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Autore: moira78    13/02/2023    8 recensioni
A volte basta un desiderio per cambiare il corso degli eventi. E se Anthony non fosse morto? Come sarebbero state le vite di Candy e di tutti gli altri?
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Attenzione alle date, in alcuni capitoli sono fondamentali per capire il momento della vita di Candy & Co., se sto tornando indietro nel tempo o andando avanti!

 
 
Inverno 1920

L'immagine di Candy che correva felice assieme a suo nipote Anthony gli riempì il cuore di sentimenti in forte contrasto tra loro: gioia, tenerezza, disperazione, senso di perdita. Gelosia.

Gelosia nei confronti dell'unico figlio della sua defunta sorella.

Avrebbe voluto stritolarsi il cuore fino a farlo sanguinare ma, a ben vedere, stava già accadendo guardandoli così felici. Chi era lui per provare dei sentimenti tanto bassi?
Aveva solo undici anni più di Candy, se non si fosse innamorata di Anthony non sarebbe stato certo impossibile per lui. Ma, al confronto con loro due, Albert era un vecchio.
Uno zio. Colui che forse l'avrebbe accompagnata all'altare, visto che era anche la sua figlia adottiva.

E odiava e anelava le sere in cui sognava di stringerla a sé come una donna e non come una nipote o una figlia. Le notti in cui sognava di percorrere il suo corpo con le labbra e le mani, di assaporare e annusare la sua pelle, di possederla fino a perdersi in lei.

Era immorale, persino incestuoso, da determinati punti di vista.

Ma era la sua brama segreta e innominabile, quella che non sarebbe mai stata. Era stato davvero uno sciocco a illudersi così, solo fino a poche ore prima.

E sarebbe morto prima di fare del male a quel ragazzo che tanto gli ricordava sua sorella Rosemary, colei che era stata la sua unica amica, confidente e persino madre quando era rimasto solo.

Doveva togliersi Candy dalla testa o sarebbe stata la fine della sua sanità mentale. Finì il suo drink in un sorso e la testa cominciò a girare.

Doveva andarsene da lì prima possibile. Sarebbe tornato in Africa, al suo lavoro, alle missioni umanitarie e avrebbe chiesto ad Archie e Georges di prendere il suo posto. Si sarebbe preso un anno sabbatico, o due. O tre.

William Albert Ardlay doveva scappare.

E subito.

 
- § -
 
 
Estate 1912

*"Senti Candy, il Principe della Collina di Pony...". Si voltò a guardarlo, incuriosita: cosa doveva mai dirle Anthony, adesso? La sua figura elegante si stagliava contro il terso cielo settembrino e sembrava una visione tra le foglie multicolore, in quel bosco dove le fronde degli alberi stavano già preparandosi a cambiare gli abiti estivi con quelli autunnali. "Mi assomiglia davvero?".

Confusa, Candy fermò il cavallo accanto a lui, che aveva fatto altrettanto: "Certo, perché me lo chiedi così all'improvviso?".

Il ragazzo si girò e abbassò lo sguardo: "Mah, ho dei sospetti".

Lei si animò e quasi saltò sulla sella. Con un gran sorriso chiese: "Davvero? Sai chi è il Principe della Collina?".

Sul volto di Anthony passò un velo di tristezza, anche se stava sorridendo e sembrava sereno, e Candy capì che il suo entusiasmo doveva aver acceso in lui una fitta di gelosia. Certo, gli aveva confessato con le guance in fiamme quanto lui le piacesse semplicemente perché era Anthony, tuttavia non poteva dimenticare la magia di quell'incontro di tanti anni prima, sulla sua collina.

"Quando ero piccolo c'era sempre un ragazzo con gli occhi azzurri che sedeva vicino a mia madre... quel ragazzo, probabilmente...". La voce pacata di Anthony venne interrotta da un fruscio tra i cespugli, che attirò gli sguardi di entrambi in quella direzione.

Una grossa volpe dal pelo fulvo ne uscì, gli occhietti spaventati e le orecchie ritte sulla testa, subodorando di certo il pericolo. Il cipiglio di Anthony, che fino a poco prima sembrava malinconico, divenne vivido e luminoso. Dichiarando che avrebbe preso la volpe per farle un bel collo di pelliccia, si lanciò al suo inseguimento e Candy non poté fare a meno di incitarlo.

Avrebbero ripreso di certo quella conversazione, anche se Candy si sentiva divisa tra il desiderio ardente di sapere e quello di non far ingelosire il ragazzo che amava. Sì, perché amava Anthony, con tutta se stessa. E non voleva deluderlo o vedere quel velo di tristezza nei suoi occhi così belli.

Mentre lo inseguiva, anche lei al galoppo, si accorse che la volpe stava cercando di nascondersi dietro un albero, correndo a tutta velocità al riparo del grosso tronco. Nel momento in cui lui cercava di aggirarlo per sorprenderla dall'altro lato, però, vide qualcosa che le fece sussultare il cuore: l'animale stava apparentemente cercando di proteggere dei cuccioli.

I suoi cuccioli.

"Fermati Anthony!", gridò senza pensarci.

Il ragazzo tirò le briglie in un gesto repentino e Candy soffocò un gemito di orrore, sentendosi d'improvviso proiettata in un incubo a occhi aperti.

Il cavallo s'impennò, sollevando le zampe anteriori e nitrendo forte, probabilmente spaventato sia dall'animale davanti a sé che dalla manovra improvvisa del suo occupante. Le mani le andarono alla bocca e gli occhi si spalancarono mentre vedeva il corpo di Anthony proiettato all'indietro, le braccia che si piegavano per sostenersi in groppa, attorcigliando le briglie ai polsi.

