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Autore: Cathy Earnshaw    09/03/2023    0 recensioni
Sequel della Cascata del Potere, è la storia che credevo non avrei mai scritto. Dieci anni dopo la fine dell'ultima, disastrosa, guerra, la vita e il commercio nella Terra dei Tuoni sono faticosamente ripartiti. Ma all'improvviso un cataclisma si abbatte sulle città e gli elementi sembrano andare fuori controllo. I popoli sono di nuovo costretti ad allearsi per ripristinare ordine e armonia. Per ripristinare il Cosmos.
Genere: Avventura, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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Mago uno, Dio dell’Acqua zero
 
 
Tre lunghissimi giorni dopo, Frunn varcava i confini del Reame Eterno. Non sapeva ancora come fare a raggiungere la biblioteca all’insaputa del Re, e non sapeva neanche che cosa avrebbe riferito a Rowena, ma aveva deciso che avrebbe vissuto le sue ansie una alla volta. Era già più che sufficiente così. Il bosco si stava espandendo a vista d’occhio, i sentieri erano spariti, fagocitati dalla natura che si stava ribellando. Ma Frunn conosceva il territorio come il palmo della sua mano e aveva comunque raggiunto agilmente il molo della Baia delle Sirene. Anche se delle sirene non si vedeva neanche l’ombra, soprattutto con quel mare mosso, che gli aveva reso difficile anche trovare una barca che lo conducesse sull’isola. Considerando che lui non sapeva nuotare e aveva una paura folle dell’acqua era un ottimo inizio. Alla fine, aveva comunque raggiungo la città sano e salvo ed era entrato a palazzo da un ingresso di servizio. La biblioteca si trovava nell’ala est e per raggiungerla aveva dovuto fare i salti mortali. Fortunatamente non aveva incrociato nessuno che fosse abbastanza in confidenza con Horlon da andare a spifferargli del suo ritorno a Lumia.
Entrando nella grande sala principale, gli si strinse il cuore. I suoi preziosi libri erano ancora abbandonati là per terra, alla rinfusa, così come li aveva lasciati quando era partito in fretta e furia con Rowena, le pagine piegate, le copertine strappate. La profonda desolazione di quel luogo che tanto amava e al quale aveva dedicato buona parte degli ultimi cinque secoli della sua vita gli fece venire le lacrime. Prese un respiro profondo, cercando di normare il suo lato emotivo, e mappò mentalmente gli ambienti per capire dove si potessero trovare i volumi necessari a fornire alla principessa le informazioni che desiderava. La zona dedicata alla cartografia non era del tutto agibile, l’elfo inciampò varie volte prima di riuscire a raggiungere la scaffalatura che cercava, per poi scoprire che era collassata su sé stessa.
Preparandosi psicologicamente a scavare nelle schegge di legno, Frunn posò la sua borsa in un angolo e si rimboccò le maniche.
 
Liam aveva cavalcato ai limiti delle possibilità di Gino, il suo cavallo – che in realtà si sarebbe chiamato Fulmine come il primo cavallo di suo fratello, perché Irthen aveva voluto dimostrargli che non era stato il nome a portargli sfortuna, ma Liam l’aveva ribattezzato diversamente – ma nonostante questo non era riuscito a raggiungere Eremo prima del tramonto del terzo giorno di viaggio.
Devastato dalla stanchezza e dallo sconforto, attraversò rapidamente le strade della città con l’intenzione di sbrigare nel più breve tempo possibile le incombenze al tempio. L’edificio era basso, a pianta ottagonale, ed era circondato da giardini, fontane e vasche d’acqua. Ci era stato con i suoi genitori quasi trent’anni prima, in seguito al risveglio della magia, ma non ci era mai più tornato. Non aveva mai avuto un buon rapporto con il culto e con la superstizione in generale. Lasciò Gino alla stazione di posta e oltrepassò di cattivo umore il recinto sacro. Negli ultimi raggi di sole, l’intonaco bianco dell’edificio e il riflesso dell’acqua lo abbacinavano. Le ultime persone, probabilmente pellegrini, stavano uscendo, e Liam si domandò in che direzione dirigersi. Rowena aveva detto che avrebbe trovato qualcuno ad aspettarlo, ma dove? Era uno dei quattro Templi Maggiori, era immenso e lui non sapeva dove andare. Si incamminò lungo il viale principale, imprecando mentalmente. Chissà come se la stavano cavando gli altri.
