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Autore: Risa_chan    10/02/2023    1 recensioni
Oikawa Tōru avrebbe voluto soltanto dormire, tanto per cominciare. Aveva affrontato un viaggio lungo 15 ore: era partito da San Juan per Buenos Ares; là aveva dovuto cambiare aeroporto, aspettare il volo il giorno successivo, In fine, dopo due ore e quarantacinque minuti era arrivato finalmente a San Paolo. Perciò voleva solo stare in panciolle per tutta la settimana successiva, ma Shoyo Hinata aveva altri programmi.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Shouyou Hinata, Tooru Oikawa
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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UNA SERA DI CARNEVALE

 
[fanfiction partecipante al carnival/valentine challenge- come as you are not | sfida di febbraio del gruppo fb “Non Solo Sherlock]
 
 

 
 
Oikawa Tōru avrebbe voluto soltanto dormire, tanto per cominciare. Aveva affrontato un viaggio lungo 15 ore: era partito da San Juan per Buenos Ares; là aveva dovuto cambiare aeroporto, aspettare il volo il giorno successivo, In fine, dopo due ore e quarantacinque minuti era arrivato finalmente a San Paolo. Perciò voleva solo stare in panciolle per tutta la settimana successiva, ma Shoyo Hinata aveva altri programmi.

Appena Tōru salì sulla sua automobile, Shoyo gli diede una fantastica notizia. “Ho prenotato un volo per Rio domani!”

“Cosa?! Perché mai?”

“Sono riuscito a prendere i biglietti per il Sambodromo!” rispose Shoyo felice come se avesse vinto la coppa del Mondo, “ti rendi conto?”

Toruu sbadigliò, appoggiò la testa sul sedile dell’auto: “non proprio…”

“Beh,” spiegò Shoyo, “è il più grande spettacolo di carnevale, i carri giganteschi, costumi wow, musica e balli…”

“Il carnevale si festeggia dovunque in Brasile, saremmo potuti andare a qualche spettacolo qui.”

Shoyo scosse la testa energicamente: “non è la stessa cosa…” guidava per le strade trafficate con naturalezza e scioltezza. La pelle abbronzata la canotta scollata verde oliva - gliel’aveva regalato lui d’altronde-, e i pantaloncini beige, lo rendevano ancora più luminoso e dorato, un opera d’arte.

“Sono andato una volta con Pedro, è stata un’esperienza magnifica! per me significa molto andarci con te.”

Oikawa ignorò la parte “sono andato con Pedro”, per concentrarsi sul “per me è importante andarci con te”, perché era quella che contava.

“Va bene, Sambodromo sia!” Disse tenendo gli occhi chiusi.

Tutto soltanto per lui.

Shoyo voleva scalare una montagna, Toruu sarebbe andato subito anche se cascava dal sonno, desiderava dei pasticcini per i quali Toruu avrebbe dovuto fare la fila dalle sette della mattina, Toruu si sarebbe alzato, vestito e andato al negozio.

“Ma senza Pedro, grazie.”

Hinata scoppiò a ridere. “Sì io e te e altre milioni di persone, però, senza Pedro.”

Shoyo viveva in un appartamento in un grosso grattacielo vista mare, che aveva preso in affitto quando era tornato in Brasile per giocare con la Superliga brasiliana.   Era un complesso residenziale tranquillo circondato dal verde e con una piscina condominiale.  Si poteva raggiungere la spiaggia a piedi, dove era possibile giocare a beach volley in uno dei campi messi a disposizione.

“Finalmente a casa!” esclamò Toruu buttandosi sul divano senza la sua solita grazia. Shoyo trascinò la sua valigia fina alla camera da letto, poi tornò nel soggiorno.

“Vuoi mangiare qualcosa prima di andare a riposarti?” chiese Hinata.

Oikawa guardò l’orologio indeciso: 13: 45.  Avrebbe potuto riposare tutto il pomeriggio, anche se un po’ gli dava fastidio l’idea di dormire quando poteva passarlo con il suo ragazzo.

“Sì mangio qualcosa prima,” disse mentre sbadigliava ancora una volta.

“Mi dispiace,” disse Hinata mettendo le mani in tasca, “tutta questa strada solo per me…”

Era dispiaciuto e preoccupato per lui, tanto che il cuore di Tōru s’incrinò. Si raddrizzò a sedere: “non dirlo neanche per scherzo, ne vale assolutamente la pena, e poi l’altra volta sei venuto tu da me, quindi, niente scuse!”

Hinata annuì. Oikawa soddisfatto continuò: “adesso mangiamo, poi andiamo a letto e …”

Gli occhi di Shoyo si fecero guardinghi: “mangiamo e poi vai a riposare, no?”

“Ci ho provato,” sospirò, “okay… dopo una bella dormita.”