Cadrà e sarà tutta colpa mia.

I colori cominciarono a sbiadire e Candy si rese conto che stava per perdere i sensi. La schiena di Anthony era curva per lo sforzo di rimanere sulla sella.

Cadrà mentre era lanciato al galoppo e forse... forse...

I piedi si mossero nelle staffe e uno perse la presa, scivolando fuori.

...morirà...

"Anthony!", gridò e le parve di vedere la se stessa di un mondo parallelo urlare quel nome al cielo ancora e ancora, su un corpo esanime, tremando e piangendo per l'inevitabile lutto.

Invece lui riprese il controllo, si voltò per guardarla e lei vide la volpe fuggire via con i piccoli.

I colori tornarono e Candy riprese a respirare, il cuore che batteva impazzito nel petto.

"Candy, che ti prende? Perché hai voluto che mi fermassi?", chiese stupito e con una punta di irritazione.

"Ho creduto che saresti caduto! Perdonami, io...". Non sapeva cosa dire, le sembrava di aver appena scampato quella che poteva essere una tragedia.

"Beh, in effetti c'è mancato poco", disse la sua voce ancora tesa. Era certa che si fosse spaventato molto, anche se non lo dava a vedere.

Si portò una mano alle labbra, imbarazzata: "Scusami, è che... ho visto che aveva dei cuccioli e non me la sono sentita di lasciare che tu la prendessi. Lei... è una mamma e...". Inaspettatamente, le lacrime cominciarono a scenderle sulle guance, un sentimento di profondo dolore le invase il petto mentre cercava di contenere i singulti che la stavano scuotendo.

Il terrore di poco prima. L'empatia verso la volpe. Tutto divenne un'unica emozione incontenibile.

Udì gli zoccoli del cavallo di Anthony avvicinarsi e la cosa successiva che sentì furono le sue braccia intorno alle spalle. Con la testa china e le mani ancora chiuse a pugno davanti alla bocca, Candy spalancò gli occhi e alzò il viso per guardarlo.

"Non piangere, Candy. Non ti ho forse detto che sei più carina quando ridi che quando piangi?". Quelle parole... quelle parole gliele avevano dette sia il suo Principe che Anthony, quando li aveva incontrati. E ora, davanti ai suoi occhi blu come un cielo estivo, capì che avrebbe voluto sentirle solo da lui, per il resto della propria vita.

"Mi dispiace, Anthony, il fatto è che... non ho mai conosciuto i miei genitori e non voglio che quei piccoli rimangano orfani", spiegò cercando di smettere di piangere.

Lui la strinse ancora più forte e Candy si lasciò trasportare dal suo calore. "Sei tu che devi perdonare me. Non avevo capito quanto tu fossi coinvolta e non avevo visto i piccoli della volpe. Sai una cosa? Cacciare non mi è mai piaciuto molto, a dire il vero".

Scostandosi un poco dal suo abbraccio per fissarlo meglio, Candy spalancò gli occhi per lo stupore: "Davvero? Ma sembravi così deciso, fino a poco fa!".

"Andrei a prendere la Luna, se solo me lo chiedessi, Candy", rispose con una serietà tale che rimase senza parole. "Ma ora capisco che non sono la Luna o un collo di pelliccia a renderti felice". E, così dicendo, avvicinò le labbra alla sua fronte e la baciò.

Candy sentì il viso avvampare al contatto e ricordò quando Anthony l'aveva baciata sulla guancia. Senza che potesse impedirselo, provando un brivido al solo pensiero, si chiese come sarebbe stato farlo come due fidanzati.

Come se le avesse letto nel pensiero, Anthony le alzò il mento con due dita. Dimentica del Principe della Collina e di quello che stava per confessarle solo pochi minuti prima, Candy si concentrò sul viso di lui: sembrava un angelo, con i raggi del sole che lo illuminavano dalle spalle e le sue labbra che si avvicinavano sempre di più.

D'istinto, si protese per incontrarle, senza alcuna vergogna, senza riflettere, con il cuore che correva nel petto come avevano fatto i cavalli spronati al galoppo solo poco prima. Avrebbe baciato Anthony in quella radura e sarebbe stato glorioso, indimenticabile. Socchiuse gli occhi, emulando il suo gesto, ma quando stavano per sfiorarsi, inclinando i capi in direzioni diverse, una voce lontana li chiamò, facendoli separare bruscamente.

"Sono Archie e Stair", disse Anthony raddrizzandosi sul suo cavallo e spostandosi tirando le briglie. Sembrava quasi seccato e Candy non poté dargli torto. Stavano per baciarsi. Baciarsi davvero!

"Vieni, Candy, andiamo!", la chiamò cominciando ad allontanarsi al trotto.

Con un sospiro profondo, lei spronò il suo cavallo e lo seguì.

 
- § -
 
 
Fine Settembre 1912

Albert la vide da lontano. Sembrava triste ma anche arrabbiata: apparentemente se la stava prendendo con un sasso che aveva preso a calciare anche con una certa forza. A un certo punto portò indietro tutta la gamba destra e gli assestò un colpo così forte che la pietra gli colpì uno stivale.

Candy dovette accorgersi della direzione che aveva preso il piccolo proiettile, perché alzò lo sguardo e si portò una mano davanti alla bocca, con un singulto strozzato: "Mi... mi dispiace, non volevo!", esclamò guardando nella sua direzione.

"Ciao, Candy", la salutò lui alzando un braccio.

L'espressione di lei mutò in una più rilassata nel riconoscerlo e gli si avvicinò correndo: "Signor Albert, è lei!".

