Serie TV > Il paradiso delle signore
Ricorda la storia  |      
Autore: InvisibleWoman    26/02/2023    1 recensioni
Alfredo e Irene | Chi mi segue su Twitter sa che non sopporto Clara, a prescindere dal triangolo. Ma a maggior ragione ora che sta nel triangolo, lo ammetto. Quindi ho sentito il bisogno di riscrivere (e modificare anche l'ordine temporale degli eventi) un paio di momenti avvenuti in uno degli episodi, cancellando totalmente la parte di Clara e sostituendola con Elvira prima (che mi piacerebbe tanto venisse approfondita nel rapporto con Irene, dato che è praticamente l'unica venere carina con lei) e con Irene poi. Ho voluto dare qui anche la mia personalissima analisi del personaggio di Irene, basandomi su ciò che ha detto e fatto in questi cinque anni. Magari le sto dando più profondità io di quella che ha realmente, chi lo sa, è sicuramente possibile. Ma se qualcuno fosse interessato a una spiegazione e approfondimento, sarò lieta di darlo o di ricevere la vostra chiave di lettura. Enjoy!
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Irene osservava con aria distratta il via vai delle ultime persone che si attardavano in galleria per ultimare gli ultimi acquisti. Eppure il suo sguardo non si soffermò sulla donna dai capelli castani che stava dando del filo da torcere alla signorina Moreau, o quell’uomo distinto col cappello che cercava di comprare un foulard per la propria fidanzata grazie all’aiuto di Gemma. Gli occhi di Irene erano attirati da quelli di Clara che la fissavano con aria accusatoria, lasciando Irene consapevole della ramanzina che avrebbe ricevuto di lì a poco.
“Cosa voleva il signor Armando?” chiese Elvira avvicinandosi al bancone per aiutare Irene a piegare gli ultimi maglioncini rimasti fuori posto. Irene tirò un sospiro di sollievo. Clara forse avrebbe evitato di avvicinarsi se la vedeva impegnata in una conversazione con Elvira.
“Niente” commentò quest’ultima con una strizzata di spalle.
“A me non sembrava niente” ribatté Elvira, che era riuscita a captare qualche parola di quel discorso, senza però riuscire ad avere un quadro completo della situazione. La cosa certa era che aveva a che fare con Irene e Alfredo. Elvira non riusciva proprio a capire come mai la sua amica non volesse proprio dare alcuna occasione a quel ragazzo, quando lei invece avrebbe fatto carte false per avere le attenzioni di Salvatore. Bastava un solo sguardo o un accenno di sorriso per ridurla in brodo di giuggiole. Al contrario Irene sembrava totalmente indifferente al pressante corteggiamento di quel ragazzo. E dire che si era fatto letteralmente in quattro per lei. Cosa c’era che non andava? Questo non riusciva proprio a capirlo, rimaneva per lei un mistero indecifrabile. Come gran parte dei comportamenti di Irene.
“Ho sentito che parlavate di Alfredo” ammise alla fine, unico modo per spingere Irene a dirle qualcosa. Non era una persona invadente, ma parecchio curiosa questo sì.
“Adesso inizi pure ad ascoltare le mie conversazioni?” rispose Irene piccata, stropicciando quel maglioncino che teneva stretto tra le dita. 
“Ma no, è che ero qui dietro, voi eravate qui vicini. Insomma, non serviva chissà quale impegno per ascoltare. Però non ho capito tutto” continuò con ingenuità.
