
-È una cosa umana.- suggerì Lavellan all'uomo umano, culturalmente cresciuto tra umani. -Quando vuoi proporre a qualcuno di fare l’amore insieme, gli chiedi come vuole le uova al mattino.-
Corrin ridacchiò. -Lo so, Inquisitrice, ma non mi azzarderei mai a essere così esplicito.-
Hawke gli rivolse un'occhiata sorpresa, bloccando un gesto a mezz'aria.
-Se vuoi possiamo reiterare che c'è già qualcuno che gliele prepara.- si aggiunse Alistair, indicando la lettera per dare un'identità a quel qualcuno.
-Non ho bisogno di cani da guardia!- si lamentò Lavellan, congedando il messo con un cenno del capo e un sorriso.
Quello si inchinò profondamente, le fece l'occhiolino e tornò da dov'era venuto con un'espressione soddisfatta stampata in viso.
-Quello non ha paura di niente! C'è quasi da apprezzarne il candore.- borbottò Hawke, osservandolo mentre scivolava maldestramente sulla sabbia. -Quanti anni avrà, diciotto, venti?-
Alistair, che stava sfilando la lettera dalla busta, finalmente al riparo dalle manacce dell’amico, esalò un sospiro sognante. -Beata gioventù.-
-Attento.- disse Lavellan, guardandolo di sottecchi. -Stai camminando su un filo molto sottile, amico mio. Non vorrei mai che qualcuno ti sping-- che cadessi.-
-Oh, andiamo, datemi almeno questa gioia! Non ho mai avuto un amico di penna.- bofonchiò Alistair. Scorse lo sguardo sul contenuto della lettera e sorrise.
-Mi sa che sei tu che devi stare attenta.- commentò Hawke, torcendo il collo in mille maniere per individuare almeno una frase di senso compiuto dalla difesa impenetrabile di Alistair, che si stava divertendo un mondo a fare quel gioco.
-Eh, mi sa proprio di sì.- ammise lei, mogia. Si chinò sulla sua corrispondenza, preferendo concentrarsi su quella piuttosto che ammettere che avrebbe dato un rene e mezzo pur di ricevere una lettera personale dall'amore della sua vita. Una vera, bollente come la sabbia a mezzogiorno e dolce come un dattero appena colto, non l'ennesima corrispondenza neutra, piena di messaggi nascosti per evitare di rivelare troppo della loro relazione semmai fosse stata intercettata.
-Dice di guardare a pagina venti.-
Lavellan osservò Alistair con aria confusa. -Come?-
Alistair rilesse il passaggio, intenerito. -Dice che devo dirti di guardare a pagina venti.- si rivolse ad Hawke, indicandogli una frase. -E a te di leggere questo ad alta voce.-
Hawke si sporse per fare come gli era stato chiesto. -“Sono uno scemo con il delirio di onnipo...”- assunse immediatamente un'espressione truce. -Divertente.-
Alistair ridacchiò, tornando a leggere con aria serena. Dal modo in cui si approcciava alla lettura, sembrava quasi che si fosse tolto dalla schiena uno zaino molto pesante. Questo pensò Lavellan, che si costrinse a ignorare la tristezza per applaudire mentalmente al suo compagno, che sapeva esattamente quello che stava facendo.
Arrivò a pagina venti della documentazione e il suo cuore si sciolse, disperdendo calore nel suo organismo come una colata di sciroppo. C'era un segnalibro di carta pressata, decorato con una primula rossa essiccata, parte di un disegno floreale complesso. In calce c'era scritto “sei”.
-Ah, che carino! A me lo “scemo chi legge”, a lei il pegno da carie ai denti.- fece Hawke, addolcito. -Sei contento di essere stato degradato a puttino di Mythal, Alistair?-
Quello si strinse nelle spalle. -Almeno a me Mythal scrive.- lo punzecchiò. -A mamma Lav i fiori piacciono morti a quanto sembra. Molto nel personaggio.-
Lei rise sommessamente per quel paragone, che più che blasfemo era esilarante. Accarezzò i bordi del segnalibro con dolcezza. -È una cosa nostra. Cioè...- arrossì.
In due le lanciarono un'occhiata stupita. -Oh, questa è nuova!- commentò Hawke, gattonando per posizionarsi immediatamente al suo fianco e tormentarla con qualche pizzicotto. -Amore, si vergogna!-
-Non mi vergogno, è solo...- Lavellan agitò le mani di fronte a sé, creando forme inesistenti nel provvedere una spiegazione incomprensibile a gesti. -Troppo da riassumere.-
Alistair le prese il segnalibro di mano con attenzione, per guardarlo. -Cosa significa quel numero?- domandò, per poi notare il sorriso malizioso che turbava i lineamenti di Hawke. -Non mi guardare come se fossi una bestia rara. Non sei l'unico che va appresso a qualsiasi espressione di romanticismo come un mabari con la lingua penzoloni perché si strugge di nostalgia!- si lamentò. -L'ho fondato io quel club, non lo dimenticare.-
-E dovrei pure ringraziarti?- lo provocò Hawke, ridendo. -Allora, questo numero?-
Lavellan soppesò l'informazione, prima di esprimersi. Stranamente, lei che moriva dalla voglia di parlare solo ed esclusivamente di quanto importante fosse la sua storia, si sentì troppo a disagio per farlo. Il suo istinto decise per lei, costringendola a rimanere sul vago. -È la prima volta che mi ha regalato dei fiori. Sei mesi fa.-
Hawke sbugiardò immediatamente quel tentativo di prenderli in giro. -Conoscendolo, anzi, conoscendovi, non può essere una cosa così superficiale.-
-Ti pare superficiale che una persona così ligia si attardi a raccogliere dei fiori per qualcuno che conosce appena?- s'impuntò Lavellan, recuperando il segnalibro dalle mani di Alistair per metterlo al sicuro.
Hawke la guardò con scetticismo. -Fammi un favore: non prendermi in giro. Piuttosto rispondimi che è una cosa troppo personale e preferisci tenerla per te, ma non rifilarmi una cazzata per farmi stare buono. Di solito è così che esplodono le chiese.-
-Ti rendi conto che l'hai praticamente costretta a dirti una cazzata?- intervenne Alistair, infastidito da quel rimprovero. -Se la smettessi di assediare le persone con la tua insistenza, forse si aprirebbero più volentieri nei tuoi confronti.-
-Sei troppo impaziente, è vero.- intervenne Lavellan, sforzandosi di sorridere. -Ti secca così tanto che le persone che ti stanno più vicine non si aprano istantaneamente a te?-
Hawke si passò una mano sulla fronte. -Lo fanno tutti gli altri, senza che chieda niente. Basta che dica “sono qui per aiutare” e subito mi dicono quanti peli di strega c'aveva la nonna sul mento.- ammise, stranamente tranquillo in relazione a quell'analisi. Più che tranquillo, Lavellan ritenne che si stesse trattenendo a sua volta dall'esprimere ciò che provava davvero, così come aveva fatto lei poco prima.
-Me l'ha detto anche la tua seccante metà.- le rivelò, piuttosto. -Che mi brucia non essere d'aiuto.-
-Perché ne parli come se fosse un difetto?- domandò lei, appoggiando un gomito sulla sua spalla nell’assumere una posa rilassata.
Hawke deglutì. -Quando qualcuno tace qualcosa di importante, di solito sono io che devo ripulire quando fanno danno.- disse. -Capite, no?-