"Come stai, piccola? Sembravi davvero furiosa con questo sasso", scherzò accogliendola fra le braccia.

Alzò su di lui il viso pieno di lentiggini e fece una smorfia: "Non ce l'avevo col sasso. Ce l'ho con la prozia Elroy", disse senza mezzi termini.

Albert inarcò le sopracciglia, assestando sulla spalla lo zaino con un movimento, mentre Poupee gli passava dietro al collo e si spostava sull'altra. "Che cosa ti hanno fatto questa volta?".

Lei abbassò lo sguardo e si morse il labbro inferiore: "Beh, ecco... si tratta di Anthony. Volevo che venisse con me alla Casa di Pony prima di partire per la scuola, ma... oh, signor Albert, meno male che l'ho incontrata! Sa che ci manderanno a Londra a studiare in un collegio inglese?".

Lui assunse un'espressione stupefatta: "Davvero? Beh, mi sembra un'ottima cosa", commentò.

"Sì, ma così non potrò più incontrarla". Ora sembrava di nuovo triste e ne fu toccato. Quella ragazzina non avrebbe mai smesso di sorprenderlo con la sua spontanea innocenza.

Sorridendo dietro alla barba, Albert le pose le mani sulle spalle: "Candy, ora come ora devi pensare alla tua istruzione: è importante, penso sia un'opportunità unica che ti ha dato la tua famiglia".

Lei fece un grosso sospiro, annuendo: "Lo so, me ne rendo conto. Ma mi dispiacerà davvero non vederla per tanto tempo. Pensa che ci incontreremo di nuovo, un giorno?".

Albert le sfiorò una guancia in un gesto di affetto: "Chissà, Candy, non sappiamo cosa può riservarci il destino. Un giorno tornerai, suppongo, oppure potrei essere io a spostarmi e a incontrarti in giro per il mondo. La vita è una grande avventura: viviamola giorno per giorno e godiamoci ogni momento".

Candy lo abbracciò di nuovo, di slancio, trasmettendogli una sensazione di calore e di pace che aveva solo quando si trovava in mezzo alla natura. Quella ragazzina era davvero diversa da qualsiasi altra persona avesse mai incontrato in vita sua. A parte, forse...

"A proposito!", interruppe il filo dei suoi pensieri, piantando di nuovo su di lui i suoi smeraldi espressivi. "Ho dimenticato di dirle perché ero arrabbiata!".

Sembrava così presa dalla sua dimenticanza, neanche si fosse scordata di qualcosa di fondamentale, che Albert rovesciò la testa indietro e scoppiò a ridere di cuore. Da quanto non rideva così forte?

"Beh, a dire il vero adesso non sembri più arrabbiata", la stuzzicò alzando un sopracciglio e prendendo Poupee tra le mani, lasciando finalmente cadere il sacco a terra.

"Certo che lo sono, invece! La zia Elroy non vuole che Anthony venga con me alla Casa di Pony, dice che è assolutamente sconveniente", concluse imitando la donna con voce tanto altera e impostata che gli scappò di nuovo da ridere.

"Perdonami, ma la tua imitazione era troppo divertente!", si scusò quando vide la sua espressione imbronciata. "E comunque potrete andarci insieme in un altro momento. Magari quando sarete più grandi avrete modo di decidere più liberamente, no?".

"Mhhh", fece lei arricciando il labbro come se fosse poco convinta.

"Candy! Candy, dove sei?". Il richiamo le fece rizzare il capo. Anche Albert guardò in lontananza.

"Credo che il tuo ragazzo ti stia cercando", disse continuando a scrutare tra gli alberi.

"Ma, signor Albert, non è... il mio ragazzo". Era chiaramente imbarazzata, aveva la faccia tutta rossa e pareva volersi rannicchiare su se stessa.

Lui ridacchiò: "Magari lo diventerà presto. Dai, corri da lui e buona fortuna per lo studio!", la salutò allontanandosi velocemente.

"No, aspetti! Voglio presentarla almeno ad Anthony! Lui sarà discreto e non parlerà di lei agli Ardlay... Voglio che sappia che mi ha salvato la vita, una volta e...". Albert scosse la testa, prendendo un profondo respiro e cercando le parole adatte per non ferirla.

"Non ora, Candy. Un giorno, forse. Addio". E, con un ultimo cenno della mano, la salutò, lasciandosi alle spalle il suo visetto deluso.   

 
- § -
 
 
Autunno 1912

Candy non riusciva a dormire.

Il dondolio della nave le stava dando la nausea e non aveva neanche qualcuno con cui chiacchierare: il signor Villers aveva spiegato loro che le cabine dei ragazzi si trovavano dalla parte opposta rispetto a quelle delle ragazze, un po' come avveniva in casa e come sarebbe stato al collegio.

Lei era cresciuta in un orfanotrofio dove maschietti e femminucce erano sempre a stretto contatto perché lo spazio era poco e ricordava perfettamente la sera in cui Slim, spaventato da un temporale, le aveva chiesto di dormire nel suo letto. L'unica cosa di cui lo aveva pregato era stata di non fare la pipì a letto e di mettere un pigiama pulito, ma non c'erano mai stati tabù di sorta visto che erano solo bambini.

Ora che aveva tredici anni, però, capiva che le cose non sarebbero più state le stesse perché cominciava a crescere e a diventare una donna.

L'amore acerbo e tenero che stava nascendo fra lei e Anthony si limitava a qualche bacio rubato a fior di labbra, ma Candy già capiva che, entro breve, sarebbe diventato qualcosa di diverso anche se non aveva modo di comprendere cosa.