“È quasi tutto pronto!” disse allora Hinata allegro, e sparì dietro la porta della cucina.

Oikawa, di nuovo solo, si ridistese sul morbido divano.

Le relazioni a distanza non erano mai facili, la loro era particolarmente difficile. Viaggiavano spesso per le partite, e Shoyo doveva fare il doppio dei chilometri per via degli impegni con la nazionale giapponese. In più vivevano in due stati, i quali se pur nello stesso continente, erano comunque parecchio lontani, incontrarsi era quantomeno complicato. Ma era inevitabile da quando lo aveva conosciuto.
L’aveva visto alzarsi in volo durante quell’amichevole e gli era entrato dentro come un proiettile conficcandosi in mezzo al cuore. Era stato solo un sogno irrealizzabile finché, dopo anni, non lo aveva incontrato a Rio. Soltanto un miracolo avrebbe potuto far incontrare due conoscenti in un paese straniero tanto grande, Tōru ne era sicuro: il destino aveva voluto regalargli una possibilità con Shoyo, e lui avrebbe fatto di tutto perché la loro storia non finisse mai.
 
***
 

Si erano sistemati in un alberghetto carino; cenarono al Beco das Sardinhas, il ristorante dove tutti i carioca[1] andavano a mangiare dopo il duro lavoro. 
Fecero una passeggiata per la città, prima di andare verso la pista dove tutti gli anni si teneva la famosissima parata.
 Il Sambodromo era una costruzione architettonica sviluppata per 700 metri lungo un viale chiamato Avenida Marquês de Sapucaí, costeggiato per tutta la sua lunghezza, da spalti per gli spettatori.
Quando lo spettacolo cominciò, Tōru venne completamente rapito dallo sfarzo, dal ritmo, dai colori variopinti e dai movimenti sensuali dei ballerini sopra i carri, dove, si scatenavano al ritmo di samba.

“Ti piace?” chiese Shoyo ad un certo punto.

“Davvero molto!” rispose, “ma hai visto il costume di quei ballerini?”

Indicò dei ragazzi scultorei che ballavano con addosso soltanto una mutanda, la quale, sembrava fatta di pelle.  “Dovrei comprarne anche io una uguale, “continuò Tōru tra il serio e il faceto.

Shoyo finse di pensarci su: “Uhm, non so se hai il fisico giusto.”

“Insolente gamberetto, il mio fisico è prefetto!”

“Allora chiedi se te ne regalano una!”

Scoppiarono a ridere divertiti prima di tornare a godere dello spettacolo.

“Sai, questa è la nostra ultima occasione per poterlo vedere!” disse Shoyo.

Oikawa non distolse gli occhi dalla pista: “per via dei biglietti?”

“No, perché la prossima stagione mi trasferirò in Argentina. Sono riuscito ad ottenere un contratto per una squadra della divisione 1 della lega argentina.”

Tōru si voltò verso Shoyo, incredulo; Il suo profilo, la postura erano rilassate mentre continuava a guardare i ballerini vestiti di lustrini e piume. Aveva lanciato una bomba come se parlasse del tempo e non di rivoluzionare la loro vita.

“Oh…”, riuscì a pronunciare.  La sua famosa lingua appuntita aveva perso completamente il mordente.

“Ti starai chiedendo perché così all’improvviso ho preso questa decisione, “disse Shoyo, finalmente tornando a guardarlo.

“Non sei nuovo alle decisioni così drastiche Sho-chan.”

“Hai ragione,” dovette ammettere Shoyo, “ma questa volta ci ho pensato molto e voglio assolutamente…”

La voce di Oikawa s’incrinò: “Cosa vuoi, Sho-chan?”

“Mi vuoi sposare?” chiese Shoyo e dal nulla tirò fuori una scatoletta di velluto nera.
Ripensò al volo, al caldo e al sudore che aveva patito pur di raggiungere il suo raggio di sole, e quel singolo momento, ripagava di ogni volta in cui si era fatto in quattro pur di stare insieme a Hinata.

“Cazzo, se lo voglio!” disse Tōru prendendo la scatolina; l’aprì. Dentro c’era una sottile fede in oro bianco, con una diamante incastonato e una scritta all’interno: “inevitabile.”

Le lacrime offuscavano i suoi occhi per quella singola parola perfetta per descriverli, che Oikawa non aveva mai pronunciato, eppure, eccola incisa nell’oro.
“Ne ho comprata una uguale per me.”
Tōru se ne fregò della gente, della sfilata e afferrò il viso di Shoyo: “come fai a battermi sempre così? Avrei dovuto essere io…”
Shoyo lo zittì con un bacio mozzafiato.

“Però Sho-chan, la cerimonia la organizzo io!”

 

 

 
 

[1] Nativi di Rio de Janeiro.
   
 
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