Improvvisamente la sua attenzione fu attirata da un’ombra scura che si muoveva verso di lui, camminando lungo i bordi di una vasca. Liam strizzò gli occhi, faticando a mettere a fuoco. Doveva trattarsi di una sacerdotessa. Prese un respiro profondo, cercando di contenere il senso di disagio che il culto gli metteva. La figura incappucciata si avvicinava, e nel riverbero della piscina il suo mantello turchese sembrava liquido. Le ombre e i riflessi creavano giochi di luce sul suo viso, per metà velato.
«Chi sei tu?» domandò il mago.
«Benvenuto al Tempio dell’Acqua, anima azzurra.»
«Anima che?»
«Io sono Fiona, e sono qui per aiutarti. Qual è il tuo nome?»
«Sono Liam. Sei una sacerdotessa, giusto?»
La figura si fermò di fronte a lui. Da vicino, il mago notò che non era avvolta in un mantello come aveva in un primo momento pensato, ma in un ampio scialle che le copriva testa, spalle e una parte del viso. Solo gli occhi, dello stesso turchese del tessuto, vi si scorgevano.
«Non sei mai stato qui, Liam dell’Acqua?» domandò.
«Sai che sono un mago? Anche tu lo sei?»
«Io sono una serva del Dio.»
Liam esitò. Era certo di trovarsi davanti ad una maga, avvertiva chiaramente il potere dell’acqua agitarsi intorno a lei. Decise di non insistere.
«Sei tu la persona che Re Horlon mi ha detto di cercare?»
La sacerdotessa si rabbuiò.
«Se è lui che ti manda, non possiamo parlare in questo posto. Seguimi.»
Liam seguì in silenzio Fiona attraverso i giardini che andavano via via svuotandosi. Il crepuscolo ormai incombeva, i pellegrini tornavano ai propri alloggi. Anche nella luce morente, erano evidenti i danni causati dal terremoto. Avrebbe voluto farle delle domande, chiederle come fosse la situazione lì, qualunque altra sciocchezza pur di interrompere il silenzio inquietante di quel luogo, che si trovava nel centro della città senza essere raggiunto dai rumori della vita che scorreva tutto attorno.
Fiona imboccò una porta secondaria e condusse Liam attraverso un labirinto di stretti corridoi fino a raggiungere uno studiolo spazioso, col le pareti coperte di libri.
«Accomodati, sarò da te tra un attimo» disse la sacerdotessa, e sparì in un’altra porta.
Il mago iniziava a pensare che la sua visita non sarebbe stata breve come aveva sperato. 
Fiona tornò dopo qualche minuto con un libro e una lampada ad olio, che posò sul tavolo. Si sedette di fronte a lui e sfogliò delicatamente il volume fino a trovare una mappa, che assomigliava alla Terra dei Tuoni così come Liam la conosceva, ma allo stesso tempo aveva qualcosa di diverso. La donna intercettò il suo sguardo confuso.
«Questa carta è molto antica. Poco di quello che vedi qui raffigurato è rimasto tale, ma proprio per questo è interessante. Dimmi, anima azzurra, cosa vedi?» domandò, ruotando il libro nella direzione del mago.
Liam lanciò un’occhiata a lei e una al libro. Lo infastidiva parlare con una persona con mezzo viso velato.
«Allora, su questa mappa non ci sono città. No, scusa, non è vero, ce ne sono solo alcune, e di quelle indicate conosco solo Eremo e Lumia, anche se i caratteri con i quali sono indicati i nomi sono molto strani.»
«È elfico antico» disse Fiona.
«Oltre a questo, vedo molta acqua. Fiumi, laghi… non so se ce ne si ancora così tanta. Ma d’altronde io non ho visto ogni palmo della Terra dei Tuoni.»
«Giusto. Poi?»
Liam la guardò.
«È un esame?»
«Diciamo che non potremmo fornire queste informazioni, ma se tu riuscissi a capire da solo…»
«Seriamente? Pure in questa situazione facciamo questi giochetti?»
«Puoi anche risentirti, ma non dipende da me. Il tomo che hai davanti è forse il nostro testo più sacro, ti invito ad avere rispetto per i Misteri del Dio.»