Amava il suo volto dolce, i lineamenti perfetti, gli occhi blu come l'oceano estivo e i suoi capelli color del grano maturo. E adorava il suo profumo, così simile a quello della sua Collina di Pony... Non avevano più parlato di quel principe che lui diceva di conoscere ma, anche se rimaneva un caro ricordo nel suo cuore, era rimasto lì, come cristallizzato: quello era un sogno infantile, mentre Anthony rappresentava il presente e, se Dio avesse voluto, anche il futuro.

Sospirò e gettò via le coperte, cercando le pantofole, pronta a vestirsi per uscire sul ponte: sperava che respirare un po' di aria fresca le avrebbe conciliato il sonno e attenuato la nausea. Infilò un cappotto pesante e si avvolse una sciarpa intorno al collo. Mentre camminava per il corridoio si fermò a guardare la porta della camera di Annie: aveva preso la sua stessa nave, ma doveva continuare a far finta di non conoscerla e non avere contatti con lei.

Glielo aveva promesso, le aveva giurato che non l'avrebbe messa in imbarazzo svelando le sue origini umili.

Perché, Annie? Io sono orgogliosa di essere cresciuta alla Casa di Pony. Eravamo come sorelle... 

Candy poggiò una mano sul legno della porta, come per trasmetterle i suoi sentimenti. Era tentata di bussare, ma non sapeva se Annie dormisse da sola o con la sua dama di compagnia e non voleva certo metterla nei guai.

Chinando la testa e mordendosi il labbro inferiore per non piangere, si allontanò velocemente in direzione del ponte superiore. La nebbia e il gelo le schiaffeggiarono il viso e Candy si strinse nel cappotto con un brivido: perlomeno il malessere sembrava quasi passato.

Dopo pochi passi, si accorse che non era sola.

C'era qualcuno affacciato a uno dei finestroni e lei fu certa che si trattasse di Anthony. Ma quella convinzione durò poco perché, scrutandone la figura, le fu subito chiaro che i capelli del ragazzo erano più lunghi e scuri. Inoltre, lui sembrava più alto.

Cercando di non fare rumore, si sporse un po' dal suo oblò per scoprire se per caso si trattasse di un altro studente diretto a Londra, dandosi poi mentalmente della stupida: chissà quante persone viaggiavano su quella nave, non potevano certo essere diretti tutti alla Saint Paul School!

Spinta dalla curiosità, mise a fuoco il suo volto e il freddo dell'aria le penetrò nel cuore. Sul volto di quel ragazzo stavano scorrendo delle lacrime.

D'improvviso, lui si accorse della sua presenza e si voltò verso di lei che, imbarazzata, tentò di ritrarsi: "Chi sei? Vuoi qualcosa?", le domandò con tono abbastanza seccato.
Candy optò per la verità: che male poteva fare, dopotutto? "Ehm... sì, scusami... mi sembravi triste e volevo parlarti".

Il ragazzo assunse prima un'espressione rilassata e incuriosita poi, come se nulla fosse, scoppiò a ridere: "Io triste? Questo sì che è divertente!".

Candy lo guardò, stralunata, mentre si portava una mano alla fronte continuando a ridere come se non avesse mai udito qualcosa di più divertente in vita sua. Poi le si avvicinò scrutandole il viso: "Sai cosa è triste? Che tu abbia tutte queste lentiggini, signorina... Tuttelentiggini!", aggiunse riprendendo a ridacchiare.

"Non mi chiamo signorina Tuttelentiggini!", protestò infervorandosi.

"Ah no?", fece lui inarcando le sopracciglia ben delineate sul viso che, ora che lo guardava bene, sembrava più virile di quello di Anthony.

Ma che mi metto a pensare? Devo essere impazzita...

"Non ti arrabbiare, dai, altrimenti le lentiggini si vedono di più! Povera te, ne hai davvero tante!", continuò il ragazzo facendola infuriare davvero.

"Per tua informazione mi piacciono molto le mie lentiggini e se potessi me ne farei venire delle altre! Tu, piuttosto, come ti senti a non averne neanche una?". Candy aveva alzato la voce, ma lui non si scompose e si limitò ad appoggiarsi al ponte alzando le spalle.

"Ti piace molto anche il tuo naso a patata?", ebbe il coraggio di chiederle.

Punta sul vivo nell'unico aspetto del suo viso che non le era mai piaciuto troppo, ma decisa a non dargliela vinta, Candy asserì con un "Certo" poco convinto.

In quel momento, dalla nebbia uscì una terza figura e Candy riconobbe George Villers: "Signorina Candy, è lì?".

Stava per rispondergli quando il bellimbusto ebbe l'ardire di salutarla chiamandola ancora una volta con quel nomignolo odioso, sparendo dal lato opposto.

Che razza di antipatico!

"Signorina Candy, perché è qui a quest'ora? Stavo facendo il giro delle stanze, ma quando ho bussato alla sua non mi ha risposto. Potrebbe prendere freddo o cadere in acqua", disse in tono preoccupato, avvicinandosi.

Nonostante la rabbia, lo sguardo era ancora fisso lì, dove il ragazzo era appena sparito e, prima che potesse impedirselo, chiese a George chi fosse. Quasi sussultò quando scoprì che si trattava di un nobile della famiglia Granchester.

"Nobile? Quel tipo?", sbottò.

"Le ha fatto qualcosa?", domandò l'uomo, accigliandosi.

Candy scosse la testa: "No, è che... credevo fosse Anthony. Ma mi sono sbagliata di grosso", concluse con un grande sorriso.

