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Autore: AndreMCPro    23/02/2023    1 recensioni
E se gli anime, i manga, i libri e i videogiochi non fossero pura fantasia? E se i creatori di tutti questi fossero stati ispirati da qualcos'altro? Immaginate: se esistono infiniti universi, non potrebbero essercene alcuni in cui tutte queste cose, che secondo noi sono frutto della fantasia, esistono davvero? Ma questo vale anche per le fanfiction, milioni di mondi paralleli a quelli delle opere originali.
Tempo fa, io e mio fratello ci siamo trovati coinvolti nel compimento di una delle nostre stesse storie. Ma il nostro viaggio non è ancora finito, e così, dieci mesi dopo, qualcosa succede... e siamo richiamati in quel mondo per intervenire.
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Herobrine, Notch, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Alternative Dimensions'
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Alternative Dimensions
La Guerra del Cosmo

Cap.26 – Incubi fin troppo reali
 
Rimango appostato, nascosto tra le fronde degli alberi, ad osservare la scena. I soldati raggiungono il villaggio nel primo pomeriggio e vengono accolti dal capo villaggio, che resta a parlare con loro mentre i membri del villaggio radunano le provviste. Poi ecco che il capo villaggio cambia atteggiamento. Lo sento alzare la voce, e come si distrae viene colpito e finisce a terra inerte. I soldati circondano il villaggio e tutti vengono costretti a radunarsi nei pressi del pozzo. Le persone sono visibilmente spaventate. Nel giro di mezz’ora tutti sono legati e costretti a seguire alcuni soldati che rientrano per la strada percorsa, mentre gli altri prendono possesso del villaggio.
Seguo il gruppo catturato, scortato da quattro soldati. Se trovo il modo di liberare gli ostaggi potrei avere il vantaggio del numero, ma quando li raggiungo inizia l’assurdo. Un mago utilizza un incantesimo che non riconosco, e poi donne e anziani vengono separati dai loro familiari e messi in fila lungo una spaccatura, per poi venire tutti gettati dentro. Rimango allibito dalla crudeltà del gesto fatto di fronte ai loro familiari, sconvolti dagli eventi. Quando si allontanano scendo nella spaccatura. Nessun sopravvissuto. Un genocidio insensato.
Debora e Ezio dovranno perdonarmi, ma non posso tornare a casa dopo quello che ho visto. Devo trovare qualcuno che mi aiuti.
Un lamento in quella crudeltà. Sposto il corpo di un vecchio e trovo un cane, ferito ma ancora vivo, protetto dal suo vecchio padrone. Lo curo alla meglio e lo metto vicino ad una pozza d’acqua.
«Resta qui. Starai meglio»
Risalgo la china e riprendo a seguire il gruppo, che si accampa due ore più tardi per la notte.
Mi avvicino lentamente sul lato sud dell’accampamento, costruito nei pressi di un villaggio distrutto. Attiro l’attenzione di una delle guardie nella direzione opposta, per poi farla fuori con un colpo alle spalle. Ripeto la routine per la seconda guardia, ma le altre due si accorgono di me. Mi attaccano, e anche se riesco a difendermi loro sono ben più forti di me, vengo colpito al braccio e perdo l’equilibrio. Il secondo prova a colpirmi ma viene a sua volta azzannato da un cane. Il soldato prova a divincolarsi ma ecco arrivare altri tre cani che attaccano il secondo. Dopo qualche tentativo i due soldati si liberano dalla presa, ma quando alzano lo sguardo si trovano ben dieci cani rabbiosi che ringhiano contro di loro. I soldati, dopo una veloce occhiata nella mia direzione, se la danno a gambe.
I dieci cani si girano verso di me.
«Buoni, belli… Lo so, questa è casa vostra, me ne vado subito…»
Uno di loro fa per attaccarmi ma un ululato lo blocca. Il cane da me curato, ancora fasciato, esce fuori da dietro una casa diroccata e resta a fissarmi, poi dopo un altro ululato, a cui tutto il gruppo risponde, si allontanano tutti insieme lasciandomi solo con i prigionieri.
«Tu chi sei?» chiede uno dei prigionieri, che poi mi riconosce «Sei tu… Cosa c’è, sei venuto a deriderci?»
«Sono qui per liberarvi, i vostri carcerieri sono fuggiti»
Il prigioniero scuote la testa «Non importa… Siamo morti lo stesso»
«Perché?» chiedo rompendo il lucchetto.
«Non abbiamo più motivo per vivere. Hanno ucciso le nostre famiglie… il nostro stesso esercito…»
«Quello non era il vostro esercito. Sono solo assassini senza scrupoli»
«Allora verranno a concludere il lavoro…»
«Non se glielo impediremo. Io posso insegnarvi a combattere e proteggere le vostre case. Forse il villaggio è perso, ma possiamo aiutare i villaggi vicini affinché una cosa del genere non si ripeta»
«Sono un gruppo organizzato e noi solo contadini, come speri di riuscire a trasformare queste mani da contadino in mani da guerriero?»
«Io sono Ettore di Minas Tirith, generale del regno di Enderia e capo della gilda di Vulcan City. Sono stato catturato con l’inganno da membri di quel gruppo in quello che pensavo fosse un posto sicuro, e portato oltre i confini per essere usato contro il mio stesso paese di provenienza. Sono riuscito a scappare e ora ho tutta l’intenzione di combatterli qui a casa loro, ma sono da solo. Posso addestrarvi al combattimento, insegarvi a colpire senza essere visti e a nascondervi. Sarete i partigiani del vostro regno e lo proteggerete dalle minacce interne, oppure potete attendere di morire qui sapendo che avreste potuto proteggere i vostri amici, vendicare i vostri cari e fare la differenza»
I prigionieri si guardano sorpresi ed escono dalla gabbia.
«Perché ci aiuti? Perché invece di tornare a casa aiuti noi, i tuoi nemici?»
Li guardo negli occhi e ripenso di nuovo a due stupidi ragazzi.
«Perché… Due amici mi hanno insegnato che per fare la cosa giusta non esistono confini. Il mio aiuto serve qui, ora, e non farò ritorno a casa finche questa  storia non verrà chiusa o…»
«Ti seguiremo, generale. Dicci cosa fare»
Sorrido. Ora ho un piccolo gruppo. Da istruire, certo, ma non sono più solo.
«Recuperate tutto quello che può tornarci utile, e fate in fretta. Dobbiamo raggiungere il villaggio successivo e preparare una bella sorpresa ai soldati rimasti»
 