Entrambi capivano, e quella rinnovata comunione tra spazzini fece scivolare il morale a terra. Era quello il loro ruolo, lo era sempre stato, malgrado facessero di tutto per contrastare ciò che sembrava inevitabile. Purtroppo, anche i salmoni più cocciuti a un certo punto si stancano di risalire la corrente.
Lavellan, che grazie a quei due aveva goduto di una pausa fin troppo lunga dallo sdrammatizzare sempre e comunque, decise di disinnescare la mina e far nuotare quei salmoni esausti per qualche metro in più, facendogli seguire la sua scia. -Non ho detto niente perché quel momento di sei mesi fa non è stato un punto di svolta solo per noi come coppia, ma per me come persona. Sapere che, anche solo per affetto, qualcuno volesse ascoltare la mia voce...- fece una pausa, per combattere contro i mille campanelli d'allarme che le segnalavano quanto fosse rischioso trasmettere un'informazione del genere a degli individui che conosceva da davvero troppo poco. -Essere vista e apprezzata come persona è un'esperienza un po' nuova per me.- buttò fuori, prima che il suo istinto le bloccasse le parole in gola.
-Vista?- domandò Hawke, pensieroso.
Alistair, che al contrario suo aveva intuito istantaneamente cosa ci fosse al di sotto di quel discorso, prese la parola. -Ti senti esattamente nel posto giusto al momento giusto. E quelle cose sono la persona che hai davanti.- affermò.
Lavellan gli sorrise. -Mi sono innamorata di tanti uomini in vita mia, ma questa è la prima volta che mi sono anche un po' innamorata di me stessa.-
Hawke la guardò con tanto d'occhi, mentre i primi raggi di sole descrivevano i contorni del suo corpo con una linea dorata. Era uno sguardo disperato, talmente sgranato e marchiato dal dolore che suscitava immediatamente un senso di compassione terrificante. -Forse era meglio la cazzata.- ammise.
Era il vero Hawke, quello che l'alcol tramortiva per impedirgli di affiorare: un individuo mangiato vivo dal senso d'impotenza e da un amore viscerale per chi gli gravitava attorno.
Lavellan non aveva spento la miccia, l'aveva accorciata.
-Va bene così.- dichiarò Alistair, rendendosi conto della stessa cosa.
L’altro rimase immobile, a osservare attentamente il vuoto con occhi scuriti da una cacofonia di voci e ricordi che gli facevano presente che lui non sarebbe mai stato abbastanza. Sarebbe andato tutto in malora, nonostante ogni sua opposizione.
Era una frana di proporzioni gigantesche che avveniva in un luogo remoto del Thedas, senza spettatori, o qualcuno che potesse garantire che lì, in quel momento, fosse successo qualcosa.
Però i suoi interlocutori avevano sperimentato la stessa epifania almeno una volta nella loro vita. Lo capivano nella sua impotenza.
-Proprio ora dovevo smettere di bere?- commentò Hawke, con la raucedine nell'anima.
-Qual è il problema?- domandò Lavellan, raggiungendo il suo ginocchio con il palmo della mano, per evitare che soccombesse al senso di solitudine che di solito deriva da certi pensieri.
-Il problema, il problema.- ripeté Hawke, sommessamente, come se fosse la strofa di una litania. -Non so davvero da che parte iniziare.-
-Allora non farlo.- suggerì Alistair, curvandosi su di lui. -Mi dispiace che sia andato tutto in malora, amico mio. Sono cose che non dipendono da te, nella maniera più assoluta.-
Hawke lo guardò a lungo, poi annuì piano. -Grazie per averlo detto.-
-E penso di parlare anche a nome di Ela quando...- Alistair si dovette interrompere un istante, per appoggiare uno sguardo dubbioso su Lavellan. -Quando dico che esserci per aiutare qualcuno ad affrontare le conseguenze dei propri errori è un'impresa incredibile. Non si possono controllare le azioni delle persone che ami, sarebbe una violazione di quel poco libero arbitrio che l'uomo possiede. Chi ti sta vicino dopo che sbagli e ti aiuta a rimettere ordine, o a fare la cosa giusta per rimediare... questo per me è il vero eroismo che ti contraddistingue.-
Lavellan strinse la presa sul tessuto dei suoi pantaloni. -Vero amore.- puntualizzò, sorridendo. -E non si limita solo alla tua cerchia, si estende anche a tutti quelli che hanno letto le tue imprese e condiviso il tuo dolore. E su di noi, di riflesso.-
-Spiriti compresi.- aggiunse Alistair, a mezza voce.
Hawke sbuffò un sorriso.
-Altro che mamma Lav, ora è arrivato il momento di babbo Alistair.- scherzò Lavellan.
Alistair gemette un rantolo d'insoddisfazione. -No, basta responsabilità! Giuro che appena tutto questo finisce...- s'interruppe, per schioccare la lingua sul palato con aria marcatamente delusa. -Ah, già, la corruzione. Mannaggia! Non posso neanche prenotare un viaggio ai tropici.-
-Facciamo cambio?- domandò Lavellan, mostrandogli la mano sinistra. -Ti rendi conto che non posso mettermi lo smalto senza accecarmi? Devo fare un dito alla volta e restare per cinque minuti con gli occhi stretti a fessura.-
-Diamine, faccio cambio ieri! Dove si firma?-
-Sotto i caratteri in piccolo che citano “fa un male cane a ogni ora del giorno e quando il dolore si attenua hai tutte le dita informicolite”.-
-Un po' come la mia testa quando ascolto il Richiamo troppo a lungo.-
-La tua testa emette un rumore roboante quando sei in prossimità di una frattura nel Velo?-
-No, ma se avvicini l'orecchio puoi sentire il rumore delle onde.-
Hawke alitò una risata, piegandosi in avanti per assecondare dei lievi singhiozzi gutturali.
-Fammi capire, noi siamo sul punto di fare una fine orribile e inevitabile e questo se la ride?- domandò Lavellan, fingendo disappunto.
-Hawke, questa ha visto Andraste in persona. Ripeto, Andraste.- ribadì Alistair, con enfasi.
-Che è, adesso le apparizioni divine portano sfiga?- domandò Lavellan, inarcando un sopracciglio.
-Vedi un po' te! È una martire. Tutto quello che ha fatto le si è ritorto contro e alla fine siamo ritornati al punto di partenza.-
-Ma porca miseria, tanto valeva restarci.-
-Basta, vi prego!- gemette Hawke, letteralmente in lacrime.
Lavellan scosse la testa con decisione. -No, basta un accidente! Ora facciamo cambio. Te ti becchi il dolore e la sfiga, io mi prendo le canzoni martellanti e l'epica battaglia finale nelle Vie Profonde in punto di morte.-
-Hai dimenticato l'infanzia passata a piangere nelle scuderie, l'adolescenza a pregare in ginocchio sui ceci e la discendenza con persone che probabilmente si sono accoppiate con i draghi.-
Lavellan spinse la mano sinistra verso di lui. -Prendi anche un pezzetto di gomito, già che ci sei, così ne approfitto per farmi il braccio meccanico.-
-No, che poi è la volta buona che la tua metà mi... Hawke?-
Alternando risa a lacrime, lui stava avendo la sua catarsi, platealmente, senza nascondersi dietro a un dito. Lavellan si mosse per avvolgerlo tra le braccia, perché anche a lei era necessaria l'umanità sprigionata da quella reazione.
Il sole, che si arrampicava nel cielo, illuminò il sorriso malinconico di Alistair, mentre nell'Accesso Occidentale iniziava l'ennesimo giorno di eccessi.