George lo ricambiò, chiedendole di rientrare prima di prendere un malanno.

Sì, Anthony è un'altra cosa. È gentile, delicato e molto più bello di quel tipo così odioso!

Con questi pensieri nella mente, Candy tornò nella sua stanza e si accucciò sotto le coperte. A breve, sarebbero sbarcati in Inghilterra: sperava solo che la sua nuova vita in collegio non si rivelasse troppo dura per uno spirito libero come lei.

Ma finché aveva al suo fianco Anthony, Archie e Stair, era certa che tutto sarebbe andato bene.

 
- § -
 
 
Ottobre-Novembre 1912

"Terence Granchester!", tuonò la voce di Suor Gray mentre la porta della chiesa si spalancava e un giovane con i capelli lunghi faceva il suo ingresso.

Anthony si voltò, come tutti gli altri presenti, sbattendo le palpebre incredulo: chi diamine era quel tipo? E come si permetteva di entrare lì dentro come una furia e mettere persino il piede su una delle panche? I mormorii si accentuarono quando lui cominciò a ridacchiare alla richiesta della suora di sedersi.

"Siete così buffi!", disse facendogli spalancare gli occhi per l'incredulità. Quasi si vergognava per lui e, istintivamente, cercò Candy sul lato opposto. L'espressione di stupore era speculare alla propria. Ma c'era dell'altro? Per un solo istante, Anthony ebbe l'impressione che lo riconoscesse.

Che stupidaggine, Candy non può conoscere un rozzo come lui!

Il rozzo in questione continuava a blaterare con aria di sufficienza di preghiere false e di idee strane che, secondo lui, attraversavano le menti degli astanti. Mai, mai nella sua giovane vita aveva assistito a una maleducazione tale.

Questo ragazzo è pazzo.

Quando, alla fine, Suor Gray gli intimò di uscire immediatamente, lui parve per nulla stupito, anzi, si voltò dichiarando che non aspettava altro. Le fece persino l'occhiolino dicendo che era conscio che avrebbero fatto i conti in un momento successivo!

"Inconcepibile", mormorò Archie vicino a lui, mentre Stair sembrava aver perso l'uso della parola e riusciva solo a rimanere con la bocca aperta.

Non che Candy stesse facendo qualcosa di diverso, notò scoccandole un'altra occhiata.

"Addio, collegiali modello!", salutò uscendo con una mano alzata.

Anthony udì la voce altera e indignata di suor Gray gridare loro che avrebbero recitato le preghiere due volte, ma colse a malapena il senso di quell'ordine, così come le proteste appena accennate sottovoce dagli altri.

Il suo sguardo, adesso, era fisso su Candy.

Candy, che sembrava non riuscire a staccare gli occhi dalla porta. Candy, il cui stupore sembrava davvero troppo grande. Candy, che muoveva le labbra in una sorta di domanda silenziosa che stava facendo a se stessa e che lui non poté udire.

Ti stai immaginando tutto. Sei più geloso di quel che credessi, non è vero?

Ma, mentre ancora cercava di venire a patti con questa consapevolezza, Anthony fu certo di una cosa: quel Terence Granchester era da evitare come la peste. Qualunque cosa muovesse il suo animo a comportarsi come un ribelle infantile era il risultato di un carattere oscuro e contrario a qualsiasi principio morale.

Meglio stargli lontani.

 
- § -
 
 
Candy stava lottando con gli stivali.

Odiava doversi sempre vestire di tutto punto per andare a lezione: in giorni come quello, avrebbe solo voluto trovarsi sulla Collina di Pony a piedi nudi e correre libera come il vento. Ma, finché era lì, non poteva farlo, anche se...

Aveva scoperto da poco una collina, nel giardino della scuola, che le ricordava tantissimo proprio la Collina di Pony e c'era persino un grande albero su cui aveva sognato di arrampicarsi. E non era escluso che prima o poi lo facesse.

La mia collina, quella sulla quale ho incontrato quel Principe così simile ad Anthony...

Il pensiero di Anthony le mandò una stilettata al cuore, ma non riuscì a evitare di paragonarlo a quel giovane incontrato un giorno di tanti anni prima.

Chiuse gli occhi, lasciando gli stivali mezzo slacciati, trattenendo il respiro senza accorgersene.

I capelli del Principe erano oro brillante; quelli di Anthony avevano lo stesso colore del grano maturo. E gli occhi... Il primo aveva le iridi che le ricordavano il cielo primaverile, di un pallido azzurro che infondeva sicurezza. Il secondo le aveva blu come l'oceano illuminato dal sole.

O come l'oceano notturno.

Candy spalancò i suoi, di occhi: che stava pensando? Se lo chiese mentre la mano lasciava la presa su uno stivale e quello cadeva a terra con un tonfo.

Aveva appena sovrapposto gli occhi di Anthony a quelli di Terence? Sul serio?!

Quel maleducato irriverente! Che sul ponte della nave piangeva in silenzio. Solo.

Scosse la testa, come se quel gesto potesse aiutarla a scacciare il pensiero assurdo: non doveva provare pena per lui! Già le sembrava sbagliato continuare a mettere a confronto Anthony con il Principe della Collina, figurarsi farsi venire in mente quella sottospecie di borioso dai capelli scuri!

Decisa a concentrarsi con lo scopo di capire come avesse potuto scambiare il suonatore di cornamusa della sua infanzia con il ragazzo meraviglioso che oggi aveva al suo fianco, Candy spostò i suoi ricordi dall'aspetto fisico, comunque simile in modo impressionante, alla voce: entrambi avevano un tono dolce, affettuoso.

