Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: z0mbie    03/03/2023    1 recensioni
Lui, con i sentimenti, non ci sapeva fare. La sua cotta infantile per Nanese lo aveva scottato a tal punto da chiudersi a riccio e allontanare da lui ogni potenziale interesse amoroso, e forse era questo il motivo per cui per tanti anni aveva raccontato a sé stesso di detestare Josuke Higashikata.
Ma ora quel ragazzino troppo cresciuto era lì, davanti a lui, porgendogli tra le mani la confessione d'amore più infantile, stupida ed inaspettata che potesse mai sentire in vita sua.
Josuke lo amava. Josuke era innamorato di lui.
Doveva andarsene e al più presto.
« Io me ne vado. » annunciò quasi tradendosi da solo per la punta di incertezza che il suo tono di voce aveva lasciato trasparire.
Rohan si era alzato e velocemente, raccogliendo il suo album da disegno con agitazione, e senza guardarsi indietro cercò di allontanarsi da tutta quella situazione e da quei magnetici occhi blu.

[JosuHan | post DiU - Thus Spoke Kishibe Rohan timeline]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Josuke Higashikata, Koichi Hirose, Rohan Kishibe
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Uhm, eccoci di nuovo qui. Questi due mi stanno davvero tanto ispirando e ogni giorno mi rendo conto sempre di più di essere un vulcano di idee: ho sempre in testa nuovi concept, vicende e cose da scrivere e non riesco a trattenermi. Non mi succedeva davvero da tanto tempo! Avverto con Rohan in modo particolare una connessione molto speciale e sotto tanti aspetti lo sento tremendamente simile a me, è un pezzo della mia anima nel più letterale dei sensi. Questa os non è collegata a "Brividi" ed è invece collocata poco dopo i capitoli in cui Rohan ha comprato le sei montagne per studiare il demone che vive lì, vivendo di conseguenza a casa di Koichi dopo aver perso tutti i suoi averi. Premetto che mi sto rifacendo SOLO ai capitoli cartacei di TSKR, in cui Josuke e gli altri appaiono solo nel capitolo 8 in cui Rohan e Tonio vanno a caccia delle orecchiette di mare assieme e in cui Rohan e Josuke siedono l'uno accanto all'altro INSIEME cioè dai è chiaro che ora vadano d'accordo e dirò di più sono sposati e hanno adottato Bakin assieme ma hanno divorziato e ora si risposano basta la smetto, quindi il fatto che Josuke sia stato qualche anno fuori città (in cui ha avuto anche una ragazza, OC ai fini della trama) è solo frutto delle mie supposizioni. Ci sono dei riferimenti a "Rohan Au Louvre" ma ho semplicemente dato un piccolo accenno a Nanese e nulla di più, non essendo canonico è uno spinoff da prendere con le pinze, difatti dubito fortemente che Rohan possa canonicamente utilizzare il suo stand su sé stesso e il fatto che HD non possa cancellare i sentimenti delle persone è un mio purissimo hc e nulla più. Altro da dire? Ah, ho inserito "tematiche delicate" perché c'è un lievissimo accenno ai disturbi alimentari: personalmente credo che Rohan sia il tipo da soffrirne e durante gli eventi di DiU potrebbe aver avuto questo tipo di problemi, ma di questo forse ne parlerò meglio un'altra volta e con una fic specifica dedicata. Ormai non mi ferma più nesssuno con 'sti due, li amo. Non ho altro da aggiungere, lascio la fic qui. A presto!
JoJo's Bizarre Adventure © Hirohiko Araki

 
A Midspring Night's Dream.
 
We're only gettin' older, baby And I've been thinkin' about it lately Does it ever drive you crazy Just how fast the night changes? Everything that you've ever dreamed of Disappearing when you wake up But there's nothing to be afraid of Even when the night changes It will never change me and you

 
Quello era decisamente un periodo sfortunato ma per Rohan era di necessaria importanza comprare tutte e sei le montagne di Mutsu-kabe al fine di portare a termine le proprie ricerche in nome del più puro e sacro realismo. Certo, questa spesa incontrollata gli è costata la perdita di tutti i suoi averi e persino la sua stessa casa, ma questo non aveva certo fermato la sua voglia di creatività e l'ardente desiderio di mostrare a tutti che lui, il grande Rohan Kishibe, non si sarebbe fermato davanti a niente e nessuno.
Ora però dormiva da Koichi, che aveva trovato un piccolo ma accogliente appartamento appena fuori il centro città e premeva con non poca insistenza affinché il suo editore approvasse il nuovo manoscritto, in modo tale da poter levare le tende e lasciare il suo (auto)proclamato migliore amico alla tanto meritata privacy che gli spettava.
Rohan voleva immensamente bene a Koichi, era sicuramente la persona migliore che avesse mai incontrato in quella pazza e caotica città, ma non riusciva ad essere abbastanza produttivo con il lavoro in un luogo che non gli apparteneva. Non era certo colpa del più piccolo, nossignore, l'Hirose era sempre molto attento e premuroso nei suoi confronti, tant'è che gli aveva persino ceduto la sua stessa camera da letto perché "un ospite va sempre trattato con premura e riguardo", ma gli mancava tremendamente lavorare nel suo vecchio studio.
Quel pomeriggio il mangaka si sentiva particolarmente stanco e provato: il suo nuovo editore, tale Minoru Kaigomori, non era quello che definitiva esattamente un "professionista di calibro". Andiamo, quale editore sano di mente non era a conoscenza di Nicolas de Staël? Ma perlomeno non era scappato a gambe levate quando aveva iniziato a raccontare l'inquietante vicenda del demone delle montagne di Mutsu-kabe, il ragazzo quindi compensava la sua ignoranza con uno stomaco di ferro. Forse non poteva bastare, ma era sicuramente sufficiente.
Rohan però da quell'incontro era uscito stanco e provato, le attività sociali erano sempre state particolarmente estenuanti per lui. Tutto quello che voleva fare era concedersi un bagno caldo, una sessione rigenerativa a base di maschere per il viso e cibo sano e poi avrebbe continuato il lavoro, sapendo che in qualche modo Koichi avrebbe insistito affinché si prendesse l'intera serata libera per riposare un po'. Era un così bravo ragazzo, un caro amico. Rohan ammirava ogni cosa di lui.
Stancamente il mangaka inserì la chiave nella fessura e spalancò il portone del condominio, si sentiva particolarmente provato ed indolenzito, ma improvvisamente qualcosa lo destò dai suoi pensieri.