 

*

 

La pressione del sole formava una vera e propria onda di calore che dalla sabbia e dalle armature si propagava verso l'alto, facendo tremare l'atmosfera.
Cullen aveva dato l'ordine di proseguire la marcia nelle ore in cui il sole era meno cocente, ma non c'era davvero tregua per i soldati che lo circondavano. Vederlo abbandonare il cavallo per unirsi alle prime linee bastò appena per risollevare il morale e fu una cosa temporanea.
Il caldo era troppo, i soldati erano fornaci ambulanti e gli ufficiali iniziavano a deconcentrarsi, nonostante tutte le precauzioni che avessero preso per affrontare il deserto.
Eppure, nessuno osava mollare, Cullen per primo, che cedeva la sua borraccia al tenente Burrows ogni volta che quello ritornava da un volo di ricognizione.
A tratti, l'ufficiale era talmente esausto da non riuscire a riprendere forma umana. Sonnecchiava con la testa sotto l'ala di gheppio per una mezz'ora, su spalle e selle, poi mutava forma e faceva rapporto. Ogni volta, riferiva che alla Rocca erano tutti pronti per il loro arrivo, con acqua e viveri forniti sia dall'Inquisizione sia dai loro nuovi alleati orlesiani, e ogni volta si dava giusto il tempo di fare un respiro profondo e bere un sorso d’acqua per darsi coraggio, prima di ritornare in cielo senza lamentarsi.
Mancava poco, davvero poco. Questo pensò Cullen, mentre aiutava un lanciere a reggersi in piedi in prima linea.
L'idea che i suoi uomini sarebbero stati presto al sicuro, coccolati dalle premure di chi era già sul posto, lo motivò ancora di più a non mollare la presa.
Tornato a cavallo, percorse la colonna di soldati in lungo e in largo, per rassicurare dapprima gli ufficiali, poi i sottoposti, quindi ritornò tra le prime linee, con una ruga di impazienza tra le sopracciglia aggrottate.
-Dobbiamo solo attraversare quella gola.- annunciò Burrows, di ritorno dall'ultimo giro. La sua voce grattava sulle pareti della gola come una vanga che spala la ghiaia. -Poi il percorso diventa montuoso, pieno di punti d'ombra.- indicò due formazioni rocciose a ridosso l'una dell'altra che creavano un corridoio a serpentina irregolare il quale scendeva per risalire in un'area nascosta dalla penombra.
-Aggirarla ci farebbe risparmiare tempo.- intervenne un capitano orlesiano che assisteva allo scambio.
-Aggirarla ci lesserebbe vivi.- lo corresse Cullen, asciugandosi la fronte dal sudore con un gesto brusco. -Ci verranno incontro?-
Sul viso stanco di Burrows apparve una sfumatura di sollievo. -Sono già lì.- confermò.
Cullen gli posò una mano sulla spalla. -Ottimo lavoro, tenente.- disse, lasciandolo subito andare. Non era ancora il momento di tirare il fiato.
Iniziarono l'attraversamento e vennero subito accolti da piccole chiazze di flora e arbusti resistenti al caldo, segno che in quel terreno ci fosse una buona presenza d'acqua nel sottosuolo. La compattezza del terreno confermava quell’ipotesi.
Un bel cambiamento rispetto alla distesa ustionante di sabbia senza forme di vita che avevano affrontato nei giorni precedenti.
L'ombra garantì subito sollievo, permettendo ai visi contratti dal fastidio derivato dalla luce solare di rilassarsi. In molti si sfilarono l’elmo, altri invece ne approfittarono per bere.
-Se non fosse che ci sono i nostri dall'altra parte, questo sarebbe un posto perfetto per un'imboscata.- commentò il capitano orlesiano, percorrendo i costoni di roccia con uno sguardo guardingo.
-Secondo lei metterei mai in pericolo i miei ragazzi?- domandò Cullen, piccato.
Il suo interlocutore si strinse nelle spalle. -Beh, è fereldiano. La cocciutaggine scorre nel vostro sangue.-
Cullen si limitò a fulminarlo con un'occhiataccia.
La strada proseguì in discesa per un centinaio di metri, per poi stabilizzarsi orizzontalmente e incunearsi nella gola sempre più in profondità. Nonostante il percorso fosse riparato, temperatura si era abbassata di poco, perché il sole batteva parzialmente sul costone orientale, creando un'onda di calore che si propagava lungo tutto il percorso. Ben presto, la strada salì e si allargò, esponendoli direttamente al sole. I costoni lasciarono il posto a colline rocciose intervallate da obelischi butterati dall'erosione e frammenti di bassorilievi talmente mangiati dal tempo da essere irrecuperabili. Gli arbusti crebbero di poco in altezza, le piante iniziarono a essere più frequenti, di conseguenza il sollievo di Cullen aumentò.
Ad un tratto, i soldati attorno a lui presero a parlare ad alta voce, indicando un punto preciso in cima a una collina a ovest, a meno di una cinquantina di metri dalla loro posizione.
Cullen portò lo sguardo in quella direzione, stringendolo per mettere a fuoco ciò che stava succedendo.
Se nel percorrere il sentiero nella gola aveva provato una parca dose di sollievo, in quel momento non solo si sentì rilassato come non si sentiva da giorni, ma anche finalmente al sicuro. Ma non era un sentimento altruistico, quella visione era una rassicurazione per lui soltanto.
-L'Inquisitrice! L'Inquisitrice!- chiamarono i soldati, acclamandola.
La sagoma di Lavellan, in groppa a Cornelia, si stagliava nel cielo cristallino come una torre di vedetta. Era solenne, imponente, confortante, e li analizzava così come faceva con qualsiasi cosa attraversasse il suo campo visivo, senza tradire emozioni. Nessun ufficiale se la sentì di riprendere i soldati per aver esultato troppo, Cullen per primo. Anche perché, se avessero potuto, avrebbero fatto lo stesso.
Era come se fosse di vedetta, immobile, al contrario di Cornelia che spostava il muso allungato in tutte le direzioni, creando un movimento elegante con le sue corna ramose.
Cullen non riuscì a non sorridere, mentre avanzando notava sempre più dettagli che la riguardavano. Da cacciatrice esperta qual era, indossava i colori del deserto e all'elmo aveva preferito un cappello a tesa larga per evitare che il sole le ustionasse la cute. Persino la bardatura di Cornelia era leggera e di colore chiaro.
Purtroppo, si era posizionata troppo in alto per farsi vedere in viso, ma Cullen era sicuro che i loro sguardi si fossero incrociati almeno un paio di volte, nel corso di quella breve apparizione. Poteva percepirne il calore, un calore diverso da quello profuso dall’ambiente.
Lavellan aspettò che fossero a pochi metri di distanza da lei, poi alzò una mano al cielo, rivolgendosi a un punto alla sua destra. Nella gola risuonò un: -Adesso!-
Con somma sorpresa dei soldati, una combinazione di magia del fuoco e del ghiaccio esplose sopra le loro teste, facendo scaturire una pioggia sottile e rinfrescante. Subito, urla di giubilo si unirono a un grande applauso, mentre nessuno riusciva a smettere di sorridere. Il sollievo sarebbe durato poco, dato che avevano in programma un'impresa terribile, ma valeva la pena di godersi quella frescura necessaria, soprattutto dopo una marcia lunga settimane.
Cullen si passò una mano tra i capelli umidi, raggiungendo Lavellan con un'espressione carica di gratitudine. Lei, di rimando, prese tra le dita le falde del cappello, tirandolo di poco giù sul viso in segno di saluto.
L'accoglienza rinfrescante andò avanti finché l'esercito non raggiunse il terminare della gola. Cullen provò un bruciante senso di aspettativa, mentre cercava con lo sguardo Lavellan, ma si costrinse subito a concentrarsi su ciò che era davvero importante e soppresse l'egoismo prima che potesse distrarlo troppo.
Raggiunsero la Rocca nella mezz'ora successiva e subito si organizzarono per costruire un accampamento nella piana circostante. L'esercito avrebbe trascorso la notte lì mentre gli ufficiali si riorganizzavano con il personale già presente alla Rocca, poi una volta arrivata l'alba si sarebbero messi in marcia verso Adamant.
Cullen non fu sorpreso di trovare ad aspettarlo una guarnigione ben rifornita, oltre a un numero consistente di alleati di diverse affiliazioni ed estrazioni culturali.
La collaborazione tra Rylen e Lavellan aveva dato i suoi frutti.
Aggiungendo anche il contributo di Hawke e di Alistair, c'era un'ottima possibilità che l'impresa di Adamant sarebbe stata meno ostica del previsto. Cullen ci sperava, ma non ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Scese da cavallo per raggiungere un gazebo di tela che era stato installato all'ombra di una duna e che ospitava un manipolo di ufficiali, tra cui un Rylen dall'aria parecchio stressata che spiegava la situazione a chi era arrivato da poco.
-Non appena avremo finito il censimento, sposteremo le operazioni al quartier generale. Per ora è essenziale che il...- Rylen incrociò lo sguardo di Cullen, che aveva appena varcato la soglia. -Nomini l'Arcidemone e si scatena un Flagello.- disse, impettendosi per salutarlo a dovere.
Cullen si sporse per stringergli la mano, attirandolo a sé in un abbraccio virile che gli assicurò un sorriso e una pacca sulla schiena, poi entrambi si rivolsero al gruppo. Cullen notò immediatamente un Custode umano e un Nano di superficie con le insegne di un gruppo di mercenari molto celebre in Orlais. Assieme a loro c'erano due Qunari dall'aria annoiata e una Maga elfica alta poco più del Nano.
-Per ora è essenziale che il Comandante valuti le nostre forze nel complesso.- concluse Rylen, dal punto in cui si era interrotto.
Cullen rivolse un cenno col capo ai presenti, che ricambiarono. -L’Inquisizione vi ringrazia per la collaborazione. Sarà un onore combattere al vostro fianco durante l'assedio.-
Procedette quindi a registrare mentalmente i nomi delle nuove affiliazioni che erano state procurate all'esercito mano a mano che i presenti prendevano la parola per presentarsi, calcolando velocemente prima il numero complessivo di unità singole di cui disponevano, per poi traslarlo in truppe. Il tutto era già stato segnalato in un documento che Rylen aveva stilato per lui in precedenza, ma a Cullen non dispiacque verificare personalmente, anzi lo preferì.
-Siamo cresciuti di un quarto.- disse, una volta conclusa la riunione e congedati gli alleati. Era impressionato e la sua fisionomia non si faceva problemi a esprimerlo.
Rylen gli porse un secondo documento. -Hawke dice che con un po' più di preavviso avremmo potuto fare di meglio.- rispose. -Se non fosse che ho visto di cos'è capace, gli avrei riso in faccia.-
Cullen descrisse il suo secondo con un'occhiata approfondita. -Avresti potuto farlo comunque.-
-Mi sono limitato a guardarlo storto. Va bene uguale?-
-Se non fosse che se ti promuovessi saresti costretto a prendere il mio posto, lo farei qui e adesso.-
Rylen accennò un sorriso. -Non prenderei il tuo posto nemmeno se ti prendesse un accidente, Ser. Sto troppo bene dove sto, grazie.- affermò, per poi spostare lo sguardo altrove. -A proposito di ruoli gravosi...-
Un'ovazione in piena regola accompagnò l'arrivo dell'Inquisitrice al gazebo. Cullen la osservò smontare di sella, dare una pacca gentile sul fianco di Cornelia e recuperare l'arco.
-'nenza.- la salutò Rylen, mentre Cornelia si dileguava al trotto, diretta alle scuderie.
-Fa' come se non ci fossimo visti cinque minuti fa.- ricambiò lei, sistemandosi l’arco sulla schiena con aria gioviale.
L'anima di Cullen ritornò al suo posto con uno scatto.
Il suo viso era abbronzato, le sue guance erano piene e lo sguardo luminoso. Portava giusto un accenno di trucco sugli occhi, ma niente di troppo fastidioso per il clima esponenzialmente caldo del deserto. A dirla tutta, in qualsiasi versione Andraste gliel'avrebbe presentata, a Cullen sarebbe andato bene, ma dovette ammettere che fosse in una forma in cui non la vedeva da mesi.
-Inquisitrice.- disse, cercando di mantenere un tono professionale. La nostalgia, la fatica e soprattutto il sollievo gli incrinarono la voce, dimostrandole quanto pesante fosse stata quell'ultima separazione.
In risposta, Lavellan si avvicinò a lui con un sorriso di pura gioia, allacciò le braccia dietro al suo collo e recitò un -Comandante.-, prima di coinvolgerlo in un bacio. Tutti i sentimenti che lui provava nei confronti di quella riunione gli vennero riproposti con la stessa intensità, facendogli perdere il senso del tempo e dello spazio.
La strinse a sé, sollevandola appena, mentre si concedeva di abbassare temporaneamente le difese. Se vederla lo aveva fatto sentire immediatamente al sicuro, riabbracciarla lo fece sentire a casa.
-Mi sei mancato.- mormorò lei, quando respirare divenne una necessità.
-Anche tu.- rispose lui, sorridendo a ridosso delle sue labbra.
Si diedero giusto un istante per guardarsi intensamente negli occhi, poi lei ampliò il sorriso. -Torniamo al lavoro?-
Lui diede un breve cenno d'assenso e riprese il suo ruolo, con le forze rinnovate e l'anima molto più leggera.

