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Autore: berettha    19/02/2023    1 recensioni
Storia di come Remus Lupin si innamorò di Sirius Black, per la seconda volta.
“Remus li amava così tanto, che le parole erano inutili qualche volta.
E se fosse servito a tenerli al sicuro, avrebbe divorato il mondo, crudo.
Si sarebbe trasformato e con le sue grosse fauci da lupo lo avrebbe masticato, accartocciato, ingoiato. Tutto, per loro.”
Only the gods dwell forever in sunlight, capitolo quattro.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Capitolo 5. Non dovrò giacere pure io e non alzarmi mai più per sempre? 

Yeah, you bleed just to know, you're alive. 

Alastor Moody, neanche a dirlo, si arrabbiò. Si arrabbiò molto.  
Tonks lo guardava di sottecchi dall’altro capo dal tavolo, tenendosi la testa tra le mani. Ciuffi blu elettrico scappavano dalla cipolla che portava in cima alla testa. 
Avevano fatto un bel casino. 
Sirius, osservava sprezzante il vuoto davanti a sé, le gambe allungate e i piedi poggiati sulla tavola apparecchiata. Fortunatamente, non aveva neanche provato a difendersi, perché Remus sapeva che questo avrebbe fatto imbestialire Moody più del normale. 
Arthur cercava di mitigare i toni della tavola, senza riuscirci. “Malocchio, siamo tutti adulti. Penso che Black abbia capito la condizione in cui ci ha posto.” 
“Io invece penso che tra una trasformazione e l’altra gli sia veramente rimasto il cervello delle dimensioni d’un cane, Weasley.”  
Piton ridacchiò alla battuta, le mani incrociati davanti a lui ma gli occhi puntati su Sirius.  
Se c’era una cosa che in tutti quegli anni non era cambiata, era il fastidio che provava Severus Piton nei confronti dei Malandrini. E se Remus aveva provato a lasciarsi il passato alle spalle e di costruire un rapporto, non amichevole ma almeno civile, con il suo ex collega, da parte di Sirius il fastidio e l’antipatia erano totalmente ricambiate.  
“Che hai da ridere Mocciosus?” Sputò Felpato, a denti stretti, senza degnarlo di uno sguardo. 
“Non credo, Black, che lei sia nelle condizioni di poter parlare.” Rispose. “E nemmeno il suo fidanzato, a quanto mi risulta vi siete lasciati fregare entrambi per una stupida fuga d’amore...” Aggiunse, guardando Remus perfido.  
“Okay, adesso basta-” Sirius si alzò di scatto, facendo cadere la sedia dietro di lui sul pavimento di marmo, con un boato.  
“Sirius sta seduto. Abbiamo sbagliato, smettila.” Fece per alzarsi anche Remus, prima di esser interrotto nuovamente da Piton. 
“Ascolti la sua dolce metà, Black, suona molto più ragionevole.”  
Lasciò la stanza in modo melodrammatico, Sirius, sbattendosi la porta della sala da pranzo alle spalle. Adesso era Remus, a tenersi la testa tra le mani. 
Avevano rischiato, e anche tanto. Come aveva potuto essere così sciocco? Lasciarsi trascinare in quel modo?  
Fu Arthur a metter a voce i suoi stessi pensieri, chiedendoglielo.  
“Remus, da Sirius ce lo saremmo aspettati tutti... ma... capisci, è strano che proprio tu...”  
Non rispose, perché non ne aveva le energie, e perché avevano ragione, tutti quanti.  

Da qualche parte in Scozia, Hogwarts, 1978.  
 
Per S. Valentino, James aveva ovviamente realizzato qualcosa di assolutamente eccentrico, e sopra le righe. “Per la mia dolce Lily” recitava lo striscione appeso nella Sala Comune, piccoli putti simili a quelli che si trovavano da Madama Piedidiburro volteggiavano tra i lampadari, lasciando cadere petali di gigli bianchi e rosa.  
“E’ sempre esagerato, vero?” Ridacchiò Sirius, dandogli una gomitata al fianco.  
“A Lily piace.” Rispose, osservando come la ragazza sorrideva assieme alle sue amiche.  
“Ah! Il prossimo anno glielo rubo e lo appendo per te.” Sirius gli prese la mano, nascondendo il movimento con il suo corpo, per via che nessuno li vedesse. Erano diventati bravi, a nascondersi. Incantesimi, luoghi sconosciuti, seguivano ogni puntino sulla Mappa con attenzione quasi febbrile per non farsi beccare dai loro compagni.  
Le regole erano state chiare, fin da subito: nessuno avrebbe dovuto sapere. No, meglio: nessuno avrebbe potuto capire, per quello urlare ai quattro venti la loro relazione non avrebbe portato nulla di buono. 
James, ovviamente Peter, probabilmente Lily: solo pochi nomi fidati avevano avuto l’onore di conoscere quello che si celava dietro la loro amicizia. Per il resto, a Remus non gli dispiaceva tenerlo segreto. Ne aveva tanti, di segreti, e quello era forse il più dolce. 
“Io non mi chiamo Lily Evans.” Lo guardò, alzando un sopracciglio. 
Sirius si aprì in un sorriso a trentadue denti. 
“Infatti cambio nome allo striscione, non sono mica stupido!” 
Furono interrotti da James, che si avvicinava con due bicchieri di Burrobirra in mano. “Luni, Luni! Felpato! Avete intenzione di unirvi ai festeggiamenti, o terrete il broncio per tutta la sera?”  
Remus prese la sua Burrobirra, mentre l’altra mano veniva abbandonata da quella di Sirius. Il suo calore gli rimane nel palmo, però.  
“Arriviamo, Ramoso.”  
Visibilmente alticcio, James schioccò un bacio sulla guancia ad entrambi.  
“Vi amo da impazzire, ragazzi miei.” Sussurrò, prima di rigettarsi tra la folla, urlando a Peter: “Codaliscia! Vieni che voglio baciarti!” 