« Allora ci vediamo domani sera, amico! »
Quello era Koichi...? A quanto pare stava conversando con qualcuno sul pianerottolo dell'appartamento. Aveva forse avuto ospiti durante la sua assenza? Poco male, l'artista non era una persona socievole e non aveva voglia di incontrare qualche sconosciuto (o conoscente) e forzarsi a delle formalità che non gli appartenevano. Era un bene che quella persona stesse andando via.
« Ci puoi scommettere, Ko'! Domani sera offro da bere per tutti! »
Quella voce... no, non è possibile. Ora aveva un forte accento americano, ma l'avrebbe riconosciuta ovunque.
Rohan non voleva incontrarlo, non voleva vederlo. Che cosa ci faceva lui, a Morioh? Che cosa ci faceva a casa dell'Hirose? Non tornava in città da tre anni ed era assolutamente convinto che avrebbe avvisato tutti nel caso fosse ritornato, anche solo per una breve visita.
Stupido moccioso.
« Uhm, proverò a chiedere a Rohan-sensei se vuole unirsi a noi ma... eh, eh » Koichi ridacchiò, sembrava imbarazzato. « Sai come è fatto, non gli piacciono le feste. Né le persone. »
Ci fu una pausa, un attimo di silenzio. Perché Josuke non aveva proferito parola? Rohan si era nascosto dietro il muretto che portava al garage e stava origliando la conversazione, si morse il labbro senza nemmeno rendersene conto.
« D'accordo, allora al bar-karaoke alle 22, domani sera! Io e Yukako-san ci saremo di sicuro! »
« Non vedo l'ora! » sorrise genuinamente l'Higashikata, per poi iniziare a scendere le scale.
« Ah, Ko'... è bello rivederti! » e senza aggiungere altro, il ragazzo scese i gradini velocemente, avviandosi a passo deciso e spedito verso il portone di ingresso, ignaro che il mangaka fosse in realtà a poca distanza da lui.
Rohan sporse appena la testa dalle mattonelle marroncine e sentì il suo cuore trasalire odiosamente: non aveva visto Josuke in volto, ma in qualche modo lo aveva trovato... diverso. Era diventato più alto di quanto già non fosse, più robusto, più massiccio e muscoloso. Non indossava più quella personalizzata divisa scolastica che tanto lo aveva caratterizzato, ma una colorata camicia di Valentino dalle fantasie improponibili e pantaloni a vita alta marroni che fasciavano alla perfezione i suoi glutei marmorei e il punto vita perfetto. L'acconciatura, quel ridicolo pompadour che lo faceva sembrare direttamente uscito dal più scadente film degli anni '50 americani, era invece rimasta invariata.
Stupido Josuke.
Una volta sicuro di essere scampato al pericolo di incontrare Higashikata, sperando che l'altro non facesse scherzi di sorta, il mangaka uscì da quella specie di fortino salva-imbarazzi e si avviò lentamente verso l'appartamento di Koichi.
Dannazione, Rohan, ricomponiti. È solo quel moccioso imbecille.
Sospirando, l'artista tirò fuori dalla tracolla la copia delle chiavi che gli aveva lasciato il padrone di casa ed entrò nel piccolo appartamento. Gli dispiaceva mentire proprio a lui, ma non avrebbe raccontato all'amico che aveva origliato tutta la conversazione e che sapeva che avrebbe avuto intenzione di invitarlo alla festa.
Ovviamente Rohan non ci sarebbe andato, era fuori discussione. Conoscendo quel ragazzino idiota, aveva sicuramente invitato mezza Morioh e, per quanto avesse in realtà sotterrato l'ascia di guerra con molti dei suoi ex compari (in modo particolare Okuyasu e Yukako, soprattutto grazie alla buona volontà di Koichi), non gli piacevano quel tipo di ambienti e gli eventi sociali in generale. Soprattutto non gli piaceva l'idea di una festa organizzata da Josuke Higashikata.
« Oh, Rohan-sensei! » proruppe l'Hirose, spuntando fuori dal salotto con un sorriso così raggiante che immediatamente contagiò il più grande.
Ora che era entrato in casa poteva sentire quell'inconfondibile profumo di acqua di colonia e Paco Rabanne.
« Ciao, Koichi-kun. Mi sembri particolarmente entusiasta quest'oggi. È successo qualcosa di interessante? »
Come se non ne fosse già al corrente. Non sapeva nemmeno lui perché stesse recitando quella parte, il Kishibe voleva solo raccontare a sé stesso che di quell'idiota non gli importava nulla, che per lui non c'era e non ci sarà mai posto nella sua vita, ma Rohan sapeva anche che le sue erano tutte balle che raccontava a sé stesso per mantenere una facciata ai suoi stessi occhi, perché a conti fatti aveva smesso di odiare davvero Josuke già da tempo. Era maturato abbastanza da capire che tutto quello che era successo tra loro in passato era accaduto anche per colpa sua. Forse fingere di odiarlo ancora era solo divertente. O forse stava solo cercando di nascondere ciò che provava davvero. Rohan non lo sapeva, non voleva sapere nulla. Odiava Josuke per l'effetto che gli faceva, anche dopo anni di distanza.
Il sorriso di Koichi non accennò a scemare e le sue gote si arrossarono lievemente per la gioia, questo scaldò il cuore solitario dell'artista.
« Josuke-kun è tornato a sorpresa in città! Purtroppo non resterà con noi per molto ma sapere che è tornato mi rende così felice! »
Improvvisamente l'idea che quel moccioso sarebbe tornato di nuovo in America iniziò a turbare e non poco il mangaka. Ma certo, ormai frequentava il college e aveva trovato lavoro presso la Speedwagon Foundation, non aveva certo più il tempo per bruciare le case altrui e salvare Morioh dai serial killer.
« Uhm, sensei... so che tu e Josuke-kun non andate esattamente d'accordo, ma domani sera ci sarà una festa al bar-karaoke della città e ha detto che gli farebbe piacere se ti unissi a noi anche tu. »
Davvero aveva detto questo...? Dopo tutto quello che avevano passato, dopo tutte le volte in cui Rohan aveva cercato di di cacciarlo dalla sua vita, lui voleva ancora riprovarci? Tipico di Josuke.
Stupido. Stupido. Stupido.
Il mangaka cercò di fare il sostenuto e scrollò le spalle, tirando nuovamente fuori quell'aria arrogante e sfacciata che pensava di aver abbandonato in quella calda estate del 1999.
« E perché dovrei venire anche io? Sai bene che mi ha mandato in hiatus per due mesi e che ha dato fuoco alla mia casa. »
Smettila di raccontarti solo bugie. Sai meglio di me che ormai è acqua passata. Josuke è cambiato. Tu sei cambiato.
