Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Jeremymarsh    08/02/2023    5 recensioni
Nel peggior giorno della sua vita, Kagome ripensa alle leggende che il nonno le raccontava da piccola prima di andare a dormire e alle quali ha smesso da tempo di credere.
È convinta che sia ormai impossibile uscire dal baratro in cui è precipitata all’improvviso, ma non è detto che tutti i mali vengano per nuocere. Un unico evento – per quanto disastroso – ha provocato conseguenze impensabili e ben presto dovrà affidarsi credenze e valori finora ignorati per sopravvivere, lasciando dietro ogni cosa conosciuta.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo XVII: Verità scottanti


 


 

“Vedi, ci sono alcune cose che non sai di sapere, finché qualcuno non te le chiede.”

Un uomo solo, Christopher Isherwood


 

 

 

 


 

Kenichi starnutì, prima di alzare il volto e osservare il cielo, reso nero pece a causa del fumo che ancora continuava a salire, segno della terra che a lungo aveva bruciato e di cui non rimaneva nulla se non cenere e vite spezzate. Starnutì ancora, nascondendo il naso sensibile nel gomito, sperando di dargli quel sollievo che ricercava da quando era arrivato sul luogo.

Quando il Generale gli aveva comandato di raggiungere il resto dell’esercito occupato ad evacuare i villaggi della zona, Kenichi aveva potuto solo immaginare ciò che vi avrebbe trovato – e anche in passato, a seguito di attacchi volti a infrangere la fragile pace tra umani e demoni, si era trovato a doverne ripulire tanti. Tuttavia, odiava quando c’era di mezzo il fuoco.

Oltre a trovare ripugnanti azioni vigliacche come quella del loro attuale nemico, poneva parte di loro in una posizione di grande svantaggio. Infatti, i demoni che come lui – come il generale stesso – facevano grande affidamento sull’olfatto venivano travolti dal forte odore e, se non preparati, rischiavano anche di svenire a causa del sovraccarico. Nel migliore dei casi, invece, l’avversario riusciva comunque a mettere fuori gioco il loro senso più utile e sfruttato, e a loro risultava impossibile seguire tracce o anche solo restare all’erta – proprio come in quel momento.

Guardandosi attorno, notò molti dei suoi compagni nella stessa situazione e sperò di poter lasciare al più presto quel cumulo di terra bruciata. Nemmeno l’udito era messo meglio – non se le voci erano troppe, si sovrastavano, e tra di esse spiccavano i pianti dei bambini e le urla dei vecchi che avevano deciso di sfidare la sorte e restare a morire lì dove erano nati e cresciuti.

Forse, non era poi una scelta sbagliata, forse, chiunque li aveva attaccati avrebbe ricominciato in un altro luogo – anche se questa possibilità prevedeva ancora più attacchi e morti –, ma allo stesso tempo Kenichi era inquieto. Per questo, non vedeva l’ora di andar via, anche perché non aveva nient’altro su cui basarsi se non un’impressione, dato che orecchie e naso erano fuori uso. E a ben pensarci, neanche gli occhi serviva tanto se l’unica cosa che riuscivano a vedere erano le grosse nuvole di fumo nero che li circondavano.

Tutti gli altri, come lui, condividevano la stessa inquietudine: con almeno la metà dei soldati fuori uso, si trovano in pericolo costante. Se qualcuno li avesse attaccati di sorpresa, loro se ne sarebbero accorti troppo tardi e, a quel punto, avrebbero potuto contenere solo le perdite.

Quel giorno, tutti loro, si trovavano nel tipo di situazione da cui, da sempre, erano stati addestrati a tenersi alla larga.

Kenichi non poté far altro che continuare il suo lavoro e sperare, perché non conosceva alcun Dio e non poteva pregare.


 

***


 

Nel viaggio che lo portò dal suo rifugio al luogo in cui il suo fantoccio si era scontrato con Toga e Inuyasha, il demone in bianco provò a chiedersi cosa fosse andato storto nel suo piano sapientemente orchestrato.

Aveva creduto che la marionetta avrebbe potuto intrattenere abbastanza a lungo i due cani, così da dargli il tempo di finire con Kagome. Solo dopo, si sarebbe presentato ai loro occhi, mostrando la sua vittoria e godendosi il terrore nello sguardo del mezzo demone: vederlo sconfitto, dopo che gli aveva portato via la promessa sposa, era, infatti, la cosa che più desiderava al momento, dopo la ragazza. Invece, quella testa calda era riuscita a rivelare il suo trucchetto prima del tempo e ciò era bastato a mandare tutto all’aria.