“Ah, quindi vuoi che ti faccia il resoconto completo perché non sei riuscita a spiare per bene?” Irene roteò gli occhi al cielo, ma segretamente contenta che in quel momento ci fosse Elvira e non Clara a chiederle delucidazioni. Sapeva come quest’ultima le avrebbe puntato il dito contro, facendola sentire in colpa e in difetto, ancor più di quanto già non facesse da sola. Perché in fondo Irene lo sapeva, era consapevole di quanto fosse caduta in errore. E notava l’impegno costante di Alfredo, nonostante mascherasse il suo disinteresse dietro scuse frivole o questioni di poco conto. Forse era proprio questo a farle paura. Alfredo non desisteva, era lì, era deciso e aveva scelto lei. Nonostante Irene avesse fatto in modo di allontanarlo, trattarlo male, umiliarlo, Alfredo era rimasto. Non era scappato via come aveva ipotizzato la prima volta che lo aveva rivisto. Aveva creduto di essere una preda, per lui. Un obiettivo da raggiungere, dopo il quale si sarebbe poi stancato, passando alla sfida successiva, proprio come aveva fatto dopo quell’estate insieme. Lo aveva messo costantemente alla prova. Invece, nonostante Irene gli avesse reso le cose esageratamente difficili, lui non aveva desistito. E questo le rendeva le cose più complicate. Perché se Alfredo era lì e aveva dimostrato di tenere seriamente a lei, allora adesso Irene come faceva ad allontanarlo? Le avevano detto più volte di dirgli chiaro e tondo ciò che provava, di non illuderlo. Eppure non ci era mai riuscita completamente. Temeva di rinunciare per sempre a qualcosa di bello e pentirsene, ma allo stesso tempo era terrorizzata di lasciare entrare qualcuno nella sua vita. Non era brava a fidarsi degli altri. Era molto più facile puntare in alto, millantare pretese irrealizzabili, principi azzurri dal sangue blu che sarebbero arrivati su un cavallo bianco a portarla via, perché era evidente che quelli sarebbero solamente rimasti dei sogni. E lei non avrebbe dovuto affrontarli con serietà. Non c’era assolutamente alcun pericolo che un divo del cinema si innamorasse proprio di lei. Sabotarsi era molto più semplice che buttarsi, col rischio di essere abbandonate o rimanerne ferite. Così aveva tenuto entrambe le loro vite in quel limbo perenne di incertezza. Ferendo sia lui, che se stessa, senza nemmeno rendersene conto.
“Ho sentito che il signor Armando ti ha ripresa per qualcosa. Che hai combinato al povero Alfredo?” chiese allora Clara, affrontando per una volta la questione di petto. Normalmente sarebbe andata via senza indagare troppo, non le piaceva essere invadente o dare fastidio. Ma vedeva il turbamento negli occhi di Irene e doveva ammettere che tra tutte le Veneri lei fosse proprio quella alla quale si era maggiormente legata. Irene cercava di aiutarla con Salvo, le dava dei consigli, le sembrava giusto ricambiare il favore, per una volta. 
“L’ho messo davanti a un ostacolo insormontabile e il fallimento lo ha parecchio abbattuto.” Una parte di lei, una piccolissima parte, provava quasi piacere nel saperlo scottato e deluso, perché era esattamente così che lei si era sentita quando lui era sparito, dopo averla corteggiata per tutta l’estate. Ma non era un mostro, non era perfida come tutti la dipingevano. C’era un motivo dietro ogni suo comportamento, solo che molto spesso questi non erano chiari nemmeno a se stessa.
“Cosa gli hai chiesto?”
“Gli ho promesso di uscire con lui se mi avesse fatto incontrare Alain Delon” ammise Irene con vergogna, mantenendo la testa bassa.
“Ma dai! Era impossibile. E lui ha cercato di realizzare il tuo desiderio? Ma lo vedi quanto ci tiene? Io rinuncerei a tutti i dolci del mondo per avere un uomo disposto a fare queste follie per me” commentò Elvira rabbuiandosi.
“Un uomo a caso, immagino.”
“Certo, non ho in mente nessuno in particolare” si strinse nelle spalle con fare innocente. “E tu invece perché continui a rifiutare il tuo? Il vero motivo, però, Irene.”