La voce della sacerdotessa si era fatta tagliente all’improvviso e Liam soppresse l’istinto di ribattere. Riportò gli occhi alla carta.
«Oltre alla mappatura dei corsi d’acqua, ce n’è un’altra che non riesco a identificare con nulla. In parte combacia con la prima, in parte no, e non è lineare. Vediamo, cosa potrebbe rappresentare?» esitò. «Strade? Percorsi? No, se non me lo puoi dire deve essere qualcosa che non si trova nelle altre carte… flussi magici! Questa è una mappatura della magia nel territorio, ci scommetto quello che vuoi!»
Fiona annuì.
«Bravo, Liam, è esatto. Si tratta solo della parte di magia legata all’acqua, ovviamente.»
«Come avete fatto? È ancora attuale?» domandò.
«Non lo sappiamo, e non sappiamo nemmeno quali strumenti e quanto tempo siano occorsi per raccogliere questi dati. Come puoi immaginare, è materiale molto antico, fa parte di quel pacchetto di conoscenze che definiamo “Misteri”, a buon diritto.»
Liam annuì, esaltato. Che fosse ancora attendibile o no, era magnifico anche solo pensare che qualcuno fosse riuscito a fare una cosa del genere.
«Tutte le linee magiche convergono nel mare ad ovest del Reame Eterno. Che cosa c’è, lì?»
«Non sappiamo neanche questo. Il punto indicato è in mare aperto e non ci sono memorie relative ad un eventuale tentativo di raggiungerlo.»
Liam si alzò in piedi e iniziò a passeggiare avanti e indietro.
«Se i flussi magici convergono là, deve essere quello il posto che cerchiamo, dove tutto ha avuto origine. Quale posto migliore per il frammento di Cosmos dell’immenso mare? Dobbiamo andare a Lumia, Horlon ci presterà sicuramente una nave!»
Fiona sospirò.
«Spero che la tua interpretazione sia corretta. Non sarà facile raggiungere quel luogo con l’elemento in tempesta.»
Liam si bloccò.
«È vero, non ci avevo pensato. Tu che cosa ne pensi? Credi che possa avere ragione?»
Fiona esitò.
«Non lo so. I testi sono elusivi su questo argomento. Quando Sire Horlon ci ha scritto, tre giorni fa, ho fatto il tuo stesso percorso deduttivo, quindi sì, credo che le cose stiano così. Il dramma è che nessuno qui è stato capace di confermarlo.»
«Perché?»
«Ti sembrerà strano, ma nessuno oltre a me vede la mappatura dei flussi.»
Liam si risedette di fronte a lei, turbato.
«Dici davvero?»
«Davvero.»
Ci pensò su un momento.
«Questo avrebbe senso solo in un caso» disse collegando i filamenti di pensiero e istinto nella sua testa. «Tu sei una maga, anche se quando te l’ho chiesto hai eluso la domanda.»
Fiona si irrigidì.
«Cosa te lo fa credere?» domandò, mettendosi sulla difensiva.
«Il mio potenziale, in questo momento, è menomato dal riverbero del cataclisma, ma percepisco comunque i flussi agitarsi intorno alla tua persona. Sono sicuro che tu puoi fare altrettanto con me. A un certo punto mi era venuto il dubbio che questo fosse legato alla tua condizione di sacerdotessa, ma ora ne ho conferma: io vedo la mappa completa, tu la vedi, e gli altri no. Che cosa abbiamo in comune io e te? La magia. Il testo deve essere stato criptato con un incantesimo così che solo i maghi di acqua lo possano leggere. Non ti sembra che abbia senso?»
«Non mi piace la leggerezza con la quale parli dei misteri.»
«E a me non piace che tu continui a eludere la questione. Ci sono altri maghi, qui, tra i consacrati?» 
«No.»
«Allora smettila di sviare le domande e parla chiaramente: sei una maga o no, Fiona?»
Gli occhi turchesi della ragazza si fissarono nei suoi mentre il silenzio si prolungava più del dovuto. Alla fine, capitolò.
«Ho rifiutato la magia, quando questa si è risvegliata. Potrò anche avere delle capacità particolari, ma ho deciso di non farne uso, quindi no, non mi considero una maga.»
Liam rimase immobile, assimilando l’informazione. Una tempesta di domande si stava preparando a scoppiare nella sua testa, ma la mise a tacere. Non aveva tempo da perdere.