Forse, il fantoccio non gli era riuscito così bene come aveva creduto all’inizio; dopo tutto, era stato il primo che aveva creato e lui non poteva ancora definirsi esperto. Non vedeva alternative o altre falle.

Infatti, ora che aveva ricevuto un nuovo corpo e nuovi poteri – ora che mille demoni albergavano dentro di lui dandogli l’opportunità di sfruttare tutte le loro diverse qualità – nessuno era più potente di lui. Anche il Grande Generale Cane non poteva competere con lui.

Preso com’era dalla rabbia causata dai piani interrotti troppo presto e dall’arroganza data dal suo nuovo io, il demone non pensò per un secondo che le ragioni potessero essere altre; non lo sfiorò nemmeno l’idea di essere stato troppo avventato, troppo sicuro di sé, mentre ancora doveva prendere piena coscienza del corpo che abitava e dei suoi nuovi poteri.

Così, sulla scia di quei pensieri influenzati dall’ardore dei suoi sentimenti, raggiunse il luogo dello scontro, sperando che l’odore di Kagome sulle sue labbra fosse abbastanza forte da essere sentito dal mezzo demone. Certo, inizialmente avrebbe voluto divertirsi di più con lui, e l’odore che avrebbe dovuto sentire doveva essere un altro – più forte –, ma si sarebbe accontentato. Dopo tutto, era certo che la faccia che avrebbe fatto sarebbe stata comunque soddisfacente.

Ghignò nel constatarlo e la rabbia per un secondo evaporò, lasciando di nuovo posto all’arroganza e ai piani di conquista, prima di tornare con prepotenza quando, arrivato, si accorse che Inuyasha era assente.

In mezzo a quella landa ora desolata e bruciata distingueva i colori dell’esercito dell’Inu-no-Taisho, demoni insulsi che si affaccendavano per aiutare coloro che non avrebbe avuto nemmeno una parola di ringraziamento, restii ad accettare il loro aiuto perché diversi; utilizzavano la propria velocità per salvare vite, senza perdere un secondo, inconsapevoli di qualcuno che li stava osservando, troppi presi da quell’inutile operazione di altruismo di cui il Generale faceva un vanto.

Sbuffò mentre dall’alto, il bianco della sua pelliccia semi-nascosto dietro nuvole di fumo, seguiva con gli occhi ognuno di loro, e un ringhio basso gli nacque nel petto quando si accorse che nessuno aveva l’inconfondibile chioma d’argento con cui era nato il suo obiettivo. E a quel punto la rabbia non poté che aumentare, dominandolo tutto, senza lasciare alcuno spazio alla razionalità – di cui lui, anche quand’era stato solo carne e sangue umano, non aveva mai abbondato.

Aveva lasciato la promessa sposa, appena ritrovata, per venire a liberarsi di quei nemici che rappresentavano l’ostacolo numero uno ai suoi piani, solo per scoprire che non c’erano più, che, come codardi, erano andati via, abbandonando anche i loro sottoposti.

Ebbene, se la loro scelta era la fuga, lui avrebbe mandato un messaggio ben chiaro – più di uno, ci ripensò con un ghigno. E, fatto ciò, sfogata anche la sua rabbia, sarebbe tornato ad attività più piacevoli, ottenendo infine colei che aveva desiderato troppo a lungo.


 

***


 

Non aveva sprecato tempo Sesshomaru e, lasciato il castello paterno, si era messo alla ricerca di quello strano mezzo demone che aveva imprigionato la compagna del fratellastro. Tuttavia, l’impresa stava risultando più difficile del previsto, soprattutto se si considerava che ormai aveva memorizzato quel nauseante odore.

A parte quello – e l’odio per suo padre e Inuyasha –, però, non aveva altri indizi. Dubitava che qualsiasi altro codardo piano avesse in mente presupponesse un viaggio nelle terre che lui aveva appena lasciato, e anche per questo non si era soffermato troppo dopo aver riportato la sacerdotessa. Non gli dispiaceva nemmeno continuare a vagare – al momento era quella la sua occupazione principale –, ma non amava lasciare a piede libero un essere che aveva giurato di uccidere; preferiva finire subito il lavoro.

E mentre seguiva le piccolissime tracce del demone in bianco, non si accorse, allo stesso tempo, che i suoi piedi stavano prendendo tutta altra strada, senza che lui potesse opporsi o anche solo accorgersene. Inconsapevolmente, aveva cominciato a seguire un’altra fragranza – che per la sua bestia interiore aveva ben più importanza di un nemico con cui non aveva mai avuto a che fare –, una ancora più forte e, soprattutto, ammaliante. Se anche se ne fosse accorto, Sesshomaru non avrebbe potuto contrastare quella parte più primitiva di sé, e forse non lo desiderava nemmeno.