Gli ci vollero ore prima che riuscisse a salutare degnamente Cassandra, nonostante avessero condiviso due riunioni, lo stesso valse per gli ufficiali d'istanza alla Rocca che Rylen si era portato dietro senza chiedere niente a nessuno. D'altronde, Cullen gli aveva rubato Ser Darrow per un paio di settimane, quindi si trattava di furti più che leciti.
Il fisico di Cullen gli implorava di dargli tregua, ma lui era talmente assediato dalle responsabilità da rimandare le sue esigenze; purtroppo, era abituato a lavorare a ridosso dei suoi limiti, il che gli permise di ignorare i segnali d’allarme e procedere comunque.
Da un lato, ogni cosa sembrava girare per il verso giusto, ma dall'altro c'era ancora un'ampia rosa di rischi sui quali l'esercito e la squadra dell'Inquisitrice avrebbero potuto incappare il giorno successivo. Pianificare un assedio significava prendere in considerazione prima le previsioni terribili, poi se c'era tempo, andavano calcolati gli imprevisti.
Pensare troppo, in quel caso, venne in aiuto sia a lui che a Lavellan, che stilarono un documento talmente pessimistico che il problema minore in lista era l'assedio stesso.
In tutto ciò, Hawke si comportò particolarmente bene. Docilmente, se possibile. Fu quello che impose a Cullen di prendersi una pausa, perché era un atteggiamento che non lo convinceva.
-No, non ho in mente di farti uno scherzone.- lo rassicurò Hawke, mentre sedevano su un parapetto in penombra, abbastanza riparato dal caos dei preparativi.
Cullen descrisse il panorama al di là del parapetto con lo sguardo, registrando con aria stanca il mare di dune che si disperdeva fino a perdita d'occhio. -Che ti prende, allora?- domandò, facendo dondolare le gambe per sgranchirle.
-Assolutamente niente.-
Cullen lo guardò con aria poco convinta.
Hawke gli rispose facendo roteare gli occhi in maniera annoiata, poi recuperò una fiaschetta e la svitò con aria allegra. Quel gesto attirò immediatamente su di sé un'occhiata di totale disapprovazione. -Non è quello che sembra.- disse Hawke, porgendo l'oggetto al suo interlocutore dopo aver preso un sorso.
Cullen accettò di verificare con il dubbio instillato nei tratti del viso. Annusò il contenuto della fiaschetta e il dubbio si trasformò dapprima in una smorfia contrita, poi in sorpresa.
Guardò Hawke, prendendosi i suoi tempi per valutare la situazione nel complesso. Come Lavellan, anche lui sembrava in perfetta forma, anzi, era in una forma con cui non lo si vedeva da anni. Aveva perso qualche chilo, in maniera sana, e la pelle del viso appariva pulita, nonostante fosse bruciata dal sole. Ciò che colpì particolarmente Cullen fu la brillantezza del suo sguardo, non più offuscato da litri su litri di birra che di solito lo inquinavano con un velo di flemma.
Avrebbe dovuto complimentarsi con lui per l'impegno, ma non era una dinamica che avevano ancora sbloccato, quindi si limito a chiedergli: -Che roba è?- in tono inquisitorio.
-Caffè e infuso di stelogracile. Sai, per dargli quel tocco in più di...- agitò le mani alla rinfusa, poi recuperò la fiaschetta. -Ankh dice che fa l'alito buono.-
-In realtà, gli ha spiegato che ha mille altre proprietà, oltre a ripulire il palato, ma quando inizia ad andare sullo specifico di solito lui stacca il cervello.-
Cullen si voltò di scatto, mentre Alistair prendeva posto tra di loro, maldestramente. -Buongiorno!- lo salutò, con una nota di allegria nel tono di voce.
Alistair ricambiò con un sorriso sghembo e una pacca sulla schiena. -Scusate il ritardo, stavo discutendo con Blackwall.- disse. -Quell'uomo ha una tale parlantina che ogni tanto mi sembra di stare a discutere con una lastra di marmo.-
Hawke esalò una risata costituita da una serie di vocali nette. -Custodi.- commentò.
-Allora, amico di penna, fatto buon viaggio?- domandò Alistair, circondando le spalle di Cullen con un braccio mentre si sporgeva nella sua direzione.
-Terrificante!- gli rivelò l'altro, senza protestare o divincolarsi. -Siamo sopravvissuti a tre imboscate, abbiamo bloccato due epidemie di raffreddore sul nascere ed è già tanto che sia riuscito a portarli qui tutti interi.-
-Le storte alle caviglie saranno state all'ordine del giorno.-
Cullen sbuffò un sospiro secco. -Storte, lussazioni, piede del soldato...- elencò, muovendo il braccio in maniera circolare. -Il bello di avere un esercito di gente che viene da ogni dove: non puoi farli marciare, devi farli camminare. E dove cammini inciampi e dove inciampi c'è bisogno di una barella e dove c'è bisogno di una barella...-
-Abbiamo capito, hai le palle girate!- concluse Hawke per lui, abbarbicandosi su Alistair per potergli assestare un'occhiata sintomatica della sua esasperazione.
-Non è il solo.- replicò Alistair, sfiorando Hawke con un’espressione divertita. Quello ricambiò con un'alzata di sopracciglia.
-Buttamelo di sotto e ti faccio fare il volo!- lo rimproverò Cullen, usando il braccio sinistro come ringhiera per evitare che i due si sbilanciassero. Sarebbero caduti per un paio di metri al massimo, ma per qualcuno vestito con tanto di armatura ed equipaggiamento non sarebbe stato un atterraggio morbido.
-Ah, perché se scivolassi io di sotto sarebbe meglio?- brontolò Hawke, riposizionandosi in modo da evitare rischi.
-Sarebbe capace di scendere giù e farti scivolare ancora più di sotto.- scherzò Alistair, liberando Cullen dalla stretta. Si soffermò a guardarlo in viso per un po’, prima di riaprire bocca. -Guarda che c'è un tizio che fa gli occhioni alla tua donna.- lo avvisò. -Se vuoi ti do le generalità.-
Cullen ridacchiò. -Se dovessi fermarmi a prendere le generalità di tutti quelli che le fanno gli occhioni, mi servirebbero nove vite per completare il lavoro.-
Due versi adorabili di scherno gli fecero alzare gli occhi al cielo.
-Sai, considerato che è il tuo grande amore, ti facevo più possessivo.- ammise Hawke, porgendo la fiaschetta ad Alistair.
Quest'ultimo si fermò a metà sorso, bagnandosi il mento accidentalmente. -Diamine, parliamo già di grande amore?-
-No, non grande amore.- lo corresse Cullen, abbassando di poco il tono di voce. -Amore della vita.-
Di nuovo, ricevette due versi adorabili di scherno, ma stavolta li accettò senza fare storie e quando la fiaschetta arrivò da lui, non esitò a prenderne un sorso.
-Beh, è quella giusta.- dichiarò Hawke, stringendosi nelle spalle. -Nonostante tutti i miei tentativi di riciclaggio di informazioni, non si è mai scucita.-
-E questo è l'insistenza personificata.- intervenne Alistair.
-Lo stai dicendo alla persona giusta.- commentò Cullen, ritornandogli la fiaschetta con aria schifata. -E non serve che tu mi dia certe conferme. Non sono affari tuoi!- aggiunse, rivolgendo un'occhiata torva ad Hawke.
-Stare con voi mi ricorda la mia infanzia.- disse Alistair, dopo aver restituito la fiaschetta ad Hawke. -Mabari in gabbie opposte che litigano e io nel mezzo che cerco di dormire.-
-Hai appena descritto la mia, di infanzia.- replicò Hawke. -Io che finalmente mi stendo a letto dopo una giornata passata a tirare su cavoli e i gemellini che in cambio si danno le legnate in piena notte usando il mio letto come trincea.-
-Hai poco da lamentarti, io ero il secondo di quattro.- intervenne Cullen, per niente intenzionato a perdere quella battaglia. -Uno per orecchio e l'altra che urlava di smettere. Non so com'erano i tuoi, ma in confronto ai miei una camerata di Maghi adolescenti che rischiavano di darti fuoco anche solo respirando era una vacanza.- fece una pausa.
-Noi non abbiamo mai avuto quel rischio. Papà ci ha tirati su con l'amore, non con la vergogna.- affermò Hawke, guardandolo di traverso.
-Vuoi dirmi che non hai mai dato accidentalmente fuoco a qualcosa?- domandò Alistair, scettico.
-Non accidentalmente, no.- replicò Hawke, indossando un sorriso malizioso. -Sai, in realtà non ero nemmeno portato per la Magia Elementale. Ero dannatamente bravo nell'Entropia.-
Cullen ritrasse il capo, sporgendosi all'indietro per poterlo guardare in faccia. -Tu? Nell'Entropia?-

