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Autore: NyxTNeko    19/02/2023    0 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 145 - ...che cominciai a ritenermi un uomo superiore -

Se Joséphine, nonostante i tradimenti e le bugie, riusciva a godersi le giornate in tutta tranquillità e senza troppe preoccupazioni, il direttore Barras, al contrario, non era dello stesso avviso: non trovava pace, da quando Bonaparte aveva deciso di agire in autonomia. Neppure le donne, stavolta, erano in grado di fargli allontanare l'apprensione, se non addirittura il timore verso quella situazione che gli stava, letteralmente, sfuggendo di mano. Non aveva chiuso praticamente occhio e accadeva abbastanza spesso, negli ultimi tempi.

Le amanti, in particolare la Tallien, cercavano di tranquillizzarlo - Paul! Ancora pensi a quel giovane generale? - gli chiese sdraiandosi di lato, accanto al suo potente amante.

- Come potrei non pensarci? - sbottò nervoso Barras, stringendo i pugni sul lenzuolo - Ma presto tutto questo finirà, mia cara...

- Non ne dubito, Paul - emise Theresa, toccando il petto villoso dell'amante, le mani delicate scendevano su quel corpo e lo accarezzavano, quasi volesse rallentare il battito di quel cuore che, come un tamburo, martellava senza sosta - Te la sei sempre cavata, lo sai, anche in situazioni ben più gravi e complicate di questa no? Che sarà mai rimettere in riga un giovane ed ambizioso ufficiale di origine corsa!

"Ambizioso", quella parola riecheggiava nella testa del direttore, quale altro termine poteva descrivere meglio quel ragazzo? Sin dal primo momento aveva colto in lui quel sentimento, seppur lo trattenesse, emergeva prepotente, quasi traboccava. Quegli occhi infuocati e gelidi al tempo stesso, non poteva dimentirlcarli. "L'ho sottovalutato" pensò, ingoiò la saliva "Già a Tolone avrei dovuto capire che quel ragazzo non si può sottomettere" sospirò rumorosamente "Però lo posso domare, sono ancora in tempo, non posso permettere che un generale acquisisca sempre più influenza".

Infatti dopo quanto era accaduto con Dumouriez e il suo tradimento, il Direttorio, ma anche coloro furono al govermo prima di loro, erano sempre attenti sul come calibrare l'attenzione nei riguardi di ogni singolo generale e militare, ed evitare che riuscisse a concentrare sempre più potere nelle proprie mani, mettendo così a rischio la già precaria stabilità del governo da poco insediato.

Napoleone stava ottenendo una fama notevole nel paese, grazie alle sue continue vittorie e, per quanto cercassero di limitarne la portata con i giornali, le opere d'arte, le ingenti somme di denaro che portava loro, riuscivano ad offuscare l'operato dei direttori. "Eh sì l'ho sottovalutato troppo, mi sono fatto ingannare dalla sua giovane età, è un'autentica volpe, saprò, però, essere un cacciatore più astuto e abbatterlo prima che mi si rivolti contro" chiuse gli occhi e poi li riaprì - Ma non potrà disobbedire stavolta, la lettera che gli ho inviato arriverà tra qualche giorno... - e su quella flebile speranza, il suo animo si calmò. Tuttavia, si era illuso ancora una volta e presto avrebbe definitivamente compreso le reali intenzioni del generale.

Lodi, 13 maggio

- Comandante, sono giunte due lettere da Parigi! - esordì il corriere, una volta che Bonaparte gli aveva concesso di parlare; era ancora affannato per via della corsa e stanco a causa dell'andirivieni di quella giornata.

- Da parte di mia moglie? - chiese euforico Napoleone, balzando in piedi, sperando con tutto il cuore che fosse così. Per un attimo il soldato ebbe paura che si trascinasse l'intera scrivania e lo colpisse, tanto impetuosa era stata la sua reazione alla notizia. Possibile che avesse ancora così tanta energia a notte fonda? - Oppure no?

- Una è del colonnello Murat, mentre l'altra è da parte del Direttorio... comandante - rispose l'altro, ricomponendosi in fretta - E sembra essere abbastanza urgente, data la velocità con cui è giunta fino a noi...

- Ah - emise di getto un deluso Napoleone, proprio non si aspettava una risposta da parte loro, anche perché non erano ancora arrivate le ben 15 missive in cui comunicava dell'impresa di Lodi e delle sue prossime mosse che aveva intenzione di eseguire. Si erano dedicati a questo per tutta la giornata - E che vogliono questi adesso? Spero siano i ringraziamenti per le opere e i soldi spediti - sbuffò spazientito - Non le hai lette vero? - lo scrutò fulmineo.