Era quello odore che ormai lo tormentava giorno e notte, che rimaneva sempre in un angolo della sua mente e stava mettendo in dubbio ogni sua certezza – ancor più dell’arrivo della sacerdotessa a castello o dell’ultima discussione con suo padre. Per di più, la verità dietro di esso lo spaventava come niente aveva fatto prima d’ora, gli rivelava che anche lui non era un essere invincibile e, come altri che aveva giudicato in precedenza, era soggetto ai sottili e infallibili ingranaggi del destino.

Lui, che aveva più volte denigrato suo padre per la scelta di legarsi a un’umana per assecondare una sciocca leggenda, ne era diventato a sua volta vittima. E se prima si era creduto intoccabile, ora era costretto a ricredersi – ma erano cose che sarebbero rimaste ancora per molto nella sua mente, che avrebbero tormentato solo lui, perché mai avrebbe osato farne parola con qualcuno, tanto meno suo padre.

Nessuno avrebbe dovuto sapere che anche lui, il glaciale principe dei demoni, era diventata vittima di una leggenda e che il fato gli aveva giocato lo scherzo più crudele di sempre: gli aveva destinato un’umana.

Nel mentre, coloro che aveva annodato quel filo rosso ridevano di lui, guardandolo avvicinarsi sempre di più alla ragazza che riempiva i suoi pensieri. Il richiamo era troppo forte anche per lui e più lo avrebbe negato, più dopo ne avrebbe sentito un bisogno maggiore; più avrebbe cercato di allontanarsi e più sarebbe stato strattonato nella sua direzione – proprio come stava accadendo in quel suo vagabondare.

Sesshomaru stava per andare a sbattere contro quel muro che avrebbe infranto ogni valore e credenza a cui si era aggrappato finora e, rialzarsi, avrebbe potuto essere doloroso e difficile se si fosse ostinato.

Anche Jaken, che si stava trattenendo dal fare domande per preservare se stesso, aveva capito che qualcosa stava cambiando nel suo signore e proprio quel cambiamento lo inquietava: per lui, Sesshomaru era perfetto così com’era, e qualsiasi cosa lo stesse turbando era certo avrebbe portato solo rogne. Il suo comportamento non era normale e aveva paura di quel che tutto ciò significava – anche per lui. Avrebbe voluto metterlo in guardia, avvertirlo che immischiarsi con gli umani – così come aveva fatto già ben due volte – portava solo guai, ma sapeva che aprire la bocca sarebbe stato l’equivalente di una condanna a morte.

Quindi cos’era meglio? Starsene zitto, sopravvivere e assistere a quel cambiamento che lo faceva inorridire, o morire, sapendo però di aver salvato l’orgoglio di Sesshomaru? Il rospetto rabbrividì riportando gli occhi su Sesshomaru e alla fine decise che avrebbe salvato la pelle; dopo tutto, morire non avrebbe assicurato comunque che Sesshomaru si salvasse da qualsiasi cosa a cui stava andando incontro. Un secondo dopo, il dai-youkai voltò di scatto la testa verso di lui, assottigliando lo sguardo e incenerendolo, e Jaken si fece ancor più piccolo sotto di esso, temendo che avesse percepito i pensieri che gli erano passati per la testa. Quando poi gli diede di nuovo le spalle e si librò in volo, Jaken esalò un respiro di sollievo prima di rincorrerlo e acciuffare la coda della mokomoko per non essere lasciato indietro.


 

***


 

Dopo aver sorvolato lande per lo più desolate, Sesshomaru cominciò la propria discesa, mentre il suo vassallo si aggrappava nel vano tentativo di scendere con altrettanta grazia. Non ci riuscì. Ma dopo essersi raddrizzato e aver pulito le proprie vesti, si accorse che erano giunti ai margini di un villaggio povero e con molti abitanti.

Le loro urla gli riempivano le orecchie così come la loro puzza il naso e, facendo una smorfia, si chiese come il suo Signore potesse sopportare tutto ciò con dei sensi molti più sensibili dei suoi. E dire che era lui che aveva scelto di fermarsi lì!

Alzò lo sguardo verso di lui e lo vide immobile, teso, gli occhi puntati verso una figura in lontananza. Si voltò allora verso di essa e tentò di metterla a fuoco, cercando di capire l'attrattiva che poteva avere; magari questa volta per davvero avrebbe assistito a una battaglia interessante. Quella fantasia durò poco, però, perché subito si infranse con la realtà quando riconobbe l’umana che il signor Sesshomaru aveva salvato in uno straordinario, quanto raro, slancio di magnanimità, quella che lo aveva ringraziato con la sua sfrontatezza e che aveva poi fatto passare un brutto quarto d'ora a Jaken, a causa dell’umore che aveva scatenato.