E tuttavia, nella sua mente, il timbro aveva sfumature leggermente differenti: più virile quello del Principe, più musicale quello di Anthony. E sì che, quando li aveva conosciuti, avevano quasi la stessa età.

Qualche anno di differenza... la somiglianza fisica... persino la voce...

"Quando ero piccolo c'era sempre un ragazzo con gli occhi azzurri che sedeva vicino a mia madre... quel ragazzo probabilmente...".

Candy schizzò in piedi in un impeto tale che pestò gli stivali ancora afflosciati davanti a sé e per poco non perse l'equilibrio, ma non ci fece quasi caso.

"Sono parenti!? Anthony e il mio Principe... fanno forse parte della stessa famiglia?!", chiese alla stanza vuota.

Nonostante avesse deciso da tempo di non ripensarci più, la prospettiva di poter rivedere quel ragazzo vestito alla scozzese le sferzò il petto facendole vibrare il cuore, che accelerò come quando Anthony la baciava.

Strinse le mani una nell'altra, proprio all'altezza del cuore, imponendosi di controllare i suoi sentimenti. I suoi sentimenti che erano completamente rivolti a un ragazzo dolce che le aveva dedicato una rosa. E che, spesso, avevano a loro volta una somiglianza impressionante con quelli che l'animavano quando pensava al Principe della Collina.

Non sono la stessa persona, quindi è illogico. Posso essere curiosa di sapere chi sia il ragazzo che mi ha fatta sorridere quando avevo sei anni. Ma nulla di più. Sono solo confusa per via della loro somiglianza perché amo Anthony.

Confortata da quel pensiero e ancora convinta a non riprendere quella conversazione con Anthony, sedette di nuovo sul letto e, finalmente, riuscì a infilarsi gli stivali. Era pronta per le lezioni.

In qualche modo, poi, sarebbe riuscita a far arrivare ad Anthony un biglietto per incontrarlo sulla finta Collina di Pony. Aveva bisogno di sentire la sua voce, vedere i suoi occhi, toccare le sue mani...

Il mio Anthony...

Si chiuse la porta alle spalle e corse via.

 
- § -
 
 
"Che strano, eppure Candy mi aveva detto che il posto era questo", mormoro Anthony tra sé e sé, risalendo la collina dietro la scuola.

Era riuscito a sgattaiolare fuori in un momento di pausa, attirandosi le risate e i commenti sarcastici dei suoi cugini: eppure era certo di aver letto il bigliettino in modo discreto, nascosto dal colonnato che univa le aule alle camere dei ragazzi.

Quando aveva sentito una mano sulla spalla, il sangue gli era defluito dal viso ma era pronto a battersi anche se si fosse trattato di Neal. Invece aveva incontrato il volto sorridente di Archie, dietro al quale faceva capolino Stair che saltellava e ripeteva: "Voglio vedere anch'io!", come se stesse assistendo chissà a quale spettacolo.

Anthony si era portato il bigliettino al petto in un gesto di stizza, ma tutto sommato era sollevato: non aveva tempo o voglia di litigare: "Sono affari miei".

"Certo, certo. Stai tranquillo, ti guarderemo le spalle", aveva esordito Archie facendogli l'occhiolino.

"Perché? Che c'è scritto? Uffa, io non ho letto!", si lamentava Stair mentre lui alzava gli occhi al cielo.

Per fortuna era riuscito ad allontanarsi prima che i due gli facessero perdere altro tempo prezioso: non aveva che un quarto d'ora a partire da quel momento per incontrare Candy di nascosto.

Mentre ancora si guardava intorno, confuso, leggendo ancora il bigliettino come se potesse trovarvi chissà quale altro indizio, Anthony sentì un paio di mani coprirgli gli occhi: "Indovina chi sono?", disse una voce appositamente camuffata.

Lui decise di divertirsi un po' e, fingendo di riflettere, disse: "Uhm, vediamo, potresti essere Eliza oppure Patricia, però...".

"Ma come Eliza?!", protestò la voce senza però togliere le mani. Sentì la tensione nei suoi polsi e sorrise, desiderando abbracciarla in quel momento.

"Ma dal profumo di rose Dolce Candy che emani, puoi essere solo una persona", concluse, voltandosi per vedere il suo viso arrossato e stupito. Le mani erano scivolate e lui vi aveva intrecciato le proprie.

Senza pensarci oltre, la baciò con tenerezza, appoggiando le proprie labbra alle sue, che sapevano di frutta. La sensazione, travolgente e dolce al contempo, gli era davvero mancata.

Quando si staccarono, Candy finse ancora di essere arrabbiata: "Posso capire che mi paragoni a Patty, ma non ad Eliza", disse gonfiando le guance e soffiandosi via un ricciolo ribelle dalla fronte.

Anthony scoppiò a ridere: "E dai, Candy, stavo solo scherzando! Sai che sei carina anche quando sei arrabbiata?".

"Mi stai prendendo in giro", si schernì lei portandosi le mani alle guance, arrossendo di nuovo. Anthony, vedendola così imbarazzata, si sentì struggere per lei. Sapeva di amarla e sapeva anche che Candy lo ricambiava, ma da qualche tempo aveva anche un'altra certezza.

L'avrebbe sposata quando fossero usciti da quella scuola terminando gli studi. Candy sarebbe stata sua moglie e niente e nessuno avrebbe potuto impedire un destino che era ineluttabile. Neanche la zia Elroy.

Perché Candy era destinata a lui fin da quando l'aveva vista davanti al Cancello delle Rose di Lakewood, piangente e disperata. Lui l'avrebbe resa felice, l'avrebbe circondata d'amore e di ricchezze. E sarebbe stata la madre dei suoi figli.