- No...non mi permetterei mai... - balbettò questi, con le mani tremanti gli porse le missive, aspettò che le leggesse e gli ordinasse qualcosa. Lo vide prendere la prima, quella scritta dal suo aiutante di campo, ansioso, muoveva rapidamente le iridi e sbiancò leggermente: non doveva essere di certo una buona notizia.

"È incinta!" fece Napoleone, per poco non svenne. La sua adorata Josèphine aspettava un bambino ed era tutto suo stavolta "Non credevo che...che alla fine sarebbe successo, certo sono passati pochi mesi da quando è iniziata la Campagna però... ecco nei primi tempi non si nota mai tanto...la certezza si ha con i mesi saltati...ricordavo anche mia madre..." Tale notizia lo rese felice come non mai, ma anche un po' triste, perché significava che non sarebbe potuta partire per raggiungerlo; e Napoleone cominciava a sentire la sua mancanza più che mai:
desiderava la presenza di sua moglie come conforto e appagamento.

Si avvicinò al quadretto con il ritratto della donna e lo accarezzò. Quel volto così provocante non rendeva pienamente la reale figura della creola, quel fascino esotico che lo inebriava. Stava per riposizionarlo sulla scrivania, ma cadde a terra e il vetro si crepò leggermente, proprio all'altezza del naso. Il corriere si stava chinando per raccoglierlo, si accorse, però, che il comandante tremava dallo spavento e glielo aveva strappato dalle mani "È un brutto segno" si disse preoccupato, sapendo che fosse di cattivo auspicio "Forse sta davvero male per la gravidanza" prese a sudare freddo "Oppure...oppure mi sta tradendo!" Ma subito allontanò questa opzione "No...no, non lo farebbe mai... probabilmente sta avendo compagnia, in fondo c'è anche Murat, me lo avrebbe detto..." Sorrise tirato "E lo farebbe anche Giuseppe".

Si augurava che un simile presagio non riguardasse se stesso, ora che era a un passo da Milano, la cui importanza era fondamentale per tenere alto il proprio nome in Francia. Gli occhi rapaci si posarono sulla lettera del Direttorio, non sapeva perché ma lo impensieriva. Che cosa poteva aver scritto Barras? Perché era lui, in fondo, il più influente tra i direttori, era un'ipocrisia pensare che tutti al governo avessero lo stesso potere. Vi era sempre qualcuno più in alto degli altri. "Prima rispondo alla mia adorata, poi mi dedicherò a loro".

Senza pensarci due volte, prese un foglio, il calamaio, la penna e iniziò a scrivere 'Dunque è vero che sei incinta; me lo scrive Murat, ma mi dice anche che la cosa ti fa stare male e che egli non crede prudente che tu intraprenda un viaggio così lungo. Verrò quindi ancora privato della felicità di stringerti tra le mie braccia! Ancora per molti mesi starò dunque lontano da tutto ciò che amo! Possibile che non abbia il piacere di vederti con la tua panciotta! Ti renderà più attraente!' Si creò nella sua mente l'immagine di Joséphine nei panni della dea della fertilità, similmente alla Primavera del Botticelli, le cui curve venivano ampiamente valorizzate dalle vesti svolazzanti.

'Mi scrivi che sei cambiata parecchio. La tua lettera è breve, triste e scritta con mano tremolante. Che cos'hai mia adorabile amica? Che cosa riesce ad inquietarti?' Pensare alla sua amata che si struggeva lo rattristava non poco, la gravidanza non era un momento semplice per una donna, il corpo si modificava e non tutte erano capaci di accettarlo. Probabilmente dopo due figli anche la sua Joséphine non era abituata più a certe trasformazioni fisiche. 'Non restartene in campagna. Sta' in città, cerca di divertirti e pensa che non vi è proprio tormento più vero per il mio animo del pensare alla tua sofferenza e al tuo dispacere' le consigliava, ingenuamente, credendo che le tristi parole corrispondessero a realtà.

'Credevo di essere geloso, ma ti giuro che non è affatto vero. Piuttosto che saperti malinconica, credo che ti darei io stesso un amante. Sii dunque allegra, contenta e sappi che la mia felicità è legata alla tua. Se Joséphine non è felice, se il suo animo cede alla tristezza, allo scoramento, ella non mi ama più' ora comprese il significato del vetro rotto. Provò vergogna per aver pensato che lo stesse tradendo, come poteva una donna come lei farlo? Tutte quelle voci erano calunnie, ne era sempre più convinto. Il ritratto si era frantumato perchè era la prova della sua tristezza inconsolabile, sì era questo il motivo, non esisteva altro. E pur di vederla felice, era disposto a cederla anche ad altri uomini, soffocando la sua gelosia innata. Tuttavia non credeva che questo 'desiderio' fosse già stato esaudito, suo malgrado.