***
 
Intorno a me tutto buio, poi sento uno strano rumore. Mi volto più volte cercando di capire da che direzione sarò attaccato. Preparo le mie spade elettriche, che illuminano la zona a me vicina, e intravedo una gigantesca ombra muoversi velocemente davanti e poi dietro di me. Dopo tre passaggi scompare, finche non atterra di fronte a me. È il drago, che mi ruggisce contro con la sua gigantesca testa a due passi da me.
Mi sveglio. Sono nella stanza da letto dell’albergo, tutto sudato. Era solo un incubo. Quel drago mi ha decisamente lasciato un segno… un pessimo ricordo. Fuori è giorno. Guardo fuori dalla finestra. La città di Vulcan City è già attiva, con il mercato e la marcia di rientro dell’esercito salutato dai passanti.
Mi cambio e do un’altra occhiata. L’albergo è ricavato nella roccia e ha una suggestiva vista sul cuore della città. Noto lì Clara che si aggira per le bancarelle con Debora al suo fianco. La nostra richiesta è stata accolta molto bene dalla Regina di Ghiaccio, che dopo nemmeno cinque minuti aveva trovato qualcosa in comune con la nuova arrivata: l’irritabilità al solo nome di mio fratello e al suo modo così spensierato di cacciarsi nei guai.
Esco dalla stanza e scendo verso la sala da pranzo. Faccio colazione, poi raggiungo mio fratello nel suo bivacco, conservato da Debora per dieci anni come l’ultimo giorno, compreso il suo disordine/ordine. Questo più di ogni altra cosa tradisce quanto ci tenga davvero a lui, nonostante gli faccia saltare i nervi ogni cinque minuti.
«Buongiorno, fratellino, dormito bene? Non hai un’ottima cera»
«Il letto e il servizio erano ottimi, ma ho avuto un incubo che mi ha assillato tutta la notte, ho bucato il letto con la spada elettrica… dovrò pagare i danni»
«Non preoccuparti per quelli, è tutto sul mio conto. Piuttosto, spiegami cosa è successo. Che hai sognato?»
«Quel maledetto drago dell’end mi perseguita, adesso»
«Non gli sarà andato a genio il trattamento che gli hai riservato» risponde con un sorrisino.
«Non sei divertente, e comunque non sono io quello che lo custodisce. Perché lo sto sognando io?»
«Forse perché io ho sognato una viverna rossa che lo attaccava» e mi guarda serio «Siamo legati, fratellino, e credo che sia colpa mia. Cercherò di isolarmi, questa notte, così potrai riposare tranquillo»
All’appellativo devo trattenere una smorfia. Cerco di seguire l’argomento: «Collegati?»
Lui alza l’anello come risposta.
«Credi che dipenda dal modo in cui siamo tornati?»
«Sì. Se poi ci metti insieme le caratteristiche dei nostri poteri… ma posso rimediare. Posso attenuare il legame, con i miei poteri, ma prima devo calmare il drago»
«Buongiorno, signori. Il generale Debora richiede la vostra presenza nella sala della guerra» ci intima un soldato, con due compagni pronti a farci da scorta.
Raggiungiamo la regina di ghiaccio e con lei Clara. Ci fa avvicinare ad una cartina a parete riportante i territori nemici.
«Questa cartina ci è stata fornita da un emissario del generale Luca, e come da accordi presi tra i nostri re  è richiesto il vostro intervento. La zona cerchiata in rosso è dove sono state viste delle fiamme. Una pattuglia mandata lì ha trovato macerie di un villaggio. Pensano sia opera di un certo drago» e si volta a guardare Massimo, che allarga le braccia impotente «Comunque, è stato trovata anche una sorta di base, una serie di cunicoli nella montagna e una armatura con le insegne di Vulcan City»
«Ettore…?» mormora Massimo avvicinandosi.
«Sì, credo di sì. Dalle informazioni date credo sia la sua armatura. Hanno messo la zona sotto controllo e aspettano solo voi»
Non servono altre parole. Annuisco e Massimo fa lo stesso, è il primo vero indizio per ritrovare Ettore. Usciamo, raggiungiamo l’esterno e subito partiamo, notando però lo sguardo di Ezio che ci osserva durante la partenza.
 