"A... Anthony?", sussurrò lei e solo allora il ragazzo si accorse dell'intensità con cui la stava guardando.

Sbatté le palpebre e le fece un sorriso timido: "Scusami, ero perso nei tuoi incredibili occhi. Sono del colore stesso degli smeraldi, lo sai?". Lentamente, le mise una mano sulla guancia, sfiorandola.

"Continui a prendermi in giro", ribatté lei con un filo di voce e lui capì che era ora di alleggerire l'atmosfera.

"No, che non ti prendo in giro: è la verità. Ma dimmi, è questo il luogo che somiglia alla Collina di Pony?", chiese guardandosi intorno, anche se non le avrebbe più tolto lo sguardo di dosso.

Lei annuì: "Sì, anche lì c'è un grande albero, ma è un po' diverso da questo". Nel momento in cui la vide alzare il capo per ammirare le fronde, capì cosa volesse fare.

"Candy, non vorrai mica...?", chiese spalancando la bocca, incredulo.

"Sì, che lo voglio!", quasi gridò abbracciando il tronco e iniziando la sua scalata come se niente fosse. Con un brivido, Anthony provò ad immaginarla mentre pronunciava quella stessa frase qualche anno dopo, con un abito bianco, in piedi accanto a lui davanti a un sacerdote.

La fissò mentre saliva, con una certa apprensione, rendendosi conto solo troppo tardi che da quella posizione era in grado di scorgere le sue sottane. Avvampando, distolse lo sguardo e le gridò: "Fai attenzione, Candy, potresti cadere".

"Non preoccuparti, Anthony, l'ho fatto milioni di volte!", gli fece eco dall'alto.

Non ebbe il coraggio di guardarla di nuovo e fu per quel motivo che scorse la persona più sgradita avvicinarsi insieme ad altre due ragazze: "Accidenti, non lei, non ora...", disse tra i denti.

"Anthony, ma che sorpresa! Hai scoperto anche tu quanto è romantico questo posto?", esordì la voce odiosa di Eliza, l'eterno sorrisetto storto su quel visino da schiaffi.

"Stavo solo prendendo una boccata d'aria", rispose in tono freddo e, senza poterselo impedire, gli occhi saettarono verso l'alto, facendole scoprire ciò di cui ancora non si era accorta.

"Oh, ma che disonore! Anthony, non dirmi che eri in sua compagnia!", esclamò portandosi il dorso della mano sotto al naso come se avvertisse un cattivo odore.

"E anche se fosse? C'è qualche problema?", chiese piccato. Dall'alto, udì l'imprecazione di Candy.

"Anthony, non dovresti intrattenerti con una selvaggia come quella! Non solo è orfana ma è anche una ladra!". Non le diede tempo di terminare la frase perché la mano partì prima che potesse fermarla. Lo schiaffo risuonò così forte da provocare ansiti strozzati nelle amiche di Eliza e anche in Candy.

"Non permetterti mai più di parlare così... della mia ragazza!", disse ad alta voce perché lei lo sentisse, su qualsiasi ramo si fosse posizionata.

"Come osi?! Avviserò suor Gray, dirò a tutti che vi incontrate qui di nascosto!", strillò con la mano sulla guancia, la vocetta stridula di una bambina che sta facendo i capricci.
"Bene, così scopriranno che anche tu sei venuta qui con lo stesso intento, Eliza Lagan", ribatté calcando sul nome.

Gli occhi marroni brillarono di una luce malvagia, ma Anthony capì che aveva colto nel segno e la ragazza, incitando le sue compagne a seguirla, girò i tacchi e se ne andò, non prima di aver lanciato sguardi omicidi a lui e alla cima dell'albero.

Stringendo i pugni per contenere la rabbia, Anthony alzò finalmente la testa per vedere Candy, con un ginocchio sul ramo e l'altra gamba penzoloni, che guardava nella direzione in cui Eliza si stava allontanando: "Non dovevi colpirla, potrebbe davvero crearci dei problemi".

Lui le sorrise: "Non lo farà. È una vigliacca e avrà troppa paura che la accusino di essersi incontrata con me".

Candy si sistemò sul ramo come se stesse scomoda e lui deglutì, a disagio: gli sembrava davvero troppo in bilico. "Anthony, quello che hai detto prima... è vero? Davvero sono la... tua...".

Aprì la bocca per risponderle, ma subito dopo la spalancò in un urlo muto. Si era spostata per mettersi seduta ma la mano che era sul tronco scivolò, perdendo la presa, e il corpo di Candy si sbilanciò di lato, inclinandosi e cominciando a cadere.

"Candy!", la chiamò iniziando a correre nella direzione in cui stava per precipitare. Ebbe appena il tempo di posizionarsi sotto di lei, con le braccia già protese, che la vide letteralmente appesa a mezz'aria, poco più sotto del ramo, due braccia che la sostenevano con le mani chiuse all'altezza dei gomiti.

"Forse dovrei chiamarti Tarzan Tuttelentiggini, dopo tutto", disse una voce appena incrinata dalla fatica. "Non sei leggera, sai?".

Da dove era sbucato Terence Granchester? E chi gli aveva dato il diritto di salvare Candy al posto suo? Forse era un pensiero idiota, ma non sopportava che la toccasse, anche se le stava impedendo di cadere.

Apparentemente si trovava su un ramo più alto di quello da cui lei stava per precipitare ed era stato, per tutto quel tempo, ben nascosto dalle fronde. Non poteva vedere come si stesse sorreggendo, ma immaginò che tenesse Candy in precario equilibrio con le gambe ben salde intrecciate sul suo ramo.