'Presto darai la vita ad un altro essere che t'amerà quanto me. No, non è possibile, mai quanto ti amerò io. Io e i tuoi figli ti saremo incessantemente accanto, per convincerti delle nostre premure e del nostro amore' sentiva anche la mancanza dei ragazzi, ormai erano entrati nel suo cuore. Chissà cosa avrebbero pensato del loro fratellastro? Sperava che lo avrebbero accolto con affetto 'Vero che non sarai più cattiva? Basta con gli uhm! Se non per celia. Quel che occorre sono tre o quattro smorfiette; non v'è nulla di più grazioso e poi un bacetto sistema tutto'.

Quelle smorfiette le adorava, la facevano sembrare un bambina capricciosa che aveva bisogno di tante coccole e del bacio del suo uomo, che poi l'avrebbe stretta, accarezzata e amata visceralmente. La Joséphine che amava era questa: un po' frivola, la regina dei salotti e la dea del suo cuore, con il suo fascino irresistibile ed erotico. Non poteva pensarla afflitta, senza nessuno che la confortasse, la lettera precendente che gli aveva mandato, evidenziava questo stato d'animo. 'Ti manca forse qualcosa per essere soddisfatta? Attendo con impazienza Murat per poter sapere in ogni particolare tutto ciò che fai, tutto ciò che dici, le persone che vedi, gli abiti che indossi; ogni cosa che riguarda la mia amica è cara al mio cuore, ansioso di sapere'.

Il desiderio di gloria, l'ambizione, i risultati raggiunti gli impedivano di abbandonare tutto, andare da lei e personalmente farle una marea di domande, vedere con i propri occhi le sue condizioni e curarla attraverso il suo amore. Se solo non fosse così tanto preso dal dovere nei confronti della Francia, dalla voglia di riscatto e dalla bramosia di emergere, di dominare. Si strinse la mano al petto e riprese a scrivere 'Qui le cose vanno bene; ma il mio cuore ha un'inquietudine che non si può esprimere. Sei malata, lontano da me. Sii lieta e abbi cura di te: tu che nel mio cuore io considero più dell'universo. Ohimè il pensiero che tu sia malata mi rende assai triste'.

'Ti prego, amica mia, di fare sapere a Fréron che la mia famiglia non intende che egli sposi mia sorella e che io sono risoluto a prendere qualsiasi decisione per impedirlo. Ti prego di dire quanto sopra a mio fratello'. si ricordò di questa notizia da comunicare a Giuseppe. Era grato a Fréron per tutto ciò che aveva fatto nei confronti della famiglia, aiutandoli subito dopo essere stati cacciati dalla Corsica e anche dell'amicizia che li legava. E, seppur sapesse che il rapporto tra lui e Paolina fosse sincero, temeva che una relazione del genere potesse danneggiare la sua reputazione: era troppo grande per lei e inoltre aveva già due figli. Per la sorellina che più adorava aveva in mente altro, desiderava il meglio. Dopodiché firmò rapidamente, scrisse l'indirizzo, chiuse la lettera e la fece subito spedire, aggiungendo - Fate venire qui il Capo di Stato Maggiore

- Agli ordini - disse poi il corriere. Bonaparte allungò la mano, afferrò l'altra missiva e la aprì, si fece improvvisamente teso, si mise all'erta, poteva aspettarsi di tutto. Sin dalle prime frasi i suoi sospetti si fecero concreti: il governo di Parigi cominciava a temerlo. Sulle labbra sottili si formò un leggero sorrisetto di scherno e, al tempo stesso, divertito "Che sciocchi che sono, pensano davvero che io accetti queste assurde condizioni" fu tentato di prendere quella lettera, appallottorarla e gettarla via, ma dovette frenare la rabbia e usare l'intelligenza che lo contraddistingueva da sempre "Devo sfruttare la notorietà che mi sto creando, soltanto così potrò continuare ad avere il coltello o meglio la spada dalla parte del manico".

Udì dei passi che si avvicinavano e riconobbe l'andatura, si voltò in direzione dell'entrata e il suo sguardo si incrociò, in quello stesso istante, con quelli del sempre più fidato Berthier - Non vi siete fatto attendere molto - lo salutò.