“Perché…” iniziò lei, quasi decisa a sputare finalmente il rospo con qualcuno. Stefania era l’unica persona con la quale avrebbe parlato. Sapeva che lei l’avrebbe ascoltata, senza giudicarla, senza farla sentire sbagliata, dandole i giusti consigli. Stefania le leggeva dentro come mai nessuno aveva fatto prima. La loro intesa era impossibile da replicare. Maria non poteva capire, erano troppo diverse, e inoltre adesso la sua mente era impegnata altrove. Ai bozzetti, alla sua carriera, a Vito. Era felice, aveva tutto, non avrebbe mai capito davvero. Clara, dal canto suo, non avrebbe perso occasione per aggredirla, e questa volta avrebbe anche avuto ragione. Ma Elvira… con lei si sentiva un po’ come l’Irene di qualche anno prima che aveva accolto sotto la sua ala protettrice una giovane e ingenua Stefania. Non avrebbe mai sostituito la sua migliore amica, ma con Elvira sentiva una sintonia diversa, rispetto a tutte le altre Veneri. 
“Perché?” la incalzò l’amica.
“Non è il momento, dobbiamo lavorare”  tagliò corto Irene.
“Ma se non c’è nessuno, siamo quasi in orario di chiusura” la corresse Elvira.
Notando che Clara continuava a incenerirla con lo sguardo dall’altro lato della galleria, Irene sbuffò e, senza rendersene conto, si lasciò cadere sui divanetti posti poco più in là, portandosi dietro il maglioncino giallo che teneva stretto tra le dita da almeno cinque minuti.
“È perché se n’è andato dopo averti corteggiata quell’estate?” provò Elvira, consapevole di quanto fosse complicato tirare fuori le parole dalla bocca di Irene, che non era solita confessarsi con la stessa facilità con cui faceva lei.
“No. Cioè sì, in parte” commentò. In momenti come quelli Irene si sentiva proprio una stupida. C’era chi come Elvira aspettava solo un cenno dall’uomo che le piaceva, e chi, come lei, piuttosto preferiva scappare anziché rischiare di rimanere scottata, privandosi così di qualsiasi cosa potesse renderla davvero felice. 
“È che… ho paura” sbottò infine, pentendosi quasi immediatamente di quella confessione tanto intima. Amare voleva dire donarsi completamente a un’altra persona, fidarsi a tal punto da permettere agli altri di fare ciò che volevano del suo cuore. Era disposta a un tale rischio?
“L’amore spaventa tutti, non sei l’unica. Ma alla fine questo salto nel vuoto ripaga sempre, nel bene o nel male” disse con tenerezza Elvira. “Buttati” aggiunse poi, dandole una lieve spinta con una spalla. “Lasciati sorprendere, per una volta.”
“Non credo sia il caso…” ribatté Irene. “E poi non sono innamorata di Alfredo” sottolineò in un disperato tentativo di rimettere in piedi quel muro di indifferenza che aveva lasciato crollare solo per qualche breve istante, con la stessa credibilità di una bambina che, con le palpebre chiuse, cercava di convincere i genitori di non avere sonno.
“No, figuriamoci” la prese in giro Elvira. “Ma potresti diventarlo se gli dessi una possibilità, no?” le mise un braccio attorno alle spalle. “Guarda che se non vai adesso in magazzino mi invento una scusa con la signorina Moreau per spingerla a mandartici. Lei dovrai ascoltarla.”
“Non lo faresti mai” sorrise Irene. Tanta intraprendenza non apparteneva proprio alla personalità di Elvira, troppo accomodante e timida per spingere davvero qualcuno a fare qualcosa contro il proprio volere, men che meno tramando alle sue spalle.
“Va bene, forse no. Però il mio consiglio vale lo stesso. E questo lo prendo io” disse togliendole il maglioncino dalle mani.
“Lo farò dopo la chiusura” rispose Irene alzandosi, terminando una volta per tutte di torturare quel pezzo di stoffa verso cui stava riversando tutte le sue frustrazioni. 
“No, poi cambierai idea!” obiettò Elvira, mettendole entrambe le mani sulle spalle per farla allontanare. 
“Va bene, va bene, vado adesso.”
“Ti copro io” aggiunse con un sorriso.
“Grazie” ricambiò Irene. Per aver capito, per averla ascoltata, per esserle stata amica.