L'Hirose non demorse e gonfiò le guance.
« Sensei, ricordati che ti ha salvato la vita da Yuya Fungami! So che in passato si è comportato male, ma anche tu hai le tue colpe! Voi due non siete così diversi, dovresti provare ad andare d'accordo con lui almeno una volta. »
Koichi era sempre stato la voce della verità, il più calmo e razionale del gruppo. Era quello che gli aveva fatto confessare che Reimi gli sarebbe mancata, quello che era venuto in suo soccorso quando Cheap Trick lo aveva attaccato, quello che gli aveva offerto asilo dopo aver perso la sua casa e tutti i suoi averi. Anni fa aveva davvero disprezzato Josuke, complice la sua sfacciataggine e testardaggine, ma ricordava ancora come in realtà rimase genuinamente impressionato dal racconto di Koichi legato a quei ridicoli capelli. Era una storia che lo aveva colpito al punto tale da volerselo appuntare per il suo manga nonostante il sangue e le ossa rotte e non avrebbe dovuto stupirsi se Josuke lo avesse massacrato di botte fino a mandarlo in ospedale. Probabilmente, se avesse avuto la possibilità di tornare indietro, si sarebbe comportato in maniera diversa.
Al fine, l'artista sospirò.
« D'accordo, ma verrò solo per te. »
Ma razionalmente parlando, Kishibe Rohan sapeva bene che questa volta lo stava facendo solo per sé stesso.


Rohan non aveva pensato ad altro da quando Koichi gli aveva detto della festa. Si sentiva euforico, elettrizzato, entusiasta all'idea di rivederlo. Odiava quel formicolio di eccitazione, la fastidiosa sensazione di sentire la farfalle nello stomaco, tanto che quella notte non era riuscito nemmeno a dormire al pensiero di rivedere quello stupido ragazzino ormai diventato un uomo fatto e finito.
L'artista aveva finito di lavorare sul capitolo settimanale in largo anticipo e aveva passato il resto della giornata a scegliere l'outfit giusto per prepararsi a dovere, senza nemmeno realizzare quanta cura avesse effettivamente messo nelle sue scelte: una giacca di pelliccia viola che arrivava fino a metà busto, una maglia trasparente verde, pantaloni a vita alta in pelle neri, stivaletti con tacco verdi di Gucci e occhiali da vista con pendenti della medesima marca.
Era perfetto. Quello era l'outfit migliore che potesse mai sfoggiare.
« Sensei, posso entrare? Devo mettere il profumo! » bussò con gentilezza il padrone di casa contro la porta del bagno.
Rohan finì di mettersi il rossetto verde e schioccò le labbra per farlo aderire e asciugare un po'.
« Entra pure, Koichi-kun. » disse semplicemente. Ormai era ufficialmente pronto.
L'Hirose fece il suo ingresso sfoggiando una camicetta verde a maniche corte ed un paio di pantaloni eleganti color antracite ma, nella sua semplicità, faceva un gran figurone.
« Stai molto bene, sensei! » sorrise il più piccolo, prendendo la sua boccetta Invictus e spruzzandola dolcemente contro il collo ed i polsi.
Rohan incurvò le labbra e ringraziò il più piccolo con sincerità.
L'artista era sempre stato una persona molto sicura di sé, consapevole del suo aspetto fisico quasi ai limiti del narcisismo, ma nell'ultimo periodo si era sentivo un po' sottotono a causa del momento di sfortuna che stava attraversando. Erano anni che non si sentiva così incerto, aveva dimenticato quanto fosse spiacevole quella sensazione.
« Sono davvero felice di sapere che ti unirai a noi! » il sorriso genuino di Koichi si allargò ulteriormento e Rohan non poté fare a meno di sentirsi giovato da tutto quel calore.
Voleva solo fingere di non provare quella sensazione di tremolio alle gambe al solo pensiero che da lì a poco avrebbe rivisto Josuke dopo tre anni.


Il bar-karaoke di Morioh era forse il luogo più trendy della città, frequentato da studenti del liceo locale e gli universitari della S-City. Era un luogo piccolo ma molto confortevole e accogliente, dove la gioventù poteva divertirsi senza troppe pretese e passare delle belle serate in compagnia degli amici.
Rohan non era un amante della movida notturna di Morioh-cho, ma più di una volta si era avventurato tre le strade, i locali e persino nelle discoteche per sperimentare ed osservare la realtà giovanile da vicino. Grazie alle sue fortune, l'artista era stato in grado di viaggiare all'estero molteplici volte e aveva come l'impressione che quella piccola e bizzarra cittadina giapponese fosse quella più "occidentalizzata" di tutta la nazione. Aleggiava il mito degli Stati Uniti, la lontana Europa, David Bowie, Elvis, Michael Jackson, Prince e le grandi saghe cinematografiche, non era un caso infatti che quel piccolo locale della città fosse la cosa più simile ad un diner pub degli anni '50 americani; persino le cameriere erano vestite secondo la moda del tempo e servivano ai tavoli girando in roller-blade. Le pareti, invece, erano tappezzate di cartoline della Route 66, stazioni di servizio, foto di Elvis e scene di Grease. Rohan poté riconoscere persino alcune copie di dipinti di Hopper, conscio che quasi sicuramente più della metà dei presenti lì dentro non avrebbe mai saputo dirgli chi fosse l'artista in questione. Per fortuna che aveva portato l'album da disegno, avrebbe sicuramente fatto qualche schizzo e preso degli appunti perché quel luogo era decisamente di ispirazione.
Il mangaka si era domandato come mai Josuke non avesse scelto la trattoria di Tonio come luogo di ritrovo, considerato che era un luogo familiare a tutti i componenti della cerchia, ma tutti i dubbi gli caddero non appena vide entrare lo stesso chef italiano in abiti puramente borghesi - ma curiosamente con il cappello da cuoco ancora in testa - . Quel tipo, Tonio, gli piaceva. Sembrava un uomo in gamba e a posto, una persona con cui parlare e avere dei confronti interessanti. Sicuramente, se avesse avuto voglia di scambiare quattro chiacchiere con qualcuno durante la serata, avrebbe saputo con chi farlo.
« Ma dov'è finito Josuke-kun? » domandò Koichi un po' preoccupato. Erano le 22:00 passate e non si era ancora fatto vivo. Gli invitati erano già tutti presenti: Koichi e Yukako, Tonio, Mikitaka, Yuya Fungami e le sue fidanzate, persino Tamami e Hazamada - che in realtà avevano beatamente pensato di invitarsi da soli con l'occasione di scroccare cibo e bevande gratis -. Okuyasu, invece, sarebbe arrivato assieme al suo migliore amico come prestabilito.