«D’accordo. È tutto, oppure c’è altro che devo sapere?»
Fiona sembrò confusa dal repentino cambio di argomento, ma si ricompose.
«È tutto.»
«Bene. Se potessi approfittare della vostra ospitalità per questa notte, e di un pasto, io ripartirei domattina. È buio, ormai.»
«Certamente, è già stata preparata una stanza per te, sorella Maia sarà qui tra qualche minuto per condurtici.»
Liam la osservò, irritato dalla velocità con la quale era riuscita a ricomporre la sua immagine di serenità e decise che valeva la pena di tentare di increspare la superficie.
«Credo che dovresti venire anche tu» disse.
Fiona alzò le sopracciglia, senza celare la sorpresa.
«Prego?»
«Dovresti venire con me. Gli altri maghi ci raggiungeranno a Pall e da là partiremo alla ricerca dei frammenti. Vieni con noi!»
«Perché mail dovrei venire? Il mio posto è qui, la mia vita è l’accoglienza dei pellegrini» rispose, piccata.
«Prova a pensarci: se riusciremo a raggiungere il punto di origine dei flussi magici, potrai integrare i testi sacri, apportare un tuo contributo alla conoscenza dei misteri.»
«Il Dio ci mette in guardia dalla tracotanza.»
Liam alzò le mani.
«Come vuoi tu. Però, sinceramente, quel libro solo tu lo puoi leggere davvero, sarebbe incredibile poter completare la mappa, non credi?»
Fiona fece per rispondere ma in quel momento una seconda sacerdotessa varcò la soglia dello studio.
Liam sorrise a entrambe.
«Bene, è arrivato il mio passaggio. Pensaci, sì?»
Si accodò dietro a Maia senza dare a Fiona il tempo di ribattere, ma si sentì comunque addosso il suo sguardo bruciante. Lui, il sasso, l’aveva lanciato.
 
La ricerca di Frunn si stava rivelando fastidiosamente infruttuosa. Aveva passato la notte a estrarre volumi su volumi dalle macerie della sua adorata libreria, senza però trovare quello che stava cercando. Alle prime luci dell’alba era stanco e sconfortato, e iniziava a pensare che, dopotutto, avrebbe anche potuto essere una buona idea scavalcare il Re e dire chiaramente a Rowena che le sue speranze erano prive di fondamento. Scosse la testa per scacciare il pensiero negativo e si accinse a liberare un altro libro da ciò che restava della scaffalatura. Imprecò quando si conficcò una scheggia di legno in una mano.
«Era una bestemmia, quella?! Accidenti, la compagnia di mia figlia ti fa davvero male!»
Frunn sobbalzò e si volse di scatto. Horlon lo guardava con le braccia incrociate, avvolto nella luce tremolante delle lanterne.
«Da quanto sei lì?» domandò, tentando di arginare la nausea causata dall’accartocciarsi del suo stomaco.
«Da un po’.»
«Allora ho perso una scommessa con me stesso.»
«Pensavi davvero di poterti intrufolare senza che lo sapessi?»
«No, speravo solo che ci avresti messo di più» mormorò arrossendo.
Horlon sospirò.
«Non so cosa dire, Frunn. Sono arrabbiato e un po’ deluso. Perché non mi hai detto che sei tornato?»
L’elfo sentì il battito aumentare in modo proporzionale alla vergogna.
«Mi hai detto di aiutare Rowena, e lei mi ha dato ordine preciso di non farti sapere che sarei stato qui, che cosa avrei dovuto fare?»
«Perché mai l’avrebbe fatto?»
«E perché tu non le hai ancora detto che cosa c’è ad ovest dell’isola?!» esclamò esasperato Frunn allargando le braccia.
«È di questo che si tratta?» domandò raggelato.
«È di questo. E tu capirai, immagino, quanto sia stato difficile e crudele darle false speranze.»
«Non ho ancora avuto modo di parlarle di tutto.»
«Dieci anni, Horlon. Dieci anni durante i quali stento a credere che non si sia presentata l’occasione.»
«Se le dicessi che una voragine blocca qualunque tipo di passaggio, cosa pensi che farebbe, eh? La stessa cosa idiota che ho fatto io alla sua età, andare a vedere e rischiare di ammazzarsi senza motivo.»