- Ho fatto più veloce che potevo comandante - rispose a sua volta il sottoposto. Un'espressione indecifrabile si era formata sul volto del comandante, era la prima volta che scorgeva ciò e, per un attimo, fu come scosso da brividi di un terrore sconosciuto. La luce della candela non migliorava di certo, le ombre si allungavano sinistre su quel viso leggermente smunto e gli occhi chiari che parevano oscurati dalle cavità oculari. Tuttavia non si scompose più di tanto, si riprese subito - Sono a vostra disposizione ho controllato ogni aspetto dell'esercito...

- Non potevo aspettarvi di meno da voi - lo interruppe Napoleone sorridendo soddisfatto. Quell'uomo non lo deludeva fin dal primo giorno in cui si erano incontrati, aveva fatto bene ad affidarsi al suo sesto senso, era un generale fortunato - Ma non vi ho fatto chiamare qui per questo, Berthier... - sospirò profondamente, la mano sul tavolo era semichiusa a pugno, poco distante vi era il cappello piumato - Quanto per una lettera del Direttorio che è giunta poco fa

"Ecco il perché di quell'espressione" pensò Berthier "Sicuramente la vorrebbe rivolgere ai diretti interessati" si accorse che era tornato a guardarlo normalmente. Attendeva una risposta - Sapete che sono sempre a vostra disposizione, comandante e che sono pronto a parlare con voi di qualsiasi questione - s'inchinò leggermente.

Napoleone allora gli concesse il suo posto, erano più le volte in cui vi era seduto il capo di Stato Maggiore che Bonaparte stesso; quest'ultimo, preferiva, riferire le notizie stando in piedi. Almeno tra i suoi preferiva mostrarsi al naturale e non dover fingere riverenze che detestava lui stesso. E poi si fidava di Berthier come di pochi, altrimenti non gli parlerebbe di certi argomenti, non discuterebbe proprio; prenderebbe la sua decisione in modo indipendente. In fondo era il capo, chi poteva contraddirlo? Nemmeno il Direttorio, con quelle sue assurde imposizioni, ci sarebbe riuscito.

- Che cosa vuole il Direttorio da voi? - domandò Berthier, era consapevole che fosse meglio essere diretti, senza usare troppi giri di parole e fronzoli.

- Come immaginavo non mi ha mandato i ringraziamenti per i regali che ho fatto spedire a Parigi - rispose sarcastico Napoleone, con le braccia dietro la schiena, come da abitudine - E nemmeno per le battaglie, escludendo quella di Lodi, di cui non sanno ancora nulla... - aggiunse camminando su e giù per la tenda. Si spostò un ciuffo di capelli lunghi che gli coprì leggermente gli occhi - Ma vogliono che esegua i loro precisi ordini

Berthier lo guardava, si era fermato di colpo e gli rivolgeva le spalle, l'uniforme più larga cercava di renderlo più grosso, però si notava comunque il suo fisico sottile, asciutto. Paziente, attendeva che riprendesse il discorso, era curioso di sapere cosa lo avesse fatto impensierire così tanto - Ebbene... - iniziò Bonaparte - Secondo loro non serve continuare la campagna nel Nord della Penisola, perché l'obiettivo di distrarre il nemico è stato raggiunto, perciò è inutile puntare sul Tirolo, dovremmo, invece, dirigerci a Sud - si era avvicinato al sottoposto e con il dito indicò il percorso che, secondo il Governo, avrebbero dovuto seguire

- Verso le Legazioni Pontificie - rispose sorpreso Berthier - Vogliono uno scontro diretto contro il papa? - si mise a braccia conserte - Ma perché?

- Ovviamente perché vogliono altre ricchezze, quegli ingordi - emise Napoleone con un tono calmo e sinistro - Lo Stato della Chiesa possiede tesori talmente inestimabili che basterebbero a rimpinguare le casse francesi più di una volta - poi aggiunse, usando lo stesso tono - Tuttavia non sono queste le richieste più gravi, Berthier, il Governo vuole che l'armata d'Italia venga divisa e che io guidi soltanto questa spedizione verso le città di Bologna, in Romagna e nelle Marche, mentre le operazioni della pianura lombarda le continui un presidio, i rinforzi che avevo chiesto qualche tempo fa, guidati dal generale Kellermann

- Quel Kellermann? Il vincitore di Valmy? - fece Berthier stupito. Il figlio, suo omonimo, era già nella loro armata da qualche tempo e si era distinto coraggiosamente nella battaglia di Lodi, era poco più giovane del comandante, ma aveva il talento del padre.