« Pft. È sempre il solito, non cambia mai. Conoscendolo si starà ancora sistemando quegli stupidi capelli. » Rohan sentenziò con una punta di acido evidente. Maturato? Nossignore, aveva esagerato ipotizzando che potesse essere cambiato almeno un po'. Quell'idiota era sempre il solito ed inguaribile ragazzino.
« Eh, eh... sensei. Meno male che Josuke-kun non è qui o sarebbe già finita male! »
Quella situazione gli ricordava il momento in cui si erano dati appuntamento per interrogare Hayato riguardo Yoshikage Kira, salvo poi scoprire che quello scemo lo stava già affrontando da solo. Che fosse... stato attaccato da un portatore di stand nemico? Lo escludeva, in qualche modo tutti i presenti lo avrebbero saputo, soprattutto Yuya e il suo infallibile fiuto.
« Aspettate... riconosco questo odore! »
Lacca per capelli. Cuoio, mandarino rosa e cannella. Conosceva solo una persona che indossava il profumo One Million di Paco Rabanne così.
« So, is this where the party's at? That's great! » proruppe improvvisamente una voce calda e familiare, ma con un ormai perfetto accento americano e molta sicurezza in più.
Tutti i presenti voltarono all'istante i loro sguardi verso la porta di ingresso. Il cuore di Rohan trasalì senza che lui potesse fare nulla per fermarlo. Il tempo sembrava quasi essersi fermato, non sentiva più la terra sotto i suoi piedi.
Josuke era lì, alto e più bello che mai. Indossava una camicia nera con dei cuori verdi, rossi e gialli ricamati, pantaloni neri fasciati da una costosa cintura con la scritta in oro MOSCHINO, mocassini scuri e dorati di Valentino Garavani, una collana con pendenti che ricordavano quelle spille che era solito portare e un rolex al polso. Accanto a lui, anche Okuyasu sembrava ben curato e sistemato: una camicia trasparente blu con dei piccoli ricambi di tonalità più scure, pantaloni di lino bianchi ed eleganti mocassini.
Quello che il mangaka aveva davanti al naso era davvero lo stesso ragazzino squattrinato che aveva cercato di spillargli i soldi barando - oh, sì, lui aveva barato - al Cee-lo game? Che cosa diavolo aveva combinato in America?
Ironia della sorte, le situazioni si erano totalmente invertite. Adesso era Rohan ad essere un povero artista senza un centesimo e se fosse stato l'arrogante ventenne del 1999 avrebbe fatto tutto il possibile per vendicarsi.
« Josuke-kun! »
« Josuke! »
« Amico! Finalmente! »
Tutti i presenti si alzarono eccitati per andare in direzione dell'ospite della serata per guardarlo attentamente e tempestarlo di domande. Yuya aveva abbracciato il più alto, Tonio gli aveva elargito una stretta di mano, Koichi, Mikitaka e Yukako gli sorridevano. Persino alcune ragazze che non erano state invitate, forse delle ex compagne di scuola intente a passare la serata lì per caso, si avvicinarono in direzione del Joestar e commentarono molto animatamente l'aspetto fisico dell'Higashikata.
Questo fece odiosamente contorcere Rohan dal fastidio, non gli piaceva quella sensazione di disgusto che stava provando. Non era certo geloso, lui.
L'artista, d'altro canto, non si alzò dalla sua postazione. Era rimasto esattamente lì seduto, con le braccia incrociate e le gambe accavallate. Erano tutti talmente assorti dal ritorno dell'Angelo Custode di Morioh che nessuno si era effettivamente reso conto della sua assenza. fatta eccezione per Josuke stesso.
Tra la moltitudine di persone da cui era circondato, il Joestar alzò goffamente la mano ed accennò un timido sorriso in direzione di Rohan, sentendosi sinceramente felice di rivedere il mangaka dopo così tanto tempo nonostante i loro problemi passati.
Kishibe si voltò all'istante e gonfiò le guance in segno di sdegno, sentendosi molto più simile a quel ragazzino che aveva salutato Reimi solo sette anni prima anziché all'uomo maturo di 27 anni che era diventato.
Non sapeva proprio come affrontare l'idea di essersi innamorato di Josuke Higashikata e fingere che non fosse così.


La serata era stata divertente e movimentata. Josuke aveva raccontato tanti aneddoti sull'America, parlato del suo impiego come assemblatore alla Speedwagon Foundation, del college e offerto da bere, poi il gruppo si era anche scatenato in pista ballando canzoni di Elvis o vecchie glorie americane degli anni '70-80.
Rohan aveva ascoltato ma non aveva mai proferito parola. Aveva osservato il volto perfetto di Josuke, le sue labbra carnose, gli occhi cristallini, il suo fisico perfetto e scolpito. Aveva sempre creduto, suo malgrado, che somigliasse ad un Adone con il cervello di una scimmia. A volte notava che anche lo stesso Higashikata gli lanciava delle occhiate ma non appena lo faceva distoglieva immediatamente lo sguardo, concentrandosi piuttosto sugli schizzi che stava facendo sul diner pub e le cameriere che servivano ai tavoli.
Dannato ragazzino.
« Giù! Giù! Giù! Giù! » urlarono i presenti, attirando le attenzioni degli altri avventori del locale, mentre Josuke, Okuyasu e Yuya bevevano tutto d'un sorso i loro boccali facendo a gara a chi finisse per primo la loro birra.
« AAHH~ » sospirò il ragazzo dal pompadour con un sorriso bellissimo e sgargiante dei suoi. Le gote erano leggermente arrossate per l'alcool e il divertimento ma non era affatto ubriaco, anzi era più sobrio ed euforico che mai.
Era così felice di essere tornato a casa tra i suoi amici, la sua gente. Adorava gli Stati Uniti ma niente era come Morioh.
« Altro giro, altra bevuta! Offro io! » e nel tavolo si levò un urlo collettivo che quasi portò il gruppo ad essere cacciato dal locale per disturbo alla quiete pubblica, ma dal momento che Josuke pagava e anche bene il titolare decise di chiudere un occhio.
Rohan però non ne poteva più. Stare in ambienti così claustrofobici e pieni di gente gli faceva venire il mal di testa e aveva bisogno di prendere una boccata d'aria, ma soprattutto di rinfrescarsi le idee e riflettere.