Si allarmò, non riuscendo a capire. Sesshomaru era giunto in quel villaggio cercando proprio lei? E perché mai avrebbe dovuto? Forse era solo un caso – un caso davvero sfortunato. Ma era opportuno credere alle coincidenze dopo tutto ciò che era accaduto da quando avevano lasciato le terre dell’Ovest?

Jaken continuò a osservare lo scenario, facendo attenzione ai movimenti impercettibili di Sesshomaru e più i secondi passavano, più gli si gelava il sangue nelle vene. Non poteva udire ciò che la ragazza stava discutendo con il giovane accanto a lei, ma non credeva fosse poi così interessante; quindi, perché stava avendo questo irrazionale effetto sul suo padrone?

I suoi grandi occhi passavano dall’uno all’altro, senza smettere, così tanto che Jaken cominciò ad avvertire un grosso mal di testa nato da quel movimento continuo. Eppure, quando Sesshomaru fece un passo avanti e la ragazza qualcuno in più nella loro direzione, Jaken dimenticò ogni malessere per cacciare suddetti bulbi oculari fuori dalle orbite tanto fu la sua sorpresa.

Non avevano mica intenzione di interagire? Agitò il Nintojo in un gesto disperato, come se avesse potuto fermare Sesshomaru o qualsiasi disastro stava per compiersi, ma poté solo assistere, incapace, all’inizio della tragedia. Anzi, al proseguire di essa: era già troppo tardi, rifletté con la bocca aperta dallo stupore, le cose erano già a un punto di non ritorno e lui aveva miseramente fallito nel suo compito.

Le cose erano più tragiche di quel che avrebbe mai potuto immaginare e il suo fiero e maestoso padrone già vittima di un crudele incantesimo!

“Non ti aspettavo così presto, Sesshomaru,” esordì la ragazza con sfacciata confidenza.

Il demone la ignorò, preferendo continuare a fissarla con sguardo severo ancora per un po’. “Cosa ci facevi in compagnia di quello sporco umano?” chiese poi di rimando, stupendo prima se stesso e poi Jaken – che sarebbe potuto cadere morto stecchito a terra da un momento all’altro.

Era come se dentro Sesshomaru albergassero due entità completamente opposte e quella più strana e nuova avesse preso il sopravvento del corpo, mentre l’altra assisteva, incapace, non riuscendo a impedire ciò che lasciava le sue labbra. Istinti mai conosciuti prima lo manovravano, sentimenti irrazionali gli scoppiavano nel petto e ispiravano la bestia dentro di lui – ma non per i soliti motivi, non per la sete di potere che era stata l’unica fiammella dentro di sé per tutti quei secoli.

Il sorriso scomparve dalle labbra di Rin nell’udire quella domanda. “Anch’io sono una sporca umana,” rispose arcuando un sopracciglio. “Te ne sei forse dimenticato?” Capiva, come non riusciva a fare Sesshomaru, che la domanda era scaturita dalla gelosia, che il demone sentiva bene gli effetti del legame nato quando si erano visti la prima volta, del filo del destino che li aveva già uniti senza scampo. Tuttavia, era anche evidente che non avesse ancora smesso di combatterlo né lo aveva accettato.

Quando lo aveva notato ai margini del proprio villaggio aveva ingenuamente creduto che il momento fosse arrivato prima del previsto. Ma si era sbagliata. Conosceva, dopo tutto, le voci sul suo conto; lo aveva riconosciuto subito, dato il suo aspetto per nulla comune, e nemmeno la sua sorpresa era stata poca quando aveva compreso che quella rara leggenda che si tramandava tra gli umani aveva messo sul suo cammino proprio lui.

Eppure, era impaziente. E quella impazienza le aveva fatto credere che sarebbe bastato un incontro a cambiare uno dei demoni più crudeli del loro paese.

Certo, già ora che era passato così poco notava un cambiamento – altrimenti perché sarebbe giunto così presto da lei? –, ma per un attimo si chiese se tutta la sua vita da umana sarebbe bastata a completare il processo.

Sesshomaru intanto ringhiava, anche se il rumore era così basso da non essere udito da Rin, ringhiava così tanto che dovette sforzarsi per non digrignare i suoi canini perfetti o stringere forte i pugni, manifestando un’incontrollabilità che era degna solo del suo fratellastro. Le due entità che erano al momento dentro di lui combattevano un’ardua lotta e lo sforzo lo stava mettendo a dura prova. Ma, alla fine, sempre quella che non riconosceva vinse.