Hawke recuperò il suo grimorio dalla cinghia e passò una mano sopra la copertina, prima di afferrare un plico di pagine dal bordo ed esibirne lo spessore. Si trattava di un quarto del libro.
Alistair spiò la data che era stata scritta in cima alla pagina seguente. -E tu, nel bel mezzo di un Flagello, hai deciso di cambiare disciplina.- disse, con aria assorta. -Perché?-
Cullen capì al volo. -Per sua sorella.- rispose, al posto di Hawke.
Quest'ultimo si limitò ad accennare un sorriso.
-L'unico modo per farle concludere il viaggio. Per farla sopravvivere.- articolò Cullen, mentre Alistair univa i puntini nella sua testa con un’espressione desolata.
Hawke chiuse il grimorio, appoggiandolo in grembo con cura. -Sono un sentimentale.- ammise, stringendosi nelle spalle. -Per lei la magia era l'unica valvola di sfogo, l'unica cosa che le permetteva di scrollarsi di dosso tutte le imposizioni che le buttava addosso nostra madre. “Stai attenta di qui, non farti troppo notare di là, tieniti lontana dagli altri bambini perché sei diversa…”- sbuffò. -Essere l'uomo di casa è facile, perché puoi allontanarti con la scusa di andare a lavorare sui campi e ritornare quando fa sera. Essere la donna di casa è tutto un altro discorso.-
Cullen non osò assolutamente suggerire che al Circolo Bethany avrebbe avuto una vita diversa. Si trattava di una risposta che il suo cervello gli aveva proposto automaticamente, a causa del condizionamento della Chiesa, ma lui ci aveva vissuto nel Circolo; sapeva a cosa sarebbe andata incontro, soprattutto riguardo le punizioni che avrebbe subito se avesse posseduto anche solo in minima parte l'atteggiamento del fratello maggiore.
-Quanto sei pesante!- lo riprese Alistair, battendo amichevolmente un pugno sul braccio di Hawke.
Quello bastò per farlo ridacchiare, permettendogli di allentare la presa sugli spettri del passato. -Ah, quando si parla di famiglia, scatta sempre la lacrimuccia.- sdrammatizzò, per poi dare un cenno col capo in direzione di Cullen. -Guardalo, 'sto stronzo, che si intristisce per gli altri solo per il gusto di infastidirli. Lui ha tutta la sua mandria viva e in salute e manco si spreca a scrivergli una letterina!-
-E cosa dovrei scrivere? “Ciao sorella cara, approfitto della pausa tra un terrore notturno e una sessione di auto-flagellazione per dirti che il tempo è bello e non mi ricordo che faccia avete.”- replicò Cullen, con aria sofferente.
Alistair si batté l'indice sul mento con aria forzatamente pensierosa. -Potresti chiederle se ha qualche marmellata da mandarti. Sai, noi avevamo il pacco da casa, durante l'addestramento. Se lo intascava la Cantrice, ovviamente, ma se facevo il bravo mi permetteva di addentare mezzo biscotto. Peccato che la cuoca di Arle Eamon usasse lo zucchero con la parsimonia di un antivano tirchio, ma era pur sempre una piccolissima consolazione dopo una giornata passata a ripetere litanie con la madre che torreggiava sulle spalle di tutti pronta a darcele di santa ragione con il frustino.- fece una pausa. -Diamine quanto le piaceva quel dannato frustino! Pam! Giù per la schiena! Pam! Nel ginocchio di dietro! Pam! Sul costato!-
Cullen, che da quando Alistair aveva preso a vomitare parole non smetteva di osservarlo con aria dubbiosa, coronata da un sopracciglio inarcato, si sporse di nuovo verso Hawke. -Come lo spengo?- gli domandò.
-Prova a usare la parola “flagello”.-
Alistair stette al gioco, rilassando gli arti e facendo cadere la testa di lato, proprio come avrebbe fatto una bambola a molla.
Cullen gli diede una breve spinta giocosa, accennando un sorriso. -Idiota!-
Hawke rise gravemente, scuotendo la testa. -Se avete qualcos'altro di pesante di cui discutere, fatelo ora che l'atmosfera è tranquilla. Non so se posso gestire un discorso altrettanto triste in un secondo momento.-
-Già, facciamo che da adesso in poi si parlerà soltanto dell'inevitabile destino dei miei confratelli. È molto più confortante.- replicò Alistair, appoggiandosi a lui. -Non vedo l'ora di sentire di nuovo le tue opinioni a tal proposito.-
-“Ho un fratello custode ma-”.- scherzò Hawke, assicurandosi una pacca sulla collottola.
-A dire il vero, qualcosa di pesante c'è.-
Hawke e Alistair si voltarono verso Cullen, per niente sorpresi del suo intervento. Lui scorse uno sguardo dubbioso su entrambi, poi esalò uno sbuffo lungo ed esasperato. -Ho recuperato una cosa, anzi mi è stata data.- disse, frugando nelle tasche a lungo, prima di recuperare un involto di stoffa. -Tenerla mi sembrava inappropriato, soprattutto dopo che mi hai messo al corrente del tuo passato.- aggiunse, porgendo l'oggetto ad Alistair.
Quest'ultimo lo recuperò senza esitazioni, scartandolo per tirarne fuori un medaglione quadrato grande quanto il palmo della sua mano. Era bronzeo e raffigurava Andraste che conduceva schiere di uomini in battaglia, affiancata dal suo mabari. Si trattava di sicuro di un oggetto molto antico e alcune pietre preziose sullo sfondo erano mancanti; a testimonianza della loro presenza passata c'erano piccoli solchi anneriti di sporco.
-Cioè, per essere bellino è bellino, ma non è esattamente il mio stile.- disse Alistair, posandoselo su diverse parti del corpo per provare il punto.
-Faceva parte di una collana.- spiegò Cullen, spostando lo sguardo verso l'orizzonte. -Apparteneva a Re Maric.-
Alistair smise di giocherellare, prendendo a osservare l'oggetto con più attenzione. -Oh.- disse soltanto.
Hawke scorse uno sguardo attento su di lui. -A cosa pensi?-
Alistair si prese i suoi tempi per analizzare la situazione, poi voltò la testa verso Cullen. -Pensavi che mi avrebbe fatto piacere riceverlo?- domandò, asciutto.
Cullen lo guardò con la coda dell'occhio. -Pensavo che non fosse compito mio decidere del suo destino.-
-Non è un regalo, allora.-
-No.-
Alistair rilassò la postura. -Meno male, perché è terribile.- commentò, tornando a guardare il medaglione. -Grazie.-
Cullen annuì una singola volta, a presa di coscienza.
Hawke guardò l'uno, poi l'altro, infine si concentrò sull'oggetto. -Cosa intendi farne?-
-Di certo non posso indossarlo, non posso tenerlo sotto al cuscino in ricordo di tempi migliori e non potrei godermi i ricavati nel caso in cui lo vendessi.- rispose Alistair, con aria assorta. Sollevò il medaglione. -Questa cosa mi porta tutt'ora a pensare che sarebbe stato meglio se non fossi mai nato.-
Hawke si rivolse a Cullen. -La prossima volta che ti ritrovi un oggetto del genere tra le mani, prima di consegnarlo tienitelo per qualche ora a macerare su per il culo. Magari così ti passa la voglia.- lo rimproverò.
-Lo terrò presente.- borbottò Cullen, aggrottando la fronte sopra un'espressione infastidita.
-No, no, ha fatto bene a darmelo.- lo difese subito Alistair. -Se non l'avesse fatto, non avrei potuto fare...- e lanciò il medaglione il più lontano possibile, con forza.
Cullen lo placcò in tempo prima che potesse cadere di sotto, Hawke fece lo stesso. Per poco, tutti e tre non fecero il volo.
Una volta stabili, non c'era occhio che non fosse sgranato.
-Catarsi non significa deficienza.- gemette Hawke, che aveva appena visto la vita scorrergli davanti. -Ti senti meglio adesso?-
Alistair scosse la testa. -Assolutamente no, ma dovevo chiarire la mia posizione e mi sembrava il modo più drammatico per farlo.-
-Andraste benedetta!- imprecò Cullen, raddrizzandosi il mantello. -C'è modo e modo, diamine!-
Alistair gli rivolse un mezzo sorriso. -Beh, quello era l'unico. Ci ho messo una vita a mettermi in testa che merito di esistere, volevo evitare di perdere altro tempo.- si indicò. -Mi resteranno quanti, cinque sei anni di vita? Vorrei concentrarmi su altro, tipo l'estinzione del mio ordine. O il fatto che ho appena bevuto caffè alle erbe e non dormirò più per i prossimi cinquant'an… ah, no, morirò decisamente prima. Senza gioie, solo tremori e insonnia.-
-Per la grazie del Creatore, quanto sei pesante!-
Alistair e Hawke si voltarono verso Cullen, con un sorrisetto che lui ricambiò.
-Neanche da ubriaco vi verrei a dire che vi voglio bene, ma sappiate che c'è una piccola parte della mia testa (infinitesimale, ma proprio piccola piccola piccolissima) che prova un sentimento di stima nei vostri riguardi.- disse Hawke, rimettendo al sicuro il grimorio. -Ma piccola, se non si fosse capito.-
-Io manco se mi obbligassero ti direi che godi della mia stima.- aggiunse Cullen. -Ti sopporto, ecco.-
-Questo mi va bene. Anch'io ti sopporto. A malapena, ma tant'è.- ammise Hawke, soddisfatto.
Alistair aggrottò le sopracciglia su un'espressione delusa. -E io, scusa? Sopporti e basta anche me? Con tutta quella corrispondenza pensavo che fossimo almeno ami...-
-Prenderei a botte chiunque osasse farti del male.- lo interruppe Cullen, guardandolo dritto negli occhi.
Alistair rivolse ad Hawke un sorriso soddisfatto. -Vedi? Se fai pena alle persone poi finiscono sempre per adottarti.-
Cullen alzò gli occhi al cielo. -Non ti ho adottato e non mi fai assolutamente pena.- recitò, monocorde.
-Perché sono simpatico?-
-Nemmeno.-
Alistair ci pensò un attimo, in difficoltà. -Dammi una mano, Hawke, sto finendo i pregi.-
-Perché sei l'unica persona che lo sopporta?-
-Un pregio, Hawke, non un dato di fatto.-
-Vi butto giù, giuro che vi butto giù!-
Tornare al lavoro per Cullen fu più difficile del previsto, per una volta.