Una volta uscito l'artista firmò un paio di autografi ad una giovane coppia che lo aveva riconosciuto, poi respirò a pieni polmoni l'aria fresca della primavera e chiuse gli occhi.
Forse doveva smetterla di raccontare a sé stesso che il problema era il diner troppo affollato, perché sapeva perfettamente che la questione era un'altra.
Non riusciva a smettere di guardarlo. Non riusciva a smettere di pensare a quanto avrebbe voluto portarlo via da quel locale e passare con lui l'intera notte. Solo loro due.
Forse doveva lasciar perdere, andarsene e ignorare quei sentimenti che non voleva provare, era sicuramente la cosa più logica e razionale da fare. Lui era Rohan Kishibe e non si sarebbe mai fatto mettere i piedi in testa da quel moccioso.
Se avesse potuto, avrebbe cancellato ciò che provava per Josuke utilizzando Heaven's Door su sé stesso, ma anche se avesse potuto utilizzare i suoi poteri su di sé, il suo stand aveva una sola e dannata debolezza: non poteva cancellare i sentimenti.
« Sensei, tutto bene? » Koichi uscì aggrottando le sopracciglia con fare preoccupato. Sapeva bene che il mangaka stava faticando molto a presenziare ad un evento sociale, ma aveva come l'impressione che ci fosse qualcos'altro sotto, e aveva perfettamente capito di cosa si trattasse.
« Ah, Koichi-kun! Sì, ho solo bisogno di prendere una boccata d'aria. » Rohan si sforzò di sorridere con sincerità, ma non riusciva a raccontare al suo (auto)proclamato migliore amico quale realmente fosse il problema.
Per qualche istante calò un silenzio imbarazzante, nessun rumore percepibile ad eccezione delle melodie di Changes di David Bowie e Butterffly Boucher provenire dal ristorante, ma alla fine Koichi prese coraggio e parlò.
« Sensei... » azzardò l'Hirose, grattandosi nervosamente la nuca. Il mangaka era sicuramente cambiato nel corso degli anni, ma doveva sempre fare attenzione a parlare di sentimenti con lui.
Rohan si morse il labbro con frustrazione, probabilmente si era levato anche un po' di rossetto. Forse doveva parlare con lui, sfogarsi, ammettere che l'idea di quelle ragazzine che giravano attorno ad Higashikata con occhi sognanti lo stavano facendo letteralmente impazzire dalla gelosia.
Doveva parlare. Koichi era il suo migliore amico, dopotutto.
Nel momento esatto in cui il mangaka fece per aprire bocca, improvvisamente la porta vetrata del locale si spalancò ad indicare che qualcuno era appena uscito e in quel momento il respiro di Rohan si mozzò.
Josuke era uscito, da solo, e lo guardava con occhi curiosi. Quelle dannate labbra erano un maledetto invito a morderle, strapparle, baciarle.
Lo odiava per quanto lo desiderava per sé.
« Uh... scusa, sensei, ma io rientro perché sto sentendo un po' freddo, eh eh! Ti aspetto al tavolo, okay? »
« Ma Koichi-kun- »
L'Hirose non aveva nemmeno dato il tempo all'artista di formulare una domanda come si deve che immediatamente rientrò dentro il ristorante, lasciando i due ragazzi completamente da soli l'uno poco distante dall'altro.
Rohan si sentiva teso e nervoso, ma notò che anche da parte dell'altro c'era un poco di vergogna. In quel momento, tutta quell'aria sicura, confidente e tenace che il Joestar aveva acquistato sembrava quasi scomparsa.
« Uhm... ciao, Rohan. Ti trovo in forma. » Josuke parlò quasi borbottando, l'artista poté giurare di averlo visto quasi arrossire.
C'era tensione tra loro, ma non era dovuta a quella stupida ed infantile rivalità che li aveva tanto caratterizzati molti anni prima. Era qualcosa di diverso, più... intenso.
« Vado in palestra, mi alleno almeno tre volte alla settimana. » attaccò immediatamente il Kishibe senza nemmeno salutare.
Era vero, aveva iniziato ad allenarsi e aveva messo su qualche kg in più. Nessuno, a parte Koichi, sapeva che nei primi 20 anni della sua vita aveva sofferto di disturbi alimentari e distorsione della sua immagine corporea, ma l'attività fisica e gli allenamenti lo avevano aiutato a rimettersi in sesto e a realizzare quanto in realtà si fosse fatto del male. Se avesse continuato a distruggersi da solo senza avere la possibilità di completare il suo manga non se lo sarebbe mai perdonato.
« Uh, si vede. Stai molto bene. » sorrise con un po' di imbarazzo Higashikata. Gli aveva forse fatto... un complimento?
Anche lui stava bene, notava Rohan. Quell'idiota era sempre stato bello e anni fa Kishibe fu costretto ad ammetterlo a sé stesso ingoiando bocconi amari di orgoglio, aveva persino pensato di usarlo come modello per alcuni sketch, ma ora non riusciva a smettere di guardarlo come se fosse ipnotizzato da lui. Così simile ma così diverso da ciò che era prima.
Ora che lo guardava bene poteva notare la possenza dei suoi pettorali scolpiti, seppur coperti della camicia, le braccia robuste, le gambe e le spalle allenate. Josuke non gli era mai sembrato un tipo particolarmente sportivo ma negli ultimi anni doveva essersi messo sotto con la palestra e la sua genetica prodigiosa doveva aver contribuito al risultato.
Smettila, tu sei il Grande Rohan Kishibe.
« Koichi mi ha detto che adesso vivi con lui. » continuò Higashikata, come se volesse in qualche modo riprendersi da quel commento precedente senza risultare ridicolo.
« Già. A quanto pare adesso tra i due sono io lo squattrinato, quindi che ne dici di giocarti i tuoi soldi in una partita a Cee-lo? Non stupirti, però, in caso di baro. » Rohan rise sotto i baffi ricordando quella vicenda che al tempo contribuì solo a farlo arrabbiare ancora di più.
« Hey! Ancora con quella storia? »
« Io non dimentico, Higashikata. »
« Oh, c'mon! » perché diavolo era così ridicolamente eccitante quando parlava in inglese?
L'artista realizzò che erano dannatamente vicini, naso contro naso, petto contro petto. Cuore contro cuore.
Solo in quel momento, confrontato a lui, Kishibe capì quanto Josuke fosse effettivamente diventato alto, pobabilmente sfiorava quasi i due metri.
Era... sexy. Dannazione.