“Ti ho fatto una domanda,” ripeté, per nulla contento della risposta di lei. E intanto si chiedeva perché il considerarla un’umana alla stregua di tutti gli altri che aveva conosciuto – e disprezzato – finora lo ferisse tanto. Non riusciva a metterli sullo stesso piano, la sua mente rifiutava quel paragone, e per lui nessun altro poteva essere al livello di Rin. Annusò l’aria, disposto a inspirare anche la puzza che circondava quel luogo pur di venire a capo di quei dubbi, ma l’odore di lei, per quanto paradisiaco, continuava a sembrargli quello di un essere umano. Quindi, se nella carne e nel sangue lei non era in apparenza diversa dagli altri, perché il suo cervello rifiutava ancora il confronto? Cos’aveva di speciale quella donna? Sesshomaru credeva di impazzire.

“E io non ti devo alcuna risposta,” ribatté lei, avvicinandosi ancora di più, senza paura, alzando il mento e raddrizzando le spalle. Non aveva intenzione di dargliela vinta, non se era lei quella che aveva le risposte che Sesshomaru tanto cercava. “Né devo giustificare le mie azioni.”

Jaken trattenne il fiato rumorosamente nel sentirla, mentre, nello stesso istante, Sesshomaru perdeva del tutto la battaglia con la razionalità e quella nuova parte di se stesso riprendeva del tutto il controllo. Vide le sue mani alzarsi, i suoi piedi spingerlo avanti, il viso abbassarsi, ma non poté fare nulla per fermare il suo corpo.

In breve, si trovò a sentire sotto i suoi palmi il corpo caldo e invitante di lei, stringeva le sue spalle con forza, pur senza farle del male, e sentiva il suo respiro mentre si chinava su di lei con prepotenza, cercando di intimidirla. Non accettava quella sfrontatezza, da nessuno, soprattutto non da lei. La fissò dritto negli occhi, riconoscendo il suo riflesso in essi, stupendosi di quel pazzo che era diventato. Infine aggiunse: “Lo sai perché devi rispondere. Non voglio che uomini senza controllo desiderino ciò che è mio né dover sentire l’odore disgustoso di quegli istinti che non sanno controllare su di te. Devi starne alla larga!”

Un secondo dopo si ritrasse, scattando all’indietro come un fulmine e ritrovandosi dalla parte opposta della radura rispetto a lei. La maschera era finalmente caduta e, gli occhi sgranati, la bocca semi-aperta, Sesshomaru spostò lo sguardo da Rin alle sue mani, quasi come si aspettasse di vederle marchiate a fuoco, come se il contatto con lei l’avesse bruciata – e non fossero state, invece, le parole che aveva pronunciato a dargli uno shock.

Fece ancora un passo indietro nello stesso istante in cui Rin scoppiava a ridere, scuotendo la testa per ciò che aveva appena visto. “Ancora rifiuti la verità, Sesshomaru? Eppure, mi pare di capire che parte di te ha compreso perfettamente cosa ci è accaduto. Sei orgoglioso come dicono? Ma non così intelligente,” dedusse, “altrimenti non ti comporteresti in questo modo.” Poi, come se non fosse stata già abbastanza sfacciata, considerando la letalità del demone che aveva di fronte, osò ancora di più: “Dato ciò che avevo sentito sul tuo conto, mi sarei aspettata di più. Certo è, Sesshomaru-sama, che non sarà un demone a dirmi cosa devo fare, di sicuro non uno che rifiuta verità chiare come il sole. Scappa ancora se vuoi, continua a farlo, oggi, domani, il giorno dopo ancora, ma nulla cambierà, e ogni volta sarà sempre peggio.”

Poi, lasciandolo a bocca aperta, gli diede le spalle e fu la prima ad andarsene.

L’eco delle sue parole continuò a rimbombare nella mente di lui, come se fosse ancora lì a ripetergliele per assicurarsi che accettasse ciò che li legava. E trafitto com’era da esse, Sesshomaru non si accorse di avere degli spettatori indesiderati sotto forma di tante piccole api ronzanti.


 


N/A: Avevamo lasciato qualcosa, o meglio qualcuno, in sospeso mentre Inuyasha e Kagome affrontavano i loro problemi, quindi era giusto fare un passo indietro per vedere che fine avevano fatto. 
Qualche idea su cosa accadrà adesso? 
Se volete dirmelo, lasciatemi pure un commento ❤. 

A presto con il capitolo 18!

 

   
 
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