 

*

 

Per tutti, la notte prima di una grande impresa equivaleva a insonnia. Per Lavellan significava “bagno”.
Purtroppo, quando si è parte di un accampamento sterminato di soldati in pieno deserto ci si fa bastare una bacinella, dei frammenti di sapone all'olio d'oliva recuperati da chissà dove e un fazzoletto di tela come asciugamano.
Oggetti che si ritrovò a gestire nella sua tenda (una bolla di silenzio intaccata dal vociare ovattato dell'accampamento), abilmente protetta da un paravento nel caso in cui qualcuno avesse richiesto la sua attenzione in un momento inopportuno.
Cassandra le aveva imposto di andare a dormire, nonostante Lavellan volesse essere l'ultima a lasciare il tavolo della strategia. Lei, a malincuore, aveva accettato, perché la logica le impediva di dare torto alla sua compagna di viaggio.
Fronteggiava dunque un mobiletto alto fino alla chiusura del suo sterno e sormontato da una bacinella riempita fino all'orlo di acqua pulita. Viste le condizioni dell’alloggio che le era stato assegnato, quell'acqua era l'unico lusso vero e proprio di cui avrebbe disposto. Le andava bene, dato che era abituata a molto meno.
Seccata dall’allontanamento forzato, decise che lavarsi sarebbe bastato a farle passare il malumore. Si disfò dell'armatura e si strappò letteralmente di dosso le protezioni, spogliandosi fino all'intimo. Una volta vestita unicamente del guanto sinistro e del bustino che usava per evitare che il seno la decapitasse durante la corsa, appoggiò le mani sul bordo del mobiletto e si sporse su di esso, per esalare un lungo sospiro di frustrazione.
A testa china, bisbigliò una preghiera, attenta a farsi sentire solo dalle proprie orecchie, perché anche se era riparata dall'ambiente esterno, non ce la faceva proprio a dare adito al timore che provava nei confronti di quello che sarebbe successo l'indomani. Sentiva che, confortandosi platealmente, persino la branda sarebbe arrivata a giudicarla.
Mentre la sua immaginazione galoppava, qualcuno chiese il permesso di entrare e lei, senza nemmeno prestare attenzione all’identità dell’ospite, recuperò al volo la camicia e se la infilò, voltandosi verso il paravento. -Arrivo in un istante.- promise.
L'istante promesso, purtroppo, si fermò sulle increspature dell'acqua, che le mostrarono il suo riflesso. C'erano due cose agitate in quell'immagine, e lei doveva scrollare di dosso la tensione da una di esse. -Un istante.- ripeté, concentrandosi a inalare ed esalare abbastanza respiri profondi a occhi chiusi per rilassare i lineamenti una volta per tutte.
-Non serve. Conosco la strada.-
Lavellan inalò l'aria in modo talmente brusco da strozzarsi. Tossì la sua sorpresa mentre il suo sguardo appannato correva per raggiungere Cullen a tutti i costi. Alzò una mano nella sua direzione per indicargli di attendere che la tosse si esaurisse, impossibilitata a esprimersi.
Lui si era affiancato al paravento e le sorrideva con aria incerta, tenendo le braccia incrociate sul petto. Era una posa davvero rilassata per i suoi standard, notò Lavellan, dopo essersi curata la gola con un sorso d'acqua.
-Vuoi che torni più tardi?-
-Non osare!-
Cullen ampliò il sorriso di poco. -So che Cassandra ha messo il veto sulla tua tenda fino a domani mattina, ma volevo comunque darti gli ultimi aggiornamenti personalmente.- spiegò. -Sempre che la mia presenza non ti tolga troppo il fiato.- aggiunse, in tono scherzoso.
Lavellan gli rivolse un'espressione grata. -Ti prego, dimmi ogni cosa.- lo supplicò, passandosi una mano tra i capelli mentre tornava a reggersi al mobiletto. -Anche quelle che mi farebbero perdere il sonno.-
Cullen capì immediatamente il problema. -Anche a te turba questa quiete?- mormorò, sciogliendo le braccia per muovere un passo nella sua direzione.
Lavellan prese un cubetto irregolare di sapone tra le mani. Iniziò a scavarlo con l'unghia del pollice, per sedare un minimo di tensione. Ringraziò che il suo compagno l’accondiscendesse in quella piccola nevrosi, anziché correre a consolarla, o peggio, a rimproverarla. -Non è la quiete che mi turba, lo sai.-
Cullen la raggiunse con un paio di falcate. -Ci hanno lasciato un po' di trappoline durante il percorso. A quelle magiche ci sta pensando la truppa mista, a quelle fisiche le Furie. Hai fatto bene a dirci di portarci dietro Tre Occhi. A quanto pare li sta mettendo in uso tutti e tre.-
-Feriti?-
-Solo un paio di spaventi e un'ustione. Cercheranno comunque di rallentarci, ma non è niente a cui non siamo preparati.-
-Lo dici per farmi stare tranquilla, o è davvero tutto sotto controllo?-
Cullen chinò appena la testa per raggiungere il suo sguardo. -Lo sai che non è mai tutto sotto controllo. Le cose stanno semplicemente andando bene, per ora.-
Lavellan annuì nervosamente, poi smise di tormentare il sapone, limitandosi a racchiuderlo tra le mani. Guardò il viso del suo compagno, analizzandolo a fondo senza riuscire a trovare tracce di bugia. -È tutto?- domandò.
-No, non è tutto.- rispose lui, rilassando i lineamenti. -Ho messo Burrows e Ser Scarlett a guardia del Monsignore.-
Lavellan spalancò lo sguardo. -L'hai finito?- domandò, alzando di poco il tono di voce.
-Finito e operativo. Totalmente operativo.- confermò lui, con il tono di voce che secerneva un certo orgoglio.
Lavellan si lasciò cadere in avanti, aggrappandosi al suo mantello con il sollievo dipinto in viso. Si arrampicò fino a buttargli le braccia al collo, mentre divorava il suo viso con occhiate, sorrisi e baci colmi di gratitudine.
Lui la lasciò fare, ridacchiando sommessamente mentre cercava di sorreggerla. -Si, si, ti amo anch'io.- rispose, accettando ogni singola attenzione. -Ma non mi stare troppo addosso, faccio schifo.-
Lavellan fermò la sua arrampicata per guardarlo con aria dubbiosa. -Vhenas, sono stata in prossimità della tua banda di amici fereldiani per settimane, a infilarmi in cunicoli e nidi di Prole Oscura... tu in confronto sei una rosa del deserto. Quelle al forno, con le mandorle.- disse, tornando subito a tormentarlo.
Cullen le stampò un bacio sull'orlo delle labbra. -Di buono quelle hanno solo il profumo.- ammise, raddrizzandosi il mantello che lei rischiava di rovesciargli in testa. -Lav, sul serio, fammi dare una rinfrescata, prima che... ecco, prima che.- disse, impedendole di continuare a trattarlo come un ramo.
Lei allora si distanziò, per indicargli la bacinella con un cenno. -Ce n'è abbastanza per entrambi, se vuoi.- fece, speranzosa. -E se non ce n'è abbastanza, posso chiederne un'altra.- aggiunse, perché l'idea che se ne andasse, anche solo per pochi minuti, la uccideva nell'anima.
Dalla qualità della smorfia che aveva in viso, Cullen parve stesse vagliando i pro e i contro di quell'opzione. Lavellan poteva benissimo vedere ogni singolo meccanismo mettersi in funzione dietro al suo sguardo. Stranamente, non gli ci volle troppo tempo per accettare la proposta. Di buon grado, per altro.
-Non mi serve più insistere, insomma.- chiosò lei, sfilandosi la camicia mentre Cullen appoggiava mantello e tunica sul paravento. -Buono a sapersi.-
Lui ebbe un istante di smarrimento. -Beh, ora che siamo a questo punto, non ha più senso nasconderci il fatto che siamo due disperati.- ammise, procedendo a sfilarsi l'armatura. -Tu sei solo un po' più palese.-
Lavellan indugiò sulla chiusura del guanto sinistro, osservandolo spogliarsi con aria divertita. -Ti farà piacere sapere che tutta la disperazione che tanto ti accanivi a reprimere faceva capolino ogni volta che le nostre labbra si incrociavano.- lo punzecchiò. -Più che palese, la tua disperazione era talmente fuori misura da mandare fuori scala la mia.-