Rohan cercava di reggere il confronto, testarlo e al tempo stesso mantenere il controllo e la sua tipica faccia tosta, ma le gambe tremavano e il suo stesso cervello lo stava tradendo. Voleva baciarlo lì, in quel momento, ma era troppo orgoglioso per fare la prima mossa o forse troppo spaventato da sé stesso.
Sarebbe stata solo una questione di attimi. Le carnose labbra di Higashikata erano a poca distanza dalle sue.
Solo un istante. Un istante che sarebbe durato una notte intera.
« Oi, Josuke! »
« Josuke~~~! »
Immediatamente i due ragazzi si allontanarono e dal locale uscirono Okuyasu, Yuya e un sorridente Mikitaka con lo sguardo di chi non si preoccupava di averti beccato nudo nel momento sbagliato.
« Ci dispiace interrompere questa romantica reunion di voi due piccioncini, ma vogliamo un altro giro!~~~~ » se la rise un Fungami decisamente alticcio con la complicità dell'amico fraterno del Joestar.
Sentendo l'insinuazione di quel teppista, il mangaka inarcò minaccioso un sopracciglio. Non era la prima volta che faceva battute del genere, lo aveva già fatto tanti anni prima quando lo aveva adescato nel tunnel con il suo Highway Star.
« Hey, hey! Non vi sembra abbastanza, ragazzi? » Higashikata mise le mani in avanti e ridacchiò con imbarazzo e le guance arrossate.
Rohan era quasi sul punto di tirare fuori Heaven's Door e usarlo contro tutti loro, Josuke compreso.
« Dai, amico! Non fare il taccagno! » piagnucolò Okuyasu.
« Ma ragazzi- shit, guys!» protestare fu inutile perché gli amici cominciarono a trascinare il ragazzo con forza dentro il diner ridendo alla meno peggio e, suo malgrado, il Joestar si ritrovò costretto a pagare il quarto giro di bevute a tutti gli invitati.
Rohan rimase fuori il locale con la confusione che aveva la meglio su di lui. La testa ringraziava quell'intervento tempestivo di quei pazzi scatenati, ma il cuore... oh, il cuore avrebbe voluto che quel momento accanto a Josuke potesse non finire mai.


Avevano passato tutta la serata al diner fino al momento della chiusura, tanto che lo stesso titolare assieme alle povere e stanche cameriere furono costretti a cacciare di peso il gruppo di amici in modo da poter definitivamente chiudere quella faticosa ma fruttuosa giornata lavorativa una volta per tutte.
Tutto il gruppo aveva riso, scherzato e persino cantato.
Quella sera tutti vennero a conoscenza del fatto che, durante il college, Josuke era diventato il vocalist ed il chitarrista di una rock band che suonava perlopiù cover songs di Michael Jackson, Billy Joel, Bon Jovi, Prince ed i Queen e la gara di karaoke si rivelò essere molto più divertente di quello che pensasse: Higashikata naturalmente se la cavava piuttosto bene, mentre Okuyasu esagerava con degli acuti piuttosto stonati e Yuya era così preso a soffocare tra le sue stesse risate che non riusciva ad intonare nemmeno una strofa decente. Mikitaka e Yukako, invece, sembravano tenere testa e andare alla grande.
Rohan aveva assistito a tutte quelle scene sinceramente divertito, guardava Josuke ridere e cantare assieme ai suoi amici e increspò le labbra senza rendersene nemmeno conto per davvero. Somigliava così tanto a quegli eroi shonen che tanto ammirava e decantava e non riusciva davvero a comprendere come avesse fatto a non sopportarlo per tutti quegli anni. Forse era la mancanza che aveva, suo malgrado, provato per lui, forse la sua stessa maturità... qualcosa però era cambiato e doveva solo venirne a patti.
« Bro, che nottata! Prima del tuo ritorno a New York dobbiamo rifarla! Ci vediamo! » Yuya si congedò seguito dalle sue tre ragazze e poco dopo iniziarono ad andarsene anche Mikitaka, Tonio, Hazamada e Tamami.
Sul marciapiede, a poca distanza gli uni dagli altri, rimasero soltanto Yukako, Koichi, Okuyasu, Josuke e Rohan; i cinque rimasero insieme a chiacchierare per qualche minuto, fino a quando il mangaka non annunciò che si sarebbe allontanato per fare una camminata prima di tornare a casa. Fu a quel punto che Koichi prese la palla al balzo e ne approfittò.
« Sono quasi le 3 del mattino, io e Yukako-san invece andiamo via. Okuyasu-kun, ti riportiamo noi! »
« Grazie, Koichi, ma io e Josuke torniamo ins- » proferì ingenuamente l'uomo e a quel punto Nijimura si guadagnò una gomitata da parte di Yukako e Koichi lo scrutò con espressione torva, suggerendogli con lo sguardo di non aggiungere altro e fare come avevano detto loro.
Solo poco dopo Okuyasu capì.
« OOOH~ bro! Torno a casa con Koichi e Yukako, stammi bene! Ci vediamo domani da Tonio! »
Rohan fece per aprire bocca, ma il trio sembrava aver dato adito ai suoi sospetti allontanandosi velocemente senza nemmeno dargli il tempo di parlare.
Aveva desiderato di rimanere solo con Josuke per tutta la serata e ora che lo aveva davanti a lui senza i suoi amici intorno che cosa diavolo stava pensando di fare? Se Koichi-kun si era accorto che aveva passato tutto il suo tempo ad osservare Higashikata, forse non era stato così discreto come aveva pensato.
Merda.
« Uhm, Rohan... » Josuke fu il primo ad iniziare. Erano l'uno di fronte l'altro, l'espressione del più piccolo era nuovamente arrossata ed imbarazzata e nessuno dei due riusciva a guardarsi davvero negli occhi. « Ti andrebbe di fare quattro passi assieme? »
Il più grande avrebbe dovuto cacciarlo, allontanarlo, dirgli ancora una volta che per lui non c'era posto nella sua vita, ma silenziosamente annuì e assieme iniziarono a camminare, fianco a fianco.
I due passarono il tragitto senza dirsi una parola ed evitando il contatto visivo e arrivarono in un piccolo parco della città che, se non fosse stato per l'illuminazione abbondante sarebbe sembrato quasi spettrale, poi decisero di sedersi sulle altalene vuote e Josuke dalle sue tasche tirò fuori qualcosa. Rohan inarcò un sopracciglio.
Ma dai, sul serio?
« Oi, JoJo, da quanto tempo è che fumi? »
Higashikata congelò sul posto con la sigaretta spenta tra le labbra. Cosa aveva detto?