«La tua esperienza conterà pur qualcosa.»
«Pensi che mi crederebbe se le dicessi che ogni possibile cataclisma sarebbe meglio di quell’orrore di acqua e vento? Anche mio padre me l’aveva detto.»
«Lei non è te.»
«È mia figlia, Frunn, la mia unica figlia! Non puoi capire quanta angoscia mi provochi il pensiero che una mia parola pronunciata con troppa leggerezza possa involontariamente metterla in pericolo!»
Frunn sentì un brivido gelido corrergli giù per la schiena e si impose disciplina. Se avesse lasciato sfogare tutto quello che gli si stava muovendo dentro sarebbe esploso.
«È questo il problema, quindi? Scusami se non sono all’altezza dei tuoi sentimenti paterni, scusa se non saprò mai cosa significhi struggersi l’anima per il sangue del proprio sangue, purtroppo non è qualcosa a cui possa porre rimedio. E già che sono in vena di polemizzare, vorrei evidenziare quale incoerenza e quale follia sia stata aver accolto Lukas dell’Aria a Lumia, mettendo a rischio la tua città e tutti i suoi abitanti.»
«Anche questo mi vuoi rinfacciare?! Che cosa avrei dovuto fare, dirgli di arrangiarsi?»
«Beh, sì.»
«È solo un ragazzo, come potevo lasciarlo solo?!»
Frunn prese un respiro profondo, senza trarne beneficio.
«Una vita fa mi hai detto che a volte le decisioni del Re non possono combaciare con i desideri di Horlon. In questo caso hai piegato quella che sarebbe stata la scelta giusta per la tua gente ai tuoi sensi di colpa. Non sei stato lucido e ti rifiuti di ammetterlo, e questa cosa mi manda fuori di testa perché in realtà lo sai che rischi stai facendo correre a tutti… per questo ci hai mandati via, o mi sbaglio?»
Horlon esitò e Frunn gli volse le spalle per cercare di ritrovare un briciolo di autocontrollo fra i cocci della sua libreria. 
«Nemmeno hai la dignità di rispondermi.»
Il Re aprì e chiuse la bocca un paio di volte prima di balbettare:
«Stiamo litigando?»
«Vedi tu» sbottò Frunn.
L’elfo trattenne il respiro per tutti gli infiniti secondi di silenzio che seguirono. Alla fine, Horlon capitolò.
«Il libro che cerchi non c’è.»
«E dov’è?»
«Nello studio.»
«Perché è la?» domandò sospettoso.
«Perché ho mandato Mei a esplorare i territori oltre il Monte Alba.»
Frunn si volse e lo guardò a bocca aperta per un attimo.
«Non me l’hai detto» constatò.
«Non mi sembri nella posizione migliore per farmi la morale. E poi, scusami, ma avevi già abbastanza problemi.»
«E tu no? Con il ragazzino, qui, che rischia di far saltare in aria tutta la città?» esclamò accalorandosi di nuovo.
«Va bene, va bene, tregua» disse Horlon alzando le mani. «Litigare non sarà d’aiuto. Se vuoi seguirmi, possiamo prendere in mano il libro e condividere quello che sappiamo.»
Frunn sospirò.
«D’accordo.»
 
Liam lanciò un’ultima occhiata alla mole del Tempio dell’Acqua prima di montare sul suo cavallo. Lo aspettava una lunga cavalcata per Pall, e non aveva intenzione di perdere tempo prezioso.
«Andiamo, amico» disse accarezzando il collo dell’animale.
Stava già oltrepassando la porta sud quando si sentì chiamare e si fermò. La sacerdotessa lo stava raggiungendo in groppa a un bel cavallo Palomino che doveva aver preso in prestito al Tempio. Liam sorrise. Mago uno, Dio dell’Acqua zero.
«Sei venuta, allora» commentò.
«Ne ho parlato con le sorelle, e tutte sono state concordi. Non ci capiterà un’altra occasione simile.»
«Parli di integrare la mappa?»
«Parlo di servire il Dio.»
Liam ghignò.
«Sì, certo. Va bene, ragazza mia, si parte! Spero che il tuo delicato sederino regga tutte le ore di sella che si prospettano nel suo prossimo futuro.»
«Non rivolgerti così a una sacerdotessa!» esclamò.
Liam roteò gli occhi.