Cullen le rivolse un'occhiata dubbiosa. -Ah, allora è colpa mia se non sai controllarti?- domandò, riuscendo finalmente a fuoriuscire dal pettorale. Lo abbandonò a terra, assieme ai bracciali e agli spallacci, poi si sgranchì le spalle e il collo, con una distinta espressione di sollievo.
Lavellan si sfilò il guanto e subito l'area attorno alla bacinella si tinse di riflessi verdognoli, contrastando la luce delle candele. -Diciamo che è un pochino colpa tua se ogni volta che ti vedo vorrei mangiarti vivo.- disse, inzuppando le mani nell'acqua per attivare il sapone.
Cullen si prese un istante per rivolgerle un sorriso sornione, poi tornò a spogliarsi. -Senti chi parla.- mormorò.
Lavellan approfittò del fatto che si trattasse di un processo lungo e laborioso per lavarsi le braccia e il collo, sfregandosi lentamente il sapone sulla pelle per godersi l'attimo e rilassarsi. D'altronde, era quello il senso del rituale; condividerlo l'aveva reso solo più necessario. -Non avevo mai visto così tanta sabbia.-
Cullen finì di sfilarsi gli indumenti protettivi e si portò alle sue spalle, per appoggiarle un bacio sulla nuca. -Nemmeno io e, onestamente, ne avrei anche fatto a meno.-
Lavellan esalò una risata, poi gli allungò un frammento di sapone. -E dire che stai così bene con un po' di colore sulle guance!-
-Non se il colore è un rosso acceso.-
Si scambiarono uno sguardo divertito, mentre lui prendeva posto al suo fianco. Lavellan non riuscì a non ammirarlo; il che, come aveva detto lui in precedenza, non era certo una notizia che faceva scalpore.
Ogni dettaglio che lo riguardava la mandava regolarmente in uno stato di disconnessione con l'universo, ma non poteva proprio farci niente, anzi, non voleva farci niente.
Fortunatamente (o sfortunatamente, a seconda dell’occasione), gli ormoni non riuscivano mai ad annebbiarle il cervello del tutto, permettendole di distrarsi dalla distrazione per assicurarsi un barlume di lucidità.
-Stai bene?- gli chiese, notando un certo grado di tensione nel suo fisico. I muscoli dell’addome e delle braccia erano fin troppo definiti, segno che il troppo movimento fisico non fosse stato accompagnato da una dieta e un’idratazione regolari.
Cullen, che si stava insaponando le mani mentre esplorava con lo sguardo le gambe di Lavellan, sollevò la testa con aria interdetta, come se fosse stato colto in fallo. Era evidente che quello che succedeva a lei succedeva a lui di rimando.
-Stai bene?- gli ripeté Lavellan, senza inserire troppa preoccupazione nella domanda.
Cullen si prese i suoi tempi per lavarsi le braccia, dandosi modo di riflettere sulla maniera migliore per approcciarsi alla domanda. Lavellan non gli mise fretta.
-Sì, sto bene.- rispose lui, dopo un po' di tempo. -Adesso sto bene.- precisò.
Lavellan si impedì di imporgli la propria curiosità. -Allora siamo in due.- disse, coccolandolo con un bel sorriso. -Vuoi parlarne?-
-Ho già risolto.- dichiarò lui, spostando lo sguardo altrove. -No, non ho risolto.- si corresse, abbassando il tono di voce. -Avrei voluto parlartene e... non voglio dover sempre contare su di te quando ho una crisi. Devo iniziare a dipendere da me stesso, su queste cose.-
Lavellan gli sfiorò il viso con una carezza, sistemandogli un ciuffo di capelli dietro l'orecchio. -Forse invece devi proprio iniziare a fare il contrario.- disse. -Sono la tua compagna, è compito mio aiutarti quando non trovi una soluzione da solo.-
Cullen intercettò la sua mano con la propria, prima che si allontanasse dal suo viso, adagiando su di essa un bacio lieve. Rimasero immobili in quella posizione per un po', godendo di quel conforto momentaneo, poi si sorrisero e tornarono a lavarsi.
-Piuttosto, cosa aspettavi a dirmi che tuo fratello era a zonzo a Skyhold?-
Lavellan si passò una mano sullo stomaco, sopra il busto. Stette in quella maniera per un po’, a osservare il sapone creare spirali nell'acqua della bacinella, poi sospirò.
Cullen si portò nuovamente alle sue spalle, scorrendo le dita bagnate sulla chiusura dell'indumento. -Non era un'accusa. Sono affari tuoi, alla fine.- si scusò, procedendo a sbottonarlo.
-Sono affari anche tuoi.- lo corresse Lavellan, lasciando che l'aiutasse. -Soprattutto se si tratta di famiglia.-
Cullen spostò lo sguardo dall'opera che stava compiendo, posandolo brevemente sul suo profilo.
Lavellan sentì i suoi occhi pesarle sull'anima, come se la stessero spingendo a staccarsi. -È venuto lui a cercarmi, quando ha scoperto l'identità di nostro padre e i danni che aveva fatto in giro per il Thedas. Non mi ha chiesto niente, né preteso che lo prendessi in considerazione, voleva solo conoscermi e sapere che faccia avevo. Anche se nessuno dei due cercava conferme dall’altro, ci siamo piaciuti istantaneamente. Il sangue non c'entra, è solo che... non so come spiegarlo.-
-Alchimia?-
Lavellan ponderò sull’accuratezza di quel termine, mentre si reggeva il busto allentato sul seno. -Qualcosa del genere.- mormorò.
Cullen sorrise appena, mentre percorreva il solco della colonna vertebrale di Lavellan con lo sguardo. -Mi ha minacciato di cose indicibili, semmai avessi osato rovinare il tuo lavoro.-
Lavellan esalò una risata nervosa, stringendosi nelle spalle in un abbraccio solitario. -Beh, c'è stato per- fece un calcolo mentale veloce -cinque relazioni finite malissimo. Immagino che sia arrivato al punto di odiare a prescindere qualsiasi persona che ha atteggiamenti romantici nei miei confronti.- si voltò, cercando lo sguardo del compagno da sopra la spalla. -Non ce l'ha davvero con te, vhenas.- lo rassicurò, con una nota d'imbarazzo nel tono di voce.
Cullen sfilò l'ultimo bottone dall'asola, poi fece aderire il corpo alla sua schiena. Le sfilò lui stesso il busto, descrivendo le sue curve sotto di esso con carezze gentili e racchiudendole sotto al suo tocco con una precisione che derivava dapprima da esigenze altruistiche, poi personali. -Non ha la minima idea dell'importanza che hai per me.- le sussurrò all'orecchio. -Del peso incredibile che ha la tua esistenza sulla mia. A volte mi riesce difficile anche solo respirare, quando ti penso. Il che è ironico, dato che i momenti che passo insieme a te sono i momenti in cui respiro davvero.-
Mentre le sue mani procedevano a scolpire il suo corpo, Lavellan accolse tra le labbra un bacio esasperato, ricambiandolo con altrettanto desiderio. Le loro fronti si sfiorarono e, una volta capito che appartenevano l'una all'altra, rimasero insieme.
-Mi sei mancata così tanto.-
Lavellan sentì il cuore sciogliersi nel petto. -Non voglio più restare separata da te così a lungo.-
-Nemmeno io, ma hai altra scelta?-
Lavellan raggiunse la sua mano destra e la strinse, senza osare smettere di respirare il suo respiro. Le ci volle un po' per elaborare una risposta, anche se il presente aveva urgenza di attenzioni. -Posso scegliere di tornare sempre da te, finché l'Ancora non mi annullerà, centimetro dopo centimetro.- disse.
Cullen la avvolse tra le braccia con più enfasi. -Passiamo la notte insieme, ti prego.-
-Pensavo fosse scontato.-
-Lo so, ma mi hai aspettato così a lungo che ora non riesco a smettere di pregarti.-
Lavellan sciolse la presa sulla sua mano e fece un giro su se stessa, lasciando che il desiderio l'annebbiasse. Tanto sapeva che laddove lei avrebbe smesso di pensare, ci sarebbe stato lui a farlo al suo posto. E quando sarebbe arrivato il suo turno di mollare le redini, lei le avrebbe prese senza esitazioni.