Realizzando solo in quel momento che non si era appellato a lui per cognome o tramite l'utilizzo di qualche nomignolo dispregiativo di sorta, l'artista distorse lo sguardo.
« Com'è che mi hai chiamato? » sorrise Josuke, accendendo il piccolo bastoncino e aspirandone l'essenza acre.
Nessuno a parte sua madre lo chiamava così. Lo avevano fatto dei bulli in passato e con il chiaro intento di prenderlo in giro, come gli era venuto in mente quel nomignolo?
« Non hai risposto alla mia domanda. » borbottò l'artista con le gote leggermente arrossate.
« Nemmeno tu alla mia. »
« Tsk. »
Questa volta Josuke si fece più serio.
« Da un paio di anni... »
La vita a New York sapeva essere incredibilmente bella e divertente, ma anche faticosa e stressante. Gli esami del college erano spesso pesanti e conciliare lo studio con il suo impiego da assemblatore alla Speedwagon Foundation non era una passeggiata, inoltre gli era capitato di lavorare occasionalmente come modello per Abercrombie & Fitch e fu in quell'occasione che conobbe la sua ex fidanzata. Doroty era una ragazza di origini italiane e di buona famiglia, bellissima e dai lineamenti mediterranei come piacevano a lui, ma la relazione che avevano condiviso era tutt'altro che sana e questo lo portò a sviluppare il vizio del fumo. La giovane era una persona morbosa, narcisista ed ossessionata dal lavoro. Inizialmente Josuke la aveva associata a Yukako, ma solo con il tempo realizzò che in realtà gli ricordava proprio... Rohan.
Calò il silenzio. Higashikata aspirò un'altra boccata di sigaretta mentre l'artista guardava tutto men che l'altro ragazzo. C'erano così tante cose da dire ma dalla sua bocca non usciva alcun suono.
« Senti... so bene che in passato abbiamo avuti dei problemi e mi dispiace di essermi comportato male, ma se hai bisogno di soldi puoi, uh... chiedermeli. » il tono con cui Josuke aveva pronunciato quelle parole era sincero, ma trasmetteva ancora quella punta di imbarazzo che non riusciva a nascondere.
Fu in quel momento che il mangaka aggrottò rabbiosamente la fronte e strinse i pugni.
« Ma chi te le mette certe idee in testa?! Chi diavolo te lo dice che ho bisogno di soldi? Dei TUOI soldi, per di più? Ecco perché non ti sopporto! Ecco perché mi fai sempre arrabbiare! Smettila di giocare a fare l'eroe, non sei il salvatore di nessuno! Né tantomeno il mio! »
L'orgoglio di Rohan si sentiva ferito, toccato nel profondo. Era vero, aveva un disperato bisogno di guadagno e a casa di Koichi non aveva nemmeno una scrivania su cui poter lavorare al suo manga, ma questo non significava certo che avrebbe accettato la carità di quel ragazzino troppo cresciuto che ora si sentiva il padrone del mondo.
Aveva sbagliato a credere che fosse maturato, che fosse cambiato. Josuke era sempre il solito egocentrico marmocchio che pensava di risolverla con una stretta di mano e tanti cari saluti.
L'uomo fece per alzarsi e andarsene via, ma Higashikata fu più veloce e in un momento lo piantò a sedere sulle sue gambe, costringendolo a guardarlo negli occhi.
« Lasciami! » protestava, ma non era davvero così sicuro di quello che diceva.
« No, prima mi ascolti! » gli occhi azzurri del minore si erano assottigliati, il suo tono era diventato più serio e canzonatorio.
Rohan voleva solo andarsene e smetterla di sentirsi avvolto e giovato da quel calore e quel profumo che lo stavano letteralmente facendo impazzire.
Josuke spense la sigaretta e la appoggiò a terra, cercando di appuntarsi che una volta alzato dall'altalena l'avrebbe buttata in un cestino, poi contò mentalmente fino a tre ed iniziò a parlare.
« È vero, un tempo non ti sopportavo. Pensavo fossi un artista spocchioso, strano e maleducato, ma poi qualcosa è cambiato. Ho cercato di fare ammenda con te più di una volta, di esserti amico, di scusarmi per quello che ti ho fatto quando ero un ragazzino, ma tu mi hai sempre chiuso la porta in faccia... » lo sguardo di Josuke ora sembrava più cupo, più incerto di quello che stava per dire. « Durante questi anni a New York ho cercato di non pensarti e dimenticarti, ho persino provato a fingere di non averti mai incontrato, ma la verità è che... »
Rohan sentiva il suo cuore battere così forte che ormai sembrava essere diventato sordo a qualsiasi rumore che non fosse il suo stesso battito e le parole di Josuke. Era come se fosse rinchiuso dentro una bolla, dove tutto il resto del mondo era grigio, fermo, immobile ed immutabile.
« È dall'incidente di Yuya che ho una cotta per te. »
Higashikata aveva avuto paura di pronunciare quelle parole, ma al contempo non era mai stato così serio e determinato come in quel momento. Si portava sulle spalle quel fardello da sette anni, non aveva smesso di pensare all'altro nemmeno per un istante. Doroty era stata la prima per lui e credeva sarebbe stata la risposta a tutte le sue domande, ma Josuke aveva capito che non sarebbe mai potuto essere davvero felice se non avesse tentato di avere Rohan al suo fianco almeno un'ultima volta. Da adolescente aveva ingoiato bocconi amari per scendere a patti con l'idea di essere innamorato di quel capriccioso e viziato artista, ma con il tempo la cosa lo aveva portato solo a farlo soffrire terribilmente.
Lui era sempre nei suoi pensieri, anche quando avrebbe dovuto lasciarlo andare. Pensava che l'America e New York avrebbero potuto guarirlo da quella malattia, ma solo col tempo aveva realizzato che l'unico antidoto efficace era quello che lo aveva fatto ammalare.
Il cuore di Rohan, da incessante ed incalzante, si fermò nell'esatto momento in cui il ragazzino aveva pronunciato quelle parole per lui.
Cosa significava che aveva una cotta per lui fin dalla faccenda del tunnel? Era forse per questo che era voluto andare via da Morioh? L'artista si considerava una persona logica ed estremamente pratica, ma in quel momento giurava di non capirci più nulla.
Lui, con i sentimenti, non ci sapeva fare. La sua cotta infantile per Nanese lo aveva scottato a tal punto da chiudersi a riccio e allontanare da lui ogni potenziale interesse amoroso, e forse era questo il motivo per cui per tanti anni aveva raccontato a sé stesso di detestare Josuke Higashikata.