Ad accoglierci, oltre alle guardie che subito ci puntano le armi contro per la sorpresa, è Gabriel, che subito calma gli animi e ci accompagna nel luogo del ritrovamento. Mentre mi avvicino mi sento strano, e poi all’improvviso sento un rumore alle mie spalle: un ruggito. Mi volto di scatto evocando la mia spada, e nel farlo quasi colpisco Gabriel, ma Massimo blocca la spada con la mano completamente annerita
«Andrea, calmati, è solo un crollo di macerie. Che diamine hai?»
«No, niente…» rispondo facendo scomparire la spada e accennando le mie scuse a Gabriel.
«Non direi visto il tuo sguardo, l’ultimo combattimento ha lasciato qualche strascico. Forse dovresti tornare indietro e riposare»
«Non vado da nessuna parte. Tu fai il tuo dovere e starò meglio» replico secco, infastidito non tanto da lui ma dalle strane sensazioni che mi lascia questo luogo. Come se non avessi già abbastanza a cui pensare…
Entriamo dentro la grotta nascosta, dove troviamo armi e armature dell’esercito di entrambi i fronti e non solo.
«Sembra che i tuoi timori fossero fondati, signor Massimo» riprende Gabriel «Ci sono degli infiltrati nei nostri eserciti. Meglio avvisare subito il generale e il re, così che si metta in contatto con gli altri regni»
Massimo accenna ad un sì, poi stendendo il braccio genera i suo mini Max.
«Ragazzi, ispezionate a fondo questo posto. Tu resta qui» e ferma quello più scuro, il più ribelle «Tu resta vicino ad Andrea, io vado con loro»
«Perché mi lasci uno dei piccoletti?» e guardo il mini Max.
«È per la sicurezza di tutti. Non vorrei che facessi saltare la testa a qualcuno per sbaglio» risponde Massimo, che poi si inoltra tra le gallerie.
Altri rumori e suoni inquietanti. Faccio un respiro profondo per rilassarmi, poi esco fuori all’aria aperta e inizio a guardarmi in giro. Poi di nuovo quel ruggito. Un’ombra passa a tutta velocità verso la montagna. Guardo il cielo, ma non c’è niente.
«Tu non hai visto niente?» chiedo al mini Max, che scuote la testa.
Inizio ad arrampicarmi sulla montagna. Il mini Max mi segue senza perdere il passo e così raggiungiamo la vetta. Lì troviamo un passaggio che fuoriesce dalla montagna.
«Controlla le tracce» chiedo al mini Max, che non solo controlla ma confronta anche le tracce trovate con alcuni stivali presi chissà dove.
«E quelli da dove escono?» gli chiedo.
«Un mio fratello ha trovato delle tracce in una prigione. Queste corrispondono al 95%»
«Se il prigioniero fosse Ettore questo vorrebbe dire…»
«E tu che ci fai qui? Non eri alla base della montagna?» chiede Massimo, preceduto da due dei suoi.
«Ho seguito una traccia che mi ha portato qui, e abbiamo trovato queste impronte. Qualcuno è uscito di qui ed è andato verso est»
«Ci sono tracce di sangue, qui» mi interrompe Massimo andando avanti nella direzione indicata. «Sono statiche, come se si fosse fermato. Sono le stesse trovate all’interno. Credo sia stato ferito mentre cercava di scappare»
«Se Ettore è ferito allora dobbiamo trovarlo subito…»
«Sì, dobbiamo trovarlo, ma non è detto sia Ettore, e comunque sono tracce vecchie. È passata quasi una settimana, e per di più qui spariscono. Ci sono tracce di una seconda persona che diventano più marcate e poi svaniscono nel nulla»
«Potrebbe aver preso con sé il soggetto in fuga e coperto le tracce…»
«E lo ha fatto in modo epico. È come se non fosse mai passato nessuno»
  
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