 

-Nota-

A proposito del ringraziamento che Alistair fa a Hawke…
Scusasse, ma il mio canon su Anders è che sia HoF che Alistair 1) fossero assurdamente contrari al suo allontanamento ma hanno dovuto accettare la situazione per motivi politici; 2) non sono riusciti a intercettare la situazione in tempo, per questioni di distanza; 3) gli è stato taciuto e quando l’hanno scoperto era troppo tardi e né Anders né i Custodi hanno voluto sentire scuse. Il motivo non l’ho ancora definito, ma nella mia testa ‘sti due (+cricca della Veglia) sono pissed. Ma pissed seri.
Per me i Custodi di Awakening sono famiglia, è stupido che HoF se ne stia zitto quando c’è di mezzo un’ingiustizia ai danni di qualcuno che considera come un fratello. Nel mio hc, HoF sta sull’anima (de li mortacci) ai Custodi perché in fin dei conti è una persona attiva nella politica del Ferelden. Probabilmente, allontanare Anders era un modo (neanche troppo sottile) per ferirla, o punirla per le sue continue intromissioni. Il che fa schifo ma è in linea con la visione di un ordine chiuso e pieno di regole come i Custodi. Per quello Alistair è grato a Hawke per essergli stato vicino. A entrambi, insomma, perché non hanno estromesso solo Anders.
Rant chiuso, passiamo ad altro.
Altro essere Adamant. Se potessi fare in modo che entrambi passino lo squarcio dopo la battaglia contro Paura, lo farei. Purtroppo seguo la linea Doctor Who: ci sono dei momenti fissi nella storia che non possono essere cambiati, il resto può anche subire modifiche. Insomma a seconda di quale sarà la soluzione logica, Lav prenderà le botteTM da Fenris o da Cousland.
Soluzione logica, ho detto? Uhm…
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<3

 
   
 
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