- Proprio lui - rispose Napoleone ridacchiando - Inoltre le prestazioni dei generali Moreau e Jourdan in Germania sono tutt'altro che soddisfacenti, l'unico che sta riportando delle vittorie significative sono io! È quindi assodato che a Parigi siano in apprensione, i loro piani sono stati sconvolti! Altrimenti perché farmi questa richiesta? Soprattutto Barras, che si illudeva di potermi trattare come un pupazzo... una marionetta... che stupido... - chiuse gli occhi e li riaprì - Purtroppo Carnot, l'unico ragionevole, non ha potuto fare nulla contro gli altri politicanti... - negli occhi del corso si accese un lampo - Ma io sì, fino a quando vincerò, anche se mi ribellerò, non potranno fare nulla...

- Avete ragione comandante, dividere l'esercito in una situazione come la nostra è pura follia, oltre che manifestazione di invidia e di paura - confermò il buon Berthier. Bonaparte all'apparenza sembrava un ragazzo molto gracile, l'aspetto malaticcio non lo aiutava, ma possedeva una forza di volontà incredibile, assieme all'intelligenza sopraffina e ad un energia incontenibile. Era difficile, se non impossibile, metterlo all'angolo su questo aspetto. Si poteva dire che fosse una persona davvero libera e indomabile.

Il Capo di Stato Maggiore era tutto orecchi, aveva intuito che il comandante stesse per proferire ciò che avrebbe trascritto su carta. Armantosi di penna, dopo aver scritto le consuete formule di cortesie, passò al contenuto vero e proprio, riportando 'Io credo che non sia opportuno dividere in due l'esercito d'Italia. Occorre non soltanto un unico generale, ma soprattutto che nulla lo disturbi nella sua marcia e nelle sue operazioni. Io ho fatto la campagna senza consultare nessuno; non avrei fatto nulla di buono se fosse stato necessario mettermi d'accordo con un altro'.

Tali parole trasmettevano l'estremo individualismo che caratterizzava da sempre il comandante. Un uomo che non amava affatto condividere il potere decisionale, una volta ottenuto, e che, testardamente, prendeva qualsiasi decisione in solitaria; in questo caso, non aveva nemmeno bisogno di chiedere un parere differente, in quanto era ben consapevole delle proprie azioni e di come avrebbe condotto il resto della Campagna.

'Ognuno ha il proprio modo di fare la guerra. Il generale Kellermann ha maggiore esperienza e la farà meglio di me; ma noi insieme la faremmo molto male. Potrò rendere alla patria servizi essenziali solto se sarò investito interamente e assolutamente della vostra fiducia. Sento che è necessario molto coraggio per scrivervi questa lettera: sarebbe così facile accusarmi d'ambizione e d'orgoglio' "A volte mi stupisco di me stesso, nel pensare a tutte queste menzogne che mi vengono in mente, pur di mostrarmi un così devoto generale repubblicano, che combatte per la Rivoluzione" si diceva, sapendo quanto in realtà ambizioso ed orgoglioso fosse.

Non contento di sfidarli attraverso una lettera più o meno tranquilla, ne fece scrivere altre due brevi, una rivolta a Barras e l'altra a Carnot; nella prima minacciava di dimettersi e definiva Kellermann, per via della sua origine sassone ed essendo nato a Strasburgo, un tedesco per cui non aveva particolarmente rispetto. Nella seconda ribadiva la sua incompatibilità con colui che si considerava il primo generale d'Europa e, sentenziò la frase, che sarebbe divenuto uno dei suoi motti: 'Un cattivo generale è sempre meglio di due buoni' e che la guerra, come il governo, fosse una questione di tatto.

- E tutto? - domandò cortese uno stanco Berthier, però non voleva lamentarsi, si stava abituando ai ritmi incessanti di Bonaparte.

- Sì potete andare a riposare - si stiracchiò Napoleone, la stanchezza era piombata su di lui di colpo, ma ora poteva rilassarsi, il Direttorio non lo avrebbe infastidito, ne era certo. "Se osassero contraddirmi, la Francia intera si solleverebbe contro di loro" doveva continuare a vincere fino ad ottenere la disfatta totale degli austriaci e il controllo dei territori conquistati "Dovrò pensare a Milano, prima però la farò occupare da Masséna e gli uomini che sono sotto di lui, e solo in seguito potrò entrarvi trionfalmente" si sdraiò sulla misera brandina e cullato da quel grandioso disegno di gloria, si addormentò.

 

 

   
 
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