Londra, Grimmauld Place n.12, 1995. 

Non sapeva esattamente come aveva fatto a ferirsi.  
Il momento prima aveva pedinato degli Indicibili, il cui comportamento risultava sospetto, il secondo dopo si teneva le mani strette contro l’addome.  
Perdeva sangue. 
Kingsley gli fu subito al fianco, premendogli un lembo della veste contro lo stomaco, urlando a Tonks di fare retro marcia.  
Si Materializzarono a Grimmauld Place, sotto gli occhi increduli di Molly che non li aspettava a casa prima del giorno dopo. 
Il resto era confuso, tanto quanto il modo in cui era stato colpito.  
“Siamo vicini alla luna piena...” Cercò di bofonchiare, mille mani su di lui intente ad aprirli la camicia per controllare l’entità dei danni subiti. “Guarisco in fretta...” 
“Non essere sciocco, Lupin.” Kingsley lo guardava preoccupato, Piton invece lo tenne fermo, sdraiato su un letto che non era il suo. “Vulnera sanentur... 

Si svegliò con il favore del sole, la mattina dopo. Sirius era accanto a lui, dormiva ancora: rannicchiato su una poltrona tutta scucita, le braccia strette al petto e la bocca semi aperta.  
Quando volte, dopo una notte alla Stramberga Strillante, si era svegliato in infermeria con lui vicino? 
“Felpato?”  
Aprì gli occhi, impastati di sonno e di stanchezza. Aveva delle profonde occhiaie scure, ma Remus si figurò che anche lui non doveva essere in condizioni migliori. “Sei stato qui tutta la notte?”  
L’altro si stiracchiò, guardandolo con dolcezza. 
“Dovere.” 
Remus rise, anche se ciò gli portò dolore all’addome. “Grazie.”  
Lasciò scivolare la mano fuori dal letto, avvicinandola alla sua. Sirius la prese, delicatamente, accarezzandogli le nocche ruvide.  
Notò che le sue paure erano state infondate. Non si dissolse, come fumo.  
Era vivo, reale, e vicino a lui. 

Il recupero, come professato da lui stesso, fu veloce, grazie all’influenza della luna. E anche grazie alla presenza di un certo mago purosangue che si aggirava intorno al malato.  
Col passare del tempo, il suo corpo si era abituato nuovamente a Sirius. Aveva imparato nuovamente a condividere i suoi spazi assieme a lui, e non era stato come riaprire una ferita, come aveva creduto.  
Gli ricordava di più la memoria dell’acqua: i babbani, quelli un po’ New Age che pensavano di esser loro stessi, maghi e streghe, pensavano che l’acqua mantenesse il ricordo delle sostanze con cui era entrata in contatto, e così sembrava essere anche per il vecchio e malandato Remus.  
. ⋅ ˚̣- : ✧ : – ⭒ ⊹ ⭒ – : ✧ : -˚̣⋅ . 
Quella mattina si svegliò di buon umore.  
Sirius era, come sempre, al suo fianco, sulla poltroncina: non si accorse subito di Remus, già sveglio, intento ad armeggiare con uno specchietto che teneva in precario equilibrio sulla punta delle ginocchia, e l’altro colse l’occasione per spiarlo un poco, da sotto le ciglia. 
Aveva i capelli spettinati, il pigiama che indossava aveva un buco all’altezza dello stinco, ed era sempre il suo Sirius. Qualche ruga in più, qualche capello grigio.  
Ma sempre lui. Come aveva fatto a scambiarlo per un estraneo?  
Alla fine alzò lo sguardo, sorridendogli. “Oh, sei sveglio.”  
“Cosa stavi facendo?” Remus si drizzò, tenendosi in equilibrio con i gomiti.  
“Harry. Non lo usa mai, questo aggeggio. Volevo sapere se Mocciosus ha smesso di prendersela coi ragazzini...”  
“Fortunatamente ha preso da Lily, sa per certo che alla prima chiamata ti fionderesti a scuola.” 
Gli rispose mostrandogli la lingua e facendo scivolare il dito medio nella sua direzione. 
“Cosa vuoi per colazione?” Aggiunse poi, sempre trafficando con lo specchio.  
Remus ricordava che ne aveva uno simile anche da ragazzo, lo usava per parlare con James. 
“Posso alzarmi e farmela da solo, ormai.” 
“Così mi togli tutto il divertimento.”  
 