«Sarà un lungo viaggio.»
 
Frunn fece scorrere le pagine del tomo e si strofinò gli occhi. Iniziava a faticare a tenere il filo.
«Quindi finalmente scopriremo cosa si cela oltre la Terra dei Draghi» mormorò.
«Sì, beh, da come parli sembra che sia una bella cosa che siano scomparsi» sbottò Horlon infossandosi sempre di più nella sua poltrona.
«Non farmi esprimere» sospirò. «Comunque sarà il caso che tu e Nana iniziate a parlarvi seriamente, questa cosa dei confini è un problema di primario interesse per Lumia.»
«Lo so» mormorò Horlon. «Lo sai, questa situazione mi riporta indietro di parecchi anni, ai tempi di Storr. Te lo ricordi? Riesci ancora a rievocare il suo viso?»
Frunn distolse lo sguardo dal Re e lo spostò sullo spicchio di cielo che si intravedeva dalla finestra.
«Ci sono molte cose confuse nella mia testa riguardo a quei giorni» mormorò, rendendosi conto che i suoi ricordi erano sfocati. «È una sensazione spiacevole sforzare la memoria in alcune direzioni.»
«Spero non in tutte» commentò il Re con un sorriso tirato.
«Certamente non in tutte» rispose, sorridendo di rimando.
La loro relazione era iniziata allora, e Frunn non avrebbe mai dimenticato l’istante in cui aveva capito che c’era speranza che i suoi sentimenti potessero venire ricambiati.
«Eppure, nonostante la storia non faccia che ritornare… sai, forse non te ne ho mai parlato. Al tempo stavo vivendo una specie di crisi esistenziale legata all’immortalità.»
Frunn lo squadrò con interesse.
«In che senso?»
«Eh, come posso dire? Vedevo tutto intorno a me cambiare – Nastomer, gli umani, la Terra dei Tuoni – e io mi sentivo sempre uguale. Mi guardavo allo specchiò e non riuscivo ad accettare la mia assoluta immobilità, mi faceva sentire escluso da flusso del tempo…» esitò. «Poi sono successe cose che mi hanno fatto evolvere e mi sono riallineato con me stesso.»
Frunn sentì un moto di disagio e domandò:
«Ha a che fare con Lady Ailyn?»
Horlon si guardò le mani, come se avesse potuto trovare la risposta scritta su un palmo e Frunn si sentì ulteriormente infastidito. Se dopo tutto quel tempo, quel fantasma aleggiava ancora tra loro, forse non se ne sarebbe andato mai. Ma quando il Re rialzò lo sguardo e i suoi occhi, di quell’azzurro così intenso, si fissarono in quelli di Frunn, questi si sentì un idiota.
«No, non si tratta di lei. Si tratta di te. Sei stato tu a permettermi di capire che c’è una parte di noi, la più profonda, che non è soggetta alle regole del tempo e dello spazio, e si plasma continuamente alla ricerca della miglior versione di sé, e non possiamo prevedere dove ci porterà il suo movimento. Io credo che tu mi abbia reso migliore, in ciascuno di questi cinquecentonove anni trascorsi insieme.»
Con il cervello completamente svuotato, Frunn rimase lì a fissarlo come un ebete. Sapeva di essere arrossito ai limiti dell’impossibile e probabilmente aveva anche gli occhi lucidi. Si schiarì la voce.
«Lon, io… io non so cosa dire. Non ho una capacità espressiva così buona da rendere merito a quello che sto provando in questo momento.»
«Non c’è bisogno che tu dica nulla, lo so quello che pensi. Io lo sento, sempre.»
Frunn deglutì a vuoto. Si alzò e si avvicinò lentamente.
«Scusa per quello che ho detto prima.»
«Non scusarti per aver detto ciò che pensi, se c’è una cosa che ho amato di te sin da subito è proprio questa brutale onestà. Peraltro, hai ragione quando dici che non sono più lucido. Mi sento così stanco di tutto questo…» la voce del Re si perse mentre afferrava la tazza fumante e se la rigirava tra le mani.
Frunn attese che proseguisse, ma quando fu chiaro che non l’avrebbe fatto gli posò una mano sulla guancia e cercò il suo sguardo.
«Che cos’è che non mi vuoi dire?»
«Posso farti una domanda molto personale?»
 
 
   
 
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