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Autore: lolloshima    10/02/2023    4 recensioni
Poco più di una flashfic per raccontare il seguito della OS "Mio capitano", scritta per la stessa challenge, di qui questo racconto è il sequel.
*
Questa storia partecipa alla challenge mansile #comeasyouarenot2023 indetta dal Gruppo facebook Non solo Sherlock Multifandom.
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Daichi Sawamura, Tetsurou Kuroo
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Prompt: agonismo
* *

Daichi si chiuse la porta alle spalle.

Tolse le scarpe, mise al sicuro la pistola, e si diresse deciso verso la cucina. Si meritava una birra fresca.

Quando sentì bussare alla porta aveva già dato un paio di sorsi, direttamente dalla bottiglia. Chi diavolo era a quell’ora? Non riconosceva quel tocco, e di certo non apparteneva a Kei Tsukishima. Non poteva essere di nuovo lui.

Quella che si trovò davanti, appoggiata allo stipite della porta con l’avambraccio sollevato, era l’ultima persona che si aspettava di vedere sull’uscio di casa.

“Kuroo-san…”

“Sawamura-san…”

L’incrocio degli sguardi sembrò a entrambi creare delle scintille, da quanto era intenso.

“Cosa ti porta davanti alla mia umile casa?” lo provocò Daichi. Con uno così, meglio giocare d’anticipo e attaccare per primi.

“Non mi fai entrare, capitano?”

Dal tono sarcastico del suo ospite, Daichi capì che le cose si facevano serie. Si fece da parte, lasciando all’altro lo spazio per entrare.

“Birra?” domandò solo per sembrare cordiale, sporgendo verso di lui la mano che teneva la bottiglia.

“Dimmi un po’, ma è un’abitudine la tua? Una specie di passatempo? O è qualcosa che riservi solo a noi” domandò Kuroo, invece di rispondere, guardando qua e là all’interno della casa con simulata indifferenza.

“Di cosa parli?” Daichi esibì un sorriso forzato. Si vedeva lontano un miglio che si stava sforzando al massimo per non prenderlo a pugni proprio lì, nell’ingresso del suo appartamento.

Kuroo si voltò verso di lui, piantandogli le iridi scure direttamente negli occhi. “Parlo del fatto che non ti è bastato far ubriacare il mio fidanzato, adesso vuoi provarci anche con me?”

“Ma tu come…” Daichi guardava tutto intorno, cercando di raccogliere le idee per dare una risposta sensata che non tradisse la promessa fatta a Kei.

“Come lo so? Come so dell’altra sera? Come so che Kei ha passato la notte da te? Lo so e basta. Il come non ti deve interessare”.

Semplice. Era stato sufficiente chiamare Bokuto per salutarlo.

Quella famosa sera, Kei era uscito con Akaashi, aveva bevuto un po’ troppo, ma aveva insistito per non essere riaccompagnato a casa. Preoccupato, Akaashi era passato da lui, ma non lo aveva trovato. Guarda caso, il giorno dopo, lo aveva visto uscire proprio dalla casa di Daichi, mentre il poliziotto, a petto nudo, lo salutava dalla porta. Che Akaashi lo raccontasse a Bokuto e che questo lo dicesse a Kuroo, era solo questione di tempo.

Kuroo aveva chiesto spiegazioni a Kei, e lui aveva ammesso di essersi ubriacato e che Daichi era stato così gentile da ospitarlo per evitargli di mettersi in strada in quelle condizioni. Kuroo non aveva indagato oltre sul motivo per il quale Kei si trovasse proprio in compagnia dell’ex capitano, ma non aveva nessun dubbio che Daichi si fosse comportato nel migliore dei modi. E poi, era ovvio, si fidava ciecamente di Tsukki.

Ma non avrebbe mai perso quella occasione per ribadire, una volta di più, quelli che erano dei veri e propri confini di proprietà privata.

“Non è come pensi…” cercò di giustificarsi Daichi, senza però avere bene in mente quale scusa inventare.

“Lo so, capitano, Kei mi ha detto tutto. A quanto pare ti devo ringraziare per aver evitato al mio ragazzo di mettersi nei guai”. A dispetto delle parole gentili, lo sguardo di Kuroo tirava dardi incendiari e il suo sorriso storto sembrava più che altro una smorfia sadica.

“Non c’è di che” rispose con lo stesso tono Sawamura corrugando la fronte senza distogliere lo sguardo serio.

“Tuttavia” riprese inquietante Kuroo “mi auguro che non si ripeterà. Tsukki ce l’ha una casa, e gradirei che, se mai dovesse succedere ancora- cosa di cui dubito – sarai così gentile da dargli un passaggio fino a casa sua. Mi correggo...” Kuroo avvicinò il volto a quello dell’altro, scandendo bene le parole “Casa nostra!”.

“Ricevuto” rispose Daichi serrando ai denti, con il tono di qualcuno che ha appena accettato una sfida da parte del suo peggior nemico.

Kuroo allungò una mano, che l’altro capitano fu ben contento di afferrare.

Entrambi ebbero la sensazione di avere una morsa potentissima avvinghiata alla mano, che stringeva e stritolava rabbiosamente, ma nessuno dei due accennò ad allentare la stretta, così come nessuno dei due fece il minimo cenno ad abbassare lo sguardo assassino che si stavano scambiano l’un l’altro.

Questo tipo proprio non lo sopporto” pensarono all’unisono, mentre le mascelle si serravano, i bicipiti si gonfiavano e le mani si facevano sempre più bianche, compresse nell’agonismo smisurato della stretta reciproca.

 

   
 
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