Erano rimaste un paio di uova nel frigo, qualche manciata d’avena nella credenza, ma non abbastanza per un porridge come si deve. Qualcuno dell’Ordine avrebbe dovuto intraprendere la difficile missione del fare la spesa.  
“Omelette?” Chiese Remus, con in mano le uova. 
“Omelette.” Rispose Sirius, curiosando tra i mobili della cucina, magari in cerca di qualche cioccolatino avanzato dai giorni precedenti, più probabilmente solo perché non riusciva mai a stare fermo per più di qualche secondo. Il solito Sirius.  
Non c’erano più stati momenti come quello di qualche mese prima, al Village, ma forse Remus li preferiva. 
Aveva paura che baciando Sirius, davvero sarebbe crollato. O peggio, che si sarebbe ritrasformato nel ventunenne che era stato, confuso dalle notizie della Gazzetta del Profeto, dalle decine di gufi che quel giorno erano volati sul suo terrazzo in cerca di spiegazioni, senza amante, senza più amici. 
Invece, quelle giornate, erano dolci.  
Famigliari, certo, ma non così tanto da fargli perdere il contatto con la realtà.  
Mangiarono in silenzio, seduti uno davanti all’altro. Sirius, come sempre, nella posizione che più a Remus sembrava improbabile e scomoda. 
Fuori da Grimmauld Place, i maghi iniziavano ad armarsi. I Dissennatori fuggivano a frotte da Azkaban, qualche vecchio Mangiamorte era già riuscito ad evadere e di nuovi ne stavano nascendo. 
Ma in quel momento, gli sembrava tutto così lontano, lontano, lontano da loro.  
Si chinò verso Sirius, togliendoli una briciola d’omelette dal mento.  
Lui gli sorrise. 
. ⋅ ˚̣- : ✧ : – ⭒ ⊹ ⭒ – : ✧ : -˚̣⋅ . 
“S-sono i ragazzi. Sono al Ministero.” Tonks si era presentata sudata, tremante e terribilmente pallida, spalancando la porta di Grimmauld Place con un calcio. La sua preoccupazione si riversava sui suoi capelli, mosci e appiccicati alle guance, di un deprimente grigio topo. “Dobbiamo andare.”  
Qualcosa di brutto stava per succedere, e Remus se lo sentiva nelle viscere.  

Tutte le cose belle, non durano mai a lungo.  
Ormai, avrebbe dovuto saperlo. 
Lo aveva imparato decine di volte ormai, e tutte quante a sue spese. Eppure, sembrava non imparare mai.  
“Non andare.” Sibilò, bloccando Sirius sulla porta. “Ti riporterò Harry tutto intero, non andare. 
“Non mi chiamo Codaliscia, Lupin, fammi passare. Non farò il codardo mentre Harry è in pericolo.”  
“Ma non ti rendi conto che è una trappola? Sei così stupido?” 
“Ad ascoltarti, sono tutte trappole! Intanto Harry è in mezzo ai Mangiamorte, e noi a litigare sulla porta di casa!” 
“Perché lo sono! Cercano di mandarci in panico, di destabilizzarci... come l’ultima volta, quando non vi siete più fidati di me!”  
Ci siamo, pensò Remus. Sentì le lacrime bruciargli dietro gli occhi, e si sentì uno stupido, così uno stupido.  
Un uomo, grande e vaccinato, che perdeva il controllo in quel modo, pensando ai suoi amici che non avevano voluto rivelargli chi veramente era stato nominato Custode Segreto. 
Voldemort” Sputò fuori il nome, con tutto il disgustoso di cui era capace. “ci ha quasi strappato via tutto. Non può anche stavolta, non può.”  
Sirius lo guardò negli, tutta la rabbia sembrava esser evaporata via dal suo corpo: aveva abbassato le spalle, la camicia gli cadeva larga e sformata sulla sua figura. Non aveva mai notato davvero quanto magro fosse diventato, dopo Azkaban. “Ma ci sarai tu con me, questa volta, Lunastorta.” 
 

   
 
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