Ma ora quel ragazzino troppo cresciuto era lì, davanti a lui, porgendogli tra le mani la confessione d'amore più infantile, stupida ed inaspettata che potesse mai sentire in vita sua.
Josuke lo amava. Josuke era innamorato di lui.
Doveva andarsene e al più presto.
« Io me ne vado. » annunciò quasi tradendosi da solo per la punta di incertezza che il suo tono di voce aveva lasciato trasparire.
Rohan si era alzato e velocemente, raccogliendo il suo album da disegno con agitazione, e senza guardarsi indietro cercò di allontanarsi da tutta quella situazione e da quei magnetici occhi blu.
« Rohan! » il Joestar sembrava quasi aggressivo, ma al contempo supplicante. Si era alzato di scatto dall'altalena ed in men che non si dica riuscì a raggiungere il mangaka stringendogli uno dei polsi e costringendolo a voltarsi per sorreggere il peso del suo sguardo.
Higashikata si sentiva ferito, a pezzi. Gli aveva dato il suo cuore in mano ancora una volta e come al solito era stato spappolato, distrutto e calpestato. Perché continuava a rincorrere quell'odioso e saccente artista pur sapendo che sarebbe stato un amore mai corrisposto? Avrebbe solo voluto piangere, ma non avrebbe dato a Rohan alcuna soddisfazione.
« Lasciami, Josuke! Lasciami o non basterà Crazy Diamond a salvarti questa volta! » se necessario avrebbe richiesto l'intervento di Heaven's Door per svignarsela e fingere che tutta quella discussione non fosse mai avvenuta, ma razionalmente ed intrinsecamente parlando sapeva bene che quella non era una situazione risolvibile con l'utilizzo dei loro stand e lo stesso Heaven's Door non poteva cancellare i sentimenti delle persone.
Merda. Merda. Merda.
« Io non voglio combattere, né voglio arrivare ad usare i nostri stand. Voglio solo che tu sia sincero con me, almeno una volta. Per favore. » Proprio lui parlava di sincerità? Che faccia tosta! Lo stesso ragazzino immaturo che aveva bussato alla sua porta per cercare di fregarlo? Lo stesso ragazzino ignorante che ha dato fuoco alla sua casa? Lo stesso scapestrato ragazzino che nonostante tutto, nonostante tutte le parole orribili che gli aveva rifilato, aveva comunque rischiato la sua stessa vita pur di salvarlo da Highway Star?
« Che presunzione, un bugiardo come te che vuole sincerità... e va bene, allora sarò franco e schietto. » Rohan scoppiò a ridere nervosamente, era immerso in quelle profonde pozze cristalline così belle e magnetiche. Si sentiva schiacciato dal peso di quegli occhi, ci faceva l'amore solo guardandoli. « Io ti detesto, Higashikata Josuke. Odio il tuo modo di fare, il tuo atteggiamento da eroe, la tua ridicola camminata da mammut, quella tua dannata acqua di colonia e questo tuo stupido abbigliamento così fuori-moda. Odio il modo in cui cerchi di importi nella mia vita, la tua sola e fastidiosa presenza. Odio come mi guardi, il tuo modo di parlare, la tua faccia tosta e la tua abitudine di non ascoltare mai quello che gli altri ti dicono di fare... » l'artista si morse a sangue la lingua per evitare che altre parole più pericolose potessero uscire dalla sua bocca.
« Ma soprattutto odio il fatto che tu sia stato così lontano da Morioh... così lontano da me, per tutto questo tempo! »
Rohan avrebbe solo voluto strapparsi il cuore e gettarlo via proprio in quello stesso istante. Voleva picchiare quel dannato ragazzino troppo cresciuto, prenderlo a pugni, usare Heaven's Door contro di lui e fargli dimenticare tutto quello che c'era stato tra loro fino a quel momento. Voleva persino fargli dimenticare il loro stesso folle incontro di sette anni prima, ma il mangaka era solo stanco.
Stanco di mentire a sé stesso. Stanco di nascondere ancora i suoi sentimenti. Stanco di raccontarsi di volerlo fuori dalla sua vita e fingere che nel corso di quei tre anni non gli fosse mancato. Stanco di provare fitte allo stomaco e gelosia crescente ogni volta che una mandria di ragazzine impazzite si avvicinavano a lui.
Rohan era solo stanco di amarlo a tal punto da arrivare ad odiarlo.
L'artista voleva solo prenderlo a schiaffi, ma in quel momento appoggiò semplicemente la fronte contro il petto scolpito dell'altro e chiuse gli occhi, poi lentamente e pur sapendo che presto se ne sarebbe pentito, iniziò a percorrere con le labbra un percorso immaginario che partiva dal collo fino ad arrivare a quella morbida e carnosa bocca che tanto aveva desiderato assaggiare. Josuke odorava di casa, il suo calore lo scaldava più di un camino in pieno inverno. Si sentiva... al sicuro.
Il Joestar fece per pronunciare qualcosa, ma la sua attenzione venne catturata da una piccola goccia gelida che si depositò sulla clavicola, scendendo fin sotto la camicia. Un brivido lo assalì.
I due giovani alzarono in contemporanea gli sguardi verso il cielo e un susseguirsi di gocce d'acqua iniziarono aggressivamente a cadere sopra le loro teste, ma nessuno dei due sembrava curarsene in quel momento. Persino i tanto amati capelli di Josuke si stavano lentamente scompigliando a causa della pioggia ma stranamente il ragazzo non ci fece troppo caso, piuttosto guardò l'uomo davanti a lui con un genuino sorriso dei suoi.
Rohan deglutì. Quell'idiota era così bello, con la sua acconciatura al naturale. Voleva quasi disegnarlo.
« May I have this dance, Mr. Kishibe Rohan? » l'espressione armoniosa e gioiosa di Josuke crebbe mentre porgeva la sua mano all'artista, sembrava una scena di quelle commedie romantiche che non troppo segretamente il mangaka adorava.
Rohan strinse la mano di Higashikata e lentamente si avvicinò a lui, appoggiò la testa sopra la spalla del più piccolo e chiuse gli occhi, lasciandosi trasportare da quei lenti e dolci movimenti che lo cullavano in una ninna-nanna d'amore che sembrava appartenere solo a loro.
Non esistevano più le buie strade di Morioh e il temporale scrosciante che lavava via il sapore di antichi rancori e rimpianti, e Rohan, in quel momento, avrebbe pagato tutto l'oro del mondo pur di fermare il tempo e poter ballare sotto la pioggia assieme a quell'idiota per tutta la notte.
Aveva ritrovato il suo tassello mancante.
   
 
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