 

“Non fa mica bene a comportarsi così lei, eh. Il mare è pieno di pesci.” Quelle parole continuavano a risuonare nella testa di Alfredo mentre con le mani girava la chiave inglese per stringere il bullone di quella bicicletta sgangherata che non ne voleva proprio sapere di dargli retta.
Stava andando tutto per il verso sbagliato. Aveva cercato di fare l’impossibile per ottenere quell’incontro che Irene tanto desiderava. Voleva renderla felice, voleva che lei per una volta lo vedesse, che provasse ammirazione e riconoscenza nei suoi confronti. Che lo vedesse come il suo eroe, come l’unico che potesse esaudire tutti i suoi desideri. Che potesse capire quanto in là fosse disposto a spingersi pur di ottenere le sue attenzioni. Faceva sul serio, forse per la prima volta in tutta la sua vita. Aveva rigato dritto, si era sempre comportato correttamente, ma Irene continuava sempre a vederlo come l’irresponsabile farfallone che era scappato via dopo la loro breve frequentazione, quello che l’aveva trattata come una superficiale fiamma estiva. E sembrava che niente potesse cambiare le cose. Forse il signor Armando aveva ragione ed era arrivato il momento di andare avanti e metterci una pietra sopra una volta per tutte. In fondo cos’altro avrebbe potuto fare ancora per convincerla di tenere davvero a lei? Lanciarsi nel fuoco? Camminare sui carboni ardenti? Forse solo vincendo la lotteria avrebbe potuto avere qualche speranza, pensò sbuffando, mentre un raggio della bici si sganciò, ferendogli la mano.
“Maledizione” disse scaraventando la chiave inglese contro il tavolo. 
“Alfredo?” si affrettò Irene in ciclofficina attirata da quel trambusto. Lo trovò con la fronte corrugata mentre si teneva una mano con sguardo dolorante. 
“Irene” lui si illuminò di colpo, senza nemmeno rendersene conto. In quel momento per Alfredo nemmeno una mano sanguinante poteva destare più interesse di lei. 
“Ma ti sei fatto male?” chiese lei notando la ferita alla mano. 
“Non è niente, è solo un graffio” commentò lui, minimizzando. In fondo se si fosse dissanguato non se ne sarebbe nemmeno reso conto. “Che ci fai qui?” provò a cambiare discorso.
“Aspetta” rispose lei allontanandosi un attimo per prendere il necessario per aiutarlo a ripulirsi. 
“Non è necessario, non è niente, davvero” fece Alfredo, per nulla interessato a quel piccolo taglio, quando l’unica cosa che voleva sapere era perché Irene fosse venuta a trovarlo fino in ciclofficina, un luogo dove non credeva l’avrebbe mai vista mettere piede, tra sporco e olio, specialmente con ancora indosso la divisa. 
“Certo, così quando ti cadrà la mano diranno che anche questo è stato colpa mia” sbuffò Irene.
“Cadere la mano? Mi sembra un po’ eccessivo, no?” ironizzò lui.
“È talmente sporco qui che non mi stupirebbe” commentò con una smorfia.
Irene gli prese la mano e, con una gentilezza che non le aveva mai visto, gli tamponò la ferita con un panno inumidito. Alfredo sussultò al contatto con il disinfettante, ma non si tirò indietro. Avrebbe permesso a Irene di fare qualsiasi cosa di lui, e della sua mano, se questo voleva dire prolungare quel momento di intimità con lei che aveva tanto agognato. 
“Ho saputo che ti sei dato da fare per realizzare il mio desiderio” disse lei senza guardarlo negli occhi, ma intenta a fasciargli la mano con una garza.
“Ah, ecco, sei venuta a prendermi in giro” si rabbuiò d’un tratto. Gli era sembrato troppo bello che Irene fosse venuta lì per parlargli, invece la sua intenzione era ancora quella di prendersi gioco di lui, fargli ammettere di aver fallito e di dover finalmente desistere una volta per tutte, proprio come lei desiderava.
“Sono perfida, ma non fino a questo punto” ribatté con una smorfia. “Volevo ringraziarti per il bel pensiero che hai avuto.”