"Smetti di dire sciocchezze!", rimbeccò lei lasciandosi tirare su, riposizionandosi sul ramo e allungando un braccio per dargli un pugno. Spostandosi di qualche passo, poté infine scorgerlo nel momento in cui si scostava per evitare il colpo e Candy quasi cadeva di nuovo, ma in avanti, direttamente tra le sue braccia ancora protese.

"Candy, scendi giù subito!", tuonò imperativo. La paura, la gelosia, la rabbia... tutto si mescolò in quell'unica frase.

Lei abbassò il volto per guardarlo, perplessa.

"Fai come dice il tuo ragazzo", suggerì Terence facendole l'occhiolino.

Candy spostò per un attimo gli occhi su di lui, ma iniziò la sua discesa con gesti calcolati, non prima di aver riservato una linguaccia e un "grazie" di cortesia al suo salvatore improvvisato.

All'ultimo tratto saltò giù e Anthony non perse tempo: le si avvicinò e le chiese se stesse bene.

"Certo che sto bene, sono caduta un sacco di volte da piccola!".

Aprì bocca per dirle qualcosa, quando Terence Granchester, anche lui di nuovo a terra, li interruppe: "Bene, piccioncini, vi lascio soli", stava dicendo mentre si spolverava le mani una sull'altra battendole leggermente. "Oh, e state tranquilli, non dirò nulla della vostra scappatella a suor Gray".

"Non stavamo facendo nulla di male, mister Granchester", lo apostrofò Anthony, guardandolo con le sopracciglia aggrottate. "Ma lasci che la ringrazi per aver salvato Candy".

Lui sbatté le palpebre un paio di volte, poi scoppiò a ridere rovesciando la testa all'indietro. "Chissà cosa ci trova di tanto divertente nel tuo ringraziamento", borbottò Candy.

"Non è nei ringraziamenti del tuo ragazzo che trovo un lato divertente... miss Tarzan Tuttelentiggini", ribatté Terence.

"Mi chiamo Candy!".

"Ti prego di trattarla con rispetto!". Le loro voci si sovrapposero e Anthony si ritrovò a stringerla per la vita con un gesto di possesso che non aveva mai usato davanti ad altri. Eppure, il suo istinto gli disse che era giusto farlo, davanti a quel ragazzo.

Sorprendentemente, lui fece un inchino così elegante che dubitò per qualche istante che si trattasse della stessa persona irriverente di poco prima.

"I miei rispetti, mister Brown", disse facendogli montare la rabbia ancora una volta: lo stava forse prendendo in giro? "E comunque, per rispondere al dubbio della sua gentile signora... trovo divertente questo lato così affettato di un ragazzo che, nonostante abbia all'incirca la mia età, si ostina a darmi del lei, chiamandomi oltretutto con un appellativo nobiliare che non apprezzo. E trovo divertente l'assortimento tra te, che sembri uscito dal secolo scorso con quei vestiti così eleganti, e la tua Candy, che con la semplice uniforme della scuola ha persino l'ardire di arrampicarsi sugli alberi. Fino ad ora ti sei limitato a coltivare rose, come si dice?".

Anthony capì che quella era la sua occasione per mostrare sia a quello sbruffone che a Candy di che pasta fosse fatto. Di certo, non amava la violenza gratuita e di base era un ragazzo sereno e docile: ma non poteva sopportare che un signorotto che rinnegava la sua nobiltà si permettesse di dare giudizi su lui e Candy.

Scostando leggermente Candy da sé, ignorando il suo mormorio allarmato, Anthony si avvicinò a Terence e lo squadrò dal basso in alto, essendo di qualche pollice in svantaggio: "Non sono uno che ama fare a pugni, tanto perché tu lo sappia. Però", s'interruppe e, senza preavviso, lo colpì sulla guancia con un destro ben piazzato, "quando è necessario so difendere me stesso e ciò che amo".

Il ragazzo, che aveva assorbito il colpo chinandosi un po' dal lato offeso, si rialzò con il dorso della mano sulla guancia e un'espressione alquanto furiosa che gli approfondiva i lineamenti in un cipiglio molto poco amichevole.

Il momento sospeso dei loro occhi che si incatenavano in una muta sfida fu interrotto da Candy, che si frappose fra loro: "Adesso basta, voi due! Terence, ti sono grata per avermi salvata da una caduta rovinosa ma anche io non ti permetto di riversare la tua boriosa arroganza su di noi. E tu, Anthony, non è necessario abbassarsi a tanto: a differenza sua sei un ragazzo gentile ed educato".

Stava per ribattere qualcosa, perché il suo orgoglio gli impediva di dare a quel tipo un motivo per pensare che Candy dovesse difenderlo. Per fortuna, Terence si limitò a un sorrisetto sghembo e non fece commenti in proposito, sancendo così l'armistizio.

"Andiamo, Candy. Terence...", lo salutò chiamandolo per nome e facendo un leggero cenno della testa a mo' di saluto.

Mentre si allontanava con lei, Anthony decise che il cambiamento che stava avvenendo nella società della loro epoca non lo avrebbe trasformato mai in una persona arrogante o non rispettosa delle regole. Se Terence era un ragazzo moderno, lui era felice di essere all'antica: e, d'altronde, non era così che lo amava Candy?
 
 
 

 
*I dialoghi sono spesso ripresi dal manga, a volte seguendo fedelmente alcune tavole, altre rielaborati a seconda delle situazioni. Ovviamente, i diritti sono riservati all'autrice e io li riutilizzo senza scopo di lucro.
   
 
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