“Tu? Tu che ringrazi me? Stai bene?” domandò Alfredo con sorpresa. 
“Che c’è? Guarda che non sono un mostro a tre teste” commentò quasi offesa, lasciandogli la mano ormai perfettamente medicata. Adesso che non era più impegnata a guardare altrove, il suo sguardo si perse sul tavolo unto di grasso e la tuta da lavoro di Alfredo macchiata di sporco e per un attimo si domandò cosa ci stesse facendo lì dentro. Pensò che avrebbe potuto dire ancora una volta a se stessa che quello non era il posto per lei, che Alfredo non era la persona giusta, che lei sognava il principe azzurro sul cavallo bianco. Ma poi lui aprì bocca.
“Peccato, con tre teste saresti stata il triplo più bella” rispose Alfredo e allora Irene roteò gli occhi al cielo con fare divertito. Era la tipica risposta che si sarebbe potuta aspettare da lui. Quanto aveva sognato di essere per una volta la prima scelta di qualcuno? Alfredo era lì che pendeva letteralmente dalle sue labbra e la guardava come mai nessuno l’aveva guardata prima. Un’intensità tale che le faceva credere di essere l’unica donna esistente sulla faccia della terra.
“Sei sempre il solito” cercò lei di mascherare un sorriso, dandogli le spalle. Non poteva cedere del tutto, non poteva dargliela vinta e fargli credere di averla in pugno. Ma poteva concedergli, e soprattutto concedere a se stessa, una possibilità. Non doveva per forza aprirsi e fidarsi di lui. Ci sarebbe andata coi piedi di piombo. Ma era un inizio, un piccolo passo.
“Ma per ringraziarti ti do la possibilità di chiedermi di uscire.” 
“Ma sei proprio sicura di stare bene?” Si aspettava che da un momento all’altro l’intero Paradiso sarebbe giunto lì in magazzino a ridere di lui per esserci cascato e aver creduto davvero che Irene volesse uscire proprio con lui. 
“Guarda che se non ti sbrighi potrei rinsavire e cambiare idea” lo redarguì lei, continuando ancora a dargli le spalle per non fargli leggere quello che si celava dietro ai propri occhi e non fargli vedere quel sorriso da sciocca che aveva preso posto sul suo viso.
“Certo, così io ti chiedo di uscire e tu mi dirai che lo farai solo se la cena si terrà a Montmartre” rispose Alfredo, tuttora poco convinto. La fregatura doveva essere dietro l’angolo, Irene non poteva essere sincera. Ormai era abituato fin troppo bene ai suoi giochetti. 
“Mi accontenterò di Milano e di te, testone” sentenziò lei incrociando le braccia al petto. “Ma se l’invito fosse in francese sarebbe très chic.”
“Va bene, allora” decise di buttarsi. Dopotutto cos’altro aveva da perdere? Aveva già fatto la figura dell’idiota più di una volta. “Voulez-vous manger avec moi ce soir?” provò Alfredo, suscitando l’ilarità e la tenerezza di Irene. Quante ancora voleva fargliene passare?
Dîner” lo corresse lei. “E va bene, uscirò con te." E Alfredo respirò finalmente a pieni polmoni, sollevato, rendendosi conto solo adesso di aver trattenuto il fiato fino a quel momento, in attesa della batosta che invece non era arrivata. "Ci vediamo tra poco all’uscita?” lei fece per andarsene, senza ancora voltarsi nemmeno una volta a guardarlo. 
“Non te ne pentirai” rispose lui allegro, avvicinandosi per lasciarle un fugace bacio sulla guancia che inizialmente irrigidì Irene. Poi il suo corpo si rilassò e si lasciò andare a un sorriso, realizzando che solo con lui riusciva a sentirsi così leggera e spensierata.
“Me ne sono già pentita” disse guardandolo finalmente negli occhi, prima di dileguarsi verso lo spogliatoio, lasciando un Alfredo totalmente inebetito alle sue spalle.

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il paradiso delle signore / Vai alla pagina dell'autore: InvisibleWoman